TEORIA DEL CONSUMATORE

 

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   LE UTILITA’

   I GRAFICI DELLE UMA E DELLE UT

   IL PREZZO

   LA SCELTA DI UN CONSUMATORE TRA DUE BENI AVENTI LO STESSO PREZZO E CON DOSI NON FRAZIONABILI

   LA SCELTA DI UN CONSUMATORE TRA DUE BENI AVENTI PREZZI DIVERSI E CON DOSI NON FRAZIONABILI

   LA SCELTA DI UN CONSUMATORE TRA DUE BENI AVENTI PREZZI DIVERSI E CON DOSI FRAZIONABILI

   LA SCELTA DI UN CONSUMATORE TRA DUE BENI AVENTI PREZZI DIVERSI E CON DOSI FRAZIONABILI: LA LEGGE DELL’EGUAGLIANZA DELLE UTILITA’ MARGINALI PONDERATE

   LE CURVE DI INDIFFERENZA

   LE CURVE DI INDIFFERENZA COME CURVE DI LIVELLO E LA FUNZIONE DI COBB-DOUGLAS

   IL SIGNIFICATO DELLA PENDENZA DELLA CURVA DI INDIFFERENZA

   TRACCIAMO LA CURVA DI INDIFFERENZA DEL CARNIVORO INTOLLERANTE, DEL VEGETARIANO INTOLLERANTE, DEL CARNIVORO TOLLERANTE, DEL VEGETARIANO TOLLERANTE

   LA RETTA DI BILANCIO

   IL SIGNIFICATO DELLA PENDENZA DELLA RETTA DI BILANCIO

   IL SIGNIFICATO DEGLI SPOSTAMENTI DELLA RETTA DI BILANCIO

   LA COMBINAZIONE DELLA RETTA DI BILANCIO CON LA CURVA DI INDIFFERENZA

   UNA DIMOSTRAZIONE ALTERNATIVA DELLA LEGGE DELL’UGUAGLIANZA DELLE UTILITA’ MARGINALI PONDERATE, CHE UTILIZZA LA CURVA DI INDIFFERENZA E LA RETTA DI BILANCIO

   ESEMPI  DI ANDAMENTO ANOMALO DELLA CURVA DI DOMANDA DOVUTI ALL'EFFETTO DI REDDITO

   L’EFFETTO DI UNA DIMINUZIONE DEL PREZZO DI UN BENE SUL SUO CONSUMO. L’EFFETTO DI REDDITO E L’EFFETTO DI SOSTITUZIONE

   EFFETTO DI REDDITO NEGATIVO: IL FAMOSO CASO DELLE PATATE IRLANDESI

   I FATTORI CHE INFLUENZANO LA  DOMANDA DI UN BENE: IL PREZZO DEL BENE. LA CURVA DI DOMANDA DEL BENE

   L’ELASTICITA’ DELLA DOMANDA RISPETTO AL PREZZO

   ELASTICITA’ ZERO ED ELASTICITA’ INFINITA

   SE AUMENTIAMO IL PREZZO DEL BIGLIETTO DELL’AUTOBUS, I RICAVI DELL’AZIENDA DI TRASPORTI AUMENTERANNO O DIMINUIRANNO?

   I FATTORI CHE INFLUENZANO LA DOMANDA DI UN BENE: IL PREZZO DEI BENI SUCCEDANEI

   I FATTORI CHE INFLUENZANO LA DOMANDA: I PREZZI DEI BENI COMPLEMENTARI

   I FATTORI CHE INFLUENZANO LA DOMANDA: IL REDDITO DEL CONSUMATORE

   ALTRI FATTORI CHE INFLUISCONO SULLA DOMANDA DI UN BENE

   LA CLAUSOLA “CETERIS PARIBUS”

   APPROFONDIAMO LA DIPENDENZA DEL CONSUMO DAL REDDITO

   LA RENDITA DEL CONSUMATORE

   LO SCAMBIO

   LA SCELTA DELLA FAMIGLIA TRA CONSUMO E RISPARMIO (COME DIVENTARE MILIONARI CON LA PAGHETTA)

   LA SCELTA DELLA FAMIGLIA CIRCA IL MODO DI TENERE LA PROPRIA RICCHEZZA. IL PORTAFOGLIO.

   LA SCELTA DELLA FAMIGLIA TRA LAVORO E TEMPO LIBERO

 

 

 


LE UTILITA’

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Utilità                                        (primo significato) è la qualità di un bene che è in grado di soddisfare un bisogno

 

Utilità                                        (secondo significato) è il grado di soddisfazione del bisogno ottenuto tramite il consumo di un bene o di un servizio

 

Utile                                           è il bene capace di soddisfare un bisogno

 

Utilità totale (UT)                  è la somma di tutte le utilità ricavate dalle dosi consumate

                                                     

che si legge: “sommatoria, per k che varia da 1 ad n di UMAk

 

UTn                                             si legge: “Utilità totale ricavata dal consumo di n dosi di bene”

 

Utilità marginale                    è l’utilità fornita dall’ultima dose di bene consumata

                                                    UMAn = UTn – UTn-1

 

UMAn                                         si legge: “Utilità marginale ricavata dal consumo della n-esima dose di bene”

 

Utilità media                           è l’utilità che si ricava in media da ogni dose di n consumate

                                                     

 

UMEn                                         si legge: “Utilità media ricavata dal consumo di n dosi di bene”

 

Utilità marginale ponderata

(UMAP)                                     è l’utilità che fornisce ciascun centesimo di € speso per acquistare una determinata dose

                                                     

 

UMAPn                                      si legge: “Utilità marginale ponderata riferita alla n-esima dose di bene”

 

Come si è già detto nelle lezioni introduttive, il concetto di “utilità” è diverso rispetto all’uso comune. Per l’economista "bene utile” non significa “bene il cui consumo è particolarmente vantaggioso per gli interessi di una persona”. Anche la droga che un drogato paga, o la figurina che il bambino acquista all’edicola, o il gel per i capelli sono utili per l’economista. Il ciottolo in cui il selvaggio crede sia contenuto il sortilegio che guarirà dalla febbre è “utile” per lui.

“Utilità” non è neanche sinonimo di piacere fisico o psicologico: anche la chemioterapia dell’ammalato di cancro o l’amputazione d’urgenza senza anestesia sono “utili”.

 

 

IL PREZZO

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Il prezzo è il numero di unità di moneta che si scambia con un determinato bene.

Questa è la definizione di “prezzo assoluto”. Per “prezzo relativo” del bene A rispetto al bene B si intende il numero di unità di bene B che si scambiano con una unità di bene A.

 

Il prezzo relativo è legato al prezzo assoluto dalla formula:

 

 

 

  I GRAFICI DELLE UMA E DELLE UT

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Come si nota dal grafico, per la legge della sazietà, dopo la sesta dose, che rende massima la soddisfazione del consumatore, la settima dose fornisce disutilità (disgusto), e quindi la soddisfazione totale si abbassa. Si pensi ad una persona assetata che, bevuto il sesto bicchiere d’acqua rifiuta altri bicchieri; se una tale persona continuasse a bere proverebbe disgusto e questo abbasserebbe l’utilità totale che aveva sinora ricavato dal consumo delle precedenti dosi di acqua.

