STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE

 

  

back to HomePage

  

   

La democrazia greca e l'impero romano

Il Sacro Romano Impero e la Res Pubblica cristiana

L'età di Machiavelli e di Lutero

Le regole del gioco da Hobbes a Hume

Le regole mancate da Grozio a Comte

La sovranità tra Montesquieu e Rousseau

Il liberalismo da Burke a Weber

La critica marxista

Le teorie elitiste

Le dottrine politiche negli Stati Uniti e in Urss

Democrazia rappresentativa e partiti

Di fronte al futuro

La libertà feudale

Aristocrazia e monarchia

Le forze spirituali del liberalismo europeo

Il diritto naturale

La libertà economica

La rivoluzione industriale

Libertà civile e libertà politica

La dichiarazione dei diritti

La rivoluzione

La controrivoluzione

La restaurazione

Il liberalismo inglese: il radicalismo

Il liberalismo inglese: gli economisti

Il liberalismo inglese: il movimento religioso

Il liberalismo inglese: la scuola di Manchester

Il liberalismo inglese: la riscossa dei conservatori

Il liberalismo inglese: crisi e rinnovamento

Il liberalismo francese: il costituzionalismo

Il liberalismo francese: la monarchia borghese

Il liberalismo francese: il 1848

Il liberalismo francese: il liberalismo del Secondo Impero

Il liberalismo francese: il liberalismo della Terza Repubblica

Il liberalismo tedesco: il romanticismo

Il liberalismo tedesco: Hegel

Il liberalismo tedesco: l’età di Federico Guglielmo IV

Il liberalismo tedesco: la concezione giuridica dello Stato

Il liberalismo tedesco: il liberalismo sociale

Il liberalismo tedesco: il liberalismo politico

Il liberalismo italiano: il periodo preparatorio

Il liberalismo italiano: il liberalismo del risorgimento

Il liberalismo italiano: la Destra

La libertà e le libertà nel liberalismo

Libertà negativa e libertà positiva nel liberalismo

Il liberalismo

Lo stato liberale

Liberalismo e democrazia: unità e opposizione

Statolatria democratica

Democrazia liberale

Liberalismo e socialismo: classe e partito

Liberalismo e socialismo: il materialismo storico

Liberalismo e socialismo: la prassi liberale del socialismo

Liberalismo e confessioni religiose

La Chiesa cattolica e le libertà

Carattere e significato del separatismo liberale

Liberalismo e nazioni

Liberalismo e nazionalismo

Crisi del liberalismo: gli aspetti economici della crisi

Crisi del liberalismo: la crisi politica

Il liberalismo secondo Guido de Ruggiero

La coesione sociale e la natura dell'uomo

La coesione sociale e il governo

La funzione della individualità

Il conflitto tra la tecnica e la natura umana

Controllo e iniziativa: le loro sfere rispettive

Etica individuale ed etica sociale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La democrazia greca e l'impero romano

 

I momenti di forte istituzionalizzazione nella cultura politica occidentale sono accompagnati da manifestazioni di una "cultura"diversa non istituzionalizzata; per questa trattazione il riferimento è allafondazione della democrazia greca, cui corrisponde l'esperienza dionisiaca;quello della grande chiesa medievale, cui corrisponde la "eresia" gnostica;quello della fondazione della rappresentanza democratica, cui corrisponde la “stregoneria". L'antichità ha dato all'occidente i due modellipolitici dell'impero romano e della democrazia ellenica. La democrazia non era però l'unica forma della “polis". Erodoto inizia la consuetudine di distinguere monarchia, aristocrazia,democrazia. Aristotele distingue ancora dalle forme giuste la tirannia, laoligarchia e la demagogia. Vi erano anche le forme miste. Aristotele inizia la tradizione di distinguere un potere legislativo, uno esecutivo e uno giudiziario. La esperienza ateniese è caratterizzata da unarigorosa isonomia. La esperienza politica antica lascia irrisolto ilproblema della forma della rappresentanza e della legittimazione all'eserciziodel potere. La democrazia ateniese si sviluppa e declina sotto il segno dipersonalità dal mandato incerto (Pericle, Alcibiade). Frequenti sono gliostracismi o le accuse di potere personale che portano alla opposizione o nelcampo avverso (persiano, spartano) insigni cittadini, tra cui Socrate. Il concetto greco di democrazia era sotto molti aspetti piùradicale del nostro; per esempio, Aristotele dice che eleggere i magistrati è un modo di procedere oligarchico, mentre è democratico tirarli a sorte. Nelledemocrazie radicali, l'assemblea dei cittadini era al disopra della legge, edera pienamente libera di decidere ogni questione. I tribunali ateniesi eranocomposti di un gran numero di cittadini scelti mediante sorteggio e non guidatida nessun giurista (erano, naturalmente, soggetti a lasciarsi influenzare dallaeloquenza o dalla passione di parte: quando si sente Platone o Aristotelecriticare la democrazia, bisogna ricordare che si parla anche di cose di questogenere). In Grecia il concetto di rappresentanza rimaneconfinato per quanto riguarda l'esperienza pratica, alla formazione delle liste dei rappresentanti dei "demi" di Atene, nell'ambito dei quali avvienel'estrazione a sorte per le cariche pubbliche (ad eccezione dei responsabilimilitari che vengono eletti). Si può notare che i greci eleggono (senzaestrazione a sorte) proprio chi coprirà quei ruoli (comandi militari) che lademocrazia rappresentativa sottrarrà al criterio della designazione popolare. Alivello teorico né Platone né Aristotele pensano alla rappresentanza. Come si vede, la democrazia della "polis" rifugge o non si pone il problemadella delega come tale: la concepisce unicamente come governo oligarchico dei “saggi" e non riesce ad unire il concetto di democrazia con quello dirappresentanza. In Roma incerto appare il fondamento giuridico delpotere imperiale, sostanzialmente derivante da un controllo dell'esercito. Il pensiero greco espresso in forma organica è fattorisalire alle opere di Platone ("Repubblica", "Politico", "Leggi") e diAristotele ("Politica"). Altri scritti significativi (orazione per i caduti del Peloponneso, "Costituzione degli ateniesi") sono di autore incerto. Le preferenze di Platone e di Aristotele vanno a unregime elitario che organizzi il consenso. Il pensiero politico antico ha una carenzafondamentale che già si manifesta in Platone e in Aristotele: non concepisce irapporti tra le classi in termini di regole del gioco tra i partiti, che sonovisti come fazioni incontrollabili che lottano per interessi particolari inopposizione al bene comune. In sostanza, il pensiero antico non riesce a costruire una valutazionepositiva degli interessi particolari e della loro dialettica all'interno dellacollettività. Né Platone né Aristotele pensano ad un equilibrio deirapporti tra le classi in termini di regole del gioco tra i partiti,trasformabili da fazioni incontrollabili in associazioni volontarie istituzionalizzate, volte ad organizzare la rappresentanza. Una eco di queste preoccupazioni rimarrà nel liberalismo, che temeràsempre le "dittature della maggioranza". Di questo possono essere fornite varie ragioni. Un primo fattore che contribuisce a generare questa incapacità è il fatto che il pensiero greco fino ad aristotele è dominato dalla devozionereligiosa e patriottica alla città. I suoi sistemi etici sono adatti alla vitadei cittadini ed hanno un gran peso politico. Di fronte al costante e mainegato punto di riferimento utopistico del "bene" o del "bene comune", dellaconcezione dello stato come organismo unito e armonico, gli interessiindividuali sono alquanto svalutati e concepiti in modo tendenzialmentenegativo. Essi si incarnano ad es. nella figura del sofista  Trasimaco nella "Repubblica" platonica, secondo il quale "la giustizia non è nient'altro che l'interesse del più forte". Platone ancoraragiona in termini di contrapposizione tra egoismo (sempre negativo) ealtruismo. Si cercava con l'educazione di ridurre al minimo le egoistichepassioni personali e di rimuovere così gli ostacoli al predominio del sensodella comunità. Un'altra ragione per cui il pensiero greco non riesce a raffigurarsi unaattività politica fondata sulla contrapposizione di interessi e sul consenso (quindi su valori convenzionali) deriva dalla peculiare visionegreca dell'universo, di tipo religioso. Tutto era governato dalla "Dyké", o “giustizia". In base ad essa ogni persona e ogni cosa ha un suo preciso posto euna sua precisa funzione. La teoria è legata alla idea del fato e dellanecessità. Una specie di legge impersonale superolimpica punisce l'"hybris" (rottura violenta dell'ordine) e ristabilisce l'ordine eterno che l'aggressorecercava di violare. Non è possibile in tali condizioni considerareequipollenti, dal punto di vista etico, due interessi individuali in conflitto. Noi oggi siamo portati ad identificare "giustizia" con "democrazia". Per Platone e in genere per un greco, questa identificazione non era affatto ovviané scontata. Questo porta ad una accettazione della ineguaglianza Per un greco ciascuno ha una sua sfera, superare la quale è “ingiusto". Alcuni, in virtù del loro carattere o delle loro attitudini, hannouna sfera più larga degli altri, e non è ingiusto se essi godono una partemaggiore di felicità o di potere. Così, non solo non ci sono obiezioni alloschiavismo o alla superiorità dei mariti e dei padri sulle mogli e sui figli,ma si sostiene che le cose più apprezzabili sono (per loro stessa natura)destinate a pochi: agli uomini magnanimi e ai filosofi. Si finisce colconsiderare che la maggioranza degli uomini è solo un mezzo per renderpossibile la esistenza di pochi governanti e saggi. PerAristotele gli uomini che lavorano per vivere non debbono avere diritto dicittadinanza. Il punto di vista aristotelico è caratterizzato dallasubordinazione dell'etica alla politica. Se l'obiettivo è la buona comunitàpiuttosto che il buon individuo, anche prescindendo dalla disparità di qualitàpersonali, non tutti possono avere la posizione di "primi violini". Il potere ela proprietà saranno di necessità inegualmente distribuiti. Il pensiero politico greco rimane impigliato nello scoglio della giustizia odel bene assoluto, e non elabora alcuna teoria della mediazione dei conflitti.Il pensiero politico di Platone e Aristotele e greco in generalerimaneva perciò ancorato al problema di trovare un insieme di uomini "saggi" edi lasciar loro il governo. Ma, come nota Russell, tale problema è insolubile.E questa è la ragione più profonda della democrazia. Come nota esattamente Baget Bozzo, questa difformità di vedute sulla attivitàpolitica, che contrappone ad una visione "super partes" del bene comune o dellagiustizia la dialettica del conflitto, arriva fino alla età moderna. Essa, comesi vede, affiora nel pensiero più antico, ma solo con il liberalismo e inparticolare con l'utilitarismo sarà riconosciuta la liceità e la dignità dellateoria "individualista". La prassi politica greca sembrava confermare la valutazionenegativa del conflitto di interessi: essa offriva la esperienza di una continuae sanguinosa lotta tra aristocrazia e popolo, in cui la prevalenza di unacomponente non costituiva un momento fisiologico di alternanza, ma la negazionee la distruzione fisica dell'avversario e la presa di potere incondizionata daparte del vincitore. In Grecia le rivoluzioni erano frequenti quanto oggi inAmerica Latina. Queste lotte, quelle tra città e città e più tardi la conquistapersiana e macedone, alimentavano un flusso costante di profughi da una cittàall'altra della Grecia e dalla Grecia alla Magna Grecia. Ne risultava un climadi costante incertezza e violenza. Date queste premesse, è significativo che Platoneproponga un comunismo che elimini i motivi di contesa e che anche Aristotele, che ritiene preferibile la monarchia, concepisca la necessità, come elemento equilibratore, di una vasta classe media né tropporicca né troppo povera, in grado col numero di opporsi alle pretese del numeroe di dare comunque una base popolare in contrapposto agli interessi di pochi. Come si vede, in sostanza questi due pensatori non concepiscono il valorepositivo del conflitto di interessi, e sentono in vario modo il bisogno dinegare il conflitto e la dialettica fra le classi. La valutazione negativa degli interessi particolari è commista al luogocomune della immaturità popolare e della perfidia della ricchezza che non sicura del povero e mira alla oppressione e allo sfruttamento dei più. Il ruolo delle fazioni è molto importante anche nelpassaggio dalla forma repubblicana a quella imperiale in Roma. Per il Mommsen ipartiti sono una proiezione della dinamica socio-economica, espressione diinteressi organizzati (l'aristocrazia senatoria, i cavalieri, il proletariato),che dànno luogo ai contrasti tra i gracchi (avanzati) e il senato (moderato),sino ad arrivare agli scontri tra Mario contro Silla, Cicerone contro Catilina,Cesare contro Pompeo, Augusto contro Antonio, che possono essere visti comescontro di un partito moderato con uno conservatore. Da questi scontri si vedecome i partiti si collegarono molto presto alla forza militare delle legioni. Senza rappresentanza i partiti, invece di evolversiin strumenti stabili di composizione pacifica dei conflitti politici finisconoper appoggiarsi alla forza militare, e divenute organizzazioni militari sidissolvono sotto un potere autoritario.  La "res publica" non più città stato non divenne “commonwealth" (termine e modello inglese del XVII secolo), ma "impero fondatosu un principio di quasi-legittimità prodotto da una anormalità. Il Ferrero lo classifica "quasi legittimo" accantoalla monarchia orleanista, che non era né la monarchia legittima di Luigi XV néla monarchia legittima di Napoleone. Ortega Y Gasset lo classifica l'istituzione imperiale come "anomalia" inquanto Augusto si appigliò alla due istituzioni più marginali, più stravagantie anormali esistenti nel diritto pubblico romano: il Tribunato della plebe e lo “imperium militiae", il comando (provvisorio) dell'esercito. In conclusione, l'impero romano nacque da una crisiistituzionale derivata da una assemblea non elettiva e non dotata di poterelgislativo, ma che gestiva lo stato (il senato); da un potere legislativonominalmente del popolo, ma spesso esercitato da una opposizione che non potevadivenire governo (Tribunato della plebe) e da partiti non istituzionalizzatiche si trasformarono in macchine militari. Il pensiero politico romano nonanalizzò questi meccanismi e la soluzione della crisi emerse dallasemi-legittimazione del potere militare dell'ultimo vincitore delle guerrecivili (il principato augusteo). La carenza di pensiero politico nei secoli delprincipato esprime la difficoltà di analizzare una situazione di quasilegittimità che si traduce in pratica (salvo che nel periodo aureo degliAntonini) in una sorta di guerra civile permanente tra i capi delle legioniaspiranti all'impero. quindi, da un lato il rivestimento di forme tradizionali erainsufficiente al raggiungimento dello scopo di stabilità; dall'altro impedivaelaborazioni dottrinali nuove. Per usare i termini Paretiani, la selezione ecircolazione delle elites dominanti affidata solo alle armi e quindi normatasolo dalla forza, sono elementi di grande instabilità per il sistema. I tentativi di stabilizzare l'istituzione imperialecon una precisa norma di successione e di normare la circolazione della classepolitica comunque non riescono. La quasi legittimità dell'impero finisce per sfociare in una assenza diregole che provocherà l'autodistruzione delle elites che lottano persopravvivere in assenza di garanzie di sicurezza. Infatti il modo migliore perproteggersi fu, per coloro che dovevano vivere attorno all'imperatore, quellodi cospirare sul serio contro la sua vita. Il pensiero politico moderno siporrà invece, con Hobbes, il problema della sicurezza non solo per i governati,ma anche per i governanti. Alla fine si sfocia in uno stato di guerra civilegeneralizzata che sarà anche la caratteristica del Medio Evo che sta periniziare, pur dopo quella che Ferrero definisce "la grande umanizzazione esmilitarizzazione dell'occidente compiuta dal Cristianesimo". La guerra civilesarà ancora il problema di Hobbes nel 1600 e di Schmitt nel 1900.

 

 

 

Il Sacro Romano Impero e la Res Pubblica cristiana

 

Esiste divergenza tra gli studiosi circa gli autori ela classificazione delle teorie politiche cristiane elaborate nell'ambito dellapatristica e della scolastica. Secondo Baget Bozzo si hanno: - stato cristiano realizzazione della dimensione ecclesiale nella storia. Il potere di Cristo nella storia si manifesta in quello dei principi cristiani (Eusebio di Cesarea). La chiesa interviene nella società per l'attuazione dei suoi principi attraverso una istituzione politica autonoma. - La chiesa stessa, senza mediazione del potere politico, è la figura storica della potenza di Cristo. Il potere temporale è soggetto alla gerarchia ecclesiastica per motivi spirituali (Gelasio) - Esiste un legame tra potere politico e potere che Satana esercita sul mondo. Comunità ecclesiastica e civile sono viste come contrarie, città di dio e città (corrotta) degli uomini (Agostino). La chiesa rinuncia a intervenire nella organizzazione del potere. Per Chevallier e Sabine, invece: - Agostino è teorico della superiorità del potere ecclesiastico. Afferma la preminenza della chiesa nel regno dei fini (in quanto unica società umana che è votata alla costruzione della città celeste) col che l'autorità dello stato si trova diminuita. L'unica conseguenza esplicita che Agostino ne trae è che lo stato, il principe, deve essere cristiano e imporre la religione cristiana ai sudditi. Comunque sia, date le premesse, in un modo o nell'altro lo stato deve essere anche una chiesa, visto che la forma fondamentale della organizzazione sociale era religiosa. Poteva tuttavia essere ancora oggetto di controversia quale forma tale unione dovesse prendere. - Gelasio è invece piuttosto espressione della separazione dei poteri. Gelasio agisce in un periodo in cui è necessario alla Chiesa stabilire delle linee di demarcazione tra la propria attività e la sfera di potere dei sovrani barbarici. Ma anche nel caso della teoria gelasiana, il principe è un fedele della chiesa. Per cui "una volta affermata la preminenza morale dello spirituale, era agevole trarre conseguenze così ampie che il diritto naturale dello stato si trovò totalmente o quasi assorbito dal diritto ecclesiastico. Un secolo dopo Gelasio I san Gregorio Magno, papa dal 590 al 604, si incamminò sulla via dell'agostinismo politico proprio in virtù dell'accentuata estensione da lui data alla concezione ministeriale del potere. - I due autori sintetizzano poi la "posizione patristica" (?): "comportava una doppia organizzazione e un doppio controllo della società umana nell'interesse delle due grandi classi di valori che dovevano essere difesi. Gli interessi spirituali e la salvezza eterna sono affidati alla chiesa, gli interessi temporali e il mantenimento della pace, dell'ordine, della giustizia sono affidati al governo civile. Questa concezione è spesso definita la dottrina delle due spade ed è stata enunciata in modo autorevole da Gelasio I. Il principio filosofico che vi sta dietro era la teoria perfettamente conforme all'insegnamento di S. Agostino, che la distinzione tra spirituale e temporale costituisce la parte essenziale della fede cristiana e deve essere norma di ogni governo che segua la legge cristiana." E' comunque indubbio che la presenza della Chiesa pose problemi nuovi e maisorti sinallora. Nell'antichità l'Imperatore o ilsovrano era una divinità cui si tributava un culto non diverso da quello dellealtre divinità. Nell'era cristiana accanto allo stato rivendica la suaautonomia e originarietà la Chiesa. Con la patristica abbiamo un fenomeno unico nellastoria del pensiero occidentale: l'elaborazione di una dottrina e di unordinamento fondati sulla religione e sul trascendente che di fatto hannopreteso e in parte sono riusciti ad essere prevalenti rispetto allaorganizzazione politica che possiamo definire positiva, cioè  fondata sul pianodella realtà dei rapporti sociali. Si tratta della istituzionalizzazione di unpensiero politico a base religiosa, orientato dalla chiesa, in un periodo diassenza (fino all'undecimo secolo, quando si avviò il dibattito tra l'autoritàspirituale e quella temporale) di attività teorica su base non religiosa. Si tratta di una reazione a una sfidarappresentata dal vigoroso riemergere di una cultura minoritariade-istituzionalizzante, i cui caratteri si possono trovare soprattutto nelmovimento gnostico. Per "istituzionalizzazione" si intende che le teorieaccennate costituirono la base di una struttura sociale, quella dell'Europamedioevale. Nel processo di istituzionalizzazione si intreccianole vicende della auto-organizzazione della Chiesa ma anche dell'impero allaricerca di una stabilità. Dopo due secoli di contrapposizione gli imperatoriaccettano la concezione cristiana - e le idee di Eusebio, Agostino e Gelasio,come la più compatibile con la resistenza delle istituzioni di fronte a diffusicomportamenti che tendevano a sovvertirle, in modo molto più radicale delrifiuto dei cristiani a adorare come un dio il capo militare più o menoprovvisoriamente rivestito della porpora imperiale. Tra questi comportamentiriconducibili a una credenza (gnosi) lo gnosticismo appare culturalmente il piùricco. All'impero si ponevano i problemi di destabilizzazione delle credenze,doveri e valori tradizionali (si pensi alla famiglia) derivanti da un'epoca disincretismo, di relativismo religioso, di prevalenza stoica della interioritàsulla vita sociale e i suoi obblighi, di irrazionalismo, di dionisismorisorgente. Alla chiesa si ponevano problemi di eresie diorientamento irrazionale, soggettivizzante e gnostico che rischiavano distravolgere il messaggio cristiano. La chiesa, pur essendo il messaggioreligioso per sua natura non-razionale, per reazione fu spinta ad accentuarnel'aspetto razionale, istituzionale. Si possono qui intravvedere le linee della influenza reciproca che chiesae impero esercitarono nel momento della loro (tras)formazione: a) l'imperocercava una religione non destabilizzante, che mantenesse per quanto possibilevalori tradizionali (familiari; sociali; di sottomissione della donna; ecc.);b)L'impero cercava una religione monoteistica come lameglio atta ad assicurare la unità, mentre le religioni orientali presentavanonormalmente una divinità maschile e una femminile. Anche le frange gnostichedel cristianesimo presentavano evidenti tracce di una divinità femminile ocomunque di un aspetto femminile della divinità. Al di fuori della elaborazione ecclesiasticaconcernente i rapporti tra chiesa e impero, non si ebbe speculazione politicalaica. Ne risultò una base povera di legittimazione del potere temporale (diritto divino, ereditario, investitura da parte dei compagni d'armi di stampogermanico), che ripropose, per un intero millennio, fino al secolo undecimo,una situazione di semi-legittimazione e di guerra permanente. E tanto meno si affermò l'idea del principiorappresentativo. Visto che i "compagni d'orda" erano diventati nobili, ci siallontanò anzi anche dalla "democrazia militare" germanica. Nella Chiesa invece, si ha una organizzazione piùsalda, che ben presto si orienta con decisione verso la designazione elettiva el'accentramento. Nell'ultima parte dell'undicesimo secolo si ripreserogli studi sul complesso di idee politiche e sociali della patristica, con lalotta per le investiture e si posero le basi per la fioritura del pensieropolitico dei secoli successivi. Tuttavia il contributo più originale dell'epoca è ancora ecclesiastico (Tommaso d'Aquino). Tommaso distingue il potere "in abstracto" e "inconcreto". Il potere in sé viene da Dio, ma in concreto può e deve venire dallainvestitura umana. Se un certo uomo o un certo gruppo di uomini sono insituazione di comandare legittimamente ad altri uomini, questo fatto nondipende da una scelta diretta e personale di Dio, ma da una designazionemeramente umana. Il potere onestamente acquisito viene da Dio. Tommaso non hauna visione rigida della designazione umana: cita casi di popolo che si dà leleggi da sé e di popolo cui una autorità superiore dà un re. Il potere deveessere esercitato per il bene del popolo, e se questo non avviene il popolo puòripudiare il tiranno (ma non vede di buon occhio il tirannicidio). Esistonolegge divina, legge naturale e legge umana. Se la legge umana contrasta conquella naturale non va osservata. Dante, Giovanni da Salisbury, Tommaso, concordanonella visione universalistica dell'impero governato da due autorità volute dadio mentre: al loro sguardo sfuggono i fermenti più nuovi della loro età. Per Marsilio da Padova la ragione indica che ilgoverno civile necessario come mezzo di pace e di ordine, mentre la religione è utile in questa vita come mezzo di salvezza della vita futura. Marsilio fa unpasso avanti verso la riflessione politica moderna affermando che le questionipolitiche devono essere risolte in base alla razionalità, prescindendototalmente dalla fede (anticipa Machiavelli e Hobbes, anche se probabilmentegli è estranea la idea di una separazione tra politica e morale) e affermandoche lo stato è un organismo, un essere vivente (anticipa Hobbes). Guglielmo di Occam è abbastanza conservatore (duepoteri, largo potere al papato), ma con Marsilio e Giovanni da Parigi inizia ladottrina della prevalenza del concilio sul papa. Il concilio è rappresentativodella intera comunità cristiana, e forse qui possiamo vedere il primosorgere della dottrina rappresentativa. Certamente si tratta di un tentativo diimporre anche al papato i risultati della riflessione politica ad es. di Tommaso sul potere temporale, nel senso che anche i reggitori ecclesiasticisono soggetti alla legge naturale e non immediatamente alla divinità. Tuttaviala teoria conciliare, affermatasi al concilio di costanza (1415) venne sconfitta a Basilea. Questa mancata riforma della chiesa dette luogo alla Riforma protestante.

 

 

 

L'età di Machiavelli e di Lutero

 

Secondo la dottrina politologica tradizionale ilpensiero politico moderno è motivato prevalentemente dalla evoluzionepolitico-economica. Il commercio fu la prima attività economica a svilupparsiperché occorreva ripristinare la rete di collegamenti tra le città, che nelmedioevo rappresentavano centri autarchici. Per la prima volta dal tempo di Roma apparve in Europa una classe considerevole di uomini che avevano insiemedenaro e iniziativa. Questa classe era la nemica naturale della nobiltà e delledivisioni ce dei disordini che fomentava. I suoi interessi erano dalla partedel governo forte e in politica essa era l'alleata naturale del re. In Italiail papato era abbastanza forte per impedire la unificazione ad ogni altropotere ma tanto debole da non poterla fare esso stesso. Machiavelli vede la vita degli stati come un cicloripetentesi che passa dalla monarchia, agli ottimati, alla democrazia per poiritornare al principato: essendo la democrazia la forma più "periclitante".In sostanza c'è una dialettica principato-repubblica:il principato nasce quando la repubblica si corrompe e degenera. Eglistabilisce un parallelo tra la crisi repubblicana e la storia dei suoi tempi. La sua analisi della crisi repubblicana romanacontiene elementi di originalità: egli riconosce che il tribunato della plebeebbe il ruolo di incanalare le tensioni in una opposizione costituzionalmenteaccettabile e di condurre allo sviluppo di una forma durevole come quellaimperiale. Non arriva però a concepire la possibilitàche la opposizione in senso moderno, che si possa alternare al governo, anchese la sua teoria "ciclica" dell'alternarsi al governo delle varie componentiavrebbe potuto suggerirglielo: infatti parla di "accidenti fortunati" perdesignare complessivamente le vicende che condussero la Roma repubblicanaall'impero. Un'altro elemento dimodernità nel pensiero di Machiavelli sta nel "controllo legale delle forzesociali attraverso i 'partiti', per evitare la 'corruzione' della repubblica.In realtà egli parla genericamente di "stato misto", in cui le trecomponenti, monarchica, ottimati, popolo partecipano in modo da limitarsi avicenda, ma non va più in là. La soluzione moderna saràcomunque proprio in questa direzione, con la "gloriosa rivoluzione" chestabilirà un compromesso tra monarchia, aristocrazia e borghesia inglese. Il successo dello stato moderno nello scongiurare la instabilità politicasarà pieno. Esso si è rivelato la forma più straordinariamente duttile diorganizzazione politica della storia umana, ed è potuto sopravvivere attraversotutte le fasi dell'assolutismo, del liberalismo, dell'autoritarismo, delsocialismo. La riforma non produsse una dottrina politicaprotestante. Tuttavia accelerò la tendenza all'aumento e al consolidamento delpotere monarchico. Lutero capì subito che il successo della Riforma in Germaniadipendeva dall'aiuto dei principi. Non solo i teorici della riformaappoggiarono la monarchia, ma la monarchia, chiamata spesso a fare da arbitronelle contese religiose si ritagliò una ulteriore fetta di potere e diprestigio. possiamo anche aggiungere a questo che la rottura della egemoniaromana rese ancor più potente il potere monarchico. E' comunque interessante (e sorprendente) che,sebbene Calvino e Lutero predicassero la giustificazione per fede e laobbedienza passiva al principe, dal pensiero protestante nacque la teoria deldiritto alla ribellione nei confronti del sovrano e la dottrina delprivilegiamento delle opere come prova della grazia, che Weber indica comenucleo dell'etica capitalistica. Cercando di spiegare questa evoluzione, noteremoanzitutto che comunque, a parte la posizione di Lutero, la riforma fucaratterizzata da notevoli ribellioni sociali (es. rivolta di Muntzer). Insecondo luogo, Calvino e Beza suo successore finirono col teorizzare comunquela legittima resistenza attiva ai sovrani ostili alla vera religione il cuimantenimento tra i sudditi è il fine supremo dello stato. Queste idee, che influenzeranno Cromwell, in pratica giustificano la guerra per motivireligiosi. Questa linea di pensiero fu proseguita dai "monarcomachi". Sia gli Ugonotti che i membri della lega cattolica teorizzarono il diritto ("divino"),di ribellione al sovrano e affermano la derivazione della autorità del re dalpopolo. Tuttavia con "democrazia" e "sovranitàpopolare" vogliono solo dire che il popolo è detto sovrano nel senso che ogniatto di governo deve riferirsi al bene, ossia alla prosperità generale ed è sovrano anche nel senso che l'autorità politica non la si può concepire se noncome rispondente ai bisogni di un popolo e fondata sul fatto che il popolo lariconosce per tale. Non siamo ancora arrivati alle teorie contrattualistiche. La chiesa si sforza di assorbirne i valori con ilconciliarismo e con l'ammissione parziale della astrologia. Ma non vi riesce.