 

Come si vede dal grafico, per la legge della sazietà (chiamata anche legge delle utilità marginali descrescenti) dosi successive di un bene apportano una utilità sempre minore, fino a quando la settima dose apporta disutilità (disgusto)

Perché la curva delle UT, fino alla settima dose, ha la forma del grafico di un rapporto diretto ad inclinazione decrescente in valore assoluto (figura 003) e non la forma del grafico di un rapporto diretto ad inclinazione costante (figura 004) o di un rapporto diretto ad inclinazione crescente (figura 005)?

 

            

Per capire questo, dobbiamo visualizzare le utilità marginali (UMA) nel grafico delle utilità totali (UT):

 

O

 

8

 

UT

 

9

 

10

 

7

 

6

 

5

 

4

 

3

 

2

 

1

 

Si tratta delle stesse frecce che possono essere visualizzate nel grafico delle utilità marginali (UMA):

10

 

9

 

8

 

O

 

1

 

2

 

3

 

4

 

5

 

6

 

7

 

DOSI

 

 

 

LA SCELTA DI UN CONSUMATORE TRA DUE BENI AVENTI LO STESSO PREZZO E CON DOSI NON FRAZIONABILI

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Supponiamo che il sig. Rossi abbia la somma di 10 € e debba scegliere quanta carne e quanta verdura acquistare.

Il costo di una dose (ettogrammo) di carne è di 1 €; il costo di una dose (ettogrammo) di verdura è di 1 €

Nel gergo economico, si definisce paniere una combinazione di una data quantità di ciascun bene disponibile. Il sig. Rossi può scegliere tra i seguenti panieri:

  0 dosi di carne + 10 dosi di verdura

  1 dose di carne + 9 dosi di verdura

  2 dosi di carne + 8 dosi di verdura

  3 dosi di carne + 7 dosi di verdura

  4 dosi di carne + 6 dosi di verdura

  5 dosi di carne + 5 dosi di verdura

  6 dosi di carne + 6 dosi di verdura

  7 dosi di carne + 3 dosi di verdura

  8 dosi di carne + 2 dosi di verdura

  9 dosi di carne + 1 dose di verdura

  10 dosi di carne + 0 dosi di verdura

Supponiamo che le utilità siano le seguenti:

 

DOSI

UT carne

UT verdura

UMA carne

UMA verdura

1

100

120

100

120

2

190

220

90

100

3

270

300

80

80

4

340

360

70

60

5

400

400

60

40

6

450

420

50

20

7

490

430

40

10

8

520

435

30

5

9

540

438

20

3

10

550

440

10

2

 

(Lo studente dovrebbe imparare a riempire da solo le caselle delle UT conoscendo le UMA e viceversa)

Il sig. Rossi, essendo un soggetto razionale (homo oeconomicus ) spenderà ciascuno dei dieci euro scegliendo ogni volta le dosi che gli forniscono l’utilità più alta.

Egli sceglierà pertanto, nell’ordine:

  la prima dose di verdura

  la prima dose di carne (o la seconda dose di verdura)

  la seconda dose di verdura (o la prima dose di carne)

  la terza dose di carne

  la terza dose di verdura (o la quarta dose di carne)

  la quarta dose di carne (o la terza dose di verdura

  la quarta dose di carne

  la quarta dose di verdura (o la quinta dose di carne)

  la quinta dose di carne (o la quarta dose di verdura)

  la sesta dose di carne

Il paniere scelto da Rossi sarà quindi composto da 6 dosi di carne + 4 dosi di verdura

 

 

LA SCELTA DI UN CONSUMATORE TRA DUE BENI AVENTI PREZZI DIVERSI E CON DOSI NON FRAZIONABILI

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Supponiamo che il sig. Rossi abbia la somma di 10 € e debba scegliere quanta carne e quanta verdura acquistare.

Il costo di una dose (ettogrammo) di carne è di 2 €; il costo di una dose (ettogrammo) di verdura è di 1 €

Poiché i prezzi sono diversi, non possiamo utilizzare, per la scelta, le utilità marginali (UMA), ma dobbiamo calcolare le utilità marginali ponderate (UMAP):

 

DOSI

UT carne

UT verdura

UMA carne

UMA verdura

UMAP carne

(per centesimo di €)

UMAP verdura

(per centesimo di €)

1

100

120

100

120

0,5

1,2

2

190

220

90

100

0,45

1

3

270

300

80

80

0,4

0,8

4

340

360

70

60

0,35

0,6

5

400

400

60

40

0,3

0,4

6

450

420

50

20

0,25

0,2

7

490

430

40

10

0,2

0,1

8

520

435

30

5

0,15

0,05

9

540

438

20

3

0,1

0,03

10

550

440

10

2

0,05

0,02

 

Il sig. Rossi, per stabilire se acquistare come prima dose verdura o carne noterà che mentre un centesimo di euro (che d’ora in poi per brevità chiameremo cent) speso per la prima dose di carne fornisce una utilità di 0,5, un cent speso per l’acquisto della prima dose di verdura fornisce una utilità di 1,2: egli pertanto acquisterà come prima dose la verdura.

Per ogni dose successiva egli ripete il ragionamento, tenendo presenti le utilità marginali ponderate (UMAP) e non le utilità marginali (UMA).

 

 

LA SCELTA DI UN CONSUMATORE TRA DUE BENI AVENTI PREZZI DIVERSI E CON DOSI FRAZIONABILI: LA LEGGE DELL’EGUAGLIANZA DELLE UTILITA’ MARGINALI PONDERATE

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Supponiamo ora che il Sig. Rossi abbia 10 € e che il prezzo di una dose di carne sia di 2 € mentre quello della verdura sia di 1 €, ma che, a differenza del caso precedente, egli possa scegliere di frazionare fino ai grammi (o ai milligrammi, o ai microgrammi…) la dose di carne e quella di verdura acquistate. In altre parole, egli non dovrà acquistare una quantità di carne o di verdura che sia multipla di 1 ettogrammo.

In questo caso le tabelle precedenti non ci aiutano nella scelta, e occorre riferirsi al grafico sottostante:

 

 

Ogni punto dell’asse orizzontale rappresenta un centesimo (cent) di spesa in carne o verdura. Il grafico può essere letto sia da sinistra (allora la curva sarà la curva A, che esprime per ogni cent speso in carne la utilità che se ne ricava) o da sinistra (allora la curva sarà la curva B, che esprime per ogni cent speso in verdura la utilità che se ne ricava.

Proviamo ad isolare una sola curva per vedere meglio come si legge il grafico delle UMAP:

Ad ogni punto (cent) sull’asse orizzontale corrisponde sull’asse verticale l’utilità che questo ha procurato al consumatore. Ad esempio, considerando il punto A, che corrisponde al 400° cent speso in carne, vediamo che esso fornisce una utilità che può essere letta sull’asse verticale (OC) o direttamente sopra il punto (AB).

Se tracciamo, segmento dopo segmento, tutte le utiltà dei centesimi compresi tra il punto D e il punto G avremo colorato un’area che rappresenta le utilità totali fornite dal 6° e dal 7° euro speso in carne. Ma torniamo ad esaminare, in figura 010, i due grafici congiunti:

Ogni punto dell’asse orizzontale rappresenta anche una combinazione possibile (paniere) di carne + verdura: ad es. il punto P rappresenta una combinazione di 8 € di carne e 2 € di verdura.