Questa corrente sfocia nella Riforma. Quanto riuscì impossibile alla chiesa (distruggere la cultura alternativa ma assorbendone valori compatibili) saràrealizzato dal pensiero politico e dalla scienza laica. Machiavelli considera la autorità solo in base ai suoi risultati. Lutero lanega in religione, negando ogni distinzione tra una gerarchia investita da Dioe culminante nel pontefice e l'insieme dei fedeli che sono la vera chiesa.

Mettendo in dubbio la autorità papale in campo religioso non è possibile,checché egli ne pensi, affermare l'obbedienza passiva al sovrano. Copernicocontesta il sistema tolemaico. Si affaccia in Erasmo, Moro, Bodin, l'idea dellatolleranza, su cui si fonderà lo stato moderno nascente. L'idea nuova che si affaccia in Bodin è la sovranità,che è una delle caratteristiche dello stato moderno. La sovranità è poteresenza condizionamenti, perpetuo ed assoluto (non condizionata altro che dallalegge di dio e di natura: Bodin ritiene Machiavelli immorale) di fare le leggi.

Per la prima volta si individua un carattere invariabile della organizzazionepolitica, distinguendolo dagli organi nei quali si incarna. E si riconosce chela sovranità può risiedere, a seconda del tipo di governo, nel re o in organipopolari. La sovranità è cioè  un concetto fattuale, e non una idea teorica.Evidente in questo la influenza del pensiero di Tommaso d'Aquino. Bodin sipreoccupa di far notare che non può esistere diritto di ribellione allasovranità in quanto tale, che deve esistere sempre, pena la inesistenza dellostato. Altusio fa ulteriormente progredire la riflessione sul concetto di sovranità;Bodin è in fondo un teorico dell'assolutismo, negache i diritti di sovranità possano essere dati ai sudditi, ossia al popolo,pena la loro distruzione, e in ciò mostra forse di non comprendere ancoraperfettamente che altro è la posizione del cittadino "uti singulus" di frontealla sovranità (che egli non può avere), altra è la sua capacità di dirittopubblico come organo attraverso cui tale sovranità si manifesta. Altusio riafferma il principio, affacciatosiall'inizio delle guerre di religione, che la sovranità risiede nel popolo,fatto per questo superiore al re; afferma inoltre il tema contrattualistico eil diritto di resistenza al tiranno. Secondo alcuni, Altusio descrive unademocrazia corporativa che, come la democrazia totalitaria di Rousseau, è antitetica alla democrazia rappresentativa. Vanno messi in eidenza i problemi posti dallaformazione dello stato moderno basato sul principio di tolleranza. Principionuovissimo, che pone da subito il problema della sua estensione concreta,estensione che viene negata a culture alternative a sfondo libertario,ludico-egualitario, incompatibile con l'organizzazione produttiva e lagerarchia sociale che si va formando. I fermenti della nuova età (riforma,contrattualismo) rivelano la presenza di un movimento preesistente, ditradizioni pre-cristiane fuse con una interpretazione magica del cristianesimo. Tra la riflessione conciliare di Cusano e Machiavellie Lutero c'è un secolo vuoto di avvenimenti, in cui forse una silenziosatensione tra cultura alternativa e strutture tradizionali prepara le ideepolitiche della età moderna. La rottura del monopolio ecclesiastico della verità crea il problema dellenuove idee: in campo religioso vi è un fiorire di dottrine esoteriche; in camposcientifico l'aristotelismo va allontanandosi dalla ortodossia e si affermano ivalori di una nuova scienza naturalistica. La selezione delle idee avvia determinate pratiche e credenze verso lostatuto di superstizioni e "demonomanie" e altre verso quello di dottrinescientifiche. Il Newton cultore della alchimia e della esegesi neotestamentaria (e solo marginalmente della fisica e della matematica) e il Copernicoconoscitore della teoria pitagorica dei numeri e delle figure perfette sono dueesempi illuminanti di tale processo di demarcazione. Michel Foucault, ne "la storia della follia nell'età classica" confermaquanto sia sensibile l'età moderna al tema della "diversità", e mostra come nelseicento si viene organizzando uno spazio della emarginazione, basato sulconcetto di "follia" come deviazione anche morale e sulla utilizzazione in modonuovo delle vecchie strutture segregative medioevali (lebbrosari, comunitàitineranti di folli, ecc.). Frances Yates richiama la nostraattenzione a tutta una cultura magica, alchemica, ecc. che è come "uscita dallastoria". Viene da chiedersi quante idee, quante prospettive siano statesacrificate a seguito del sorgere della scienza moderna galileiana, dellamedicina empirica, della connivenza tra scienziati e sistema produttivo. Gamline Brostoff denunciano la "congiura del silenzio" su alimenti allergenici comeuova, certe carni, cereali ecc. su cui si fonda una grossa parte dellaproduzione della industria conserviera. La incidenza epidemica di malattie comecancro e diabete, ridotte dalla medicina a "malattie" normali e inevitabilicome le influenze, rivela invece inquietanti mancanze di informazione suglieffetti cancerogeni, acidificanti o lesivi di organi come il pancreas dialimenti come carni, zuccheri semplici, o di prodotti industriali di usocomune. Altri studiosi denunciano la creazione di sindromi come la andropausa ola deficienza di testosterone che nessun medico del passato si sarebbe sognatodi diagnosticare, al solo scopo di creare nicchie di bisogni fittizi dasfruttare con prodotti farmaceutici. La ricorrente polemica tra parapsicologi ecultori di discipline esoteriche circa la non verificabilità in laboratorio dideterminati fenomeni, il moltiplicarsi delle medicine alternative, fannosorgere il dubbio circa la esaustività del sapere scientifico tradizionale. Nei primi decenni delcinquecento la messa in discussione dei principi di autorità che si eranoimposti per oltre un millennio prevale sull'affermazione di nuovi principi e cioè  sulla ideologia assolutistica, che viene presentata comunemente come losbocco del periodo in corso, mentre in realtà è piuttosto un residuo dimentalità medioevale (investitura divina del re senza la mediazione dellachiesa; diritto del maschio primogenito). Secondo tale autore, a partire dal 1500 si sviluppa piuttosto una cultura delcontratto, che sarà ripresa in pieno dalla rivoluzione americana, el'assolutismo francese di Luigi XIV sarà una forma particolare e circoscrittadi realizzazione politica. Non per nulla i regicidi si moltiplicano lungo tuttoil secolo e il diritto di successione è tanto contestato che guerre con questonome (di Successione) si protraggono sino a metà del settecento. Subito dopo visarà la rivoluzione americana. In realtà l'epoca in esame è, piuttosto che l'epocadella nascita dell'assolutismo, l'epoca della nascita di una forma di stato ingrado di gestire le tensioni, fondato piuttosto sul contratto, che avvia lalegittimazione degli interessi organizzati e del pluralismo religioso eculturale. Il problema se lo statomoderno si organizzi sulla base del diritto divino dei re oppure del contrattopuò essere aperto per quanto concerne la storia e la logica delle istituzioni.

Sotto il profilo della storia delle dottrine politiche, la concezione che siafferma - per netta prevalenza di autori e per livello di argomentazione - è quella del contratto. Anche per Russell, riforma e stati nazionali incrinaronol'unità intellettuale del mondo medioevale, fondata sulla supremazia dellaChiesa, ed aprirono la strada al soggettivismo e all'individualismo in ognicampo. I filosofi della Grecia, fino ad aristotele incluso, non eranoindividualisti nel senso che si dà adesso al termine; pensavano all'uomoessenzialmente come membro di una comunità; la "Repubblica" di Platone, peresempio, si sforza di definire una buona comunità e non un buon individuo. Conla perdita delle libertà politiche, da Alessandro in poi, si sviluppòl'individualismo, rappresentato dai cinici e dagli stoici. Secondo la filosofiastoica, un uomo poteva vivere una vita virtuosa, non importa in qualicondizioni sociali. Questa era anche l'opinione del cristianesimo, specie primache esso acquistasse il controllo dello stato. Ma nel medioevo, mentre imistici tenevano vive le originali tendenze individualistiche nell'eticacristiana, il modo di vedere della maggior parte degli uomini compresa lamaggioranza dei filosofi, era dominato da una sintesi di dogma, legge etradizione, tale che sia le teorie sia la moralità venivano controllate da unaistituzione sociale e cioè  dalla Chiesa cattolica: il vero e il buono nondovevano essere definiti da solitari pensatori, ma dalla saggezza collettivadei concili. Forse questo fu dovuto ad una rivalutazione della idea dicollettività a seguito delle invasioni barbariche. La verità e in genere la validità di una posizione, non piùconnessa al riconoscimento ecclesiastico, fu affidata alla violenza. Con Machiavelli si comprese che, come dice le sorti delle societàumane rischiano di oscillare in perpetuo tra coesione e anarchismo. La coesionerischia di mummificare il pensiero; l'anarchismo e il soggettivismo dànno vitaa grandi slanci creativi ma minacciano la stabilità della società. Ilsanguinoso periodo delle guerre di religione convinse a trovare delle forme dicomposizione non violenta dei conflitti nati dal tramonto del principio diautorità. Il liberalismo rappresenta una risposta a questo problema. Non si tratta di un problema solomoderno: in realtà il conflitto universale, unitamente alla mancanza dilegittimazione, era stato tipico della società medioevale. Lo scopo delcontratto sociale è anche quello di scongiurare la guerra civile ciclicapropria del Medio Evo. Anche la "statolatria", cioè  la enfatizzazione e laassolutizzazione dello stato è un filone di pensiero che nasce da questaesigenza, si sviluppa grazie alle riflessioni di Rousseau e di Hegel e trovaattuazioni pratiche con Napoleone e Cromwell. Un altro filone è quello derivante dalla estensionedell'individualismo al campo della affettività, col Carlyle del culto deglieroi, Nietzche, Byron, Fichte. Esso deriva dalla rottura del precarioequilibrio che derivava dal mantenersi in vita, pur di fronte al soggettivismointellettuale, delle consuetudini morali di buon costume e solidarietà socialemutuate dalle epoche precedenti. Paradossalmente il filone anarchico sicongiungerà all'inizio del nostro secolo con quello statalista nel segno di unelitismo dittatoriale. Anche il marxismo può considerarsi nel filone dellaenfatizzazione del "sociale", dello stato di contro all'"individuale".

Perdipiù, le analisi marxiste del necessario crollo della civiltà borghese,fondata sulla divisione e la lotta tra classi, rivelano forse una comunematrice di consapevolezza degli effetti e dei problemi dell'individualismo. Anche il filone di pensiero politico anarchico e libertario,molto vivo nell'ottocento, è ricondotto da Russell alla stessa filiazione: essorivolge contro lo stato gli strali che gli altri movimenti, all'inizio dell'etàmoderna, rivolgono alla Chiesa.

 

 

 

Le regole del gioco da Hobbes a Hume

 

Lo scopo del contratto - porre regole del gioco checulmineranno nella democrazia rappresentativa - è quello di evitare la guerracivile ciclica propria del Medio Evo. Una società agricola può sopportare iltasso di distruzione di risorse implicito in una guerra civile permanente; unasocietà industriale no. La riflessione sulle regole del gioco inizia con Hobbes e prosegue con Locke e Hume. Mentre Hobbes è pessimista (contratto sociale perevitare il peggio), forse guardando all'epoca sanguinosa che finisce, Locke e Hume sono ottimisti (Contratto sociale per preparare il meglio). Questo obbligo politico che dà origine allo stato è il punto di arrivo di una filosofia basata sulle supposte leggi che regolanola natura, compresa quella dell'uomo. E' noto che la scoperta delle leggi dellanatura è l'ambizione di un'epoca iniziata con Francesco Bacone e culminante conle leggi di Newton, che pubblica i Principia Mathematica nel 1687, otto annidopo la morte di Hobbes e alla vigilia della "gloriosa rivoluzione" chesanziona definitivamente in Inghilterra la legittimità del parlamento. Latrattazione indipendente di queste leggi inizia con Machiavelli, e Hobbes sipone in quel solco. Il concetto di "stato di natura" può esserespiegabile con il sorgere di una scienza che si impegna a spiegare l'origine el'evoluzione umana. Ma oggi si pensa che si tratti più di una premessa logicache di una premessa storica. Hobbes non è il "teorico dell'assolutismo": accettainfatti il "logos tripolitikos" (la sovranità indivisibile può spettare anchead una assemblea democratica o aristocratica); e il potere assoluto ha unlimite fondamentale: quando il "sovrano" non garantisce la sicurezza, il doveredi obbedienza dei sudditi viene meno. Hobbes è precursore del liberalismo, ma solo precursore: il suo stato mancadella divisione dei poteri e non è uno stato di diritto. Il pensiero di Hobbes pone l'interessante problemadel rapporto tra assunti liberali e nascita dello stato democratico e sociale.

Si notano infatti in Hobbes delle intuizioni che ne fanno un precursore anchein questo campo: nel suo pensiero sono già prefigurate le conseguenze dellagaranzia della proprietà che sfoceranno nello stato democratico novecentesco:controllo del potere economico e sicurezza sociale. Anche Hobbes contrappone come alternativa al Leviatano un non meglio specificato "regno delle tenebre" rivelando anche luila presenza della problematica "demarcatoria" rispetto alle culture eversivetipica del sorgere dei nuovi stati nazionali. Locke è il fondatore del liberalismo, anche se illiberalismo di Locke contiene solo "in nuce" la democrazia rappresentativa chesi svilupperà nei tre secoli successivi con l'estensione del suffragio. La concezione di Locke si basa sulla divisione deipoteri e sul contratto sociale. Il diritto di proprietà si fonda per Locke sul fattoche l'individuo ha diritto di proprietà su ciò cui ha "mescolato" il propriocorpo, o meglio il proprio lavoro. A questa teoria si ricollegherà quellamarxista del valore-lavoro e della umanizzazione della natura. Anche Locke teorizza il diritto di insurrezione. Il "popolo" di Locke non è il popolo medioevale cheprende atto una volta per tutte del potere del per sempre "unto del signore",ma l'insieme dei cittadini aventi diritto al voto da cui il potere è conferito.

Locke prevede ANCHE la possibilità di limitare nel tempo il potere del sovranoo della assemblea. Esiste quindi una sostanziale continuità (e non una rottura)tra il concetto di liberalismo e quello di rappresentanza democratica. L'esistenza di leggi di natura valide in generale peril comportamento dell'uomo e per la sua organizzazione sociale era convinzioneantica. Traspare in Aristotele, ha una espressione romana con cicerone ecristiana con Tommaso d'Aquino. Ma è solo all'inizio del XVII secolo che questaconvinzione dà luogo a una solida trattatistica politica che culmina conGrozio. Hume mette in discussione questa millenaria convinzione appena unsecolo dopo la sua formulazione più rigorosa. Ciò non impedisce allaconvinzione di mantenere una considerevole influenza, diffusa sino ad oggi. Hume distingue chiaramente giudizi positivi dagiudizi di valore. Il nostro comportamento non può essere derivato da assiominecessari, come per Hobbes e per Locke, perché rientra nella sfera dei valori. Tuttavia Hume non attaccò propriamente la dottrina politica del contratto o delconsenso, ma invece le sue premesse giusnaturalistiche, per ridurla,empiricamente, a una convenzione efficace. Per il resto, accetta la teoria delconsenso e del diritto alla ribellione.

 

 

 

Le regole mancate da Grozio a Comte

 

Grozio, Pufendorf, cercano senza successo dielaborare regole per i conflitti internazionali nello stesso periodo in cuialtri pensatori elaborano con successo regole per normare i conflitti interni.

Probabilmente determinò l'insuccesso anche il fatto che gli stati si stavanolanciando nella conquista coloniale e marittima. La legge naturale - scrive Grozio - è un dettamedella giusta ragione, che dimostra che un atto, a seconda che è o non è conforme alla natura razionale ha in sé bassezza o necessità morale; e che unatto siffatto è quindi proibito o imposto dall'autore della natura, Dio. Grozioinnova, rispetto alle vie degli antichi giuristi, con il richiamo alla ragione:un metodo razionale che il XVII secolo poteva addirittura considerarescientifico, per arrivare ad un insieme di proposizioni su cui basare i sistemipolitici e le disposizioni della legge positiva. Grozio non vuole eliminare laguerra, ma renderla meno arbitraria. Il diritto naturale sopravvive e viene rivalutato sul piano interno, e daesso vengono da molti fatte derivare le "regole del gioco", anche dopo lacontestazione di Hume. Vediamo ora le posizioni di Kant ed Hegelsull'argomento. Kant è ancora più drastico di Hobbes circa la onnipotenza dellostato: il cittadino ha solo il diritto di critica. Ammette tuttavia lo stato didiritto. Invece, per quel che riguarda i rapporti internazionali, egli affermala mancanza di diritto, la difficoltà o impossibilità di realizzare un accordocoattivo, anche se spera che il progresso della ragione e le rovine dellaguerra possano convincere gli stati alla pace perpetua. Hegel sostiene che l'eticità assoluta è quella dellostato che non conosce altro diritto se non il proprio. Il contratto sociale non ha solo lafunzione di mediare sincronicamente i conflitti sociali, ma anche di regolarediacronicamente il rapporto tra stabilità ed evoluzione, tra conservazione eprogresso. Comte pose per primo la esigenza della “costruzione di una dottrina politica abbastanza razionalmente concepitaperché, nell'insieme del suo sviluppo attivo, essa possa sempre esserepienamente conseguente ai suoi principi. Secondo lui, le società moderneavevano raggiunto la consapevolezza della intima connessione tra ordine eprogresso: non si dà progresso senza ordine, ma nemmeno ordine se il progressosi configura come una continua rottura traumatica col passato. La soluzione diComte è alquanto fumosa ("conciliazione finale" attraverso una "dottrinaprogressiva e gerarchica"), e simile nella impostazione a quella di Hegel.

Per questo si è attirata gli strali della criticamarxista. Oskar Negt sostiene che si tratta di una mistificazione che tende adare ad uno stato assolutizzato il controllo dei conflitti sociali che invece,non ingabbiabili, daranno luogo alla dissoluzione dello stato borghese. La società moderna ha trovato unaterza via, in cui il conflitto tra classi è risolto dalla democraziarappresentativa basta sulla dottrina del contratto e gestito da forzestoricamente definite quali i partiti politici. E' questa la principale ragione per cui si è evitato l'esito rivoluzionario della questionesociale. Circa il rapporto tra ordine e progresso possiamo richiamare quanto Luttwakdice sulle rapidissime trasformazioni della società industriale. Latrasformazione sembra essere una caratteristica tipica della strutturacapitalistica, non solo nel breve, ma anche e soprattutto nel lungo periodo (riorganizzazione totale); le società moderne hanno avuto tanto successo nelrendere possibile il cambiamento sia pure in un quadro di stabilità politica,che tale cambiamento ha assunto ritmi abnormi, che minacciano di generaremalcontento e rimettono in discussione la stessa stabilità politica. Negli Stati Uniti si hanno le prime avvisaglie di irrequietudine elettorale cheminacciano di diventare una prassi normale e destabilizzante del sistema. Sul piano internazionale non esiste un meccanismo dinormazione ovviamente neanche per quel che riguarda la dialetticaconservazione-progresso: non mediata da contratto eistituzione, questa dialettica si è tradotta nelle guerre di religione e poi inquelle napoleoniche, ma senza una aggregazione di interessi e di rappresentanzeche si traducessi in una polarizzazione tra un blocco d'ordine e uno diprogresso. Abbiamo invece la Francia cattolica nella guerra dei trent'anni checombatte i suoi Ugonotti ma è alleata dei protestanti svedesi contro lacattolica Austria. L'Inghilterra patria del parlamento è alleata alla Russiaautocratica contro Napoleone, ecc.

 

 

 

La sovranità tra Montesquieu e Rousseau

 

Si può ora riprendere, dopo la parentesi sulleregole mancate da Grozio a Comte, lo sviluppo del pe nsiero politico giunto con Hume alla contestazione del diritto naturale. Alla metà del 1700 il filosofoinglese si colloca a financo del movimento illuminista col quale è a contatto edall'altro è a sua volta contestato da Rousseau, che riprende il concetto di undiritto legato alle leggi di natura. Dopo che Bodin ha elaborato il concetto disovranità, riguardo ad esso si crea una contrapposizione che permane anche oggitra chi crede che essa non possa essere delegata (Rousseau) e chi invece credeche possa essere effettivamente esercitata solo se viene delegata (Montesquieu). Prima di questo il pensiero francese tra la finedelle guerre di religione e l'apogeo dell'assolutismo con Luigi XIV si eraevoluto appunto nell'ambito della costruzione della monarchia assoluta, con Naudé, di scuola realista machiavellica e Bossuet, che si rifà alleprescrizioni religiose. Naudé sviluppa la dottrina machiavellica delladegenerazione da cui nasce il principato con la idea del colpo di stato che sigiustifica come mezzo per rimediare ad una situazione sociale deteriorata edevitare che questa si deteriori ulteriormente. Montesquieu riflette sulle istituzioni politicheinglesi; definisce il principio della divisione dei poteri e prefigura lo statodi diritto. I punti importanti sono: a) lo spiritodelle leggi; b) la ripresa del "logos tripolitikos"; c) la divisione deipoteri; d) la rappresentanza. Egli era il portavoce dei nobili, e concepisce lamonarchia non arbitraria, ma controllata dalle rappresentanze sociali, in primoluogo dalla nobiltà. Antecedente del pensiero di Rousseau, che pensainvece che chi delega la sovranità la perde, è il concetto di "volontàgenerale". Diderot afferma che la naturale socievolezza degli uomini dà vita aduna passione per il bene di tutti, comune al genere umano, che sfocia nellavolontà generale. Vi sono uomini augusti la cui volontà particolare riunisce insé sia l'autorità che l'infallibilità della volontà generale. Questi "mortaliaugusti" prefigurano il legislatore interprete della volontà generale del qualeparlerà Rousseau. Comunque Diderot e altri illuministine traggono una conclusione diversa: la nazione (concetto che comincia acomparire negli scritti degli enciclopedisti), cioè  l'aggregato di uomini chestipula il patto e che vigila sulla sua osservanza, è rappresentata dai “mortali augusti" che si trasformano in pratica negli "uomini responsabili",che sono i possidenti. Questa primatipica impostazione del contrattualismo contenga comunque in sé il germedell'allargamento (una volta che l'espansione del reddito abbia interessatoanche le classi meno abbienti). La sintesi settecentesca è la seguente: Tutti gliuomini sono "naturalmente" eguali per quanto concerne i rapporti politici enessuno ha il diritto di comandare come nessuno ha il dovere di obbedire. Ildiritto e il dovere nascono da un mutuo accordo, il contratto, il cui scopo è evitare il conflitto permanente e/o favorire la "naturale" tendenza cooperativae associativa dell'uomo. Si tratta di un salto culturale decisivo rispetto atutto il periodo precedente, dalla Grecia al medio evo, nel quale non era stataelaborata alcuna teoria contrattualistica e i diritti-doveri politici eranoimplicitamente fatti derivare o da rapporti di forza o da volontà trascendente (divina). Una volta definiti diritti e doveri politici sulla base delcontratto, la forma specifica della sua attuazione assume la forma dellarappresentanza: un mandato temporaneo conferito ad alcuni di governare a nomedi altri (temporaneamente di alcuni con la limitazione del diritto di voto;potenzialmente e in futuro di tutti, o quasi, col suffragio detto universale).

Questa elaborazione concettuale della democrazia rappresentativa è già completanel settecento anche se la sua applicazione pratica avverrà gradualmente neidue secoli successivi. Tale elaborazione, appena compiuta, suscita riservee obiezioni che trovano espressione organica nell'opera di Jean-Jacques Rousseau. Rousseau parte da un problema molto dibattuto tra gli illuministi:quello se vi fosse assoluta eguaglianza degli uomini (Helvetius) oppureesistenza di diseguaglianze fisiche e intellettuali originarie e lo risolve conla convinzione che la legge garantisca quella eguaglianza che la natura nonsancisce. In generale il pensiero liberale ha semprerisolto il problema nel senso di non ritenerlo di ostacolo alla collaborazionee al buon funzionamento della società liberale. Alcune affermazioni contraddittorie di Rousseau. Ilcontratto sociale è un primo saggio non organico di una vasta opera progettatasulle istituzioni politiche. I termini con i quali Rousseau descrive il pattosociale fanno pensare ad Hobbes, anche se non compare il nome del Leviatano.Gli uomini "mettono in comune la propria persona e ogni potere sotto la supremadirezione della volontà generale". Tuttavia Rousseau ritiene che questo pattolasci l'individuo libero come prima, e anzi sostituisca alla ineguaglianzanaturale, stabilita dalla natura, la eguaglianza formale, stabilita dallalegge. La volontà generale, espressione del corpo sociale,non può sbagliare. La sovranità non può essere rappresentata per la stessaragione per cui non può essere alienata. Ogni legge non ratificata dal popolo è nulla. Comunque ammette il silenzio-consenso e la possibilità della maggioranzaanziché della unanimità. DI fatto Rousseau non propende per una soluzionedefinita: afferma che la democrazia plebiscitaria è difficile se nonirrealizzabile; che a seconda delle circostanze una forma di governo è più omeno adeguata ad un popolo. Paventa poi la presenza di fazioni, e l'unicorimedio che vede è la loro moltiplicazione. Il compito del legislatore è moltodifficile. Le interpretazioni di Rousseau sono contrastanti.Comunemente lo si ritiene pensatore radicale, precursore della immanenterivoluzione francese e di una futura democrazia diretta. Da più parti (Russell, Talmon, ecc.) è stato considerato il teorico del giacobinismo e dellademocrazia totalitaria. Pare venisse letto da Robespierre, Lenin, Mao, Stalin. Il rifiuto della rappresentanza, da Rousseauerroneamente identificata con l'ordinamento feudale, cioè  della sola forma didemocrazia indiretta a sovranità delegata che sia stata sperimentata, sembracompletare una impostazione che da un massimo di tutela della libertà di base (eguaglianza degli uomini dopo e nel patto sociale; sovranità inalienabile ditutti i componenti della collettività) si capovolge in un massimo di potere alvertice: legislatori "simili a dei" e volontà generale manipolata negano lalibertà di associazione col pretesto di impedire che il popolo, naturalmentesaggio, venga ingannato. Su questa base viene considerato un campione delradicalismo di sinistra anche dopo Marx. Il suo dichiarare che la democrazia è impossibile;il suo mettere sullo stesso piano monarchia e altre forme istituzionali lohanno fatto addirittura accettare almeno parzialmente da chi condannava larivoluzione francese e la espressione che "ogni cittadino deve ragionare con lasua testa" a prescindere dalle associazioni (partiti) è diventata la parolad'ordine della polemica teorica reazionaria contro la "partitocrazia". Ma vi è chi parla di "liberalismo" di Rousseau, chesosterrebbe una sola sovranità legittima, quella del corpo sociale stesso, lasovranità democratica, e che scrive che il legislatore deve soltanto "riferire"sulle proposte di legge. Questa concezione del "riferire" ha dato vita alreferendum, massima espressione della sovranità popolare in una democraziarappresentativa. Comunque Rousseau è pessimista sullapossibilità di trovare forme istituzionali adeguate per realizzare pienamenteil radicalismo egualitario, e che ammette il principio di maggioranza sulduplice fondamento di una preventiva unanime autorizzazione e sulla naturapuramente ricognitiva della "volontà generale" della pronuncia popolare.