Supponiamo che il sig. Rossi acquisti 8 € di carne e 2 € di verdura. Il paniere scelto dal sig. Rossi è quello indicato dal punto N. L’area della utilità totale ricavata dai due € di verdura sarà NGHM; l’area delle utilità totali ricavate dagli 8 € di carne sarà ADPN. Se coloriamo le due aree, vedremo che rimane bianca l’area BMP:

 

 

Dalla figura 011 vediamo che, se il sig. Rossi avesse scelto invece il paniere corrispondente al punto C egli avrebbe potuto “colorare” tutta l’area sotto le due curve. Il punto in cui si massimizza (massimizzare = rendere più alto possibile) la utilità totale è quindi C

Ma in corrispondenza del punto C l’UMAP dell’ultimo centesimo speso in carne (segmento BC) è identica all’UMAP dell’ultimo centesimo speso in verdura (segmento BC): possiamo perciò riformulare in questo modo la regola da seguire per massimizzare le proprie utilità totali: occorre consumare tanta carne e tanta verdura che le rispettive utilità marginali ponderate si eguaglino.

Questa regola è un importante risultato dell’analisi economica, e prende il nome di legge dell’eguaglianza delle utilità marginali ponderate.

L’alunno dovrebbe accertarsi di saper rispondere alle seguenti domande:

  Qual è il segmento verticale che rappresenta l’utilità del 200° cent speso in carne?

  Qual è il segmento verticale che rappresenta l’utilità del 300° cent speso in verdura?

  Qual è l’area che rappresenta le utilità totali ricavate dal primo € speso in carne?

  Qual è l’area che rappresenta le utilità totali ricavate da 3 € spesi in carne?

  Qual è l’area che rappresenta le utilità totali ricavate dal 2° euro speso in carne?

 

LE CURVE DI INDIFFERENZA

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Osserviamo la figura 012:

 

Sull’asse orizzontale misuriamo le dosi di carne, sull’asse verticale le dosi di verdura. Ciascun punto dell’area compresa tra gli assi rappresenta una combinazione (paniere) carne-verdura. Ad esempio, il punto P rappresenta il paniere contenente 3 dosi di carne e 4 dosi di verdura, che (supponiamo) gli forniscono 80 utilità; il punto Q rappresenta il paniere contenente 8 dosi di carne e 8 dosi di verdura, che (supponiamo) gli forniscono 150 utilità.

Ad ogni punto può essere associata una utilità: quella del paniere che esso rappresenta. Ad esempio possiamo supporre che il punto P

Definiamo curva di indifferenza la linea che unisce tutti i punti che rappresentano combinazioni che forniscono la stessa utilità totale.

Proviamo a tracciare in figura 013 la curva di indifferenza nel caso molto particolare di un individuo che ricava dalle dosi consumate sempre la stessa utilità:

 

DOSI

UMA carne

UMA verdura

1

100

50

2

100

50

3

100

50

4

100

50

5

100

50

6

100

50

7

100

50

8

100

50

9

100

50

10

100

50

 

Partiamo dal punto A, che rappresenta una combinazione di 2 dosi di carne + 10 dosi di verdura e fornisce quindi una utilità totale di 700 utilità.

 

 

Se passiamo dal punto A al punto B perdiamo due dosi di verdura (-100 utilità) passando da 700 a 600 utilità. Se però ci spostiamo dal punto B al punto C ritroviamo un’altra combinazione che ci fornisce 700 utilità. Proseguendo secondo questo metodo passiamo successivamente per i punti D, E, F, G, H, I, e troviamo che i punti A, C, E, G, I rappresentano combinazioni che forniscono tutte una utilità di 700. Troviamo anche che i punti B, D, F, H rappresentano combinazioni che forniscono una utilità di 600.

Unendo le due serie di punti otteniamo nella figura 014 due curve di indifferenza diverse, una caratterizzata da una utilità totale di 700 e una caratterizzata da una utilità totale di 600:

 

   

 

Le curve di indifferenza di un consumatore normale, però, non sono segmenti retti: esse risentono dell’”effetto sazietà”.

Per l’effetto-sazietà, la riduzione di due dosi di verdura sottrae una utilità sempre maggiore al paniere mentre, sempre per lo stesso effetto, l’aggiunta di due dosi di carne apporta una utilità sempre più bassa.

Considerando per semplicità solo questo secondo fatto (l’aggiunta di due dosi di carne apporta una utilità sempre più bassa), è evidente che i segmenti BC, DE, FG e HI nella figura 013 devono allungarsi sempre di più (= occorre una maggiore quantità di carne, che è divenuta meno utile) per compensare la perdita di utilità dovuta alla diminuzione di verdura.

Le curve di indifferenza avranno quindi normalmente l’andamento di figura 015:

 

 

Lo studente dovrebbe verificare la sua comprensione delle curve di indifferenza indicando quali dei grafici sotto indicati sono impossibili, e perché:

 

   

 

  

 

 

LE CURVE DI INDIFFERENZA COME CURVE DI LIVELLO E LA FUNZIONE DI COBB-DOUGLAS

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La funzione:

 

U = a xb yc

 

dove x e y sono le dosi consumate di due diversi beni e b + c = 1 si è una funzione di Cobb-Douglas .

Essa è anche definibile, tecnicamente, come una curva di livello.

Le curve di livello sono tipici modi di rappresentazione matematica di una curva nello spazio bi- o tridimensionale che lo studente incontra ad es. nello studio delle coniche: è noto che il luogo dei punti che soddisfano l’equazione:

 

x2 + y2 = k

 

rappresentano la circonferenza con centro nell’origine e raggio k. Variando k si ottengono le varie curve di livello per k = 1 (circonferenza con raggio 1), k = 2 (circonferenza di raggio 2) ecc.

Le curve di livello sono tipi di rappresentazioni di curve alternativi alla rappresentazione parametrica di una curva. Nella rappresentazione parametrica il valore di ciascuna coordinata è fornito da una distinta funzione di uno stesso parametro t:

 

x = x(t)

y = y(t)

 

quando t varia in un dato intervallo di R (es. l’intervallo [0,1]) viene descritta una corrispondente curva in R2.

Tornando all’altro modo di rappresentazione, la ragione della definizione “curve di livello” è semplice. Se visualizziamo i risultati della funzione x2 + y2 sull’asse verticale z di un grafico tridimensionale otteniamo, per ogni coppia (x,y) sul piano x-y un valore sull’asse z, in modo che la funzione è visualizzabile come un velo o superficie tridimensionale che si sviluppa sopra il piano x-y e la cui distanza da tale piano è, punto per punto, data dal valore della funzione. Unendo tutti i punti del piano x-y che hanno sopra di sé la superficie ad una distanza predeterminata otteniamo le curve di livello utilizzate in topografia per descrivere in una cartina bidimensionale una superficie tridimensionale come una montagna o una collina.

Normalmente a scuola lo studente incontra un solo tipo di curva di livello, quello dato dal valore zero:

 

f(x,y) = 0

 

ma potrebbero benissimo essere studiate curve con valori arbitrari:

 

f(x,y) = k

 

Una funzione come U = a xb yc fornisce, nel grafico bidimensionale con x e y grandezze agli assi, le curve di indifferenza, ciascuna delle quali è in realtà una curva di livello per una data utilità U:

 

 

Una funzione come quella di Cobb-Douglas è omogenea di grado 1. Una funzione f(x,y) si definisce omogenea di grado α se si ha:

 

f(n x , n   y) = nα f(x , y)

 

cioè se moltiplicando per n i valori delle variabili si ottiene nα volte il valore della funzione originaria.