Leggendo certi passi si può ipotizzare che eglirichieda una democrazia plebiscitaria nel caso delle leggi, mentre ritenga cheil potere di condurre gli affari sia delegabile. Rousseau ha il grave difetto di non valutaresufficientemente il ruolo del potere esecutivo. Il "disbrigo degli affari" deveessere indirizzato con votazioni frettolose e con basse maggioranze. In realtàchi gestisce il governo gestisce anche la legge. La importanza del "contratto sociale" di Rousseauderiva dal fatto che il pensiero illuminista non diede prodotti significatividi dottrina politica. L'opera di Rousseau fu il testo basilare del pensieropolitico dell'età illuminista e la premessa concettuale della rivoluzionefrancese.

 

 

 

Il liberalismo da Burke a Weber

 

Burke può essere visto come rappresentante di unpensiero liberale moderato o propriamente liberale, che critica la rivoluzionefrancese; Paine è di contrario avviso e può essere visto come rappresentante diun pensiero propriamente democratico. La distinzione può essere significativa dal punto divista del funzionamento dei sistemi politici, che varia con l'estendersi deldiritto alla rappresentanza, Lo è meno e al limite non lo è affatto dal puntodi vista concettuale. Infatti la filosofia contrattualistica, descritta nelcapitolo precedente, stabilisce principi validi per tutti i componenti di unadata collettività (stato, sistema politico). La applicazione pratica deiprincipi (godimento "universale" dei diritti civili e politici) è invecesubordinata all'aumento del numero dei cittadini effettivamente interessatialla stabilità sociale, secondo l'indirizzo espresso con particolare chiarezza,tra altri, da Montesquieu. Nel secolo che intercorre tra l'inizio dellarivoluzione francese e l'inizio del novecento, i cambiamenti delle condizionimateriali sono dunque rilevanti; ma dal punto di vista del pensieroliberal-democratico gli elementi di continuità prevalgono su quelli innovativi,appunto perché i principi risultano chiaramente stabiliti nella grande stagionedi Hobbes e Locke. E' questa continuità che consente lo sviluppo di un pensieroche già con Paine sottolinea chiaramente il concetto di rappresentanza comebase della democrazia e che giungerà con Weber ad analizzarne le condizioni difunzionamento nei primi due decenni del secolo con considerazioni che arrivanoa sfiorare le concezioni elitiste. Burke dà contributi importanti, come quello che ilrappresentante non lo è dei suoi specifici elettori, ma dell'intera nazione. Paine parla molto chiaramente di "rappresentanzainnestata sulla democrazia" e si rende ben conto che questa è la differenzarispetto alla democrazia ateniese. Il pensiero utilitaristico di Bentham vuole chel'utilità sia alla base del patto sociale, più che il contratto (ma anche glialtri pensavano che l'utilità spingesse al contratto), e che "misura del giustoo dell'ingiusto è soltanto la massima felicità per il maggior numero dipersone" e questo si può ottenere con le istituzioni rappresentative asuffragio universale con frequente rotazione della rappresentanza. Cenni sul pensiero di James Mill John Stuart Mill critica il liberalismo su: a)questione femminile; b) conformismo e inibizione del singolo; c) pericoli diuna democrazia in cui la maggioranza numerica si compone di una sola classe.

Per converso Mill non giudica ingiuste lediseguaglianze e la meritocrazia. Opposta a questa posizione liberal-conservatrice è quella contemporanea della scuola di Oxford, ispirata da Thomas Hill Green.

Questa corrente di pensiero insiste sulla natura etica dell'azione politica,legittima l'intervento dello stato per garantire condizioni di equità anche ineconomia e insiste sulla possibilità di contemperare diritti individuali einiziative pubbliche per assicurare la felicità. Il pensiero liberale francese contemporaneo a quelloconsiderato: Sieyés, Constant. Sieyés identifica la borghesia e la nazione. Il timore della tirannia della maggioranza, dellaoppressione tramite il regime parlamentare è in Stuart Mill e in Tocqueville. Stuart Mill, comedetto, teme che la maggioranza cada nelle mani di una classe dominante;Constant si preoccupa di stabilire il principio che "ci sono delle materie incui il legislatore non ha diritto di fare leggi, in altri termini ognisovranità è limitata e vi sono delle volontà che né il popolo né i suoidelegati hanno il diritto di avere". Questa convinzione che una verità evidentee poteri distribuiti garantiscono "la libertà personale (che) è lo scopo ditutte le società umane" trova ulteriore sviluppo nel pensiero liberale francesecon l'opera di Alexis de Tocqueville, che ritiene di vedere applicato ilprincipio della sovranità limitata nel sistema politico degli Stati Uniti. Tutta la sua opera è orientata da tre criteri: evitare la centralizzazione delpotere; garantire la società dalla tirannia della maggioranza; promuovere lapartecipazione politica. La fioritura dei poteri locali e delle associazionivolontarie gli appaiono le due modalità fondamentali che l'esperienza americanasuggerisce per realizzare quei tre obiettivi. De Tocqueville paventa uno stato che si occupi delcittadino dalla culla alla tomba, ma gli toglie interamente la fatica dipensare e la pena di vivere. Prevede inoltre il massiccio intervento dellostato sociale. Cenni sul pensiero della seconda generazioneliberale francese (Prevost-Paradol). Cenni sul pensiero liberale italiano, da Vico aCroce. Mazzini è classificabile come liberaleradicale (repubblicano). Come Paine egli propone la repubblica. Come Paineritiene che la "democrazia" moderna superiore a quella antica, che secondo lui è ancora venata di faziosità popolare. Croce è un liberal-moderato, nipote degli Spaventaliberal-moderati, anche se allievo di Labriola. I problemi sono quelli di John Stuart Mill, di Constant, Tocqueville, Mazzini: il consenso di tutti (e quindiil potere e il governo) e il libero sviluppo di ognuno, la libertà individuale.Croce, con tutto il pensiero liberale, non ritiene che nella societàliberal-democratica la diseguaglianza di condizioni economiche (proprietà o nonproprietà dei mezzi di produzione) sia un ostacolo permanente "al liberosviluppo di ciascuno", da assicurarsi soltanto attraverso la proprietàcollettiva. Egli non la rifiuta a priori. In polemica con il liberale LuigiEinaudi, Croce sostiene che anche un sistema economico collettivista è compatibile con la libertà individuale e col progresso della storia, che perlui è nella direzione di sempre più ampie sfere di libertà per ciascuno, consempre più ampie garanzie politiche per tutti. Ritiene tale spinta della storiatanto forte da manifestarsi anche in società economicamente collettivista. Maritiene anche che la società liberal-democratica sia quella meglio strutturataper garantire tanto la libertà economica che quella politica. L'apice del pensiero tedesco è Max Weber,monarchico come Croce (nel senso della utilità di una istituzione cherappresenti simbolicamente e costituzionalmente l'unità nazionale) econservatore. Tra i suoi contributi vi sono: a) la distinzione dei giudizi divalore dagli altri giudizi; b) la importanza dei valori culturali introiettatiper il funzionamento del sistema liberal-democratico; c) il rapporto tramandato politico e gestione amministrativa; d) il ruolo del leader autorevole ("capo carismatico") per il funzionamento di una democrazia rappresentativabasata sul consenso. Per lui la rappresentanza è un sistema nel quale ilconsenso è garantito dalla introiezione di valori culturali. Egli parladell'etica calvinista che contribuisce alla formazione della mentalitàcapitalistica e paventa la degenerazione agonistica del capitalismo americano. Paventa pure lo strapotere di una burocrazia chedovrà necessariamente crescere di dimensioni, ma dovrà essere controllata da unlegislativo fatto di validi politici professionisti. Il capo carismatico è l'erede dei personaggi dotatidi potere sacro variamente chiamato ("mana", "orenda", "maga", ecc.). L'analisimarxista conosce una figura analoga, e parla di "bonapartismo". Egli mette inrilievo l'importanza di capi con capacità di leadership anche nelle democrazierappresentative. La conciliabilità della forte personalità con larappresentanza fiduciaria è uno dei suoi problemi. Con Weber, come con Tocqueville, Stuart Mill eCroce, la filosofia politica del liberalismo è completa nelle sue proposizioni:

1) Massima garanzia dei diritti e delle libertà individuali;

2) l'eguaglianzagiuridico politica non è messa in discussione dalla disparità di posizioneeconomica;

3) lo stato di diritto e la rappresentanza in un parlamento espressoda libere elezioni è la forma istituzionale più propria alla societàindustriale;

4) il rischio di un potere crescente dello stato e dei suoi organi (burocrazia) può non essere fronteggiato dalla partecipazione edall'associazionismo diffusi. Il pensiero liberale aveva compreso che laeguaglianza giuridica e politica garantita dallo stato di diritto comportavadiseguaglianze sul piano economico e sociale. Tuttavia riteneva che le diseguaglianze da un lato fossero espressione di differenze individuali insopprimibili nella natura umana e dall'altro non incidessero sullasostanziale equità dei rapporti politici. I diversi livelli di ricchezza, dipotere economico e quindi di stato sociale - si supponeva - non eranodistanziati a tal punto da generale diversità tra i cittadini sul piano deidiritti e del potere politico. I più ricchi e più economicamente forti potevanoavere maggiore influenza, ma erano in minor numero. I meno ricchi edeconomicamente più deboli avevano minore influenza, ma erano più numerosi:nell'insieme le diverse situazioni potevano bilanciarsi, senza ingeneraresquilibri tanto marcati da rendere precaria la eguaglianza giuridico-politica.

 

 

 

La critica marxista

 

La critica marxista al sistema della democraziarappresentativa consisteva nel fatto che la eguaglianza giuridica e politicagarantita dallo stato di diritto comportava diseguaglianze sul piano economicoe sociale. Lo sviluppo del capitalismo moderno, della società industrialeavanzata crea nella distribuzione della ricchezza (in forma di capitale equindi di controllo dei mezzi di produzione) e del potere economico disparitàtali, tra chi detiene e chi non detiene tali mezzi, da rendere puramenteteorica l'eguaglianza sotto il profilo giuridico e nei rapporti politici. Inbase a questo assunto Marx ritiene che la democrazia rappresentativa, chedefinisce borghese, sia puramente formale e tale da tradursi di fatto in quellache potrebbe essere definita una sostanziale dittatura della borghesia. In Marx confluiscono il pensiero politico francesefino a Robespierre, il pensiero della scuola politica classica ingleseculminata in Ricardo, e la filosofia tedesca culminata in Hegel. Il marxismo fu chiamato socialismo "scientifico" inquanto in grado di superare la dimensione utopistica secondo Marx ravvisabilenelle impostazioni di Saint-Simon e Owen, di Fourier e Cabet: pensatori cheavrebbero elaborato un "socialismo utopistico", un società ideale secondo imodelli di Platone, di Moro e Campanella, senza analizzare le condizionisocio-economiche e politiche che sono alla base delle formazioni sociali: diquelle passate e presenti e presumibilmente di quelle future. Marx è cautosulle previsioni sul futuro: affermava di non voler prefigurare la possibile “società comunista" ma di indicare le condizioni che ne avrebbero fatto uneventuale ed anche probabile sbocco della storia istituzionale e socialedell'umanità. Da Hegel riprende lo storicismo e la dialettica,capovolgendoli: la realtà come base, l'idea come derivato, all'oppostodell'idealismo che vedeva nella realtà l'idea che si attua. Nel "Manifesto" afferma che la storia non è altroche lotta di classi, lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi inlotta. La società borghese sorta dalla rovina di quella feudale, non haeliminato i contrasti tra le classi, anzi li ha radicalizzati. Ha posto a basedei rapporti umani il nudo interesse. Ha creato una dinamica di rivoluzionecontinua degli strumenti e quindi dei rapporti di produzione. Ha evocatopotentissimi mezzi di produzione e di scambio. Dopo un secolo dalla sua nascitale forze produttive si ribellano contro i moderni rapporti di produzione,contro i rapporti di proprietà che sono le condizioni di esistenza dellaborghesia e del suo dominio. Il proletariato prende coscienza di se stessonella misura in cui la borghesia si sviluppa e prende coscienza di se stessa.Il suo scopo non sono effimeri successi, ma la unione e il rovesciamento dellasocietà borghese. Mentre i conflitti sociali passati assoggettavano una classeal guadagno dell'altra, la rivoluzione proletaria abolirà l'intero modo dellaappropriazione. Il movimento rivoluzionario socialista è l'unico movimento chenon sia di minoranze a favore di minoranze, ma della enorme maggioranza afavore della enorme maggioranza. I comunisti si distinguono dagli altrisocialisti in quanto rappresentano sempre l'interesse del movimentocomplessivo. Sono la parte più risoluta dei partiti operai di tutti i paesi;conoscono l'andamento e i risultati generali del movimento proletario;appoggiano dappertutto ogni moto rivoluzionario. Nella prima fase il proletariato, organizzato comeclasse dominante, collettivizzerà i mezzi di produzione e abolirà le differenzedi classe e aumenterà con la massima rapidità le forze produttive. Il diritto di voto sarà ristretto alla "grande maggioranzadei cittadini" ma tolto ai borghesi. Si realizzerà insomma una forma statalecon una classe egemone, non diversa da quella borghese. Marx indicò nella forma della comune di Parigi, caratterizzata da mandatoimperativo per gli eletti che erano revocabili in ogni momento e dallaconcentrazione in eletti sottoposti a questa forma di stretto controllo tantodel potere legislativo che di quello esecutivo la forma istituzionale delladittatura del proletariato che avrebbe caratterizzato la prima fase dellatransizione dal socialismo al comunismo (basato il primo ancora sulla formula “a ciascuno secondo il suo lavoro" e il secondo su quella "a ciascuno secondo isuoi bisogni"). Quando le differenze di classe saranno sparite etutta la produzione sarà concentrata nelle mani degli individui associati, ilpotere perderà il carattere politico. Il potere politico, nel senso propriodella parola, è il potere organizzato di una classe per l'oppressione diun'altra. Distruggendo violentemente i vecchi rapporti di produzione ilproletariato abolisce insieme con questi rapproti anche le condizioni diesistenza dell'antagonismo di classe e le classi in generale e quindi anche ilsuo proprio dominio di classe. Al posto della società borghese classista subentra una associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è lacondizione per il libero sviluppo di tutti. Il diritto di proprietà si fonda per Locke sul fattoche l'individuo ha diritto di proprietà su ciò cui ha "mescolato" il propriocorpo, o meglio il proprio lavoro. A questa teoria si ricollegherà quellamarxista del valore-lavoro e della umanizzazione della natura. Violenza "levatrice della storia". "Nello sviluppo della produzione sociale gli uominientrano in rapporti definiti che sono indispensabili e indipendenti dalla lorovolontà; questi rapporti di produzione corrispondeono ad una fase di sviluppodei loro poteri materiali di produzione. La somma complessiva di questirapporti produttivi costituisce la struttura economica della società, la vaerabase su cui sorgono le sovrastrutture legali e politiche... Ad un certo puntodel loro sviluppo le forze materiali di produzione entrano in conflitto con irapporti di produzione esistenti... Da forme di sviluppo delle forzeproduttive, questi rapporti si trasformano in loro catene. E' il periodo dellarivoluzione sociale". Le due leggi fondamentali della economiacapitalistica giunta al suo apogeo sono la legge della caduta tendenziale delsaggio di profitto capitalistico e la legge della pauperizzazione cresente delproletariato. Ciò avrebbe portato a una serie di crisi economiche sempre piùfrequenti e sempre più gravi che, acuendo i contrasti tra borghesi e proletari,sarebbero sfociati in un processo rivoluzionario culminante appunto nellainstaurazione dela dittatura del proletariato. La società industriale capitalistica ha continuatoa sviluppare sino ad oggi le sue forze produttive senza entrare in conflittocon le forme di proprietà definite "borghesi". Questa situazione si è tradottanella grande capacità e funzionalità delal democrazia rappresentativa diintegrare nel suo sistema partiti e istituzioni della classe che Marx ipotizzarivoluzionaria, gli operai di fabbrica. In questo senso la "violenzaconcentrata di stato" della quale Marx parla in relazione ai roghi dellestreghe è stata integrata da una capacità di organizzazione del consenso che fadella democrazia rappresentativa "costituzionale" e "repubblicana" un sistamadi controllo e gestione delle tensioni sociali ben più efficace del sistema “dispotico" al quale il filosofo tedesco la paragona. Vivo Marx, il problemapareva non porsi. I moti rivoluzionari del 1848, della Comune di Parigi del 1871, la costituzione della Internazionale socialista del 1864 (siapure entrate in crisi per il conflitto tra orientamenti marxisti eanarco-libertari ispirati da Michail Bakunin, la cui differenza essenziale da Marx stata nel rifiuto di riconoscere nello stato la forma di organizzazionedel potere anche nelle classi subalterne, stessa idea di Prudhon) facevanoapparire imminente il rovesciamento della società borghese. Anche l'esempiodella rivoluzione francese faceva pensare a Marx che un processo analogo sisarebbe verificato a beneficio della classe lavoratrice. Ma si sbagliava. Le leggi marxiste di evoluzionedel capitalismo furono in seguito considerate del tutto infondate. Egli non sirese conto di trovarsi di fronte solo a temporanee difficoltà di un capitalismonella fase ascendente della prima rivoluzione industriale (mi pare diricordare che nel corso dell'ottocento si toccarono punte di disoccupazione estagnazione). Da un lato la grande disponibilità di risorse, dall'altro lalegittimazione del movimento operaio a svolgere una azione sindacale e politicaattraverso le istituzioni rappresentative si tradussero in una prassiriformatrice. Queste condizioni vennero influenzando il pensiero marxista qualesi venne evolvendo nella seconda internazionale (fondata nel 1889). Engels, purconfermando la diagnosi di crisi capitalistica inevitabile e di rivoluzionesocialista conseguente scrive che il socialismo poteva affermarsi, sino almomento della crisi finale, che sarebbe stata decisa dalla violenza (che vienerinviato ad un futuro indefinito), con strumenti legali. Da questa osservazione parte Eduard Bernstein, unodei fondatori della socialdemocrazia tedesca. Egli ritiene possibile per laclasse operaia giungere al potere conquistando la maggioranza e senza trovareopposizione nella borghesia. Da allora "revisionismo" viene definita daimarxisti che si ritengono "ortodossi" ogni posizione che nega alla violenzarivoluzionaria un ruolo necessario nel passaggio dal capitalismo al socialismo. La posizione di Bernstein rimase inizialmenteisolata tra i continuatori del pensiero marxista, che erano anche leader demovimento socialista. Gli "ortodossi" - Karl Kautsky, Rosa Luxemburg, Lenin,

Jean Jaurè s, Filippo Turati - contestarono Bernstein: nessuna classe dominantedella storia aveva mai rinunciato al potere senza lottar, così avrebbe fattoanche la borghesia e quindi la violenza rivoluzionaria era necessaria. Leistituzioni democratico-rappresentative potevano essere usate per migliorarepiù o meno temporaneamente le condizioni di vita dei lavoratori subalterni, manon avrebbero garantito il passaggio del potere. Rosa Luxemburg riteneva che senza il passaggio dalcapitalismo al socialismo il primo, con le sue difficoltà e contraddizioniavrebbe determinato una situazione regressiva che avrebbe condotto ilcapitalismo alla barbarie. Anche il tentativo del capitalismo di superare lesue difficoltà creando un mercato mondiale era fonte di sue nuovecontraddizioni. Rudolf Hilferding sosteneva che la produzione dicapitale attraverso il capitale diveniva più importante della produzionecapitalistica di merci. Lenin non accettò le tesi di Rosa Luxemburg,apprezzò quelle di Hilferding, ma sostanzialmente tenne conto degli apporti dientrambi (oltre che del saggio "L'imperiamismo" del liberale John Atkinsin Hudson) per sostenere ne "L'imperialismo ultimo stadio del capitalismo" che ilprimo conflitto mondiale è la crisi finale del sistema capitalistico ipotizzatada Marx. La rivoluzione russa del 1905 fu vista come unaconferma delle crescenti tensioni sociali e del possibile sboccorivoluzionario. Trotzkij riteneva che una rivoluzione democratica in un paesearretrato potesse superare lo stadio capitalistico. Rosa Luxemburg avevascritto saggi nei quali si riprendevano le impostazioi rivoluzionarie di Marx.George Sorel, in "Riflessioni sulla violenza" riteneva che non il partitosocialista e l'uso della democrazia rappresentativa, ma lo sciopero politicogenerale e espropriatore avrebbe portato alla rivoluzione (tesi già esposta daBakunin). La novità della impostazione di Hegel era stataquella di dare un fine immanente alla storia diverso dal fine cristiano. Perlui era lo stato razionale, per Marx il comunismo. Si ha qui una “svolta epistemologica" che rende le teorie storicistiche di tale tipo “falsificabili" e quindi scientifiche (nonostante che Popper ritenga chemarxismo, psicanalisi e teoria della relatività non siano teorie falsificabilie quindi non siano scientifiche). Tutto il dibattito avviato da Bernstein cuisi è accennato è "scientifico", perché verte in fondo su questa verifica: comesi stata evolvendo il capitalismo? Come si stava organizzando il proletariato?In precedenza nessun pensatore politico (neanche Hegel) aveva dato luogo ad undibattivo sulla verifica storica di una sua teoria della società e della suaevoluzione. Le teorie sono state valutate esclusivamente in base alla lorocoerenza logica, al loro grado di realizmo in relazione a un suppostocomportamento (natura umana). Col marxismo la verifica non è più logica oteorica: diviene una verifica di realtà. Se Popper non ritiene il marxismo "falsificabile"questo si verifica perché i marxisti vi introducono sempre nuove variabili perspiegare il mancato realizzarsi delle previsioni, e dunque inficiarne la “falsificabilità" demandandola continuamente a un futuro sempre più lontano. Fino al congresso di Basilea del 1912 i leadersocialisti avevano previsto la guerra balcanica e avevano deciso di risponderecon uno sciopero generale internazionale. Ma allo scoppio della guerra si videche valori patriottici avevano permeato la classe operaia, compresi parecchidei maggiori leader del marxismo "ortodosso", come il francese Guesde. Questapenetrazione in tutta l'europa occidentale si integrava coi valori dellademocrazia rappresentativa. Era in suo nome che i socialisti tedeschidifendevano la Germania, dove il socialismo era forte e legittimato, control'autocratica Russia. Ed era in suo nome che i socialisti francesi difendevanola Francia, repubblicana e democratica, contro il militarismo tedesco. Inquesta situazione il pensiero di Lenin sull'imperialismo e lo sbocco militaredel capitalismo apparve isolato. Ma la situazione andò modificandosi nel corso delconflitto. Mentre buona parte degli ortodossi assumevano posizioni proprie delpacifismo liberal-democratico i bolscevichi russi e personalità rivoluzionariedi altri paesi (tra le quali l'italiano Amedeo Bordiga) lanciavano la parolad'ordine del disfattismo rivluzionario per la guerra civile anticapitalistica,parola che ebbe eco via via che la guerra aggravava i sacrifici e le delusionidegli stessi gruppi sociali subalterni. La presentazione della guerra comeprova della barbarie capitalistica (Luxemburg) ridiede slancio allaformulazioni del marxismo rivoluzionario: i capitalisti si contendevano con learmi le colonie e i mercati per superare la grave crisi del loro sistema ; lademocrazia rappreentativa non era che una forma di dittatura borghese, la qualerivelava appieno i suoi caratteri con le leggi speciali del periodo bellico,che rimettevano in discussione il garantismo liberale. La terza internazionale, fondata nel 1919, rilanciòtutte le tesi del marxismo rivoluzionario, presentandole come confermate daglieventi del primo conflitto mondiale, ad opera di Lenin, ma anche di Trotzkij,Gramsci, Luxemburg. Le conseguenze di questa ripresa degli ideali rivoluzionari furono fiammaterivoluzionarie come quella di Torino del 1917, e la rivoluzione russa nelle duefasi del febbraio 1905 (abbattimento del potere zarista) e dell'ottobre 1917 (instaurazione del potere sovietico). In Ungheria e Baviera le repubbliche deiconsigli erano state rapidamente sconfitte, "consigli" tedeschi avevano optatoper la democrazia rappresentativa, Rosa Luxemburg era stata uccisa, in Italial'ondata rivoluzionaria dell'immediato dopoguerra si era esaurita col fascismo. Accanto al rilancio del marxismo rivoluzionario sirafforzava anche una intrepretazione gradualista con Kautsky, Rodolfo Mondolfo,Filippo Turati e gli studiosi del cosiddetto austromarxismo (Hilferding, OttoBauer, Karl Renner). Il fascismo, la crisi del 1929, il nazismo furonointerpretate come il tentativo di un capitalismo in declino di fronteggiare leistanze rivoluzionarie proletarie accantonando le istituzionidemocratico-rappresentative. Questa interpretazione è stata riprodotta ancora dal pensiero di Mao Tse Tung. Ma in realtà il fenomeno rimaneva circoscritto enon assumeva quella dimensione universale che sarebbe stato lecito attendersiin base a tale analisi: la Scandinavia si avviava alla socialdemocrazia,ispirata al pensiero del riformismo come quello della scuola di Stoccolma diGunnar Myrdal; negli USA ebbe successo lo schieramento progressista di Roosevelt e in Francia quello del fronte popolare del 1936; in Inghilterra siera avuta una effimera vittoria laburista nel 1924 e persistevano comunque leistituzioni liberal-democratiche. Il problema della famiglia si intreccia con quellodelle istituzioni politiche. Platone la voleva abolire, al contrario diAristotele. Bodin, Hobbes, Locke la considerano in varia misura il fondamentodello stato "moderno". I suoi problemi compaiono in John Stuart Mill e infine Marx replica alla accusa che i marxisti voglianodistruggere la famiglia e instaurare il comunismo della donna. Egli mettecomunque in luce che nello stato borghese i proletari non hanno famiglia e ledonne sono costrette alla pubblica prostituzione. August Bebel, fondatore delpartito socialdemocratico tedesco sostiene che la donna proletaria è doppiamente sfruttata, in famiglia e sul lavoro.

 

 

 

Le teorie elitiste

 

Mentre il marxismo critica la democraziarappresentativa per i limiti posti alla gestione politica dalle diseguaglianzesocio-economiche, si sviluppa una corrente di pensiero che la critica per uneccesso di eguaglianza cone compromette l'ordine gerarchico sul quale ritienesi fondino le società umane e le istituzioni politiche, la cui evoluzioneavviene ad opera di una minoranza di "migliori". Sotto questo comune denominatore possono esseresituati: 1) i tradizionalisti che controbattono le teorie illuministe dopo larivoluzione francese (de Maistre, De Bonald, Donoso Cortés, von Haller); 2) icritici della democrazia rappresentativa nella fase del suo sviluppo alla finedell'ottocento (Pareto, Mosca, Michels); 3) I teorici del razzismo edell'autoritarismo nell'epoca dei fascismi storici (Gobineau, Chamberlain, Maurras, Spengler, Guénon, Evola). I teorici elitisti come quelli contrattualistimuovono dalla legge naturale (talvolta identificata con quella divina). Madiversamente da quelli negano che tale legge sia quella dell'eguaglianza tragli uomini presupposta (Helvetius) o determinata convenzionalmente dalcontratto (Rousseau). La legge naturale è invece qulla della diseguaglianza;inoltre gli elitisti negano che la base del rapporto politico sia il contrattoe riaffermano esplicitamente quanto la cultura antica dava per implicito: labase del rapporto è l'autoselezione della stessa élite, la minoranza "migliore"che si impone alla colettività. Le teorie elitiste mettono in discussione le regoledel gioco sul piano interno (critica della rappresentanza) e propongono comeinterpretazione della storia una autoselezione non normata che stabiliscegerarchie sul piano intrno come su quello internazionale. Gaetano Mosca nel suo "Sulla teorica dei governi e sul governoparlamentare" (1884) parla della classe politica come di una minoranzaorganizzata (tratto per cui si avvicina a Lenin) dotata di alcune qualitàspeciali, di amore per il potere e i suoi vantaggi che volge a pro suo lerisorse dello stato (il "governo come macchina per il dominio" avvicina Mosca a Marx), e di cui gli altri sentono e subiscono la superiorità. La diseguaglianza è stata, storicamente, dapprima tra i più forti e valorosi, poi tra i più coltie ricchi, ("governanti" e "governati"). La maggioranza governa rifacendosisempre a un principio astratto, ad una formula politica, perché è tipicodell'uomo amare di credere che si obbedisca piuttosto ad un principio astrattoche ad una persona che vi comandi perché ha le attitudini. Quellaliberal-democratica consiste nel sostenere che le maggioranze sono quelle chegovernano o almeno possono governare eleggendo i loro rappresentanti. Il filone di de Maistre rifiuta il pensiero modernoa partire dalla Riforma, e si rifà alla legittimazione divina. Nelle “Riflessioni sul protestantesimo" egli sostiene che la radice di tutti i mali è l'insurrezione della ragione individuale contro la ragione universale,impersonata dalla autorità esclusiva della bibbia e della interpretazione dellaChiesa. L'eresia del XVI secolo è non soltanto religiosa ma civile, perchéaffrancando il popolo dal giogo dell'obbedienza e accordandogli la sovranitàreligiosa scatena l'orgoglio generale contro l'autorità. Dopo ilprotestantesimo è inevitabile la rivoluzione. Di quella francese egli rileva ilcarattere non meramente politico, ma satanico (apostasia solenne dei preti,ecc.). La storia, che è la politica sperimentale, dimostra che la monarchiaereditaria è il governo più stabile, più felice e più naturale per l'uomo. Lalegge naturale della diseguaglianza va restaurata dopo la deviazione storicadel protestantesimo e della rivoluzione francese, che Ludwig von Hallerdefinisce "mostruoso e fallito esperimento" di dare pratica attuazione al “preteso edificio filosofico" del contratto sociale, che ha inevitabilmentecondotto a un decennio insanguinato e inutile. Juan Donoso Cortés, diplomatico e parlamentaredella Spagna della restaurazione afferma che il governo parlamentare derivatodalle teorie contrattualistiche non è mai esistito neanche nella sua suppostapatria - l'Inghilterra - fino alle riforme degli anni '30 e '40. La Camera dei Pari, e non anche la Camera dei Comuni era l'unico potere dello stato.

L'Inghilterra non era una monarchia, ma una aristocrazia (i "Pari"), un potereuno, perpetuo e limitato; limitato perché la costituzione, le tradizioni e icostumi l'obbligavano ad adattarsi in pratica alla modestia del titolo. Lanazione inglese ha sempre riconosciuto le condizioni essenziali e come talidivine del potere pubblico, che sono implicitamente negate da ciò che nelcontinente porta il nome di governo parlamentare. Le riforme introdotte nellaCostituzione inglese nei tempi in cui egli scrive sono una vera rivoluzionecolma di catastrofi. In particolare egli pare deprecare il declinoinarrestabile della valutazione negativa e assoluta del delitto, sia ad operadei riformatori utilitaristi liberali, sia ad opera degli agitatori socialisti.Aggiunge ancora che "coloro che hanno fatto credere ai popoli che la terra puòessere un paradiso sono riusciti più facilmente a fargli credere che lo potràessere senza spargimento di sangue... Nell'ora in cui tale illusione verràcreduta da tutti, il sangue sgorgherà anche dalle dure rocce e la terra sitrasformerà in inferno". Contro questi pericoli il solo possibile rimedio è ladittatura, che è l'effetto di una concentrazione delle "forze resistenti"dell'organismo sociale di fronte al concentrarsi delle "forze invadenti". Gli elitisti autoritari degli anni '30 siricollegano ai pensatori citati. Evola fa risalire il declino dell'Occidente aicicli e alle ere millenarie della tradizione ariana, ma vede le ultime fasi in Lutero e Rousseau che preannuncia la rivoluzione francese. Lutero vede ecombatte nella chiesa quell'elemento romano che vi si introdusse per volontàsuperiore, nonostante l'elemento degenerativo semitico e che costituisce il suovero nucleo tradizionale. E' curioso notare che anche Russell Carl Schmitt sostiene in "Teologia politica" (1922)che tutti i concetti più pregnanti delal moderna dottrina dello stato sonoconcetti teologici secolarizzati. Egli indaga il tema della legittimazionedella dittatura, ovvero della presa di potere delle élites, della sospensionedella regola della organizzazione e della verifica del consenso. Egli ritiene,a differenza di pensatori liberali o controrivoluzionari precedenti, di trovarela legittimità della auto-selezione delle elites nelle esigenze pratiche chedànno la preminenza alla rapidità ed efficacia della decisione. E' però importante ricordare che le teorie elitistenon escludono l'importanza del consenso, ma anzi la sottolineano. Quello cheescludono è un consenso che derivi dal conferimento della delega edall'esercizio della rappresentanza, secondo la logica del contratto sociale edella democrazia che si definisce appunto rappresentativa. Secondo le teorieelitiste il consenso deriva dalla tradizione (teorici della restaurazione),dalla formula politica (Mosca) o simultaneamente dalla coazione e dal consenso (Pareto). Pareto, ne "I sistemi socialisti" (1902) precisa lasua concezione delle elites. Le elite si manifestano in parecchi modi, secondole condizioni della vita economica e sociale. La conquesta della ricchezza presso i popoli commercianti e industriali, il successo militare presso ipopoli bellicosi, l'abiltà politica e spesso lo spirito di intrigo e labassezza di carattere presso le aristocrazie, le democrazie e le demagogie, isuccessi letterari nel popolo cinese, la conquista di dignità ecclesiastichenel Medio Evo, ecc. sono altrettanti modo coi quali si effettua la selezionedegli uomini. Nulla si può comprendere se non si separa la sostanza dallaforma. La sostanza è il movimento di circolazione delle elite, la forma è quella che domina nella società dove il movimento ha luogo. Sarà una disputa diletterati in Cina, una lotta politica in Roma antica, ecc. Queste élite nonhanno nulla di assoluto. Vi può essere una élite di briganti come un'élite disanti. Anche Pareto accetta la distinzione tra governanti e governati. Presentale rivoluzioni (che Mosca chiamava "cataclismi politici") come l'effetto dellasparizione delle aristocrazie. Le aristocrazie non durano. La storia è uncimitero di aristocrazie. Le rivoluzioni seguono perché, sia per il rallentarsidella circolazione della classe eletta, sia per altra causa, si accumulanonegli strati superiori elementi scadenti che rifuggono dall'uso della forza,mentre crescono negli strati inferiori gli elementi di qualità superiore chesono disposti ad adoperare la forza. La storia viene interpretata dai contrattualisticome un evolversi verso istituzioni sempre più razionali; dai marxisti come unalotta di classe permanente sino alla instaurazione del socialismo; daglielitisti come una perenne lotta di minoranze di governanti. Secondo Robert Michels ("sociologia dei partiti", 1911) la forma democratica su cui si basa la vita dei partiti politici faprendere facilmente abbaglio sull'inclinazione all'aristocrazia o per dirmeglio all'oligarchia, a cui soggiace l'organizzazione di ogni partito. Vi è una immanente tendenza oligarchica in ogni aggregato umano costituitosi perraggiungere scopi di ordine politico od economico. Una classe che elevi versola società pretese determinate e si studi di mandare ad effetto tutto uncomplesso di ideologie e di ideali generati spontaneamente dalle funzionieconomiche che essa compie, ha bisogno di organizzazione tanto nel campoeconomico che in quello politico. La tendenza burocratica ed oligarchicaassunta dall'organizzazione dei partiti anche democratici è da considerarsisenza dubbio quale frutto fatale di una necessità, tecnica e pratica. Ilmoderno partito politico è altresì una organizzazione di guerra. E democrazia eprontezza sono concetti assolutamente inconciliabili. E questa delega fattadalla massa a un gruppo di singoli individui che le rappresentapermanentemente denota il principio dela fine della democrazia, come Rousseaue i Socialisti francesi della prima metà del XIX secolo avevano notato. Infattiuna rappresentanza prolungata significa senz'altro il dominio deirappresentanti. Contemporaneamente si sviluppano teorie razzisteche appaiono una proiezione dell'elitismo gerarchico su scala mondiale. Visarebbero razze destinate a ruoli positivi e negativi nella evoluzione delleciviltà (Joseph de Gobineau, "saggio sull'ineguaglianza delle razze umane, 1853-55; Houston Stewart Chamberlain, "I fondamentali del XIX secolo", 1899).Convergono nella ideologia razzista motivi anti-semiti mutuati dalcristianesimo e la concezione della superiorità della razza bianca, natainsieme al contrattualismo che accompagnava l'espansione mondiale della culturaeuropea: quelli che potevano essere cauti accenni in Hume e in Locke e unoschematismo teorico in Hegel si trasformano in una concezione dinamica eaggressiva. Per de Gobineau non la lotta tra classi ma tra razze è il motoredella storia. Le civiltà decadono con gli incroci, quando gli arianicivilizzatori si incrociano con le razze inferiori mongolica, nera e semitica.Il ceppo ariano germanico si è mantenuto puro, e ha il compito di salvarel'ultima civiltà esistente e minacciata, quella "germanica". Anche ledistinzioni di classe sono distinzioni etiche: la aristocrazia ariana, laborghesia formata di meticci con prevalenze ariane, e il proletariato prevalentemente di derivazione nera e semitica al sud e mongolica al nord.

Occorre evitare la mescolanza etnica della democrazia egualitaria dallariscossa degli strati elitari, e con essa evitare il crollo della civiltàeuropea, estendendo una nuova civiltà gerarchica in europa e poi nell'interoglobo. Queste idee ebbero notevole influenza in germania e sul circolo di Wagner. Chamberlain invoca una politica eugenetica permantenere il nucleo ariano tedesco, il più puro. E' sua la teoria del dominiomondiale degli ebrei, cui contrappone la restaurazione di una gerarchiarazziale universale ad opera degli ariano-germanici. Hippolyte Taine ("Origini della Franciacontemporanea", 1876-1893) descrive la rivoluzione francese come fase crucialedel processo di degradazione della società, anticipata dal pensiero di Rousseauche aveva esaltato il selvaggio, "ultimo grado di abbrutimento di ceppidispersi", secondo de Maistre. Maurras ("inchiesta sulla monarchia", 1900)propone ai francesi la reazione all'indirizzo del'illuminismo, dellarivoluzione e della repubblica e la restaurazione di una monarchia “tradizionale, ereditaria, antiparlamentare e decentralizzata", garanzia di unfunzionamento elitario basato non tanto e non solo su elites fondate non tantosulle capacità quanto sulle consuetudini e di conseguenza attitudini alservizio dello stato (famiglie di diplomatici, di funzionari, ecc.). Come perBodin le famiglie, naturali veicoli della tradizione, selezionano le elite chereggono lo stato. Secondo Maurras questa sarebbe una monarchia "scientifica". In Inghilterra scrittori come Dilke ("Più grandeBretagna", 1868), Benjamin Kidd ("Evoluzione sociale", 1894), Rudyard Kiplinginterpretano in chiave storico-sociale il darwinismo della "struggle for life",la lotta per la sopravvivenza, che costituirebbe la base della evoluzione. Delresto Herbert Spencer ("Statica sociale", 1851) aveva anticipato Darwinipotizzando un liberalismo fondato sull'evoluzionismo bioistituzionale. L'elaborazione elitista precede la evoluzione deiconflitti internazionali a livello globale, con la prima e la seconda guerramondiale e l'avvento dei regimi autoritari. Negli anni '50 e '60 si cercaronole cause dei fascismi storici e si vide in tali teorie, risalendo fino ad Hegele Fichte, la preparazione del terreno teorico per tali esperienze pratiche. Maesistono innegabili diversità tra le ideologie fasciste e i filoni elitisti.Comunque entrambe hanno in comune una concezione non normata né normabile deirapporti politici, una valorizzazione della centralità del conflittorisolvibile col "decisionismo" autoritario, che viene utilizzata e sviluppatadai promotori dei movimenti fascisti. Nietzche disapprova le leggi attuali che limitanolo sviluppo e la potenza dei superuomini che sono basate sul presupposto diun'eguaglianza fittizia e contraria alla natura umana; Spengler vuole stabilireche la storia di tutti i popoli che hanno creato una civiltà obbedisce a leggifatali e costanti; assegna a otto civiltà originali una durata di circa milleanni divisi in due fasi, una ascendente e l'altra discendente; la causaprincipale della decadenza di ogni cultura sarebbe stata l'estinzione o ladegenerazione dell'antica classe nobiliare, sostituita dalla borghesia cheassunze la direzione dello stato fondandosi sopra un'apparente democraziaegalitaria la quale preparerebbe immancabilmente un regime assoluto. Per quanto riguarda l'atteggiamento pratico deipensatori elitisti di fronte al fascismo, Mosca non ha alcun ruolo attivo; Pareto muore nel 1923 opinando che il fascismo, se riesce ad uscire dalnebuloso, si può validamente contrapporre al socialismo; Schmitt sostenneattivamente il nazismo almeno fino al 1936, limitandosi poi all'attivitàaccademica. Guénon aveva visto con cautela ilnazismo, discutendo ne "Il simbolismo della croce" (1931) sull'antico simbolosacro della svastica fatto proprio da Hitler. Ma l'essenza del suo pensiero è comunque chiaramente a sfavore del dominio delle masse. Il "Mein Kampf" di Hitler e la "Dottrina delfascismo" (voce della Enciclopedia Treccani scritta da Mussolini e dal filosofohegeliano Gentile) non sarebbero entrate forse nella storia delle dottrinepolitiche senza il peso politico dei loro autori. Nel pensiero di Hitler leconcezioni elitiste e razziste si fondono in quello che è stato definito unoschematico darwinismo sociale. Hitler dice che "ogni incrocio tra due esseri diineguale valore dà come prodotto il termine medio tra il valore dei duegenitori. Un accoppiamento del genere è in contraddizione con la volontà dellanatura che tende ad elevare il livello degli esseri. Questo scopo non puòessere raggiunto attraverso le unioni di individui di diverso valore, masoltanto attraverso la vittoria completa e definitiva di coloro cherappresentano il più alto valore. Il ruolo del più forte è di dominare e non difondersi con il più debole". Sostiene che "la perdita della purezza del sangue distrugge per sempre la felicità interiore, abbassa definitivamente l'uomo e lesue conseguenze fisiche e morali sono incancellabili". La risposta politica è uno stato popolare ("Volkstaat") la cui concezione "esige, in conformità conl'eterna volontà che domina l'universo, la vittoria del migliore e del piùforte, la subordinazione del peggiore e del più debole... Essa stabilisce nonsolo il diverso valore delle razze, ma anche quello dei singoli. Estrae dallamassa l'individuo di valore e opera così da organizzatrice contraddicendo ilmarxismo disorganizzatore". Questo stato sarà costruito dalla gioventù tedesca: “nascerà un giorno un popolo di cittadini unito e amalgamato da un comune amoree una fierezza comune. I grandi sconvolgimenti prodotti sulla terra sarebberostato incomcepibili se i loro inizi fossero stati, invece di passioni fanatichee addirittura isteriche, le virtù borghesi della calma e dell'ordine. E' certoche il nostro mondo si incammina verso una rivoluzione radicale. Il problemaconsiste nel capire se essa si farà per la salvezza dell'umanità ariana o avantaggio dell'Ebreo eterno". Ne "La dottrina del fascismo" non c'è la centralitàdel razzismo (introdotta successivamente), anche se ha in comune col nazismol'esaltazione dell'idea di stato, di derivazione hegeliana attraverso lafilosofia di Giovanni Gentile. La dottrina del fascismo si ispira a unaconcezione spiritualistica, etica e religiosa del mondo che concepisce la vitacome lotta". Dice la "Dottrina": "L'uomo, individuo che è nazione e patria, Dopo la seconda guerra mondiale le teorie elitistepersistono nell'opera di tre pensatori di rilievo, Schmitt, Guénon e Evola. Riecheggia nell'elitismo un fondo esoterico-sacralegià avvertibile nei pensatori della controrivoluzione e, successivamente,persino in Schmitt, nel saggio "Amleto ed Ecuba". Ma è soprattutto in Guénon e Evola che tali concezioni vengono in rilievo. Per Guénon ("Autorità spirituale e poteretemporale", 1929) l'autorità solo materiale del monarca dei moderni statinazionali, togliendo sacralità al suo ruolo e potere all'aristocrazia, sottol'apparenza dell'assolutizmo iniziale, ha preparato, col livellamento, lademagogia, l'ascesa del demos, del popolo. La democrazia è il regno dellaquantità a scapito della qualità, che in ambito politico corrode leistituzioni, come in ambito scientifico impedisce la vera sapienza. Egli è il sostenitore di una gerarchia spirituale che vedenegli arii di occidente gli eredi di una esigenza di ordine sopravvissuto adantiche e ignote catastrofi della storia. Ne "Il re del mondo" (1927) siraccolgono gli echi di una antica monarchia universale simboleggiata da Melchisedek, re di Salem (termine che non indica un luogo definito, masignifica "pace"). Il suo crollo ha spezzato l'unità dell'antica sapienza inconoscenza positiva, la magia bianca della mitica città di Agartha. Il libro siconclude approvando la profezia di de Maistre: "Temibili oracoli annunciano giàche i tempi sono giunti". Mitiche "polis" riemergono nel pensiero politico;Evola fa frequenti riferimenti ad Atlantide. Egli, come Guénon, trae dalle eredella sapienza indiana la convinzione che l'umanità è giunta all'età oscura,l'età ultima, il Kali-yuga, nella quale l'uomo superiore deve "cavalcare latigre": l'apolitia deve essere l'atteggiamento dell'uomo superiore, la suabattaglia per la sopravvivenza nel conflitto tra le due grandi potenzed'Oriente (comunista) e d'Occidente (democratico).

 

 

 

Le dottrine politiche negli Stati Uniti e in Urss

 

Il secondo conflitto mondiale, in termini di storiadelle dottrine politiche, può essere visto come il punto di arrivo tanto delleteorie elitiste che del differenziale culturale tra ordine interno normato ecompetizione internazionale non normata, di cui si è detto parlando delle “regole mancate", da Grozio a Comte. Negli Stati Uniti la derivazione dal pensieropolitico della tradizione europea si traduce nell'assenza di importanticontributi originali forse fino alla ripresa della tradizioneneo-contrattualistica (Rawls). I contributi originali anteriori rientrano semai in quella disciplina definita "scienza della politica", che influenzaconsiderevolmente l'Europa a partire dagli anni '50. La teoria politica che sfocia nella rivoluzioneamericana è quella "Whig" derivata da Locke, con influenza della tradizionecalvinista puritana della Nuova Inghilterra, che afferma la eguagianza deidiritti politici per i maschi adulti compresi nella comunità dei cosiddetti “santi" che, dotati della grazia, fondavano la "nuova Israele". Da tutto ciòrimane anche la convinzione del "destino manifesto" dell'America come campo disperimentazione di nuove istituzioni che realizzano lo spirito genuino delcontrattualismo, anche in contrapposizione all'Inghilterra.  Cotton Mather, nell'ultimo trentennio del seicento,pone l'impegno religioso a fondamento della politica e propugna una posizineautonoma nei confronti dell'Inghilterra. Thomas Paine, citato, deriva dallaeredità culturale familiare quacchera la giustificazione dell'indipendenzaamericana. George Fizugh, alla vigilia della guerra civile si riallaccia alleconcezioni di Filmer ("Sociologia per il Sud", 1854). Rawls è il primo filosofo politico sistematico chetroviamo in seguito. Egli ipotizza in luogo dello "stato di natura" quella cheviene definita una "posizione originaria", caratterizzata dal "velodell'ignoranza", dalla quale contraenti razionali che intendono promuovere ipropri interessi scelgono tra le diverse alternative per stabilire i principisui quali si fonda la "società giusta". I contraenti ignorano, nel momentodella scelta, quale sarà la propria posizione sociale ed economica, nonché lapropria dotazione di capacità naturali, anche se conoscono i fatti generaliriguardanti la società umana; comprendono i problemi politici e i principidella teoria economica; conoscono le basi della organizzazione sociale e leleggi della psicologia umana. Per Rawls questo procedimento consente digiustificare alcuni principi di giustizia: "Ciascuna persona ha un egualediritto al più esteso sistema totale di libertà fondamentali compatibili con unsistema simile di libertà per tutti" (primo principio di giustizia); "leineguaglianze sociali ed economiche devono essere (a) per il più grandebeneficio dei meno avvantaggiati e (b) collegate a uffici e posizioni aperti atutti in condizioni di eguaglianza e opportunità". Secondo lui questi principisi mostrerebbero preferibili a quelli delle concezioni elaborate fino adallora: concezioni miste Con questa impostazione, Rawls assume che "lastruttura fondamentale della società distribuisca determinati beni principali",e affronta i diversi problemi di una possibile società giusta, tra i quali idue cruciali della tolleranza per gli intolleranti e della disobbedienzacivile. Riguardo al problema della tolleranza per gliintolleranti conclude che "la libertà di una setta intollerante debba esserelimitata solo quando i tolleranti credono sinceramente e con ragione che sianoin pericolo la loro sicurezza e quella delle istituzioni libere". Diversamente, è opportuno non opprimere la setta intollerante, perché, per ragioni disopravvivenza, diverrà essa stessa propugnatrice della tolleranza che lepermette di esistere. Riguardo al problema della disubbidienza civileegli conclude che: "quando scelgono una costituzione e adottano una forma dimaggioranza, le parti accettano il rischio disopportare i difetti della propriareciproca conoscenza e senso di giustizia, allo scopo di godere i vnataggi diuna efficace procedura legislativa. Ciò nonostante, quando le parti adottano ilprincipio maggioritario, accettano di tollerare leggi ingiuste solo a certecondizioni. Quindi, almeno in uno stato di quasi-ingiustizia, esiste in genereun dovere (e per alcuni anche l'obbligo) di rispettare leggi ingiuste acondizione che non superino certi livelli di ingiustizia". I frequenti richiami a Hume e a Mill, i continuiriferimenti a Kant, fanno di Rawls il continuatore del pensiero liberaleinglese, integrato con la forte componente etica di quello tedesco: "Rispettarele persone significa ricnoscere a esse una inviolabilità fondata sullagiustizia, su cui non può prevalere nemmeno il benessere della società nel suocomplesso. Ciò significa sostenere che la perdita della libertà per alcuni nonviene giustificata dal maggior benessere goduto da altri. Le priorità lessicalidella giustizia rappresentano il valore delle persone che, secondo Kant, è aldisopra di qualunque prezzo". Il liberalismo di Rawls - impegnato a tenere contodelle critiche delle scuole marxiste e socialiste - viene criticato dal puntodi vista di un liberalismo puro da altri continuatori inglesi e statunitensidella tradizione liberale, come Brian Barry di Oxford ("Teoria liberale dellagiustizia", 1973) e soprattutto Robert Nozick di Harvard ("Anarchia, Stato, Utopia", 1974). Nozick muove al neo-contrattualismo la obiezione di Hume secondo la quale non vi è alcun dato storico che comprovi che in nessunmomento sia stato formalmente stipulato un contratto tra chicchessia. Non uncontratto formale, ma una esperienza pratica sncita dalla storia ha datoorigine alle istituzioni. Nozick contesta nella "posizione originaria" di Rawlsuna sorta di inesistente "stato di natura alla Rousseau", con uomini "morali"e "razionali". Egli ritiene che vi siano diritti storicamente acquisiti, chepotrebbero essere considerati l'equivalente degli antichi "diritti naturali",che non possono venire pregiudicati per una supposta applicazione di unaastratta "Teoria della giustizia". E per quel che riguarda il rapporto tradiritti e beni, egli sostiene che per questi ultimi non si può trattareseparatamente il processo di produzione e quello di distribuzione che sonoinestricabilmente interconnessi. Questo dibattito sul neo-contrattualismo è legatoalla crisi del "welfare state" degli anni '70, quando un insieme di fattori (esaurimento di un lungo ciclo economico positivo; crisi energetica; tensioniinternazionali e crescenti spese per gli armamenti) fa ritenere ad economisti epolitologi la convinzione che quelle aspettative di benessere e sicurezzadiffusa non possano più essere soddisfatte nella stessa misura e con la stessatempestività. I politologi nordamericani principalmente, valutanoche la democrazia rappresentativa presenta maggiori richieste "in entrata" diquante ne possa soddisfare "in uscita" con programmi e decisioni dall'alto, digoverno. Di qui la proposta del drastico ridimensionamento dello stato delbenessere. Si potrebbe dire che la riflessione contrattualistica, iniziata nelseicento, ha tratto nuovo impulso e nuova ispirazione dai problemi creati dallostato del benessere. Mentre il neo-contrattualismo propone con Rawls unaequa distribuzione dei beni essenziali in una situazione che non danneggieccessivamente i meno favoriti dall'assetto sociale, la soluzione proposta dalneo-liberalismo o liberalismo per così dire puro cui appartiene Nozick sicontrappone a quella del neo-contrattualismo in quanto si ipotizza uno "statominimo" che garantisca soprattutto i diritti acquisiti, che prenda atto delledisuguaglianze di fatto, che affidi alla libera competizione meritocratica ladistribuzione delle risorse decrescenti. Dal punto di vista della storia delle dottrinepolitiche, comunque, la contrapposizione tra neo-contrattualisti e neo-liberaliha teoricamente una portata ridotta. La affermazione o negazione di uncontratto non intacca il principio della democrazia rappresentativa, il mandatocome base del diritto di governare e del dovere di obbedire. Si può parlare diun filone progressivo che va da Locke a Rawls di contro a un filone moderatoche va da Hume a Burke a Nozick. Si può dire che è nuovo in Rawls il tentativo diricollegarsi a Kant collocandone gli imperativi etici in un contesto logico cheattenua il sostanziale conservatorismo moderato del filosofo tedesco. Era delresto quanto si era tentato in Germania all'inizio del secolo (in un paese dovel'intervento pubblico in campo sociale risaliva addirittura alle leggibismarckiane), allorché una sorta di "socialismo della cattedra" trovava nelneo-kantismo una filosofia consona a una analisi della società che prescindessedalla "dialettica" e dal "materialismo" dei marxisti. Per quel che riguarda il pensiero politico russo,che pure rivela echi dell'illuminismo del XVIII secolo, non vi è alcuncontributo originale fino alla elaborazione del marxismo attraverso la corrente Plechanov-Lenin-Trotzkij sino a Stalin. Il più originale pensatore politico russo dell'800 è Michail Bakunin, anarchico. Sua è la convinzione che il proletariato puòdistruggere la società capitalistica, perché esso ne sorregge tutte lestrutture e ricostruire una società senza stato, autogestita da produttoriassociati. Durante gli anni della prima internazionale si contrappone a Marxper la tesi della immediata abolizione della proprietà e dello stato (eglidefinisce il suo socialismo "libertario" di contro a quello "autoritario"marxista). Prosecutori del pensiero anarchico sono Kropotkin (primo novecento) e Arshinov, che negli anni venti tenterà dirisolvere il problema del rapporto tra anarchia e organizzazione, problemapermanente del libertarismo (in Italia lo affronterà Errico Malatesta). Tuttavia questa linea di pensiero esercitainfluenza più che in Russia sulla cultura anarchia dell'occidente, da Proudhonad Auguste Blanqui. La linea dottrinaria che conduce a Lenin muove da Vessarion Belinskij (morto nel 1848), critico letterario e NicolajCernysevskij, il cui romanzo "Che fare?", che ha per argomento l'impegnopolitico degli intellettuali, fornirà il titolo al celebre saggio che Leninscriverà nel 1902 per definire la teoria del partito rivoluzionario. Anche se nel pensiero di Lenin non mancano analogiecon l'anarchismo, il maestro di Lenin, Yuri Plechanov è un marxista che dà deicontributi originali, trasformando in dottrina politica le ascendenzeletterarie, assai forti anche nel pensiero populista e socialrivoluzionario cheaveva il suo antesignano in Aleksandr Herzen. Lenin, Trotzkij e Martov conquistano, con l'analisimarxista della situazione russa, una egemonia tra i giovani intellettuali delprimo quindicennio del secolo rispetto al tradizionale pensiero "narodnik" (populista), egemonia che sarà uno dei fattori di successo della rivoluzionebolscevica. Sia Lenin che Trotzkij divergono sul ruolo delpartito - cruciale e fortemente gerarchico per Lenin ma non per Trotzkij - maapplicano l'analisi degli ultimi Marx ed Engels della situazione tedesca allarussia: la borghesia del paese è troppo debole, e spetta al protetariatoiniziare una rivoluzione "borghese" (richiesta della democraziarappresentativa) la quale, guidata dalla classe operaia, si sarebbeimmediatamente trasformata in una democrazia socialista retta a dittatura delproletariato. Trotzkij riprende da Marx il concetto di "rivoluzionepermanente", intesa come rivoluzione che non si arresta allo stadio borghese eche non si arresta ai confini della Russia (la cui arretratezza economical'avrebbe condannata alla sconfitta), ma continua sino ad investire l'occidentecapitalista più avanzato. Al contrario, le correnti mensceviche (socialdemocratiche) ritenevano necessario un periodo di democrazia borghese edi sviluppo del capitalismo per creare le condizioni per una trasformazionesocialista. Ma il processo rivoluzionario sovietico (il soviet, “consiglio", era la struttura rappresentativa di base di operai, contadini esoldati sperimentata nel 1905 e affermatasi nel 1917) non si estese all'Europaoccidentale, e nell'Urss si tentò di costruire "il socialismo di un solopaese", per usare la espressione dei leader Bucharin e Stalin. Stalin diedesistemazione organica a questa impostazione nelle opere degli anni '20 “Questioni del leninismo" e "Nuove questioni del leninismo". In quel periodo si formò in Urss una societàfondata sulla proprietà collettiva dei mezzi di produzione e di scambio (dallaterra all'industria); e lo stato sovietico, attraverso i piani quinquennali, la “grande guerra patriottica" contro l'invasione tedesca e lo sviluppo delsecondo dopoguerra, divenne la seconda potenza industriale del mondo, la “superpotenza" in competizione con gli Stati Uniti. Nella cultura politica occidentale la società russa è stat definita in vari modi. Per i suoi critici di formazione marxista puòessere uno "stato operaio degenarato" (Trotzkij) o un "capitalismo di stato" (Bordiga). Per i pensatori liberali è una società autoritaria retta da unaburocrazia onnipotente (la "Nomenklatura"). Karl Wittfogel, vi vede l'ereditàdelle antiche società agro-manageriali ("Il dispotismo orientale", 1968). Di fatto la Russia presentava all'inizio del secolopeculiari condizioni sociali. Gli elementi comuni che nel X-XII secolo essaaveva con l'occidente (le città e le corti) furono travlti dalla invasionemongola, che portò ad un isolamento che si protrasse fino al 1480, quando, conil rifiuto di pagare il tributo al dominatore, lo stato di Moscovia si edificasul modello dell'Impero bizantino, crollato pochi decenni prima con la cadutadi Costantinopoli (1453). Mosca viene vissuta dal ceto dirigente feudale russocome la "Terza Roma", erede imperiale di Roma e Bisanzio. Da questa tradizioneviene assunta una rigida struttura burocratica. Alla tradizione burocraticabizantina si ispirano le istituzioni dello stato russo, nell'evoluzione da Ivanil Terribile a Pietro il Grande a Caterina, il cui dispotismo ha un contattosolo superficiale col contemporaneo illuminismo. Si esauriscono con la rivoluzione i due filoni delpensiero politico russo, l'uno che da Plechanov conduceva a Stalin e l'altroliberal-conservatore (Struve, Tugan-Baranovskij), il cosiddetto "marxismolegale", tollerato dallo zarismo soprattutto perché giustificava teoricamentel'impulso politico dato allo sviluppo industriale. I nuovi studiosi marxistidel periodo staliniano e post-staliniano indicati dai sovietici come teoricipolitici sono Varga e Pasukanis, l'uno economista e l'altro giurista, che nonsviluppano un pensiero propriamente politico.  Pasukanis enfatizza la effettività del diritto, lavita della consuetudine e della norma nella prassi quotidiana di contro allaimposizione legale dall'alto. Varga e Pasukanis ebbero comunque alterna fortunain tali periodi, ed in effetti si può dire che i soli rappresentanti dellariflessione politica sono i dirigenti istituzionali. Un testo di tale provenienza, nel rispondere allecritiche alla instaurazione della legge marziale in Polonia (13 dicembre 1981)dà una sintesi del concetto sovietico di democrazia: "Proprio il socialismo haassicurato il cotante perfezionamento delle forme e dei metodi della democraziareale, del popolo e per il popolo, la cui essenza consiste nella partecipazionesempre più ampia dei lavoratori alla gestione degli affari della società edello stato. Che cosa significhi poi partecipazione nella realtà, lo dicono ifatti semplici e chiari. Per esempio nell'Urss, nell'ambito dei soviet,operano... deputati e consiglieri e... attivisti; alla gestione dellaproduzione partecipano... membri delle conferenze permanenti di produzionee... sindacalisti; sul rispetto delle norme della legalità socialista vigilanoattntamente... persone elette dai lavoratori e... membri delle squadre divolontari per la tutela dell'ordine pubblico. Naturalmente vi sono altre formedi partecipazione dei cittadini alla gestione delal cosa pubblica". Nel 1983 Yuri Andropov scrive: "A ragione siconsidera Marx l'erede di quanto la filosofia classica tedesca, l'economiapolitica inglese e il socialismo utopistico francese hanno creato di migliore.Egli si è applicato a risolvere il problema che lui stesso aveva posto: 'Ifilosofi hanno interpretato il mondo in molti modi, noi dobbiano trasformarlo'.