Poiché la funzione di Cobb-Douglas è omogenea di grado 1 si ha:

 

a n xb n yc = n (a xb yc)

 

cioè, aumentando di n volte le dosi di entrambi i beni l’utilità aumenta di n volte.

Ma questa non è una ipotesi plausibile, data la legge delle utilità marginali decrescenti del consumatore. Una funzione più realistica dovrebbe essere omogenea di grado inferiore ad 1.

Se lasciamo cadere la condizione circa gli esponenti nella funzione di Cobb-Douglas:

 

b + c = 1

 

otteniamo tre tipi di funzioni:

 

Per b + c = 1 la funzione a xb yc è omogenea di grado 1: questo vuol dire che se aumenta di n volte la quantità di entrambi i beni consumati l’utilità aumenta esattamente n volte. Il grafico delle curve di indifferenza è allora il seguente:

 

 

(le linee y/x = ½ e y/x = 2 sono linee lungo le quali è costante il rapporto tra la quantità di x e la quantità di y consumata)

Come si vede, le distanze L, M, N (L’, M’, N’) tra successive curve di indifferenza sono costanti

Per b + c < 1 la funzione a xb yc è omogenea di grado inferiore ad 1: questo vuol dire che se aumenta di n volte la quantità di entrambi i beni consumati l’utilità aumenta di meno di n volte.

Il grafico delle curve di indifferenza è allora il seguente:

 

 

(le linee y/x = ½ e y/x = 2 sono linee lungo le quali è costante il rapporto tra la quantità di x e la quantità di y consumata)

Come si vede, le distanze L, M, N (L’, M’, N’) tra successive curve di indifferenza sono crescenti

Per b + c > 1 la funzione a xb yc è omogenea di grado superiore ad 1: questo vuol dire che se aumenta di n volte la quantità di entrambi i beni consumati l’utilità aumenta di più di n volte. Il grafico delle curve di indifferenza è allora il seguente:

 

 

(le linee y/x = ½ e y/x = 2 sono linee lungo le quali è costante il rapporto tra la quantità di x e la quantità di y consumata)

Come si vede, le distanze L, M, N (L’, M’, N’) tra successive curve di indifferenza sono decrescenti

Ovviamente, data la ipotesi sulle utilità marginali decrescenti del consumatore, le curva di livello più realistiche sono quelle in cui la funzione è omogenea di grado inferiore ad 1.

 

 

IL SIGNIFICATO DELLA PENDENZA DELLA CURVA DI INDIFFERENZA

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Qual è il significato della pendenza della curva di indifferenza?

 

 

Osservando la figura 027 notiamo che la pendenza P è pari a:

 

dove Δc è una variazione della quantità di carne nel paniere che fornisce UT = 100, e Δv è la quantità di verdura la cui utilità è pari a quella di Δc.

Possiamo quindi scrivere:

 

Δc UMAcarne = Δv UMAverdura

 

e quindi si ha:

 

 

e quindi:

 

 

Poiché il rapporto  ci fornisce la quantità di verdura in cambio della quale il consumatore rinuncia al consumo di una unità di carne, P è anche chiamata saggio marginale di sostituzione della carne con la verdura , indicato con SMSCV.

 

 

TRACCIAMO LA CURVA DI INDIFFERENZA DEL CARNIVORO INTOLLERANTE, DEL VEGETARIANO INTOLLERANTE, DEL CARNIVORO TOLLERANTE, DEL VEGETARIANO TOLLERANTE

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Per verificare la propria comprensione, l’alunno dovrebbe provare a tracciare la curva dei seguenti soggetti:

Carnivoro intollerante (la carne gli apporta una utilità positiva mentre la verdura gli apporta una utilità negativa):

 

 

Vegetariano intollerante (la verdura gli apporta una utilità positiva, la carne gli apporta una utilità negativa:

 

 

Carnivoro tollerante (la carne gli apporta una utilità positiva, la verdura gli apporta una utiiltà pari a zero):

 

 

Vegetariano tollerante (la verdura gli apporta una utilità positiva, la carne gli apporta una utilità pari a zero):

 

 

 

LA RETTA DI BILANCIO

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La retta di bilancio si definisce come l’insieme dei punti che rappresentano combinazioni carne-verdura per acquistare le quali il consumatore sopporta la stessa spesa complessiva.

Per tracciare la retta di bilancio dobbiamo associare ad ogni punto una data spesa. Supponendo che il prezzo di una dose di carne sia di 2 € e che il prezzo di una dose di verdura sia di 1 €, in figura 016 è mostrata la spesa complessiva associata ad alcuni punti:

 

 

Scegliamo ora, nella figura 017, un punto a caso: il punto A rappresenta una combinazione di 9 dosi di carne e 2 dosi di verdura, per acquistare la quale il consumatore spende 13 €.

 

 

Se ora ci spostiamo in basso, rinunciando a due unità di verdura (punto B) la spesa sarà diminuita (11 €). Se aumentiamo di una unità il consumo di carne, ci spostiamo nuovamente verso destra (punto C) e la spesa ritorna ad essere di 13 €: in pratica non abbiamo fatto altro che sostituire, nel nostro paniere, due unità di verdura con una unità di carne, lasciando invariata la spesa totale. Proseguendo secondo questo metodo si incontrano successivamente i punti A, B, C, D, E, F, G, H e si trova che i punti A, C, E, G sono caratterizzati da una spesa di 13 €, mentre i punti B, D, F, H sono caratterizzati da una spesa di 11 €.

Unendo queste due serie di punti otteniamo, nella figura 018, due diverse rette di bilancio:

 

IL SIGNIFICATO DELLA PENDENZA DELLA RETTA DI BILANCIO

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Osservando la figura 023 si nota come la pendenza della retta di bilancio è pari a:

 

 

dove Δc è una variazione della quantità di carne nel paniere acquistabile con 20 € mentre Δv è la quantità di verdura che si può acquistare con la stessa somma con cui si può acquistare Δc

Perciò si ha:

 

 

da cui:

 

 

e quindi:

 

 

Vediamo così che la pendenza della retta di bilancio è pari al prezzo relativo della carne rispetto alla verdura.

 

 

IL SIGNIFICATO DEGLI SPOSTAMENTI DELLA RETTA DI BILANCIO

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Supponiamo di partire da una situazione in cui il prezzo di una dose di carne sia di 2 €, quello di una dose di verdura sia di 1 € e che il reddito a disposizione del consumatore sia di 8 €.

La retta di bilancio avrà l’andamento AB mostrato dalla figura 023:

 

 

Il punto di intersezione con l’asse verticale rappresenta il caso di consumo di sola verdura (0 dosi di carne e 8 dosi di verdura), mentre il punto di intersezione con l’asse orizzontale rappresenta il caso di consumo di sola carne (4 dosi di carne e 0 dosi di verdura).