L'unità di teoria scientifica rigorosa e di prassi rivoluzionaria è il trattodistintivo del pensiero marxista. Le concrete vie storiche del socialismo indivenire non sono state quelle che supponevano i fondatori della nostra teoriarivoluzionaria. Anzitutto, il socialismo ha trionfato in un solo paese, per dipiù non il più sviluppato economicamente. Ancor oggi gli ideologi dellaborghesia e del riformismo... affermano che la realtà ha divorziatodall'ideale. Consapevolmente o per ignoranza, non ricordano che, mettendo apunto la sua dottrina, Marx non si lasciava affatto guidare dall'esigenza di unastratto 'socialismo ideale', agghindato e senza macchia. Traeva le sue ideesul futuro regime dall'analisi delle contraddizioni obbiettive della grandeproduzione capitalistica. Quest'approccio, l'unico scientifico, gli permettedi definire in modo infallibile i tratti essenziali della società che dovevanascere dalle tempeste purificatrici delle rivoluzioni sociali del XX secolo.

Secondo Marx la proprietà sociale dei mezzidi produzione è la pietra angolaredel regime socio-economico che subentra al capitalismo. L'esperienza delsocialismo reale mostra che la trasformazione del 'mio' in 'nostro' non è unafaccenda semplice. La rivoluzione nei rapporti di proprietà non si riassume inun atto risolutivo... Acquisire il diritto a essere padrone e diventare questopadrone - autentico, saggio, parsimonioso - non è la stessa cosa. Il popolo cheha realizzato la rivoluzione socialista ha bisogno di molto tempo perassimilare la sua nuova condizione di proprietario supremo e senza spartizionidi tutta la ricchezza sociale: assimilarla, dico, economicamente epoliticamente e, se volete, anche psicologicamente, attraverso una coscienza euna condotta collettiviste... Dovunque le rivoluzioni proletarie hannotrionfato, la proprietà sociale dei mezzi di produzione che si è realizzata inquesta o in quella forma, è divenuta il mezzo fondamentale di esistenza delsocialismo, il suo sostegno, la fonte principale del suo progresso... Un grandetratto distrada è stato percorso nel rinnovamento socaile del mondo, nellarealizzazione degli obbiettivi e delle idee rivoluzionarie della classeoperaia. La mappa politica del globo ha assunto un aspetto nuovo. Nuove estraordinarie sono le conquiste della scienza; le realizzazioni della scienzasono tali da colpire profondamente la nostra immaginazione". Un altro concetto che ha avuto una evoluzionealquanto diversa in Urss e in Occidente è quello di "partito". Nell'Urss esso è divenuto, da "parte", "tutto", nel senso che è la struttura istituzionaleportante nel sistema, oltre ad essere "unico". In Occidente la pluralità deipartiti è garanzia tanto della pluralità delle opinioni e quindi dellalegittimazione del dissenso, quanto del confronto e della circolazione delle élite, ma nello stesso tempo dà frequentemente luogo a critiche alla “partitocrazia".

 

 

 

Democrazia rappresentativa e partiti

 

I partiti sono stati presenti nella esperienzaoccidentale sin dalle polis greche. Duverger evidenzia un elemento dicontinuità in una tendenza al dualismo (bipartitismo), dovuto anche ad una “accumulazione culturale" propria dell'area euro-americana: tale dicotomia, che nell'antichità e nella prima età modernaha una base sociale, via via che tale base si evolve dando luogo ad unapluralità di ceti, viene integrata da una dicotomia derivantedall'accumulazione culturale: gruppi sociali, ceti, classi e frazioni di essisi orientano in senso conservatore o progressista con una commistione tracollocazione sociale, tipo di reddito e tradizione culturale. Altri studiosi come il Macaulay ("Storia d'Inghilterra")parlano, meno soddisfacentemente, di "temperamenti" radicali che sicontrappongono a "temperamenti" conservatori. Fino ad oggi tale dicotomia si è dimostratafunzionale alla democrazia rappresentativa nel senso che l'alternarsi algoverno e all'opposizione di due schieramenti (e in qualche caso dei duepartiti) ha permesso una selezione delle élite (vedi più avanti il pensiero diDuverger) e una elaborazione dei programmi in grado di soddisfareperiodicamente, in modo relativamente equilibrato, le due esigenze di fondodella società industriale: una stabilità di fondo, che non comporti traumirivoluzionari e impedisca periodiche distruzioni di risorse; e la costanteimmissione di innovazione, senza la quale una società stimolata dallatecnologia, come quella industriale, perderebbe il dinamismo che lacaratterizza. Al di fuori delle degenerazioni partitocratiche le critichevetero-liberali non reggono pertanto di fronte a tale visione positiva delruolo dei partiti senza i quali non si hanno, nella democrazia rappresentativa,selezione e concorrenza delle élite dirigenti né aggregazione del consensosulla base di programmi nei quali si sostanzia l'opera di governo: due aspettifondamentali della applicazione di quelle "regole del gioco" senza le quali lademocrazia rappresentativa sarebbe priva di riferimenti sia concettuali cheemotivi. Per quanto riguarda la impostazione marxista,l'identificazione tra "partito" e classe porta a considerare i partiti puraespressione di classe "borghesi" o "proletari" nella democrazia definitaappunto "borghese". La società socialista e poi comunista, tendenteall'abolizione delle classi, non può, per ciò stesso, che tendere allaabrogazione dei partiti. Invece, in ambito occidentale, i partitioriginariamente marxisti (socialdemocratici o comunisti) si evolvono sino adaccettare le "regole del gioco" del pluripartitismo funzionale. Per altre areegeo-politiche, il dualismo funzionale non è più un canone interpretativovalido, e le esperienze sono molto più variegate. Un migliore canone didescrizione è quello comparativo secondo la scuola di Gabriel Almond e dellaquale è rappresentativo Giovanni Sartori ("Parties and Party Systems: AFramework for Analysis", 1976). Duverger e altri notano però anche le differenzedei partiti del passato meno recente rispetto ai partiti odierni. Jacques Heersrileva come nel medioevo e nella antichità i partiti erano impegnati in unalotta per il raggiungimento del potere totale che si concludeva conl'annientamento dell'avversario. Questo problema si ripresenta con gli odiernipartiti che aspirano ad essere non una parte, ma il tutto. Marx, sul modellodella comune francese, escludeva i partiti borghesi e ammetteva una pluralitàdi partiti socialisti, ma fino al momento in cui la maturità politica nonavesse fatto affermare il punto di vista marxista, di fronte al quale gli altrierano inadeguati. Di fatto, in tutte le "democraziepopolari" del secondo dopoguerra si è adottato il modello del partito unico.In occidente invece i partiti socialisti hannoaccettato le regole del gioco della democrazia rappresentativa, prime dellequali la legittimità di tutti i partiti e la loro alternanza al governo. Anche nell'area euro-americana sussistono fortidifferenze tra i partiti europei ed americani. I primi sono più strutturati eche divengono partiti di massa e di apparati professionali e permanenti; isecondi sono meno strutturati e con maggiori aspetti di volontariato a scadenzeperiodiche (elettorali). Duverger parla di "partitidi massa" come partiti della "tecnodemocrazia": da partiti piccoli e con quadripoco strutturati, tipico specchio della lotta concorrenziale liberista, siarriva alla contrapposizione tra partiti di massa in grado di controllare eintegrare in u'azione collettiva aderenti e leaders, tipico specchio dellasocietà delle grandi corporazioni oligopolistiche. Molti studiosi hanno parlato della evoluzione deipartiti americani. Secondo Wilfred Binkley, lafunzione dei partiti americani tende, secondo alcuni, a ridursi nell'ultimoventennio del nostro secolo. Egli descrive la nascita dei partiti americani,con i farmers che hanno costituito la base del partito democratico, e i cetimercantili la base del partito federalista. Lawrence Grey, pur considerando illoro ruolo ancora essenziale nota un indebolimento a partire dagli anni '50.Già dalla fine del secolo scorso, sorse la influenza dei media e dellaindustria dello svago da essi fornita a contrastare la loro influenza. Secondo Kirchheimer, sia per i partiti europei cheper quelli americani, poi, si stanno attenuando le contrapposizioni ideologichea favore del "partito pigliatutto", gestito con le stesse strategie didifferenziazione di un prodotto o un marchio commerciale. Diverger nota che la struttura dei partiti non è certo conforme all'ortodossia democratica. Nonostante l'apparenza i capi nonsono effettivamente designati dagli iscritti, bensì cooptati. Ma un regimesenza partiti sarebbe forse più soddisfacente? Duverger aderisce alla opinionedi Rousseau che ogni governo è oligarchico perché comporta necessariamente ildominio di un piccolo numero su uno grande. Secondo lui, "il significato piùprofondo dei partiti sta nella loro tendenza alla creazione di nuove élite, cherestituiscono al concetto di raprpesentanza il suo vero e proprio significato,l'unico reale. Ogni governo è per natura oligarchico: molto diversa può essereperò l'origine degli oligarchi e la formazione. Dobbiamo sostituire la formula “governo del popolo da parte del popolo" con quella "governo del popoloattraverso una élite scaturita dal popolo". Un regime senza partiti garantiscela perennità delle élite dirigenti espressi dalla nascita, dal denaro o dallafunzione. Un regime senza partiti è necessariamente un regime conservatore:esso è ancor più lontano dalla democrazia del regime dei artiti. Storicamente ipartiti sono sorti quando le masse popolari hanno cominciato a entrarerealmente nella vita politica: essi hanno formato il quadro necessario chepermetteva loro di reclutare in se stesse le proprie élite. Le classicheproteste contro la loro influenza nella vita politica, contro il predominio deimilitanti sui deputati, dei congressi sulle assemblee, ignorano l'evoluzioneche ha accentuato il carattere formale dei ministri e dei parlamenti. Un tempostrumenti esclusivi degli interessi privati, sono divenuti strumenti deipartiti: fra questi i partiti popolari occupano un posto sempre maggiore.

Questa trasformazione costituisce un'evoluzione della democrazia e non unregresso. Duverger riprende così la valutazionedell'economista Joseph Schumpeter ("Capitalismo, socialismo e democrazia", 1942) che stabiliva un paragone tra la competitività imprenditoriale attraversole imprese e la competitività politica attraverso i partiti. Come la pluralitàe la competitività delle imprese garantiscono una dinamica economica che frenale tendenze al monopolio e all'oligopolio, così la competitività tra i partitigarantisce una dinamica democratica, frenando le tendenze al monopolio delle élite. Questa teoria della democrazia rappresentativa come prodotto dellacompetizione tra partiti (sia pure oligarchici) selettori di élite fornisce ilquadro per ora concettualmente più preciso dei rapporti tra i partiti stessi eil sistema politico della democrazia rappresentativa. I partiti rappresentano un momento fondamentaledella evoluzione del pensiero politico occidentale, evoluzione contraddistintada costanti assai marcate. Costanti che vanno dalla persistenza di un "logostripolitikos" che risale a Erodoto 8elementi di democrazia, oligarchia,leadership personale permangono sino alle odierne democrazie rappresentative),alla continua presenza appunto della "forma" partito, alla trasposizione, nelcorso del Medio Evo, del concetto di rappresentanza (non democratica) dallasfera privata alla sfera pubblica. Ma contemporaneamente momenti di evoluzionechiaramente percepibili, che si possono sintetizzare attraverso l'alternarsidel prevalere del momento dell'autorità (principato) e del momento del consenso (repubblica). Gli ultimi trecento anni hanno visto il prevalere di qeustosecondo momentom mediante un pensiero politico che haripreso dalla Grecia ilconcetto di democrazia, dal Medio Evo quello di rappresentanza nella sferapubblica, e che li ha sintetizzati nella formula politica della democraziarappresentativa. In essa la distinzione sostanziale tra chi comanda e chiobbedisce viene stabilita sulla base di un "contratto" consensuale che segna illungo cammino interpretativo da Hobbes a Rawls. I pòartiti appaiono al tempostesso gli organi di attuazione e i garanti sociali di tale contratto, intesocome accumulazione culturale vissuta e, quindi, come esperienza storica pur nonformalizzata in un momento dato, secondo la linea critica che va da Hume a Nozick.

 

 

 

Di fronte al futuro

 

Il pensiero politico occidentale recente indaga laevoluzione e fa il bilancio del sistema politico democratico-rappresentativo.

Vi è una valutazione positiva del ciclo di pensiero avviato nel seicento e chepossiamo definire contrattualista (all'inizio) e neo-contrattualista (nel suorecente sviluppo). All'interno dei singoli statidell'area culturale "occidentale" si constata che il buon funzionamento dellademocrazia delegata ha generalmente garantito i diritti civili, favorito lacrescita economica e permesso una diffusione dei suoi frutti attraveso ilconflitto regolamentato, sotto la gestione dpolitica di élite concorrenti esostituibili. La sociologia politica ha studiato le diverse forme dipartecipazione (elettorale, al governo locale, di iscrizione e militanza attivanei partiti, associazionismo para-politico) con la conclusione che la suamanifestazione più elevata (gestione del potere politico a livello statale) nonpuò che essere esercitata da minoranze assai ristrette, secondo l'ipotesi di Rousseau, raffinata da Duverger. Questa situazione ha determinato, almeno invia generale, una tendenza alla riduzione e non all'aumento delle forme dipartecipazione politica tradizionali (esercizio del diritto di voto, iscrizioneai partiti, lettura della loro stampa), con una tendenza allo sviluppo di formedi "consumo" della politica simili a quelle di "consumo" dello spettacolo.Alcune delle più vistose pecche del sistemademocratico risalgono comunque al nodo irrisolto delle regole in campointernazionale, al quale si ricollega la tematica del "potere invisibile". John Dunn ("La teoria politica occidentale difronte al futuro", 1979) sostiene che "non rinunceremo facilmente allo statomoderno; e non abbiamo neanche buoni motivi per supporre che la razza umananella sua totallità sopravviverà al suo trapasso. Perciò abbiamo bisogno di unateoria che ci dica come i governi degli stati moderni possano esserecontrollati nella maniera meno peggiore. Ma neanche rinunceremo facilmente alleimmagini che con la loro intensa richiesta di appagamento e di libertà perl'uomo mettono sotto accusa la realtà di ogni stato moderno e di ogni societàmoderna... Oggi, in politica, democrazia è il nome di ciò che non possiamoavere e che tuttavia non possiamo smettere di volere". Roger Gerard-Schwartzenberg stigmatizza la tendenzadella politica odierna a divenire spettacolo: "il linguaggio diviene un gioco,uno scambio di segnali in codice. I segni contano più delle idee espresse. E'chiaro che occorre ritrovre un altro linguaggio politico: semplice,comprensibile e diretto, accessibile a tutti; un linguaggio meno "spettacolare"che esprima le cose sena occultrle e travestirle; che chiarifichi le mete e lescelte, per permettere a ciascuno di decidere da sé, come si usa indemocrazia". Norberto Bobbio ("La democrazia e il potereinvisibile", 1980), passando in rassegna le critiche alla democraziarappresentativa, a quelle marxiste ed elitiste aggiunge quella basata sullaesistenza di una vasta area di "potere invisibile", giustificato, oggi comeieri, dalla "ragion di stato", dalle esigenze della sicurezza interna (adesempio contro la malavita organizzata) e della lotta tra stati, propiziatodall'uso dei computers. Ciò è contrario al nesso tra principio dirappresentanza e pubblicità del potere, all'ideale della democrazia come idealedel potere visibile. Già Kant poneva come massima del diritto pubblico ilprincipio secondo cui "tutte le azioni relative al diritto di altri uomini lacui massima non è suscettibile di pubblicità sono ingiuste". Oggi, secondoBobbio, il traffico delle armi, il traffico della droga magari per indebolire igiovani di stati concorrenti, provocano intersecazioni tra l'attività delpotere invisibile e la malavita internazionale. Attività segrete, clandestine, “invisibili", si svolgono con intensità sempre maggiore e con influenzacrescente al di sotto del livello delle istituzioni democratiche del "poterevisibile". Come il conflitto tra stati genera potereinvisibile, così genera il pericolo dell'annientamento termonucleare. La filosofia della storia come riflessionesistematica, nata con la rivoluzione francese, ha avuto una grande ondataculminate in Hegel-Comte e una seconda dopo la prima guerra mondiale e larivoluzione russa culminata con Spengler e Toynbee. Per Bobbio sia le filosofie della storia delpassato (principalmente illuminista, positivista, marxista) sono superate e nonriescono a fornirci strumenti interpretativi per il pericolo di annientamentodella umanità. Bobbio è pessimista, in quanto vede solo piccoli gruppi diuomini che si siano liberati dai miti ancestrali della fecondità della violenzae della rigenerazione attraverso il sangue. L'etica dei politici è ancoral'etica della potenza. Questi miti intridono tutta lastoria della nostra cultura: da Eraclito che definisce il ocnflitto (polemos)padre e re, a Empedocle che vede nella contesa (neikos) l'essenza del cosmo, a Platone che nella "Repubblica" individua nella guerra l'origine dello stato edelle classi, vi è una costante identificazione conflitto-padre-stato. Tuttavia, secondo Bobbio, non ci si deve arrendere, e si deve sperarenell'improbabile. Raymond Aron, pensatore liberal-democratico ("Lademocrazia alla prova del XX secolo", 1960) vede il problema delle regolemancate e della volontà di potenza nei rapporti tra gli stati e segnala diversealternative: "O l'umanità dimenticherà ciò che ha imparato e tornerà all'erapre-industriale. O uscirà dal periodo bellicoso seguito di catastrofi e tutti ipopoli non sopravviveranno per conoscere i vantaggi della fase post-bellica, Ol'umanità continuerà ancora per secoli il gioco tragico all'ombradell'apocalisse, essendo in grado le misure igieniche di colmare in qualchedecennio i vuoti aperti da qualche minuto di scontro termonucleare. O infine,ipotesi preferibile ma no la più probabile, le nazioni supereranno gradualmentei loro pregiudizi e i loro egoismi e l'organizzazione sarà universale; lecomunità culturali saranno piccole e numerose. Gli stati-potenze, avendocompiuto la loro missione, deperiranno in una umanità pacificata... L'uomo nonavrà superato le antinomie dell'azione se non il giorno i cui avrà posto finealla violenza o alla speranza". Egli in particolare pensa che la "strategia delterrore" sia affetta da un vizio logico fondamentale, in quanto non è possibileda un lato dissuadere dalla violenza con la minaccia delle armi nucleari,dall'altro creare una situazione in cui l'uso di tali armi si risolverebbe inun suicidio comune. "Non è facile minacciare uno di morte, se si deve morireinsieme a lui". Perdipiù non pare ad Aron che tutti i contendenti accettinol'idea, propagandata dal governo americano, che non vi sarebbero vincitori inuna guerra nucleare. Il pensiero politico liberale europeo giunge dunquea Bobbio a Aron come quello statunitense giunge a Rawls e Nozick. E' rilevanteche negli Stati Uniti prevalga una tematica generale, mentre in Europa è vivala preoccupazione per la situazione atomica. E' divenuto un luogo comune quello della "paceimpossibile", di una terza guerra convenzionale, locale e perpetua combattutaall'ombra della minaccia termonucleare ("La défense nationale", 1958; "Theuncertain Trumpet", 1957). Si è affermata a partire dagli anni '50 anchel'ipotesi che la guerra termonucleare non porti alla distruzione della umanità,ma a distruzioni limitate (Hermann Kahn). Un altro filone di pensiero (John Hackett, "La terza guerra mondiale", 1980-1984) ritiene che la prossima guerranon sarà atomica, ma sarà condotta con armi convenzionali e vinta da chi ha lasuperiorità tecnetronica. Questo sarebbe lo scacco delle regole nei rapportitra stati, di fronte al quale altri (Henry Kissinger) teorizzano unastabilizzazione dei rapporti interstatali attraverso un consolidamento delduopolio USA-Urss. Altri studiosi (Galbraith, "Anatomia del potere", 1984) manifestano preoccupazioni per la manipolazione delle opinioni e delconsenso attuate da potenti gruppi nella società contemporanea, contro il qualesi intravvedono e si auspicano forme di resistenza simmetrica. E' la ipotesidel "Termitaio" che appare anche in altri autori. Accanto alle citate prospettive va citato anche ilsorgere e il diffondersi, come nel tardo impero romano e nell'età della

Riforma, di culture "alternative" (Hippies, movimenti religiosi, femminili,giovanili, ecologici, antistituzionali) tra cui quelle ispirate al Marcuse di “Eros e civiltà" e dell'"Uomo ad una dimensione".

 

 

 

La libertà feudale

 

Il concetto moderno di libertà ha lasua radice nel privilegio medioevale. All'interno del gruppo privilegiato c'eratra l'altro una certa eguaglianza e rispetto delle posizioni reciproche.Il medioevo è il dominio esclusivodel privato: perfino le libertà politiche vengono contrattate. Contrattualismogermanico dei feudatari dipende dalla posizione privatistica di ognuno comeproprietario e signore della terra.

Nei parlamenti medioevali non eisteva il principio di maggioranza: era uncontratto, e quindi tutti dovevano esssere d'accordo

 

 

 

Aristocrazia e monarchia

 

Senza la monarchia si sarebberimasti al privilegio; ma senza l'aristocrazia si sarebbe avuto un popolo di schiavi.

La evoluzione politica dellaFrancia: la monarchia presto fa divenire i nobili sussidiati e odiosi.

L'assolutismo francese sradica anchele libertà comunali

La borghesia in un primo tempo sigiova dell'appoggio del sovrano ai suoi traffici, ma poi lo sente ingombranteIl carattere totalmente diversodella vicenda inglese: niente forti pressioni esterne che facessero costituireforte autorità, esercito, marina, una forza armata coercitiva. La grandearistocrazia va alla camera dei lords, la piccola che si confonde con laborghesia, va ai comuni. La piccola aristocrazia si impadronisce della terracon le enclosures e si trasforma in imprenditrice agricola. Gli aristocraticiinglesi con le poor tax alleviano la povertà e sono meno invisi.Il feudalesimo era sostanzialmenteun vivaio umano per allevare truppe.In realtà l'aristocrazia predominain Inghilterra e forma una repubblica aristocratica. I contemporanei inglesidella rivoluzione francese rimarcano come senza una forte aristocrazia che sioppone allo stato, presto si finisce sotto Robespierre o Napoleone.In Inghilterra la borghesia, alcontrario che in francia è alleata della aristocrazia contro la corona. Solonell'ottocento si rivolge contro la aristocrazia.

 

 

 

Le forze spirituali del liberalismo europeo

 

Il calvinismo accentua al massimoil servo arbitrio, la predestinazione, la grazia dall'alto, il peccatooriginale. Ma sorprendentemente ne nascono molti germi di idee liberali. Perdimostrare la propria predestinazione l'uomo agisce fortemente. L'uomo cheguarda sempre di là si responsabilizza perché il suo Dio è distante e l'uomopuò contare solo sul suo carattere. I calvinisti, come minoranze oppresse,rivendicano fortemente i diritti fondamentali. Sono negatori di ogni gerarchiache si interponga tra l'uomo e Dio: divengono creatori di strutture autocreate,da cui nasceranno le organizzazioni sociali e politiche dei tempi venturi. Illibero esame è un metodo democratico, anche per far emergere dei capispontaneamente. NElla lotta delle sette protestanti è l'embrione ellaconcorrenza. Il liberalismo religioso non è soloscetticismo e incredulità nato dalla lotta di fazioni. E' il riconoscimento chenessuna chiesa organizzata può coartare; che tutti gli uomini professanoelement icomuni di religione che vanno rispettati, e tale religione non puòessere coartata da nulla che sia meno divino di essa. Il razionalismo libertinoe il cattolicesimo accomodante rischieranno di degradare tali principi in meratolleranza, ma Paine ed altri affermeranno che la tolleranza è una bruttaparola. Non esiste una autorità religiosa superiore all'individuo. La chiesastessa rivendica la sua libertà nei confronti dello stato. dall'altro lato ilgallicanesimo cerca di assoggettarla. Stato e chiesa si concedonoreciprocamente una semi-libertà che è una semi-schiavitù.Il cartesianesimo estende il liberoesame anche in filosofia oltre che in religione. Razionalismo, naturalismo,sensismo, del 18ø secolo hanno in comune lo sforzo di chiarezza, magaritalvolta malinteso. La libertà di pensiero è affermazione contro la tiranniadell autorità, come la lib. rel. lo è contro la tradisione della chiesa.

 

 

 

Il diritto naturale

 

Il diritto consuetudinario era ildiritto privilegiato, contro cui si afferma il diritto romano uniforme e ildiritto naturale, uniforme in quanto spettante ad ogni uomo.

Ma il giusnaturalismo spintoall'estremo risolve la società in un atomismo di singoli che seguono il proprioarbitrio: contro l'artificialismo dei legisti le tradizioni ecc. reagirannoduramente.

L'individualismo stoico rivendicauna libertà ma non nel sociale, bensì nell'inviolabile interiorità,distruggendo l'importannza di tutto il resto. Invece il liberalismo modernotende a far rientrare nella sua libertà una sfera materiale e di personalitàsempre più vasta.

Solo in quanto è proprietariol'individuo è sufficiente a se stsso e può resister allo stato

La rivendicazione del diritto diproprietà spinge alcuni liberali quasi in braccio al comunismo agrario: latutela della proprietà va data a tutti.

La logica del diritto di proprietàporterà il liberalismo a riconoscere che è la società e lo stato che megliogarantisce i diritti "innati". La proprietà come creazione della civiltà puòessere modificata e limitata dalla ragione (latifondo, eredità capricciose):paradossalmente i confiscati dai rivoluzionari si richiamano al dirittonaturale. Stiamo arrivando a Rousseau e Quesnay che considerano la societàcontrattualistica un perfezionamento dello stato e dei diritti di natura.

 

 

 

La libertà economica

 

La fisiocrazia era la dottrina della razionalizzazione del commercio della terra e dei suoi prodotti, illaissez faire, l'antivincolismo antifeudale applicato alla terra.

Un difetto del liberalismo fu chel'emancipazione della terra andò a vantaggio soprattutto dei più ricchi, sia ininghilterra che in francia. Tre classi di Turgot (fisiocratico): contadini produttori, artigiani stipendiati, nobili disponibiliper compiti di governo.

La indipendenza mediante la terranon fu ben sfruttata dal liberalismo: lo spezzettamento tolse le basieconomiche per rendere i proprietari terrieri disponibili a compiti di governoe fece sorgere al loro posto plutocrazia e burocrazia. Spesso la terra servìper pagare gli studi, e gli avvocati irruppero sulla scena politica.

 

 

 

La rivoluzione industriale

 

il luogo comune che solo i protestanti avrebbero la mentalità per larivoluzione industriale

I privilegi e le regolementazioni delle corporazioni

La borghesia terriera sente di dovere la sua posizione allo stato; quellaindustriale non deve nulla allo stato ed è più critica verso il suo intervento.Da qui la differenza tra liberalismo agrari, continentale e industriale,inglese

Il liberalismo industriale ha il difetto che gli industriali si occupanopoco e male di politica dalla collusione di operai e grandi proprietari terrieri retrivi nascono leleggi operaie

 

 

 

Libertà civile e libertà politica

 

la libertà è collegata all'eguaglianza perché ciascuno sente entro di sé chetale libertà deve essere estesa a tutti. Libetà civili perché l'uomo è essenzialmente socievole

inizialmente la mentalità illuministica era rstia ad affiddare la tuteladelle libertà ad un'assemblea popolar e volubile: guarda al sovrano illuminato (vedi anche artifgicialismo). Le assemblee fino a quel momento sono statescarse e hanno dato pessima prova.

I ceti intermedi erano ancora fottissimi in inghilterra

Ottima sintesi delle idee contenute nello spirito delle  leggi del Montesquieu, che mostra come condizoni geografico economiche influenzanol'assetto politico ed economico

l'autore fa un'ottima sintesi dell'opera di Montesquieu

libertà del cittadinon non vuol dire libertà dalle leggi, ma leggi chelascino libero di fare quel che si deve fare.

molti rivoluzioonari erano monarchici: sieyes, mirabeu, robesspierre: gliilluministi si aspettavano le riforme dalla monarchia.

Ma la costruzione di montesquieu era ideale, non rispecchiava l'sattoassetto inglese: servì da un lato come stimolo a razionalizare al costituzioneinglese, e dall'altro diede vita a tanti esperimenti falliti in europa, dove sipensava che bastasse introdurla per vederla funzionare.

Ma accanto a montesquieu e all'ammirazone inglese si viene facendo largo unacorrente di sfdiucia verso l'inghilterra, che scatena la gu che si mett incativa luce con la guerra alle colonie. L'inghilterra è cripto-aristocratica,si dice; il liberalismo dei Montesquieu identifica i diritti politiciessenzialmente con la sicurezza dallo stato: il parlamento sta per negare,controllare. Contro questa corrente si svilupperanno le correnti "comuniste"con alla testa il "contratto sociale" di rousseau.

sintesi del contratto sociale. Non ha come modello i patti tra sovranitecittà, medioevali o i patti tra sovrano e vassalli, ma il modello ddlle liberesocietà calvinistiche. E' un contratto tra eguali e non un patto di soggezione.Il popolo non deve delegare il potere. I suoi rappresentanti sono commissariche hnno bisogno della ratifica popolare dei propri atti.. Rousseau teorizza laconfusione dei poteri.

Mentre col liberalismo di montewssquieu si può parlare di libertà dallostato, con quello di rousseau si comincia ad avere l'idea di libertà attraversolo stato. Tale tipo di libertà è inseparabile da una maggiore partecipazione (il futuro della democrazia, bobbio).

Ingenua visione secondo cui l'interese collettivo non è che la somma o larisultante degli interessi particolari. E ciò vale anche tra gli stati: ciscunstato ha il diritto di perseguire il suo interesse..

Ma il popolo al potere crea una potenza sterminata contro la qule ilcittdino non ha proteione, perché lo stato è lui. Rousseau afferma perfino chelo stato può imporre al cittadino una "religione civile". Sostiene che ilpopolo con la sua legge non può sbagliare (anche qui colpisce il dogma dellaconcordanza degli interessi.Cromwell dette vita ad un regime di cesarismo.

 

 

 

La dichiarazione dei diritti

 

Il liberalismo avrà il pooblema di cociliare la libertà dallo stato con ipricoli della partecipazione politica eccessiva, mostrati dalle dure esperienzerivoluzionarie. Furet direbbe: il popolo è vlubile; la volubilità è un altropericolo dell'artificialismo: a mancanza di punti di ancoraggio.

il testo della dichiarazione del 1789

Il diritto di associazione vi è bandito per paura di nreintrodurre lecorporazioni, e sarà ribadito e mantenuto ancora per anni pr interessiborghesi.

Confronto tra il liberalismo inglese di Montesquieu e il liberalismodemocratico di Rousseau.

I costituenti del 1789 vollero solo l'eguaglianza dinanzi alle leggi. Nonsolo non prendevano posizione di fronte alle ineguaglianze sociali, ma, almeno (opinione mia) per i calvinisti, le approvavano, come manifestazione dellosviluppo della personalità individfuale, premio del merito ecc.

Ma c'è un solidarismo e socialismo minimo di stampo liberale (definizionemia) che vuole almeno assicurata la proprietà indispensabile ai meno abbienti,ese non distribuita egualitariamente.

Nel medioevo non si aveva ilconcetto della giustizia sociale. La diversitàdei privilegi, non sucscitava odi e rancori.

 

 

 

La rivoluzione

 

Nella dicostituzone del 1789 c'è in nuce l'idea di una rivoluzione oltre cheliberale, democratica e poi sociale. Il terzo stato (ottima definizione a pag 76) si costituisce come "nazione" e tende ad assorbire in sé le altre. Ma vuoleuno stato diviso e che non usi la sua forza per sradicare la ingiustadistribuzioen ddella proprietà. Invece il poplo, avvezzo alla onnipotenzaassolutistica dello stato, sa che può fre dello stato un'arma potente persradicare privilegi. Lo sanno anche i marxisti, cone lo utilizzano per ladittatura del proletariato, così simile al regime giacobino. un primo passo è fatto con la convenzione del 1793: non arrivare al sovvertimento delle leggi eal collettivismo, ma impegnare lo stato ad agire gradualmente perredistribuire. E' spirito dovuto al legalismo dei borghesi presentinell'assemblea nazionale.

Nella francia rivoluzionaria vi sono delle voci che anticipanoquellecontemporanee sulla ineguaglianza politica creata dalla ineguaglianzaeconomica; sulla dipendenza ecoomica che è nemica della libertà; sul diritto allavoro. Robespierre non fissa limiti massimi alla proprietà ma una impostaprogressiva e un diritto al lavoro. Babeuf è più radicale. Dei tre possibilisviluppi due sono spenti nel sanguee uno quello liberale si consolida,superando il terrore il cesarismo e la restaurazione.

 Il cesarismo è quello di napoleone.

 

 

 

La controrivoluzione

 

le critiche del Burke e il confronto tra democrazia inglese, fondata su unalenta estnsione dei privilegi e sempre fondsta sulle cosuetudini ammodernate equella francese. I diritti naturali, nel'entrare in società si rifrangevano estravolgevano. Il contratto sociale nn è un contratto per interessi occasinali,ma un contratto che riguarda le attività più elevate, e le generazioni passatee future. Il liberalismo francese risente molto del modello assolutistico.

 

 

 

La restaurazione

 

L'universalismo religioso della restaurazione era in realtà altrettantoartificioso della rivoluzione. Ottima panoramica dell'evolversi gallicano deirapporti tra stato e chiesa, dello sfruttamento contro la chiesa deiparticolarismi nazionali e religiosi che aveva favorito i sovrani nazioanli.

le idee ddeigli scrittori della restaurazione (bonald, de maistre). Lerivoluzioni distruggono costumi consolidati e utli. Legiferano per l'uomouniversale mentre ogni stato a bisogno della sua legislazion. La legge è usatatroppo frequentemente. La vera legge deve solo indicare i diritti, e pertantoessere occasionale. Controppe leggi si indeboliscono le istituzioni.Intressante concetto in che i liberali avevano della leggee del parlaemnto con un ruolo negativo, direi.

Bonald e de maistre accusano la rivoluzione di aver voluto distruggereistituzioni che sono genuina creazione umana, per distruggere tutto e tornareallo stato di natura. I teorici della restaurazione vedranno nel ritorno allostato di natura il ritorno verso il caos.

 

 

 

Il liberalismo inglese: il radicalismo

 

L'isolamento napoleonico aveva rinsaldato gli inglesi nella propria mentalitàtradizionale e li aveva resi orgogliosi ddelle proprie peculiarità. Vedevanoncon sfavore anche gli eccessi della restaurazione. Embargo napoleinico prima edazi cereali dopo fecero lievitare rendita terriera e mi mentre i prezzi degliindustriali si trovarono a calare per al concorrenza di industrie delcontinente. Due classi che si accusavano a vicenda. L'industriale eral'ijkdividuo più razinal e meno propenso a mantenere la tradizione, i costiumi.Bentham incarna questa esisgenza di razinalità, di fre piazza pulita deldeglielementi irrazionali della tradizione: partito raidcale. Bentham proponevapoche leggi che fossero un male necessario contro la libertà per l'utilitàcomune. Leggi razionali. Utilitarismo . Gli utilitaristi tentennavano, perchéquando c'era pericolo di sommosse preferivano agire gradualmente (er laproprietà andava tolta solo con l'eredità). Cmunque c'era bisogno diraazionalizzazione, di un principio che fondi tutti i poteri e le leggi, chealtrimenti restano indivise. Era l'utilità. AMbiguità dell'utilità: esistel'utilità individuale, che è libertà, ma anche quella generale che puòdiventare atoritarismo. Il partito radicale nasce con James Mill e i suoiamici. Poi stuart mill ecc. Vuola ragione e giustizia contro tradizioniirrazionali. Era l'irrompere del radicalismo illuministico e rivoluzionario, mavenne frenato da vari elementi. ANzitutto la grettezza e la irresolutezza delprincipio razionalistico che non poteva dare fiammate di sentimento. I radicalisi volsero anche a romanticismo, gli economisti mostrarono altreconsiderazioni

 

 

 

Il liberalismo inglese: gli economisti

 

l'economia classic. Mostrava una visione delgi ineressi benthamiani menoidilliaca e generica: Con Malthus le rpopolazione diviene un problema: non cen'è bisogno, crea sommosse.Attaccare la eredità è un tipico compromesso, sin dai tempi di Bentham

105 La separazione dei poteri condurrà per necessità al principio unificantedella sovranità popolare.

 

 

 

Il liberalismo inglese: il movimento religioso

 

La religione in inghilterraIl "dissent" era una forza viva, che creavasette dotate di spirito di iniziativa, in concorrenza, che rivendicavanolibertà e auotonomie, rspettavano lo satato, si fondavano su libereconvenzioni, addestravanl le classsi dirigenti. Ma La troppa autonomia creavail rischio di cadere nel deismo, vista la libertà di esame delle scritture ecc.Due movimenti contrasteranno il deismo: il metodismo nelle chi sette el'evangelismo nella chiesa anglicana, che era l'altro pezzo della faccnda. ILmetodismo introducsse rigore dottrinario e morale, e un umanitarismo chetempera l'utilitarismo e il malthsianesimo creando una mentalità borghese dalcurioso miscuglio. La chiesa ufficiale è legata allo stato per i soi privilegi.In irlanda grava sui contadini irlandesi. è tory. Wilberfo'rce è seguito dalmotimento oxoniense, dapprima incerto, ma che poi comincia a rivalutare controle sette i caratteri di legittima discendente dagli apostoli, dotata di carismiecc. La organizzazione è anche un modo per rendersi autonoma e sfuggire allostato. IL trattato di tolleranza cattolica ha effetti che sono migliorati dalclamore delle conversioni di nwman, manning ecc. che impongono il principio delrispetto della libertà. . In sostanza la chiesa anglicana si mostra piùeuropeista e sensibile a roma, come l'utilitarismo rapprsenta un segno diavvicinamento alla mentalità iluminista continentale. Universalismo nellachiesa e nella soceità civile. La chiesa appare divisa in tre strati. lachiesa anglicana sensibile all'evangelismo per gli strati bassi. Le sette perla piccola borghesia e gli operai più benestanti e colti. Il top della chiesaanglicana pr la grande borghesia che aspira alle cariche.

 

 

 

Il liberalismo inglese: la scuola di Manchester

 

Cobden e la lega di manchester contro i dazi sui cereali. Inizia a mostrarei guasti del mrcantilismo , dell'asservimento delle colonie ecc (130). Siscioglie e si trasforma in nucleo loberale attraendo i whigs; sviluppainternzinalismo Le associazioni operaie non vi si associano, già dalla lega: leloro rivendicazioini o sono luddiste o sono politiche, non economiche, mentrecobden non voleva lotte politiche , associazioni operaie, intrnto ello statonell'orario opraio. La ex lega di manchester sviluppa internazionalismo: gliinterssi possono essere risolti pacificamente, la guerra e i la servit dellecolonie non serve al commrcio, aiutano il risorgimento, perché gli stati creanoquadro d'ordine, con ripartizione internazionale della produzione, disapprovanoi confderati sudisti, vogliono la indipendenza cooniale e il commonwealth.

Vogliono la separazione dii stato e chiesa per rispetto dellareligione. Peròsono carenti dove lo stato dovrebbe agire, mentre i loro bilanci sono scarsi,basati sulle imposte dirette: educazione, politica sociale.

le imposte dirette rendono il cittadino più edotto dei costi-benefici: lateoria della prestazione-controprestazione conduce anche a questo.I tory invece organizzano una opposizione moderna e non gretta , basata pureessa sugli intressi comuni. Sono solidaristi, simpatizzano con le trade unionse le iniziative dei pstori, stigmatizzano l'interesse del profitto, Disraeli ecarlyle paventano l'odio tra l'aristocrazia e i mrcanti e propongono che laprima educhi e vada verso i secondi, lo stato è troppo debole e i captalisti lovogliono così per potere fare i loro interssi. Dottrina romantica tedesca sullaforza dello stato entità a se.

 

 

 

Il liberalismo inglese: la riscossa dei conservatori

 

Il torismo vuole dare dignità al lavoratore per farne il fondamento dellagrandezza della nazine, soprattutto imperiale. Salari più alti significanoanche lavortori più produttivi. Il torismo si unisce alle rivndicazioni delletrade iunions, visto che prima del 1891 nogli operai non costituiscojno unmovimento a sé. Occore secondo loro uno stato più sociale e più intrventista,che controlli opere e grandi imprese pubbliche, che sostenga il commercioormai internazionale, che redistribuisca laterra, che badi al tenore di vitadelle classi meno abbienti. Tuttavia Stuart Mill teme la tirannia giacobina,la anche il livellamento della democrazia, i pericoli dell'organicismo:invasione della burocrazia onnipresente, livellamento di massa nei partiti enelle coalizioni industriali ecc. Contro di lui Hill Green scrive a fineottocento un saggio contro la atratta libertà di contratto che permetteinumani sfruttamenti. Contro il darwinismo sociale egli sviluppa argomentazioniconvincenti. è lo stato che dà la proprietà e può limitarla. E' lo stato (erahegeliano) che consente di creare l'ambiente in cui si sviluppano elindividualità delle persone più ch nel medioevo 161 esiste quindi unademocrazia liberale in seno al ilberalismo (hill green era ìliberale. I toryaccusano di plagio. Per Chamberlkain, che è promotore dell'ala più sociale deliberalismo, i tory agivano per patonage, i liberali per rispettodell'individuo. 1891 si forma labour party: i fabiani sono statalisti einterventisti. I gildisti si appoggiano sulle associazioni di lavoratori.

 

 

 

Il liberalismo inglese: crisi e rinnovamento

 

Principi di liberalismo sociale, "equity of copportunity". Ma mi pareche parli solo delle basi materiali, senza voler infiltrarsi. Va control'astratto individualismo e contro l'astratto socialismo.

 

 

 

Il liberalismo francese: il costituzionalismo

 

Luigi XVIII è il sovrano più alieno dagli eccessi della restaurazione: laborghesia essenzialmente terriera rimane al potere, il centralismo continua adavanzare, il concordato con la chiesa rimane. Le libertà civili sonorispettate. Il regime è rappresentativo ma di censo elevato (100.000 elettori)

Importante per lumeggiare il principio ella sovranità popolare: perconstant il popolo non è sovrano alla maniera del giacobinismo, ma di unasovranità limitata, che lasci una sfera di libertà. Questo è il pensieroliberale.

I ministri divengono responsabili verso il parlamento e non verso il re

La nascita dei partiti è più difficile sul continente perché non ha avutol'sperienza delle sette religiose. I partiti sono sette politiche. Senzapartiti non si può pretendere le dimissioni del governo. Senza veri partiti, masette faziose, si oscilla tra la setta egoistica e la democrazia giacobina.

altre garanzie oltre la divisione dei poteri: indipendenza dellamagistratura, libertà di stampa, indipendenza delle assemblee provinciali ecomunali. Il centralismo francese ha inaridito la vera fonte del patriottismo,il comune e la provincia, che avvicinavano l'uomo alla sua terra. Occorredelegare come nel self governement inglese, alcune funzioni di governo alleamministrazioni locali elettive. 178 altra garanzia: la guardia nazionale

La libertà di stampa è anche un diritto politico.

La differenza tra le libertà in atene e roma e quelle dei moderni inConstant.

Constant e gli scrittori liberali della restaurazione odiano la democraziacon i suoi eccessi; esaltano un governo censitario borghese, che rappresenta laragione, il giusto mezzo tra la nobiltà e la demagogia; irridono Rousseausostenendo che le libertà dello stato di natura erano anarchia; che la veralibertà è libertà di fare ciò che è bene, e quindi va incanalata con leggi. Laborghesia francese riscopre le sue radici storiche come patente di nobiltà.

Questa è la corrente principale liberale, che vuole riconciliarsi con lastoria, la monarchia, la religione, i costumi. E' una convergenza con gliinglesi che cercano invece di razionalizzare la lodo democrazia consuatudinariae tradizionalista.

Se la corrente principale del liberalismo è piuttosto statica e mira aconsolidare le conquiste della libertà, la corrente economica con Say è piùvivace e vuole abolire i dazi. Ma agricoltori e industriali francesi nonsentono ragioni. Si ribelleranno al trattato di commercio del 1860 tra cobden e

Napoleone III. Gli industriali avrebbero tratto qualche vantaggio, perchéavevano manifatture di lusso, ma non vollero rischiare, e successivamente idazi si inasprirono senza posa. Propugnano anche la eliminazione dei vincoli dicorporazione sul lavoro, e qui sono ascoltati. Sismondi parla di necessità diintervento sociale, e vi è tutta una letteratura sociale del periodo di luigifilippo.

I reazionari sono i più rivoluzionari. Vogliono restaurare il diritto diprimogenitura, ecc. In questo vi sono anche delle venature curiosamenteliberali. Alcuni vogliono in spregio ai borghesi censitari rivalutare ilsuffragio universale. Altri danno vita a quello che viene chiamatocattolicesimo liberale. Lamennais ne è il fondatore, non approva la democrazia,ma chiede per la chiesa la completa separaione dallo stato, la proprietà per ipreti, la fine del gallicanesimo. Dice che reavvivato dal cattolicesimo illieeralismo non farà più paura. Dice che le libertà borghesi e il dirittocomune sono la cosa migliore per la chiesa. Ma la enciclica "miari vos" digregorio XVI è contro di lui. Lui diviene eretico ("paroles d'un croyant"), maverso la fine del secolo il catolicesimo liberale si risolleverà cautamente conlacordaire, montalembert e va e intanto molti cattolici si staccano dalleideologie reazionarie e si affiatano a quelle liberali. La monarchia di luigifilippo di orlean succeduto ai borboni con le agitazioni del 1830 è in mano aiborghesi, ma è troppo censitaria e suscita lo scontento dei piccoli proprietariche passano al'opposizone.

 

 

 

Il liberalismo francese: la monarchia borghese

 

Il proletariato comincia a trovre una sua identità di rivendicazioni inconfronto ai borghesi dissidenti e non. Cominciano a riecheggiare i temidemocratici e socialisti che avevano fatto una effimera apparizione con larivoluzione francese. Vuole più che altro una politica sociale, la garanzia dilavoro, si rifà a Robespirre. Nascono i movimenti di fourier e saint simon.

Saint simon sostiene che il liberalismo rappresenta una impasse nel progressodalla società l feudale alla società che domina la natura, perché è troppogarantista e poco socialista. Egli ha simpatia per il dispotismo illuminato ecaldeggia lo stato organico che faccia interventi sociali e organizzi laproduzione. Lo stato deve essere l'organizzatore della produzione e ilpromotore di una superiore giustizia distributiva. Famiglia e altreistituzioni, proprietà debbono essere funzionalizzate: si diviene dei fuzionaridello stato. Persino il cristianesimo va rivisto. occorre portare nell'aldiquale speranze che esso porta nell'aldillà. Viene creato un pittoresco culto. Chemostra che è in effetti l'intransigenza romana che condanna all'irreligiosità imovimenti nuovi, e l'irreligiosità e sterilità. Si dice da più parti cheoccorre una riforma protestante anche nei paesi mediterranei, pre iniziare lostato industriale.

Fourier è l'oppposto dellostatalismo di saint simon. propugna ilfalansterio ,c creazionie autonoma dal basso e indipendente dallo stato,autosfficiente, basato sul principio di attrazione.. Le dottrine delproletariato nel XIX si muoveranno tra ideale collettivistico idealeassociazionistico. delle due ha il sopravvento quella statalista. I lavoratorisono diffidenti verso il libertarismo e l'individualismo. Un esponente dirilievo di questo è proudhon che sostiene la negazione dello stato, lasostituzione ai rapporti coattivi di autorità di rapporti contrattualivolintari e spontanei. L'individualismo, svolto nelle sue estreme conseguenze,porterebbe al mutualismo, al regime della pfetta reciprocità sociale, edoffrirebbe il principio fecondo per la sintesi di tutte le antinomie.