Se ora facciamo raddoppiare il prezzo della carne, la curva subirà lo spostamento da AB ad AC in figura 020 mentre se facciamo dimezzare il prezzo della carne la curva subirà lo spostamento da AB a AD

 

 

Se invece facciamo raddoppiare il prezzo della verdura la curva subirà lo spostamento da AB a EB in figura 025:

 

 

Se facciamo raddoppiare il reddito del soggetto, la retta di bilancio si sposterà parallelamente a se stessa verso destra, passando da AB a CD, mentre se il reddito dimezza la retta si sposterà parallelamente a se stessa verso sinistra, da AB a EF:

 

 

 

LA COMBINAZIONE DELLA RETTA DI BILANCIO CON LA CURVA DI INDIFFERENZA

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Tracciamo ora insieme, nello stesso grafico (figura 026), la retta di bilancio e la curva di indifferenza:

 

I punti sulla retta di bilancio rappresentano la spesa massima che il consumatore può fare; i punti a destra della retta di bilancio rappresentano combinazioni che il consumatore non ha soldi per acquistare; i punti a sinistra della retta di bilancio (area OAB, escludendo i punti sulla retta) rappresentano le combinazioni acquistando le quali il consumatore non spende tutti i suoi soldi.

Supponiamo che il nostro consumatore desideri spendere tutti i suoi soldi: egli si muoverà quindi esclusivamente sulla retta di bilancio, e dovrà decidere quale punto di tale retta scegliere.

Il consumatore sceglierà il punto P, che gli fornisce la massima utilità totale. Non può scegliere il punto S (che gli fornirebbe una utilità di 300) perché la combinazione costa più di quanto egli disponga; non sceglierà le combinazioni Q o R perché esse gli forniscono solo una utilità di 100 mentre P gli fornisce una utilità di 200.

 

 

UNA DIMOSTRAZIONE ALTERNATIVA DELLA LEGGE DELL’UGUAGLIANZA DELLE UTILITA’ MARGINALI PONDERATE, CHE UTILIZZA LA CURVA DI INDIFFERENZA E LA RETTA DI BILANCIO

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Consideriamo il punto di tangenza della curva di indifferenza con la retta di bilancio (figura 029) che sappiamo essere il punto di massima utilità totale:

 

 

Se dal punto P ci spostiamo a destra di una quantità Δc (segmento AB) avremo sull’asse verticale spostamenti diversi a seconda che prendiamo in considerazione la retta di bilancio (Δv = EC) o la curva di indifferenza (Δv’ = DC)

Avremo perciò:

 

Δv Δv’

 

Ma se riduciamo Δc, la differenza tra i Δv e Δv’ diviene sempre più trascurabile. In altre parole, per valori molto piccoli (“infinitesimali”) di Δc possiamo considerare esatta l’eguaglianza:

 

Δv = Δv’

 

e quindi esatta l’eguaglianza:

 

 

e quindi esatta l’eguaglianza:

 

 

dalla eguaglianza sopra indicata, con semplici passaggi algebrici, si ricava:

 

 

da cui si ricava ancora:

 

 

che equivale a:

 

UMAPcarne = UMAPverdura

 

che è la legge che avevamo già trovato graficamente (legge dell’eguaglianza delle utilità marginali ponderate)

 

 

ESEMPI  DI ANDAMENTO ANOMALO DELLA CURVA DI DOMANDA DOVUTI ALL'EFFETTO DI REDDITO

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Una famiglia molto povera è costretta a destinare tutte le sue spese alimentari all'acquisto di fagioli anziché di carne. Infatti, il suo reddito è talmente basso che la quantità di carne acquistabile è insufficiente per le necessità dell'organismo. Se il prezzo dei fagioli diminuisce in modo consistente la famiglia preferirà acquistare la stessa quantità di fagioli o una quantità inferiore e un po' di carne.

Supponiamo invece che una famiglia utilizzi olio di semi per friggere e olio di oliva per condire l'insalata. Se il prezzo dell'olio di semi aumenta la famiglia troverà che, per le sue fritture, deve ora spendere una cifra che non gli consente più di acquistare olio d'oliva. Perciò deciderà di usare l'olio di semi anche per l'insalata, e il consumo di olio di semi aumenterà.

Supponiamo invece che una famiglia sia troppo povera per usare l'olio di oliva ed usi al suo posto l'olio di semi. Se il prezzo dell'olio di semi diminuisce in misura rilevante, la famiglia potrà acquitare l'olio di oliva e il consumo di olio di semi pertanto diminuirà.

Infine consideraimo la curva di domanda di tempo libero di un lavoratore. Normalmente, se il salario orario aumenta, diminuisce la domanda di tempo libero. Tuttavia, se il lavoratore riceveva un salario orario molto basso che lo costringeva a lavorare tute le ore lavorabili al solo scopo di sopravvivere, un aumento modesto di salario non lo convincerò a lavorare di più, ma piuttosto a lavorare di meno: ottenuto il salario di sopravvivenza, egli preferirà passare le ore successive fuori della fabbrica a chiacchierare con gli amici piuttosto che trascorrerle al lavoro e ottnenere delle somme che gli consentirebbero di acquistare poco o nulla di più.

 

L’EFFETTO DI UNA DIMINUZIONE DEL PREZZO DI UN BENE SUL SUO CONSUMO. L’EFFETTO DI REDDITO E L’EFFETTO DI SOSTITUZIONE

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Osserviamo il grafico di figura 030:

 

 

La situazione originaria è quella illustrata dalla retta di bilancio AB e il punto di massima utilità totale è L.

Se facciamo diminuire il prezzo della carne la nuova retta di bilancio sarà AC e il punto di massima utilità totale è I.

Come si può vedere, la quantità di carne acquistata aumenta, passando da OF a OH. In altre parole, la curva di indifferenza e la retta di bilancio mostrano che una diminuzione di prezzo provoca un aumento del consumo del bene il cui prezzo è diminuito :  infatti il consumo di carne passa da OF ad OH

L’utilità totale del soggetto passa da 100 a 200

Solitamente gli economisti spezzano lo spostamento da FH (da OF ad OH) in due spostamenti parziali:

 

 

Come si vede dalla figura 031, gli economisti fanno arretrare la linea AC parallelamente a se stessa fino alla posizione ED: questo equivale a far diminuire il reddito del consumatore fino al punto in cui egli non si può permettere combinazioni di utilità superiore a 100. Si nota che, pur non aumentando la propria utilità, il consumatore ha cambiato però la propria scelta dal punto L al punto M.

In altre parole: se consentiamo al consumatore di muoversi lungo la vecchia curva di indiffernza alla ricerca di una combinazione più economica avremo uno spostamento che è un effetto di sostituzione.

E’ come se in un primo momento il consumatore, essendo diminuito il prezzo della carne, si preoccupa solo di avere l’utilità che aveva in precedenza ad un prezzo più basso (effetto di sostituzione). Successivamente egli scopre  di avere ancora soldi da spendere; aumenterà quindi sia gli acquisti di carne che di verdura (effetto di reddito).

Lo spostamento FG, dal punto L al punto M, è chiamato “effetto di sostituzione”.

Successivamente gli studiosi fanno spostare la retta di bilancio da ED ad AC (equivalente ad un aumento di reddito del consumatore) e la nuova scelta è I.

Lo spostamento GH, dal punto M al punto I, è chiamato “effetto di reddito”.

Ci sono importanti differenze tra l’effetto di reddito e l’effetto di sostituzione:

 

l’effetto di sostituzione non può mai essere negativo (cioè non può mai condurre ad una diminuzione del consumo del bene il cui prezzo è diminuito), mentre l’effetto di reddito può essere sia positivo (aumento del consumo del bene il cui prezzo è diminuito) o negativo (diminuzione del consumo del bene il cui prezzo è diminuito).