Il dibattito politico si rianima con tocquevill. Noi abbiamo lasciato illiberalismo dottrinario della restaurazione, chiuso nei confinit angusti dellacittà legale e ostile ad ogni estensioen di questyi confini: il ricordo deglieccessi rivoluzionari, combinato insieme con un duro egoismo di classe, gli faapparire la democrazia sotto una luce sinistra. Asfatare queste prevenzioninulla poteva meglio giovare di un0opra come tquella di Tocqueville, che parladella democrazia in america (titolo dell'opera). Per tocqueville la libertà è insidiata dall'alto e dal basso. Con l'industria cresce il potere dele grandicoalizioni politico-amministrative che schiaccerebbe l'individuo con unatirannia più spietata della vecchia aristocrazia: sfruttato l'individuo lo sibutta nelle braccia della carità pubblica. Ma dal basso c'è la democraziatirannica e livellatrice. La tentazione della democrazia è di fare un atto didelega allo stato per la trattazione degli affari. Vi sarebbe una tiranniadolce che tutto blocca (allude probabilmente alla monarchia orleanista) ch ditutto si occupa, facendo addormentare il senso di libertà. Occorre rivendicarele liertà, creare dei centri di resistnza, delle comunità locali di autogovernoche siano palestra per la dmocrazia

 

 

 

Il liberalismo francese: il 1848

 

Toqueville e l'ala dei liberali che avevano preso contatto con l'ambientedemocratico e sociale, criticano il regno di luigi filippo come quello di unaborghesia immobilista arroccata sui suoi privilegi, che per tenere buoni igovernati accetta l'immoralità diffusa e il precetto di arricchirsi ad ognicosto. Essi fomentano la rivoluzione del 1848, che però vedono solo comerivoluzione di riforme politiche, mentre prende ben presto una piegademocratica e sociale. In francia presto si instaura una repubblica democraticae piccolo-borghese con una condiscendente appendice socialistica degli ateliernationaux. I piccolo borghesi si rivoltano poi contro il pericolo comunista eaprono la via alla dittatura di Luigi Napoleone.

Dal fallimento del moto del '48 la classe operaia trae una nuova coscienza:che lo statalismo, le concessioni borghesi, l'azione dall'alto non possonocostruire quel che ell si attende: che deve autorganizzarsi. Dal 1848 nasce ilmanifesto deel partico comunista che segna questa nuova coscienza. Vi sono deiborghesi dissidenti come tocqueville. La dottrina liberale di questo periodo siispira al constant e al tocqueville. Il primo insegna il garantismo contro ilgoverno dispotivo; l'altro un programma didemorcazia liberale a cui laegenerazione della tirannide democratica ocnferisce una nuova ragion diattualità. Secondo costoro, si rano fatti fatali errori e si era ritornati aitempi della convenzione di robespierre, del contratto sociale e dellatirannia.

 

 

 

Il liberalismo francese: il liberalismo del Secondo Impero

 

Lo stato era diventato tutto; la monarchia non ha limiti; la burocrazia è onnipotente. La sovranità popolare non è servita che a compiere un atto ditotale dedzione. La confusione della sovranità elettorale e parlamentare e conla libertà stato il vero tramite del dispotismo ed ha dimostrato che perporre i cittadini in grado di sericitare i loro diritti politici bisognaassiduament educarveli, associandoli agli affari del comunel del dipartimento,della chiesa, dell'ospizio, della scuola. L'autogoverno locale, ecco il verocorrettivo di qualunque dispotismo. Questi scrittori non sono comunqueantistatalisti, riconoscono che i diritti esistono nello stato e per lo stato,ma gli pongono dei limiti. Qualche liberale incauto come il Dupont White sonoinvece ultrastatalsti.. Dupont White, pure essendo nell'indirizzo di unademocrazia autoritaria, conserva ancora qualche scrupolo librale. Questoscrupolo invece scompare in Comte, che ci ofrre un sistema di democrazia puradi igno miscuglio, rozza e brutale nella sua veste scientifgica e positiva. Percomte l'individuo è una astrazione. NON vi è altra forma di overno che ladittatura esercitata a vantaggio della società prché no nesiste che la società.Il Mill giudica questo sistema "Il sistema più completo di dispotismospirituale e temporale che mai sia uscito dal cervello di un uomo, eccettoforse quello di Ignazio di Loyola".

215 Tutti gli scontenti e tutti gli inquieti si riuniscono contro la pacenapoleonica, sotto le insegne del liberalismo. Ne viene fuori un miscuglioibrido e caotico

 

 

 

Il liberalismo francese: il liberalismo della Terza Repubblica

 

In sintesi, la democrazia ha offerto la piattaforma politica all'invadentee assorbente statismo dell'epoca. Ma è stata spinta anche dal procacciantismo,al parassitismo, dalla venalità, che al coperto del mantello democratico hannopututo facilmente cmpiere le loro non conrffessabili gesta., spingendo l'azionedello stato fin quanto possibile..

Ormai il pensiero liberale si vede separato dalle idee democratiche chehanno preso una via per un liiberale inaccettabile. La democrazia, educataalla scuola del positivismo scientifico, dimostra massima incomprensione dellalibertà morale,del valore della prsonalità, della capacità dell'individuo direagire sullambiente; crede alla necessità e al detrminismo storico. ha ilculto dela società e della orgnaizzazoine e degrada l'individualità a uningredndiente di un tutto che la trascende.

Il liberalismo contemporaneo da un lato nega l'ingenuitàgiustantturalistica e si avvicina alla idea di un diritto razonale creatodall'uomo e da lui saggiamente gestito pre quanto riguarda le garanzie e idiiritti fodamentali. Ma dall'altro è più cauta e rispettosa ddella sotria,che non pretende di manipolare dall'alto. C'è una tendenza ad agire piuttostomediatamente sulle coscienze per avviarle verso i suoi fini che nonimmeiatamente sulle istituzioni e sule costituzion.

La posizione reciproca del liberalismo e della democrazia presenta ininguilterra e in francia questa differenza: che là predomina il primo, e dà ilsuo nome e il suo accento a un partito, mentre la democrazia non haun'organizzazione poitica propria ed esercita soltanto una mediata influenza. TUtto l'inverso in francia: qui il liberalismo non sercita che una funzione dilimite e di controllo, che il trionfo della democrazia rende necessrio.

 

 

 

Il liberalismo tedesco: il romanticismo

 

I tedeschi erano frammentati e divisi. Da un lato la prussia, dall'altrotanti staterelli e l'idea dell'impero. L''idea liberale e di libertàcatalizzerà le spinte unitive dando loro una base. Dapprima ci fu nazioneculturale e del pensiero. Ma presto si sentì l'esigenza di dargli ancheattauazone politica, specie dopo la disfatta di jena, che disilluse sull'alonedi potenza germanica creato da fedrico il grande. La nazione culturale cominciaa guardare alla prussia per diventare nazione politica. In purssia provincenord orientali avevano junkers e servitù della gleba. GLi junkersamminsitravano funzioni politiche ed erano stati magistralmnte inseritinell'organizzazione urocratica statale da federico. Province occidentali emeridionali erano già più borghesi con contadini piccoli e industrie e volevanosvecchiare.Von Stain procetta uno svecchiamanto che lascia alla corona tutto ilpotre centrale, ma consegna all'autogoverno il poter locale elettivo. Ma è ricorma prematura che junkers frustrano. Con i successi di napoleone Kant,fichtte schelling accolgono i principi liberali. Kant parla del principio dilegalità come proprio dello stato e pone l'idea importante della giuridicitàdell'azione statale, che si limita con leggi a comporre i conflitti della vitaassociata, ma non viola l'intriorità delle coscienze. La legge e la sua azioneordinatrice esaurisce lo stato. Fichte è ispirato ad un contrattualismo spinto:si può uscire dallo stato se non lo si accetta. Perdipiù ha una concezionelimitata co dello stato come promotore dell'ordone, come "stato gendarme" o “guardiano notturno". che formerà oggetto di irrisione per la più maturacosciena statale tedesca.Humboldt vuole lo stato limitato, che garantisca lalibertà, sia stato gendarme e lasci spazio all'associazionismo privato.

L'indivudualismo romantico scopre però ben presto il romanticismo. scopre inparticolare storia tedesca: il valore dell'individuo tedesco, il caratterenzionale tedesco si incarna anche informazioni sociali nel corso delle epoche.

I redeschi scoprono i legami organici, i corpi intrmedi nella loro storia.Burke è molto letto. Si arriva alla idea di stoato organico, di stato cherinsaldi con al sua vita i legami organici. Savigny attacca il liberalismoanche nella roccaforte del razionalismo legislatore, contrapponendovi iildiritto consuetudinario. 238 Gli scrittori politici e giuridici scoprono lostoricismo, propugnano sviluppo graduale, in armonia col passato. Ma pè  è storicismo retrivo, che rivaluta il medioevo, dove non c'è traccia di stato emeno che mai di organicismo tatale. Così ch molti ripudiano i successivisviluppi stoici Eccessi: 240 Haller che riesuma l'idea di uno stato per cti,completament contrattualistico, dove il potere è garantito dal dominio dellaterra da parte dei più forti. Così la cultura tedesca si trova tra dueistanze: fare tabula rasa del passato (rivoluzionarismo francese) o fare tabularasa del nuovo (rifiuto del persino delle novità di federico di prussia in nomedel medievalismo). Hegel concilierà

 

 

 

Il liberalismo tedesco: Hegel

 

Hegel pensa che lo stato rappresenti il più alto stato di sviluppo dellospirito. che sia uno stato etico. La dialettica va dall'individuo che afferma isuoi diritti (liberalismo) alla società, cominciando dalla famiglia, fino aiceti che costituiscono un momento etico superiore, un diritto che si reciprocacon un dovere, una funzione etica superiore di tutti gli istituti giuridici (propreità per la famiglia e non solo individuale ecc. e poi allo stato. cherappresenta una forma di realizzaazione dello spirito cmpletamente compiutacome razionalità, mentre la chiesa presenta una forma incompiuta (comesentimento) e che tuttavia lo stato dev tollerare ma che non deve lasciartravalicare la sfera interiore, che presto si trasformerà nella eticitàrazionale dello stato. Non esiste rappresentanza elettiva: i corpi sono organidella società e non dello stato. I poteri sono divisi concettualmente ma unitinel sovrano ceh dà l'approvazione alle proposte dei ceti e che guida ifunzionari dell'esecutivo. Il compito di assicurare la giustizia è dellasocietà e dei suoi corpi, non dello stato. Lo stato non realizza la suaesistenza, come l'individuo, se non nella società con gli altri stati, maquando c'è una controversia la guerra è benvenuta. Grand intuizione hegeliana:la società è il termine intermedio tra lo stato e l'individuo, consente diarticolare la società dall'individuo allo stato, laddove l'astrattocostituzionalismo individualistico crea forme politiche dstinate a sfaldarsi.

Spsso si ritrovano affermazioni nel liberlaismo secondo cui occorreorganizzare i popolo, altrimenti non si può erigere lo stato in un popoloatomistico.

Il principio libera chiesa in libero stato è liberale.

 

 

 

Il liberalismo tedesco: l’età di Federico Guglielmo IV

 

La prussia era uno stato che si avviava verso una costituzionereazionaria di stato per ceti, sooprattutto con Federico Guglielmo IV, matuttavia i nazionalisti la guardavano, ritenenendo che la nazione andasse fattacon la potenza, come antidoto alla disgregazione del liberalismo tipo Tocqueville.  Essi perseguivano la potenza della nazione. In consonanza con loro List  (economista) e Bismarck si lanciano nel protezionistmo e nell'iniziodell'imperialismo. L'idea imperalista è illiberale, perché il liberalismo vedela nazione come convivente pacificamente e sviluppante la sua individualità. Daquesti imperislismi lo spirito nazionale è traviato, portato ad occuparsi diaffari esteni, è stimolato l'opportunismo delle guerre di conquista. I liberali della germania meridionale volevano staccare dall'Austria le cittàtedesche, ottenere costituzoni liberali e unirsi alla Prussia. I primi dueobiettivi riuscirono (austria indebolita da guerra in italia, rivolta diungheria e rivolta interna), ma il Parlamento liberale verrà snobbato daFederico IV che rifiuta la corona offertagli e riprende il potere in Prussiacol suo esercito. Egli e i nazionalisti avranno ragione: lo stato prussianosarà creato dalla forza degli hohenzollern.

 

 

 

Il liberalismo tedesco: la concezione giuridica dello Stato

Fino al 1814 la germania non possiede un regime democratico rappresentativo: ilgoverno dipende dal cancelliere che è al disotto del re e sta come potere realedi fronte al parlamento che rappresenta le classi e gli stati della federazionema non ha il potere legislativo.In germania il liberalismo bloccato sul piano politico andò avanti nellaelaborazinoe dottrinale dei diritti

In tutti gli scrittori di qualsiasi tendenza domina l'idea del rechtstaat,stato che crea i diriti pubblici soggettivi, ma non a suo arbitrio, maautolimitandosi e cercando di non intervenire nella sfera dellacoscienza delcittadino, anche se non è solo guardiano notturno perché si occupa anche dellacultura. I diritti non sono innati: perché così si andrebbe ad uncontrattualismo pprivato Bismarck riorganizzò, secondo Gneist lo stato dando aiceti funzioni onorarie di governo locale accanto ai funzionari. Uno dei rischi è che lo stato giuridico sia una vuota forma, ma la coscienza giuridica è saldanell'idea dell'autolimitazione statale. e respinge le idee organiciste.

funzione = diritto + dovere

in Francia si agitavano esigenze sociali e di autogoverno che andavano aldi là del liberalismo parlamentaristico e legalistico.

 

 

 

Il liberalismo tedesco: il liberalismo sociale

 

Gli autori tedeschi di fronte all'industrializzazione della germania assumonoun atteggiamento ottimistico. Lo stato tollera i sindacati, ma il problema è: è giuta una ideologia sindacale da socialismo (apocalittico)? Gli scritori lonegano. La sciena dell'economia che ha immaginato un conflitto insnabileespresso dalla legge bronzea dei salari era modellata sul primo capitalismo.COl secondo capitalismo della grande industria i lavoratori debbono esserecapaci e ben remunerati, e la diminuzione dei costi aumenta i loro redditireali e la loro quota di prodotto si accresce mentre iriimane stabile quelladel profitto e del capitale. Essi devono fare self governement coi proprisindacati e procedure di arbitraggio di fronte agli imprednditori, perché se lostato se ne occupasse essi vorrebbero occupare lo stato.

 

 

 

Il liberalismo tedesco: il liberalismo politico

 

La germania rimaneva però politicamente molto immatura. Bismarck aveva cratouno stato burocratico in cui le teste pensanti erano rare. La supremazia del ree l'insussitenza del parlamento dissuadevano gli uomini migliori dal pensare alvoverno. I partiti erano isteriliti. L'apparato non è in grado di frenare leintemperanze del re, che il parlamento avrebbe frenato facilmente. Da cui la 1^guerra mondiale. Successivamente la germania dsi dotò di struttureparlaemntari.

 

 

 

Il liberalismo italiano: il periodo preparatorio

 

Ragioni del mancato decollo politico, economico civile e culturaedell'Italia in confronto agli altri stati. Solo la lombardia ha avutoindustrializzazione e li i primi fermenti liberali.

tuttavia l'italia aveva l senso dei diritti civili e il feudalesimo viscomparve più velocemene che altrove. Nel regno di sicilia si forma per laprima volta un pnsiero statale. I pubblicisti si orientano verso una monarciailluminata e poi costituzionale. gli economisti dibattono i temi delprotezionismo e dalla abolizione dei dazi interni. Il sud è p è statalista,mentre il nord è individualista e più propenso al liberalismo individualsista.AAAlfierei nel trttato contro la tirannide inizia una importante linea dipensiero Nel nord si diffonodono idee di libertà unità e indipendenza. Sisviluppa un dibattito quando la francia creerà la repubblica.

Napoleone viene visto come colui che può unifiacare litalia.

Con la restaurazione si cerca di salvare quel che si può delle conquistecostituzionali. Vi sono le sette. La carboneria rappresenta la borghesia cheera entrata enll'esercito.

Foscolo distingue tra sette e partiti

 

 

 

Il liberalismo italiano: il liberalismo del risorgimento

 

La cultura italiana aveva un complesso di superiorità e tendeva a vedsottovalutare le novità degli altri paesi,. Forte di una cultura umanistica elibresca sopravvalutava le sue idee e non coglieva le novità altrui.In pratica, l'italia non ha dato in questo perido, di positivo,idee originali (nessuna!) ma uomini onsti e disinteressati.

Il partito moderato era contrario alle sette politiche, voleva il votolimitato censitariamente e temeva i giacobini. I moderati parlavano ed avevanofiducia solo della elite che poteva cpaire i problemi politici..

I moderati non guardano al libralismo individualistico, ma piuttosto aivalori dellarestaurazione, all'inghilterra con il suo predomino delle classisuperiori. Sono fedralistiche vogliono dare una costituzione che garantiscacontro i pericoli del basso (giacobinismo) e dell'alto (tirannide).

Gioberti vuole che la religione si purifichi degli elementi reazionari esi accordi co pensiero politico che abbandona le punte eccessive delliberalismo

DUrando critica i neuoguelfi , anzi i moderati anzitutto per neoguelfismoche è stato sempre pernicioso e afferma principio di unificazione tramite ilprincipe. Ma critica anche l'elitarismo asserendo che un popolo difende meglioil suo paese se gli si dà partecipazione democratica. Anche gli economisti sonoimportanti e concorrono anche alla formazione europea di Cavour, che studia iproblemi doganali e di ammodernamento. Al nord finiscono col pensre che laelevazione della plebe agricola è coefficient e di rinnovament sttale. Al sudno, e non prndono nemmeno in considerazione le rivolte contadine, o finisconoper disinteresarsene.

Mazzini ascoltava le voci francesi e inglesi più che vedere la situazioneitaliaan. In francia si diceva che (342) la nuova rivoluzioen srebbe stta nonpolitica e parlamentare ma sociale. Mazzini era nella scia di fourir saintsimon e gli anarchici contro oppressione della borghesia a grazie alleaconquista della legalità e della rappresentanza censitaria, ma per l'Italia eratroppo in anticipo. Tuttavia il suo giacobinismo entrà in rapporto dialetticocoi moderati: i suoi compi di mano portavano oltre gli indugi moderati, e imoderati sapevano poi trarre giudiziosamente pertito dai suoi ind ardimenti.

In inghilterra e germania la democrzia era una grande organizzazione delleforeze del lavoro. In francia era una piccola borghesia gelosa dei suoiprivilegi e libertà.

Il '48 segna un ripensamento tra democratici e moderati e fa iniziare unacollaborazione sotto prsonalità come cavour. Nel '48 si videro ricusati i motisociali: il risorgimento saebbe stato politico e nn osociale., nzionale e nonsociale.. Il moderato gioberti si rende conto dell'errore di non ammettere ipartiti, che li fa diventar fazioni in lotta anziché collaboranti. La mancanzadi libertà per tutti i cittadini pè  altro errore Gioberti riconsce che laelevazione della plebe è necessaria: senza di che si sostituisce aristocraziaad aristocrazia e non si premiano le capacità. L'elemento censitario e quelloplebeo debbono dare i due partiti conservatore e democratico che si temperano avicenda. La plebe va elevata con una graduale ridistribuzione terriera.

 

 

 

Il liberalismo italiano: la Destra

 

La destra ha quadri che provengono sia dai democratici che dai moderati. Lasinistra è effettivamene un partito nuovo, che incarna le esigenze sociali cheavevano fatto in precedenza solo effimere comparse. La destr optò saggiamenteper l'accentramento. Ma fu anche dispotica. Garantì i diritti, ma lasciò ilgoverno elitrio, in rapporto paternalistico con la media e piccola proprietà.

La destra è troppo statalista. separa autorità e libertà. Lo stato sicontrappone quasi a cittadini, anche e nelle parole dello spaventa si parlanobilmente di fini etici dellostato, della idea liberale dello stato.

concezone liberale dello stto cme creazone del'uomo e rper l'uom che nonviene giù per volontaà divina, casualità, fatalità ecc  Il pensiero liberale rivendica, , accanto allo "stato di diritto", lo "Stato della politica", un interessante concetto che va a completare le critiche allo stato di diritto. Lo stato di diritto troppo spesso si irretisce nello stato-gendarme, e diviene lo statolegalistico che nelle leggi mette qualsisi contenuto.

Altra causa della modestia dello stato italiano è la corruzione cheportarono le sinistre con i loro patronati chiesti da classi non preaparate adintendere il rigore della politica come erano quelle dei piccoli e mediproprietari in confronto alla destra. I politici si fanno influnzare dallapiazza. L'avvento della sinistra ha iniziato il trasformismo il coalizionismo,il patronato, la precarietà del potere e l'influenza della piazza. Una maggiorebase elettorale, invece di dare più potere, lo ha indebolito. Il bolscevismo eil fascismo rappresentano i rigurgiti di una educazione liberale non digerita. (anche p. 359) rapporti stato-chiesa: prevale l'idea della separazione ed è una ideasaggia.. Inv

la folle soluzione mazziniana dei rapporti tra stato chiesa con unateocrazia laica soggetta alla sovranità popolare.

I moderati rigettavano il liberalismo spinto nel suo contenuto dirazionalistìsmo anti-clericale.

Ottima illustrazione del principio liberale "libero stato in liberachiesa".

 

 

 

La libertà e le libertà nel liberalismo

 

A poco a poco, dai diversi liberslismi si viene formando, percontempramento, un libralmsmo europeo. Conflitto inglese-francese: ininghilterra si parla di libertà concrete che rischiano di traformarsi inprivilegio. IN francia si parla di libertà con la L maiuscola, ma che spazzavia tutte el posizoni questite e rende l'individuo un atomo e apre la via algiacobinismo.

 

 

 

Libertà negativa e libertà positiva nel liberalismo

 

Kant ha avuto unagrande intuizione identificando la libertà con lospirito. Non c'è spirito senza libertà, non si può formare l'evoluzionespirituale e non pssono svolgersi le attività spirituali. Per converso lalibertà non è arbitraria, ma coincide con lo sviluppo di unospiritoconsapevole. Hege Kan parla a questo proposito di libertà di seguire lalegge morlae. Hegel mostra che l'uomo realizza la sua vocazione universale quando si inserisce nel rapporto con altri uomini, quando il suo io si sdoppia, nelle formazioni sociali. L'idea settecentesca della libertà comearbitrio è anarchica immatura. I popoli dello stato di natura sono fanciulli,anarchici. I fanciulli sono schiavi delle passioni e noi non li consideraimoliberi. Solo l'uomo che trova il suo poto nella società è libero.

Il pensiero lberale riconosce come vera libertà la libertàà matura, ma noncade nell'errore della chiesa che vuole tenere sottotutela gli ignoranti.

Libertà deve essere data anche ad essi. Ad essi deve essere data sfera libertàgarantita da leggi. Ma occorre intervenire laddove, pur nel rispetto dellalibertà formale si danneggiano altri (lavoro dei fanciulli ecc.) anche taledivieto è giusto e liberale. E' liberale intervenire anche contro gli arbitriindividuali che nuocciono a se stessi (leggi contro alcool ecc.)

 

 

 

Il liberalismo

 

Il liiberalismo è l'ideologia della libertà. La libertà si identifica con lospirito. Solo l libero intende il valore della libertà. Il servo, colui che è liberto per graziaaltrui non intende la libertà. Il liberalismo perciò, in unsuo atteggiarsi è un sottrarre gli individui a tutele, un far loro fare da sé;i primi liberali volevano etimolare il self governement. Ma per ottenere questooccorre avere un metodo; sotto un altro aspetto il iberalismo è un metodo, chediscerne quando gli individui sono pronti, che capisce quali limiti legali equale quadro legislativo va posto per favorire qeuesto spiegamento dellelibertà. Il liberalismo creca di far presas sulla psiche, invece che sulautoritarismo che cala le costituzioni e le leggi e del moralismo che imponeagli altri di esere come noi. In un altro psettto il libralismo è un patito. Mail liberalismo non si identifica pienamente col partito: anzitutto, i partitopuò preversirsi prima e dopo: prima è troppo disgtruttore e settario; dopo è tropo oligarchico e autoritario. Il partito è per sua natura settario.

Soluzioni liberali sono invece il contemperamento delle posizioni liberali (Come partito) e conservatrici. Il liberalismo si oppone col suoindividualismo alla radizione, mentre è carente nella ricostruzione, perché nonintende bene che essa è affare di tradizione, di generazioni passate e future.Il liberalismo è, più che il trionfo del partito liberale, l'alternanzaliberale dei partiti, che è poi infine un'arte di governare componendo idissidi e trovando le diagonali. Non per niente le società moderne sonoliberali: governare con la forza società complesse come le moderne è assurdo. “trust the people": è stata la massima dei governi più sinceramente liberali.

 

 

 

Lo stato liberale

 

Ciò che è stabile, superiore, intangibile, ciò di cui si può dire che realizzail liberalismo compiutamente, ciò di cui si può compiutamente predicare illiberalismo è in raealtà lo stato. Lo stato lierale ha i caratteri dipermanenza, stabilità, imparzialità. Lo stato è l'alveo che contiene e componei fluttuanti elementi della vita storica e compone il loro moto, il liberogioco di tutte le forze sociali, di tutte le opinioni, di tutte le iniziative.

La funzione pacirficatrice e normalizzatrice avviene in tre momenti: a) momentopolitico: : consiste nella sintesi, composizione degli opposti interessi, inuna visione politica dei problemi a livello di orizzonte dell'itnera polis. De

Ruggiero fa l'esempio di una decisione di autorizzazione alla produzione.

L'organo di sensibilità politica è il Parlamento. I compiti del parlamento sonocambiati nel tempo: dapprilma il compito di controllo del governo; poi ilcompito di governare. Il compito fondamentale è laformazione ddll'indirizzo politico. b) Funzione giuridica: lo stato di diritto

è il complesso organico che presiede a questa funzione..Dapprima le libertàvennero rivendicate come privatistic<he, poi si palesarono i tratti di dirittopubblico (secondo alcuni, questo deriva daal fattoche ora sono intese come funzioni.  Il potere dello stato non è legibussolutsus, ma potere di auto limitarsi da sé. c) Un terzo ordine di funzionidello stato liberale concerne la più mobile sfra degli interessiamministrativi, economici, e generalmente sociali.. In un primo tempo illiberalismo rifiutaquesti compiti. Ma diversi motivi lo inducono poi adassumrli: il fatto che dall'opposizione (pars destruens) passa a govern; ilfatto che lo stato divenitva espressione sintetica delle foze individuali equindi non più nemico da limitare; la grande intensificazione della vitasociale, che creava sempre nuovi problemi ai quali l'attività dei singoli erainadeguata.

 

 

 

Liberalismo e democrazia: unità e opposizione

 

Democrazia è diritti individuali estesi a tutti e diritto del popolo comeunità organica ad autogovernarsi. Effettivamente nella prima metà dell'ottocento c'è una caeto distacco tra liberalismo e democrzia. Icostituzonalistil iberali francesi, e, più, tedeschi e italiani, non vdevano dibuon occhio la diffuzione dei diritti politici. Constant contrappone le libertàdegli antichi (democratiche) che sono autogoverno alle libertà dei moderni (liberali) che sono difesa dei diritti fondamentali. Ma è visione angusta, chepresto verrà superata alla fine dell'otocento conferendo all'individuo ildiritto di autogovernarsi. Malintesi sono stati creati dalla ambiguità dellademocrazia del 1789, che comprendeva anche il socialismo e la redistribuzioneviolenta, mentre poteva anche comprendere una azione più gradueale dello statoe rispettosa dei singoli. Tuttavia qualche differenza tra liberalismo edemocrazia c'è: vi è nella democrazia una accentuazione dell'elementocollettivo,, socialee, della vita politica, a spese di quello individuale. Lademocrazia giunta a pieno sviluppo nella seconda metà del 1800 ha subitol'influsso dell'organicismo sociale dell'ambniente storico dell'espansioneindustriale che creava un doppio accentramento capitalistico e operaio,annegando nell'associazione - trust o sindacato - le iniziative isolate;l'influensa delle filosofie materialistiche e positivistiche che facevanodell'individuo il prodotto dell'akbiente. Quindi l'individuo è opera dellasocietà. DI que la conseguenza che l'azione politica nel più largo senso debbamuovere non dall'individuo ma dalla società, e per mezzo di qeusta far leva sulprimo.. Da qui la tendenza della democrazia ad affettare i risultati dellamaturazione con una spinta impresssa dall'esterno a tutta la massa. La libertàfruttifica solo pre un numero limitato di persone. Lo stato con la suaprovvienzda vuole dare a tutti il frutto della libertà, deprimendo i più alti eelevando i mediocri con le sue provvidenze.. L'auto governo nelle formazioniintermedie viene osteggiato come ostacolo alla circolazione degli influssidemocratici dallalto.. La democrazia n formalmente riconosce le formazioniintermedie, ma ad esempio gli enti territoraiali locali sono la longa manus delgoverno.. L'iniziativa del progresso appartiene alla società; l'nndividuo non è che mezzo o ingrediente in un lavoro il cui fine lo trascende. L'ingerenzastatale è il tocasana della mentalità democratica, destinata a guarire tutti idiretti della immaturità e della pigrizia.