 

Da questo deriva che:

 

Se l’effetto di reddito è negativo ed è superiore all’effetto di sostituzione, allora, contro tutte le aspettative, il consumo del bene il cui prezzo è aumentato aumenterà (ovvero il consumo del bene il cui prezzo è diminuito diminuirà)

 

L’effetto di reddito sarà negativo (aumento del consumo del bene il cui prezzo è diminuito) nel caso di beni inferiori (cioè di beni, come le patate, la carne scadente ecc.) il cui consumo normalmente diminuisce all’aumentare del reddito del consumatore)

 

Per capire quest’ultima affermazione, leggiamo il paragrafo successivo, che analizza un caso del genere, storicamente verificatosi in Irlanda nella metà dell’800.

 

 

EFFETTO DI REDDITO NEGATIVO: IL FAMOSO CASO DELLE PATATE IRLANDESI

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Come si è già detto, quello che stiamo per analizzare è un caso realmente verificatosi nell’Irlanda dell’800, dove una carestia provocò l’aumento del prezzo delle patate, ma si osservò che il consumo di queste aumentò. Il primo ad osservare il fenomeno e a proporne una spiegazione fu l’ingegnere mineriario Giffen, e da allora, per indicare beni il cui consumo aumenta all’aumentare del prezzo si parla di beni di Giffen.

Supponiamo che la situazione di una famiglia irlandese prima dell’aumento del prezzo delle patate sia la seguente:

 

Reddito giornaliero                                                              2,756 €

Calorie di un grammo di patate                                          0,8

Calorie per grammo di carne                                              1,2

Prezzo di 1 kg di patate                                                         1 €

Prezzo di 1 kg di carne                                                          10 €

Calorie minime giornaliere per sopravvivenza              1100

Consumo giornaliero di carne (calorie)                           195

Consumo giornaliero di patata (calorie)                          905

Spesa giornaliera per carne                                                 1,625 €

Spesa giornaliera per patate                                                1,131 €

 

Vediamo ora come cambia la situazione dopo la carestia, quando il prezzo delle patate passa a 2 €:

 

Reddito giornaliero                                                               2,756 €

Calorie di un grammo di patate                                          0,8

Calorie per grammo di carne                                              1,2

Prezzo di 1 kg di patate                                                         2 €

Prezzo di 1 kg di carne                                                          10 €

Calorie minime giornaliere per sopravvivenza              1100

Consumo giornaliero di carne (calorie)                           0

Consumo giornaliero di patata (calorie)                          1100

Spesa giornaliera per carne                                                 0 €

Spesa giornaliera per patate                                                2,756 €

 

Cosa è accaduto? E’ accaduto che le patate sono divenute talmente costose che se la famiglia consumasse anche solo un grammo di carne non riuscirebbe ad ottenere le calorie quotidiane sufficienti per vivere. Essa quindi deve passare alle patate, e la domanda di patate aumenterà.

In altre parole: le patate sono beni inferiori, il cui consumo normalmente diminuisce all’aumentare del reddito. La carestia ha fatto aumentare il prezzo delle patate e questo ha avuto lo stesso effetto di una diminuzione di reddito delle famiglie. Ma con l’impoverimento delle famiglie torna ad aumentare il consumo di patate.

 

 

I FATTORI CHE INFLUENZANO LA  DOMANDA DI UN BENE: IL PREZZO DEL BENE. LA CURVA DI DOMANDA DEL BENE

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In base a quanto abbiamo visto con le curve di indifferenza nel caso dell’aumento del prezzo di un bene, possiamo concludere che normalmente (a parte il caso di beni inferiori) all’aumentare del prezzo di un bene la quantità domandata diminuisce. Si tratta della cosiddetta curva di domanda di un bene:

 

 

Oltre che con la retta di bilancio e la curva di indifferenza, è possibile dimostrare in altri modi che la curva di domanda di un bene è discendente verso destra (esprime cioè un rapporto inverso tra prezzo e domanda). Supponiamo che esistano solo due beni, carne e verdura; come sappiamo, il consumatore ne consumerà quantità tali da eguagliare le utilità dell’ultimo cent (= centesimo di euro) speso in carne con quella dell’ultimo cent speso in verdura (infatti, se l’utilità dell’ultimo cent speso in carne fosse maggiore di quella dell’ultimo cent speso in verdura egli potrebbe sempre aumentare la utiltà totale acquistando un cent di carne in più e un cent di verdura in meno). Cosa potrà invogliare il consumatore ad aumentare il consumo di verdura? Egli non consumerà la dose successiva di verdura, perché la sua utilità marginale è più bassa di quella dell’ultima dose consumata e fornirebbe una utilità per cent inferiore a quella che fornirebbe la carne. Occorre quindi aumentare la utilità per cent della successiva dose di verdura. Questo può essere fatto solo diminuendo il prezzo della verdura. In conseguenza della diminuzione di prezzo della verdura, l’utilità per cent della successiva dose non consumata di verdura diverrà superiore a quella della carne, e il consumatore aumenterà il consumo della verdura, per l’effetto di sostituzione.

 

 

L’ELASTICITA’ DELLA DOMANDA RISPETTO AL PREZZO

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Per elasticità finita della domanda rispetto al prezzo nell’arco PQ si intende il rapporto tra la variazione percentuale della domanda e la variazione percentuale del prezzo, espresso dalla formula seguente:

 

 

che si riferisce al grafico della curva di domanda del consumatore:

 

 

 

per elasticità puntuale della domanda rispetto al prezzo nel punto P si intende il rapporto:

 

 

che si legge: “limite, per Δp che tende a zero, della espressione racchiusa tra i segni di valore assoluto”.

A fini pratici e di immediata visualizzazione, possiamo definire la elasticità puntuale come il medesimo rapporto:

 

 

calcolato però in riferimento alla retta tangente r alla curva di domanda nel punto P, come se essa, e non la curva d fosse la vera curva di domanda:

 

 

 

ELASTICITA’ ZERO ED ELASTICITA’ INFINITA

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Convenzionalmente si definisce “elasticità pari a zero” quella della figura 042, mentre si definisce “elasticità infinita” quella della figura 043:

 

     

 

 

 

SE AUMENTIAMO IL PREZZO DEL BIGLIETTO DELL’AUTOBUS, I RICAVI DELL’AZIENDA DI TRASPORTI AUMENTERANNO O DIMINUIRANNO?

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L’elasticità può essere vista come il rapporto tra la variazione percentuale della domanda e la variazione percentuale del prezzo:

 

così, una elasticità ε = 3, supponendo che si tratti della domanda e del prezzo della carne, indica che, se il prezzo della carne aumenta del 10% la domanda di carne diminuisce del 30% (  )

Supponendo che l’elasticità della domanda di trasporti mediante autobus sia pari a 3, per stabilire se i ricavi dell’azienda di trasporto aumenteranno o diminuiranno a seguito di un aumento di prezzo del 10%, impostiamo la seguente espressione:

Ricavi totali = p · D

dove p è il prezzo del biglietto e D è la domanda di biglietti

Dopo l’aumento del 10% del prezzo questa espressione si trasforma in:

 

 

che con semplici passaggi algebrici si trasforma in:

 

Si vede quindi che a seguito di un aumento di prezzo del 10% i ricavi diminuiranno del 33%

La variazione dei ricavi totali a seguito di un aumento (diminuzione) di prezzo dipende dalla elasticità:

ε = 1     à     ΔRT 0

ε > 1     à     ΔRT < 0     (“domanda elastica”)

ε < 1     à     ΔRT > 0     (“domanda rigida”)

 

 

I FATTORI CHE INFLUENZANO LA DOMANDA DI UN BENE: IL PREZZO DEI BENI SUCCEDANEI

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Si dicono beni succedanei due beni che, entro una certa misura, possono sostituirsi l’uno all’altro nel consumo, come il vino e la birra, il burro e la margarina, il the o il caffè

Tra la domanda di un bene e il prezzo del suo succedaneo esiste una relazione diretta:

 

 

 

I FATTORI CHE INFLUENZANO LA DOMANDA: I PREZZI DEI BENI COMPLEMENTARI

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Definiamo beni complementari due beni se non è possibile consumare l’uno senza l’altro (es. auto e benzina) o se uno di essi, consumato insieme all’altro, fornisce una utilità superiore al consumo separato (es. caffè e zucchero)

Tra la domanda di un bene e il prezzo del suo complementare esiste un rapporto inverso:

 

 

 

I FATTORI CHE INFLUENZANO LA DOMANDA: IL REDDITO DEL CONSUMATORE

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Se misuriamo la domanda di un bene in funzione del reddito del consumatore, si presentano 4 casi.

Primo caso (beni inferiori tipo sale):

 

 

Secondo caso (beni inferiori tipo patate):

 

 

 

Terzo caso (beni normali):

 

 

Per beni normali la domanda di solito aumenta meno che proporzionalmente all’aumentare del reddito

Quarto caso (beni di lusso):

 

 

 

ALTRI FATTORI CHE INFLUISCONO SULLA DOMANDA DI UN BENE

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Tra gli altri fattori che possono influire sulla domanda di un bene ricordiamo:

  La distribuzione della ricchezza tra le famiglie può influenzare il tipo di consumi dell’intera nazione. Un emirato arabo in cui lo sceicco abbia il 99% del reddito e il resto della popolazione solo l’1% probabilmente consumerà beni di lusso più dello stesso emirato dopo che una rivolta proletaria abbia espropriato lo sceicco e distribuito le sue ricchezze ai poveri

  Età del consumatore. Gli economisti hanno ad esempio mostrato che le persone giovani consumano meno di quanto ricavano come reddito, mentre le persone anziane consumano più di quanto ricavano come reddito

  Periodo dell’anno

  Sesso

  Gusti del consumatore

  Livello di istruzione e di informazione

 

 

LA CLAUSOLA “CETERIS PARIBUS”

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Ogni volta che un economista vuole studiare la dipendenza della domanda da un particolare fattore (prezzo del bene, prezzi degli altri beni ecc.) egli si trova di fronte il problema di isolare gli effetti di uno dei fattori da quelli degli altri: se il prezzo del bene è aumentato, ma quello del suo succedaneo è diminuito, come si può sapere quanta parte dell’aumento di consumo che ne consegue sia dovuta ad una variazione del prezzo del bene e quanta parte ad una variazione del prezzo del succedaneo?

La situazione ideale dell’economista sarebbe ovviamente che, quando varia il fattore che si sta studiando (es. il prezzo del bene) non varii nessun altro fattore (es. il prezzo del bene succedaneo). Questa condizione ottimale per studiare l’influenza di un solo fattore alla volta prende il nome di “ceteris paribus”.

Facciamo un esempio per chiarire il concetto. Supponiamo che un economista sia nascosto nella cantina della vostra abitazione e voglia provare la seguente ipotesi: se la tariffa dell’acqua diminuisce, il consumo della famiglia aumenta.

Se l’economista però non si preoccupa di tenere sottocontrollo tutti gli altri fattori che influenzano il consumo di acqua della vostra famiglia (gusti, grado di inquinamento ambientale, numero dei componenti della famiglia, precipitazioni temporalesche, numero di animali posseduti ecc.) egli otterrà dati falsati.

 

 

APPROFONDIAMO LA DIPENDENZA DEL CONSUMO DAL REDDITO

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Tracciamo il grafico dei consumi complessivi di una famiglia in funzione del reddito:

 

   

 

Tale grafico prende il nome di funzione del consumo. Il rapporto DC / BC nel primo grafico prende il nome di propensione marginale al consumo ed è pari a:

 

 

La propensione marginale al consumo può assumere i seguenti valori:

 

0 c 1

 

essa rappresenta la percentuale dell’ultima frazione di reddito che la famiglia destina a consumi

Il grafico di destra è una forma semplificata di quello di sinistra; la equazione della funzione di consumo semplificata è quella di una retta:

 

C = C0 + c · Y

 

dove c minuscolo è pari alla propensione media al consumo:

 

 

La propensione media al consumo indica la percentuale del reddito che la famiglia destina a consumi

di solito, nei testi economici, quando si parla di c si allude alla propensione marginale

Come si vede dalla figura 040, all’aumentare del reddito diminuisce la propensione marginale al consumo; infatti si ha:

 

 

questo significa che all’aumentare della ricchezza una famiglia destina una percentuale inferiore del proprio reddito alle spese di consumo e una percentuale sempre maggiore al risparmio.

Il rapporto che lega la propensione (media o marginale) al consumo e la propensione (media o marginale) al risparmio (che indicheremo con s) è il seguente:

 

s = 1 - c

 

 

LA RENDITA DEL CONSUMATORE

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Osserviamo la figura 044:

 

 

Se il prezzo di mercato è OA, l’area dei ricavi dell’imprenditore è OABC

L’area ABD è invece chiamata “rendita del consumatore” e rappresenta somme aggiuntive che i consumatori sarebbero disposti a pagare per il bene, ma che l’imprenditore, se pratica un prezzo unico, non riesce a farsi pagare.

 

LO SCAMBIO

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Con lo scambio tra due beni ciascuno dei due partecipanti cerca di aumentare le utilità a sua disposizione.

Si definisce baratto lo scambio in natura (bene contro bene), in contrapposto allo scambio monetario che non è altro che un baratto spezzato in due: dapprima Tizio cede il suo libro a Caio e ne ottiene moneta; successivamente Caio cede la moneta a Sempronio e ne ottiene una penna. E’ come se un atto di baratto tra Tizio e Sempronio (libro contro penna) sia stato spezzato in due atti di scambio monetario indipendenti.

Osserviamo il grafico sottostante, chiamato grafico a scatola di Edgeworth:

 

Ogni punto nel grafico a scatola rappresenta una spartizione di pesche e mele tra Mario e Giorgio.

Ad esempio, il punto A rappresenta la seguente spartizione:

3 mele a Giorgio e 6 mele a Mario

4 pesche a Giorgio e 4 pesche a Mario

Il punto B rappresenta la seguente spartizione:

11 mele a Giorgio e 3 mele a Mario

6 pesche a Giorgio e 2 pesche a Mario

Riportiamo ora, nel grafico, le curve di indifferenza di Giorgio e di Mario:

 

Se il punto che rappresenta la attuale spartizione di mele e pesche si trova in una delle aree in cui sia Giorgio che Mario hanno una UT < 100 (ad es. il punto P nell’area in alto a sinistra) ad entrambi converrà spostarsi nell’area in cui tutte e due hanno UT > 100 (ad es. il punto Q nell’area centrale). In tal caso si passerà da P a Q e si sarà realizzato uno scambio.

 

LA SCELTA DELLA FAMIGLIA TRA CONSUMO E RISPARMIO (COME DIVENTARE MILIONARI CON LA PAGHETTA)

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Isabella riceve dal padre una paghetta di 3 € al mese. Il padre, per abituare Isabella a risparmiare, le offre una scelta: le darà un interesse del 100% che le pagherà il mese successivo sulle somme risparmiate il mese precedente. Isabella, aiutata dal prof di economia, costruisce il diagramma riportato sotto:

 

Se leggiamo sull’asse orizzontale la somma spesa da Isabella, il punto corrispondente sull’asse verticale indica la somma risparmiata più gli interessi che sono maturati durante il mese: è la somma che il mese successivo si aggiunge alla paghetta di tale mese.

Si vede così che se Isabella spende a Gennaio 1 € della paghetta di Gennaio, il mese successivo, oltre la paghetta, avrà da spendere 4 € di somme risparmiate più interessi; se spende 1,5  € il mese successivo, oltre la paghetta, avrà da spendere 3 € di somme risparmiate più interessi; se spende 2 € il mese successivo, oltre la paghetta, avrà da spendere 2 € di somme risparmiate più interessi; se spende 3 € il mese successivo avrà solo la paghetta, perché non vi saranno interessi.

Anche una famiglia deve fare la stessa scelta tra consumo e risparmio.

 

 

LA SCELTA DELLA FAMIGLIA CIRCA IL MODO DI TENERE LA PROPRIA RICCHEZZA. IL PORTAFOGLIO.

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Tutti i soggetti della economia (stato, enti pubblici, imprese, famiglie, banche, ecc.) posseggono un portafoglio.

Il portafoglio è un insieme di attività e passività con diverso rendimento, rischio e scadenza.

Per "attività patrimoniale" o, semplicemente, "attività" si intende qualsiasi cosa appartenga ad un soggetto e costituisca ricchezza.

Il portafoglio di un soggetto può contenere attività che vanno dalle più liquide (moneta) alle meno liquide:

Moneta

Obbligazioni, altri titoli a reddito fisso e crediti con scadenza a breve termine

Obbligazioni, altri titoli a reddito fisso e crediti con scadenza a lungo termine

Azioni

Beni di consumo durevoli

Beni di consumo non durevoli

Beni aziendali (le imprese)

Capitale umano (le abilità e le conoscenze "spendibili" sul mercato del lavoro)

Il portafoglio può anche contenere passività sotto forma di:

Debiti pecuniari bancari

Debiti pecuniari verso soggetti non bancari (imprese, famiglie)

In sintesi, si può dire che un portafoglio è composto principalmente da attività finanziarie: (moneta, obbligazioni e azioni) e attività reali (macchine, terreni, fabbricati posseduti dalle imprese, beni di consumo durevoli ,abitazioni possedute dalle famiglie).

A tutte le attività del portafoglio sono ricollegabili rendimenti positivi o negativi. Le attività reali (cioè quelle che consistono in beni) forniscono un rendimento che si differenzia da una attività all'altra. Ad es. il rendimento dei beni di proprietà è pari al valore dei servizi che altrimenti il soggetto dovrebbe procurarsi pagando (così una casa di abitazione di proprietà del soggetto ha come rendimento una somma pari al canone di locazione che egli dovrebbe altrimenti pagare); il rendimento del capitale umano è pari al reddito che esso può o potrà procurare con l'attività lavorativa; le macchine offrono alla impresa che le possiede un contirbuto alla produzione e quindi alla crazione di profitti.

Per "Scelte di portafoglio" si intendono le scelte che continuamente i soggetti compiono per determinare la composizione del proprio portafoglio (ad es. scelta tra moneta, titoli a breve, titoli a lungo termine) in modo da massimizzare i rendimenti di tale portafoglio. Molte di tali scelte sono estremamente importanti per spiegare variazioni o perturbazioni nella attività economica. Ad esempio, se tutte le famiglie decidono di diminuire la quota di ricchezza detenuta sotto forma di moneta e di sostituirla con titoli si avrà un aumento del valore dei titoli, una diminuzione del saggio di interesse, un (probabile) aumento degli investimenti e un (probabile) incremento del reddito nazionale.

Un portafoglio contiene attività più o meno "liquide": quanto più facilmente una attività che non è moneta può essere convertita in moneta, tanto più tale attività è liquida. Un esempio di attività liquide sono i titoli di stato a breve scadenza (i BOT), che possono essere prontamente venduti e trasformati in moneta o dati in garanzia per ottenere un prestito in moneta.

 

 

LA SCELTA DELLA FAMIGLIA TRA LAVORO E TEMPO LIBERO

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Tre sono gli elementi che il lavoratore considera per decidere la sua offerta di lavoro:

La penosità del lavoro: la penosità di ciascuna ora lavoro aumenta all’aumentare del numero di ore lavorate

La utilità ricavabile con i beni acquistabili col salario

La utilità ricavabile dal tempo libero

L'economista Alfred Marshall studiò l’offerta di lavoro con le curve di indifferenza:

 

  

 

Nella figura 0504251918 si vede come vi sono curve di indifferenza diverse, che presentano combinazioni lavoro-consumo aventi la stessa utilità (nell’esempio, UT = 100 o UT = 200). Contemporaneamente, però, dato il salario, ha il vincolo della linea AB. Il punto P rappresenta il suo equilibrio, e le ore di lavoro offerte sono pari ad AE.

Se il salario aumenta, il suo vincolo è quello della linea AC e il suo punto di equilibrio è Q.

Si può vedere che le ore offerte passano da AE ad AD, aumentando.

Ma, come nota Marshall, e come sappiamo dallo studio delle curve di indifferenza del consumatore, in realtà gli effetti che entrano in gioco con uno spostamento della retta AB sono due:

Un "effetto di sostituzione", che spinge il lavoratore alla riduzione del tempo libero e all'aumentare correlativo del tempo di lavoro

Un "effetto di reddito" che spinge, viceversa, il lavoratore, alla diminuzione del tempo di lavoro e all'aumento del tempo libero

Questi due effetti sono individuati nella figura 0504251920, dove la variazione PR del consumo, conseguente allo spostamento dal segmento AB al segmento AC è divisa in due spostamenti: PQ (effetto di sostituzione) e QR (effetto di reddito).

 

  

 

A bassi livelli salariali prevale in genere l'effetto sostituzione, mentre a livelli salariali più elevati tende a prevalere l'effetto di reddito, che conduce a preferire il tempo libero al lavoro. L'andamento dell'offerta di lavoro in funzione del salario è quindi quello di figura 0504252027

Consideriamo ora un caso molto particolare, in cui il salario è talmente basso che prevale l’effetto di reddito, e un aumento di salario porta ad una diminuzione delle ore lavorate.

Consideriamo l’operaio Cipputi, a cui viene pagato un salario bassissimo:

 

 

Se il minimo di sussistenza giornaliero è di 5 € e il salario è molto basso (ad es. inferiore a 1 € l’ora Cipputi lavorerà solo il numero di ore strettamente sufficienti per avere il minimo di sussistenza: con un salario di 0,25 € l’ora egli lavorerà 20 ore (quante sono necessarie per guadagnare 5 €); con un salario di 0,5 € l’ora egli lavorerà 10 ore; con un salario di 0,75 € l’ora egli lavorerà 0,66 ore; con un salario di 1 € l’ora egli lavorerà solo 5 ore: infatti il salario è così basso che è più utile il tempo libero che ciò che si può ricavare dai beni acquistabili col salario.

Solo quando il salario supera 1,25 € l’ora, nel nostro esempio, Cipputi comincia ad aumentare la sua offerta di ore lavoro.