 

 

 

Statolatria democratica

 

Con la democrazia si torna a rousseau, che toglie i diritti con un contratto enon li restituisce se non come funzioni, come status di agente della volontàcollettiva. Nella democrazia si ha la tirannia della maggioranza. C'è chiparla della prevalenza della quantità sulla qualità, sul criterio erratoselezionatore del numero. Il probelma è anche che un popoloimpreparato elegge dei demagoghi che ne eccitano la passione livellatrice e nonlo rappresntano fedelmente.

 

 

 

Democrazia liberale

 

In questo periodo di grandi orgnizzazioni anonime, la democrazia lotta controle grandi fortune personali, le iniziative dei singoli. ma questo non è undesino della democrazia. si può avere la democrazia liberale che è unademocrazia che educhi le persone e le faccia ricorrere al liberoassociazionismo, al self governmente, senza aspettare tutto dall'alto.

 

 

 

Liberalismo e socialismo: classe e partito

 

la anomalia della democrazia socialista sta in questo che la idea diclasse, che è faziopsa e portatrice di interessi particolari, è identificataIl partito socialista trova un materiale pronto da addottrinare nelle masseopraie, rese tutte uniformi..conquella di partito. . Il concetto di dittaturadel proletariato conferma questa ntura faziosa. Non giova dire che alla fine siavrà il governo per tutti. La divisione in classi esiste sempre e la finequietistica prevista da Marx è illusoria. Il partito unico, risultante dallacomposizione di tuti gli interessi, non toglie la differenza degli interessi.

La faziosità del partito socialista rende faziosi tutti gli altri partiti. Lalotta è intesa come lotta economica, e così diventa bieca lotta per il potere.Errata è anche l'idea corporativa: che lo stato faccia da mediatore con i suoiorgani corporativi tra interessi individuali è inammissibile. dice che questastruttura si è instaurata in Italia tra il 1923 e il 1925.

 

 

 

Liberalismo e socialismo: il materialismo storico

 

Tutto è sovrastruttura, per l socialismo. e questo porta aridurre tutto aproblemi economici, di produzione, all'angusti. Mentre la sintesi politica cheil liberalismo propugna è sintesi di morale, economia, società passione ecc..

Per il sociaslismo l'individuo è frutto della società. E quindi è plasmatodalla società, si realizza solo nell'opera sociale. Per il liberalismo lasocietà condiziona, anch negativamente, ma la socità è anche uno strummentoperché i giàa cresciuti aiutino i meno cresciuti. Infine, ridurre tutti ivalori alla economia è mostruoso e fuorviante. La moralità non può essereridotta ad economia.

 

 

 

Liberalismo e socialismo: la prassi liberale del socialismo

 

Il socialismo ha elementi liberali. Anzitutto è stato un grande fattore dipromozione sociale, forse il più grande dopo la rivoluzione francese. ANche seinizialmente laclasse operaia è stata sferzata brutalmente dagli intellettuali,poi si è elevata, ha preso conscienza della propria dignità ed interessi eforza, ha imparato a trattarsi tra sé da pari a pari e con ipadroni ala parie non con rapporto servile.. Inoltre l'accento sulla qustione economica eranecessario per poter stimolare dapprima gli istinti più bassi e poi i più alti.Gli operai hanno visto che obiettivi economici erano ragigungibili e ciò li haspronati. ALlinterno dei partiti vi sono rapporti degni e umani, rispettodella libertà, libera critica. Tutto questo è libertà e liberalismo, dovutoanche al fatto che i partiti sono nati nel clima di libertà assicurato dalliberalismo. Il liberaismo per il socialismo ha costituito una inestimabilescuola di politica. I socialisti hanno visto come l'elekento economico sitrasofrmi quando cade nel fuoco politico: moralità elevazione ecc. I borghesihbanno visto cos a succesda quando la paura di cattive conseduene economiche viene ripensata: si ha una maggior produttività dell'operaio, una sua maggioreidoneità a creare ricchezza. Infine, l'associazionismo socialista reralizzauno dei più fervidi voti del liberalismo: l'autogoverno.

 

 

 

Liberalismo e confessioni religiose

 

La riforma dissolse il conflirtto tra stato e chiesa, consentendo una lorounione e contemperamento. Dette grande impulso alla idea ssolutistica eaccentratirce. Di fatto dovunque vi furono tendenze gallicane. Ma in un secondomomento la reazione dello spirito relgioso si fece sentire: si moltiplicaronole sette e lo stato fu costretto a tirarsi indietro per poterle tratare inposizione di parità, visto che tutte rifiutavano l'ingerenza statale. 422 Nonera separazione atea e scettica dei paesei cattolici, bensì il riconoscimentodi una libertà interiore dove si sarebbero riuniti politica e religione. Nelmondo cattolico la chiesa si è opposta ocn successo alla commistione, laddovele coscienze prostrate dalla controrifora non avevano l'energoa per farlo.Ma unindividuo che rimane passivo crede didover aderire ad una dlle due forze inlizza: chiesa o stato, mentre un ale suilibrio darebbe luogo ad abusigiacobini contro la religione o a teocrazie. L'individuo deve apprendere aoperare una scelta autonoma e indipendente.

 

 

 

La Chiesa cattolica e le libertà

 

Il liberalismo ha preteso spesso sottomettere la chiesa, portare nel suoseno illiberale lo spirito di ragione. Ma sarebbe stato un atto di gravetirannia. 422 Lo stato liberale e razionale, sebbene sia per certi aspettiantitetico alla chiesa illiberale e mistica, deve capire che la razionalitàsuprema si ha con la ragione che critica se stessa, e che lascia sempre apertala porta alla possibilità di voci discordanti i modo che la li verità sgorghisempre in ogni epoca, invece di chiudersi al dommatismo. Certamente vi sonogrosse differenze tra il credo liberale e quello cattolico. tali diffrenze sivedono meglio che dal sillabo, nato da motivi occazionali, dalla encicilcalibertas. Si dice che la ragione cimostra la contingenza di tutte le cose, equesto fa sì che siamo liberi nel senso di non determinati verso alcunché.

Libertà pè  quindi indentificata con contingenza, e non con ragione. Ma tuttal'enciclica tratteggia quella che , se fosse attuata, sarebbe una mostruosateocrazia. I liberali non debbbono reprimere, perché proprio in regime dilibera adesione il credo cristiano si riabilita. La chiea poi ha svolto unruolo importante col suo diritto di resistenza alle augoìtorità ingiuste, cheviolano i principi della sua coscienza, nei confrontidella invadente democarziamoderna. ALle autorità giuste occorre obbedire, perché provengono da DIo (pernsiero della chiesa).

 

 

 

Carattere e significato del separatismo liberale

 

Esposizione del principio di separatismo. la chiesa diviene una associazione didiritto comune, e non è quindi coartata dallo stato: gode delle stsse libertàdellealtre associazioni di diritto comune. lo stato non è agnostico né ateo. ilssemparatismo non deriva da idee atee o agnostiche, ma dal riconoscimento chela religione ha valore solo in quanto vi si aderisce liberamente. azione civilee azione religioza possono essere riuniti solo nel foro interno dellacoscienza. cercare di riunire stato e chiesa porta solo frutti negativi.

 

 

 

Liberalismo e nazioni

 

Potrebbe apparire strano l'accostamento dell'idea nazionale, fondata sullastoria, razza, lingua, religine, costumi, istituzioni e il liberalismo che è individualista e razionale (nazione è è invece aggregazionesuperiore). Ma segardiamo l'idea di nazione vediamo che essa non si regge da sé, sui solielementi comuni. Libertà e consenso sono il suo presupposto. La nazione e nonsi può basare su una idea giusnaturalistica e plebiscitria di dichiarazione dei “diritti dela nazione". Giusnaturalismo e romanticismo (che evidenziava la solatradizone) sono indufficienti. La nazione è plebiscito di tutti i giorni (Renan) In realtà la nazione invera l'idea liberale dell'individuo che entra inrappot liberamente con altri individui; di una aggregazoje libera, non impostacon la forza dell'assolutismo e della conquista o eredità dinastica; di unaaggregazione che rispetti ed inveri i caratteri delle singole individualità chesi sentono affini; di uno stato che faccia la sintesi di tutti gli elementiocmuni, pur nella libertà di tutti. Ne escono creati nuovi stati e vivificati ivecchi stati. La francia riescel da nazione libera, a realizzare il programmache luigi XIV non aveva portato a termine. Il liberalismo si mostra qui sintesidi ragione e tradizione.438 Nei rapporti internazionali è riconosciuta lapresonalità delle nazioni. Alla ragion di stato, aggrovigliata da ragionidinastiche, personali, di potenza, subentra il principio nazionale in politicaestera.

L'idea di rapporto tra stati combia con le nazini, che sono viste comeliberi individui di cui riconoscere la persnalità439 Si afferma il pcifismo neirapporti internazionali, non basato sulla idea burocratica della socità dellenazinio, ma sul naturale ricnoscimento della esistenza e personalità deipopoli.

Nazione come confine naturale dello spazio comune. Il concetto di nazione è importante per lo spazio comune: perché ci siamo fermati alle nazini? Oggi lospazio cmune cerca di allargarsi, per seguire i problemi: peculiarità europea.

il primo liberalismo fu contestatore, e il secondo nazianale

 

 

 

Liberalismo e nazionalismo

 

Certamente vi sono imbarazzi per stabilire se una compagine sia omogeneanazionalmente o eterogenea. Il filosofo De Ruggiero sferza le "boriette nazionali"che impediscono le unificazioni. Ai liberi rapporti tra nazioni deve subentrarein certa misura la politica, cioè  i rapporti tra stati. Ma poi è avvenuta ladegenerazione nazionalistica, in cui il termine stato prende il sopravvento suquello di nazione, lo stato, sull'onda della democrazia, fa affermare elementiespansiistici. Le nazioni si chiudono l'una all'altra, contrappongono i propriinteressi. I liberali contemperavano la ragion di stato e la ragione nazionale.

La affermazione di ideali internazionalistici e umanitari ha indebolito ilprincipio nazionale.

 

 

 

Crisi del liberalismo: gli aspetti economici della crisi

 

Vi sono due tipi di liberalismo, quello terriero continentale e quelloindustriale inglese. Quello terriero ha avuto le sue milioori espressioni colgoverno di luigi filippo e la destra italiana, fondate sula presenza digaranzie personali e per la proprietà, l'autogoverno locale, la gratuità dellefunzioni pubbliche. Il protezionistmo l'ha pervertita: o nuoce agliagricoltori, o crea blocco tra agricoltori e industriali che insegna ancheagli agricoltori a cercare d impadronirsi dello stato per fine di dominio, . Laproprietà come base di forza e peso politico egrada: non vi sono più vincolialla circolazione; l'industrializzazone cra proletariato agricolo chevuoleterra: il posseso dellaterra diviene polverizzato e precario. Un proprietarionon può vivere con la trra, e diviene professionita. I professionisti invadonoil parlamento e verso la terra sono ottusi e insensibili, vogliono aggredirlacon le leggi.. Si è creata, sì una classe di piccoli proprietari, ma pochissimorappreentat perché assorbitidalle cure della coltivazione. Crisi delliberalismo industriale: dalla libertà di concorrenza e dalla improntaindiivuale delle imprese si passa ad una impronta oligopolistica e di societàanonimel agggravando l'aonimato con la richiesta allo stato di itnervenire afavore con povvedimenti protezionistici e accettando la sua invadenza. Vi sonopiccole imprese, coem le cotoniere inglesi e le seriche italiane che non hannobisogno di protezionistsmo e hanno ncora individualiso e concorrenza. Ma sonogli iloti, che producono per tutti ma sono inascoltati in parlamento perchédomina ancora il blocco delll'alta finanza e della grande industria.

Il liberrismo fu una prima affermazione, unilaterale e esagrata, delconcetto liberale di imprenditore come prsona responsabile, concorrente,attiva, intraprendente. Il liberalismo caldeggia in realtà la intraprendenzaindividuale e non l'assoluta mancanza di regole.

 

 

 

Crisi del liberalismo: la crisi politica

 

Si tratta di un a di una crisi di coscienza giuridica e di coscienzapolitica, dicoscienza della importanza dee della funzione così del diritto comedella politica. IL ceto medio va perdendo pso politico. Prima attiravadall'alto e dal basso, ora subisce la attrazione della plutocrazia in alto edella democrazia dal basso. Il ceto medio si proletarizza o aristocratizza, equel che rimane è debole. In particolare, il ceto medio ha person la suadimensione universale, che faceva comprendere alle classi borghesi gliinteressi dello sttao e prendere provvedimenti anche dolorosi per sé. Lafaziosità plutocratica e democratica ha contagiato anche la borghesia. Lademocrazia proletaria ha insinuato l'idea che i diritti sono quelli checiascuno rivendica con la forza , strappando leggi a sé favorvoli: questa è crisi del diritto. La crisi politica sta nel fatto che no si percepiscepiù un valore superiore che possa costituire terreno di intesa e conciliazone:da qui nec la necessarietà di rivolgimenti violenti laddove le nuove forzesociali si sono affacciate sulla scena politica. Oppure, laddove uno nonriesce a sopraffare l'altro, c'è il coalizionismo, la spartizione dello stato.

 

 

 

Il liberalismo secondo Guido de Ruggiero

 

la libertà coincide col valore stesso dell'attività spirituale. la libertàdà vita a tutte le creazioni dello spirito. ma la libertà riflette su sestessa, tiene conto dell'opposizione ideale che è in se stessa, perchédetyerminarsi a qualcosa crea già una antitesi. da qui la rifflessione, ilsenso di responsabilità, la coscienza del peccato, che non può che maturarenell'intimità dell'individuo: ciascuno è giudice di se stesso. la libertàspiritualizza l'azione i così facendo; la vivifica con la coscienzal lacultura, il senso del dovere cc. e lo spirito liberamente stringe rapporti conaltri spiriti costruendo famiglia, soceità , stato. fino ad arrivare alfastigio dei diritti politici, che sono la forma più alta della liberacreazione umana. resta ancora molto da liberare e spiritualizzare. la materia,il dato istintuale, debbono ancora essere riscatte in molte persone, conl'aiuto di quell che hnno già operato qquesto.. 466 la libertà crea di continuonuove forme. lo stesso nazionalismo, socialismo, democrazia, religione, pur nelloro illiberalismo si rivelano per un certo aspetto come realizzazioni dellospirito liberale. alla fine questo spirito reagirà anch sugli aspettiilliberali, perché lo spirito apprende e si plasma anche con esperienzenegative. alla lunga la ragionevolezza prevale. Il ceto pedmo, proprio pr lasua posizione intermedia è il più equilibrato. Oggi sono sottopsti a declinoche in parte è inevitabile: il libralismo si è prmai diffuso anche alle altreformazioni politiche, e altre forze sono apparese, che diffcilmente sarannoallontanate dalla scena. Ma esistono nuovi ceti medi (piccoli proprietari,piccoli industriali, elites dei lavoratori) che devono acquisir cosceinzapolitica. Pochi ma buoni, nel partito liebrale. Dovranno essere tenute inconsiderazone anch e le esigenze dei consumatrori.

"Nell'etàa nostra, piena di divisioni, di lotte, di esigenze pi+ disparatee contratanti, il liiberalismo che si esige nie governi è in ultima istanza unprofondo conviincimento che la ragonevolezza finisce alla lunga col trionfaredel suo contrario; che nella lotta delle opinioni e delle tendenze, le piùsensate hanno il respiro più lungo; che le improvisazoni e le fole non vivonopiù di quel che meritano; che però l'esperienza dell'errore e del male è necessaria ai popoli non meno che agli ndividui e che pertanto invanosicercherebbe di risparmiarne ad essi il penoso travaglo, presentando loro unaverità o un bene che non sono in graod di intendere e di apprezzare. Sonoesitgenzesemplici, quasi banali, questa che veniamo spondendo, ma che purerichiedono, per realizzarle, degli autentici uomini poolitici e non già imestiranti o i dilettanti di cui ci sono prodighe le nostre piazze. Noi abbLostato liebrale non è il governo come il governo no è il partito; ma unaincarnazione più alta dello stesso spirito; è lìunità superiore che contiene insé e domina tutte le differenze. La nostra fiducia nella vitalità delliberalismo riposa, come nella sua ulitma meta, nello stato lieberale,. Esso è lo stato politico per eccellenza, la politia dell'età moderna. La ua natura,schiettamente dialettica, si alimenta di tutte le opposizioni, vive delladiscordia non meno che della cncordia, dei dissensi non meno che dei consenti.

Nessun altro organismo politico apparso finora nella storia è mai riuscito, conun impiego così parco di mezzi, a contenere in sé tante forze divergenti edisgregatrici, lasciando loro la più ampia libertà di azione. Lo stato liberalemoderno, non soltanto vi è riuscito, ka ha saputo farne anche degli alementi diforza propria, parte con l'incanalarle gradatamente nel suo aveo, partecolgiovarsi delle loro ragioni critiche e polemiche per perfezionare se stsso.

Questo stato oggi è forse decaduto? Certo, esso appare esarito da immani sforziche ei sono seguiti l'uno all'altro senzatregua. Dapprima le correntisocialistiche e nazinalistiche, valendosi illiberalmente della liibertà cheesso accordava loro, hanno tentato di sovvertorlo dall fondamenta, creando unantistato dittatoriale ed autocratico. E sopravvenuta poi la guerra europea,con le sue esigenze necessariamente illibeali, con il suo logorio di energiemorali, che sono la grande riserva del liberalismo. Infine, lacrisi economicaesociale, del dopo gerra si è abbattutasullo stato, prima che questo avesseavuto la possiblità di riaversi: si che, spezzandosi bruscamente la rigidacoesione che s'era formata con la guerra, senza che u riassetto liebrale fossegià in via di attursi, si è determinato un collsso, particolarmente grave inquei paesi lacui fibra storica erameno solida. E, tuttavia, anche in Itlia, ilpaese più durametne provato tra questo, lo stato liebrale ha resistito eresiste: pur nelle codizioni più avverse al suo spiegamento, la libertà trionfadei propri avversari, annientandoli col gioco stssso della loro attività edimosrando ancora unavolta che nell'urto delle libere competizioi umane nonsopravvive se non ciò che è degno di vivere. Così, le recenti esperienze (scrive nel 1924) offrono una prova della vitalità dello stato liebale, che escestremato ma vittorioso dala lotta. Le opposte escogitazioni dello stato 'tecnico' e 'amministrativo' e 'dittatoriale' col loro sostanziale fallimento,non fanno ch riconfermare il valore dello stato 'politico'."

Sia il sistema economico che il sistema politico hannodelle crisi di crescita che rischiano di spezzarlo. La forma liberale di stato è forse la forma più flessibile.

Nelle classi medie occorre il risveglio della superiore coscienza politica

Il vero liberalismo risolve i problemi con libertà e consenso. Lascia fare.

Usa un minimo di forza. E' questo il vero significato del "laissez faire", del “trust the people". I liberali ammettono che il liberalismo inziale era troppoastratto o troppo naarchico e individualista. ma ritengono poi che lo spiritoliberale sia diventato un cardine dello stesso stato, e qche questo spiritol'abbiano introdotto loro.

"L'efficacia educativa del metodo liebrale sta appnto in ciò, che essoattenua e cancella ogni sentimento di dommatica sufficienza ed ogni prevenzioneverso le tesi opposte alle proprie; e così facndo, apre la mente al nuovo,svela motivi profondi di verità nelle tesi avversarie, suscita il convincimentoche vi è una collaborazione superiore di tute le attività un'intima concordiain tute le discordie. In questo modo, l'orgoglio si contempera di umiltà, e lafiducia si trasferisce dag'individui contingenti e caduchi all'individualitàsuperiore dello spirito che tutti li comprende e li riscatta".

 

 

 

La coesione sociale e la natura dell'uomo

 

Il problema fondamentale della vita associata è come mantenere quel grado dilibertà individuale compatibile con il progresso con quel grado di coesione econformismo sociale compatibile con la conservazione della civiltà. La coesione tra le tribù primitive era fondata sull'istinto, e deve pureessere stata rafforzata dal conflitto con le altre tribù. La coesione è cresciuta in parte per processi naturali, in parte per processivoluti fino a raggiungere le dimensioni delle odierne nazioni. La creazione distrutture razionali, se non aiutata dall'istinto, o addirittura in contrastocon esso, porta al crollo di tali strutture. La guerra ha avuto un grande ruolo nell'allargamento delle comunità, e lapaura ha preso sempre più il posto della solidarietà tribale per garantire lacoesione. L'identità di fede divenne col tempo una forza coesiva sempre più efficace.

Oggi abbiamo due fedi in occidente: il cattolicesimo e il comunismo. Anche i moderni mezzi di educazione sono stati importanti per la coesione. La religione, la morale, la convenienza economica e anche il sempliceperseguimento della sopravvivenza biologica, ci dicono che una coesionemondiale sarebbe preferibile. Ma l'istinto mal tollera la mancanza di nemiciesterni su cui si è fondata sinora in larga parte la coesione. Occorre trovare uno sfogo alla nostra ferocia atavica e al nostro istinto dicompetizione. I sogni ad occhi aperti non sono sufficienti: quando, nel corso di una lungavita, non c'è modo di collegarli alla realtà, essi diventano malsani e dannosi.

Occorre uno sbocco reale ai nostri istinti.

 

 

 

La coesione sociale e il governo

 

La coesione nel paleolitico era mantenuta dagli istinti naturali diaggregazione. Nel neolitico, ad es. in Egitto, veniva mantenuta anche con laforza. In Egitto una vasta popolazione servile veniva dominata da unaaristocrazia e da una casta sacerdotale. Fino a quando vi sono elementi dicoesione tra la aristocrazia, questo tiene in piedi la compagine politica. I grandi imperi avevano difficoltà tecniche ad essere mantenuti: difficoltà dicomunicazioni; difficoltà di spostamenti degli eserciti; turbolenza deglieserciti. Oggi, con le moderne comunicazioni e la forza della educazione, le compaginipolitiche possono espandersi. Non vi sono limiti ai vantaggi delle grandidimensioni, sia in campo economico (grandi corporations, aree di liberoscambio) sia in campo politico. Per quel che riguarda le condizioni dell'individuo, i grandi imperidell'antichità prima di quello romano pagarono il prezzo della stabilità conuna mummificazione, un irrigidimento delle forze individuali. L'impero romano,originariamente aveva lasciato grande autonomia ai singoli, ma successivamente,col suo dominio esoso crollò perché non era riuscito a portare nessun grado disignificativa felicità ai singoli. Il medioevo era anarchico, ma a poco a pocoi cittadini più pensosi parlarono di legge e di ordine, e quando le energieindividuali furono sufficientemente esaltate dalla anarchia, sorsero degliordinatori. Nell'età moderna l'accento degli individui più riflessivi battesulla libertà, perché lo stato si è incamminato ad avere una potenza senzaconfini nei confronti del singolo. Molti soffrono oggi per la regolamentazioneminuta delle attività private, per la impossibilità di realizzazionisignificative nel mondo della politica massificata e della economiamonopolizzata da grandi corporations. Se non si troverà uno sbocco alle forzecreative degli individui ne seguirà l'abulia e la paralisi. Questo ristagno,tipico di tutte le grandi civiltà mature, è stato in passato superato con leinvasioni dall'esterno. Ma le organizzazioni politiche sono andate sempre piùcrescendo di dimensioni, e oggi non si vede come possa ripetersi una similedinamica. Uno stato mondiale perderà l'importante fattore di coesione dellaesistenza di un nemico esterno. Inoltre c'è sempre pericolo per un orientamentototalitario eventuale dell'autorità.

 

 

 

La funzione della individualità

 

Per l'umanità è stata sempre importante la esistenza di persone dotate dicapacità intellettuali fuori dell'ordinario, o di una superiore saggezzamorale, o di un temperamento eccezionalmente anarchico o criminale, o di ungrande talento artistico. Naturalmente ogni società vorrà mantenere un certo controllo di tali forzepotenzialmente distruttive, ma dovrà anche assicurarsi che individui con questequalità non spariscano. Vi è da sempre stata una tendenza a istituzionalizzare le attività iniziatedalle persone più dotate: il sacerdozio, i poeti di corte, ecc. Quanto all'arte, poesia, pittura e musica oggi non fanno più parte della vitaquotidiana. Rimane solo lo sport. La nostra civiltà incoraggia la previdenza diuna vita vissuta nel domani e distrugge quella capacità di godere l'attimo che è alla base della esperienza artistica. Occorre ripristinare le comunità locali, che con le loro rivalità davano modoagli artisti e agli individui creativi di medio talento di svolgere le attivitàdesiderate, il che favoriva il sorgere di individui di grande talento. Legrandi comunità uniformano troppo il gusto e rendono troppo difficile lacompetizione agli individui. I riformatori religiosi hanno svolto un compito utilissimo nel volgere lareligione da forza di coesione tribale e fonte di divisione tra gruppi a forzadi coesione universale, facendo affermare principi come la eguaglianza, latolleranza, la collaborazione universale. Ma i moderni stati totalitariminacciano la esistenza di innovatori morali o religiosi. Ai nostri tempi un individuo che si dedichi all'arte o alle riforme religioseo morali difficilmente può avere una carriera così grande come in passato.

Questo dipende anche dal fatto che oggi non è più possibile ad un individuoeccezionale progredire con le sue sole forze: egli riuscirà ad incidere sulmondo solo se diverrà un tiranno a capo di vasti gruppi di persone o si varrà,come gli scienziati, di vaste organizzazioni. Il lavoro individuale e solitariorimane oggi sterile. Riesce ad avere una qualche influenza significativa chi sifa monopolista della finanza come Pierpont Morgan, o capo di una grandecorporation come Rockefeller, o capo politico come Lenin, o scienziato che ha adisposizione grandi finanziamenti. Gli uomini di scienza si sono duramente guadagnato la posizione di universaleapprezzamento e rispetto dopo secoli di persecuzioni e di accuse di empietà peri risultati pratici dei loro sforzi; ormai gran parte della civiltà dipendedalla scienza, e anche la capacità di difesa e di offesa (ciò è un motivo checontrasta il sorgere di movimenti antiscientifici), ma la scienza è subordinataalla politica. Il politico nei nostri tempi è realmente libero di imporre le proprie vedute enon dipende da nessun altro. Lenin ha potuto fare ciò che nessun despotadell'antichità aveva potuto: realizzare le proprie idee in pratica plasmando lavita e le istituzioni di interi popoli. Ma il politico ha pur sempre bisognodelle grandi organizzazioni, come si è detto sopra. L'impressione di Russell è che l'uomo moderno è troppo ostacolato nelleproprie espressioni creative: se si mette a cantare o a ballare per stradaviene arrestato. La sua vita è monotonamente organizzata e produttiva. Egliperdipiù produce cose utili ma non cose belle. Il contatto con la natura è stato troncato dalla civiltà dell'industrializzazione e dell'inquinamento.

 

 

 

Il conflitto tra la tecnica e la natura umana

 

Una delle più grandi rivoluzioni della storia umana è data dall'affermarsidella idea che le diseguaglianze e le sofferenze inflitte da esseri umani aesseri umani siano ingiuste. Da centosessant'anni a questa parte l'umanità sista adattando a questa nuova idea. Una democrazia rappresentativa e l'uso della scienza e della tecnica che hannodato vita alla industrializzazione, presentano al momento attuale dei latipositivi che sembrano riproporre la situazione di oppressione del passatoaggravata dal fatto che le energie individuali vi sono fortemente represse. Rispetto alle "polis" greche, oggi nessuno ha l'impressione di parteciparealla gestione politica. Il cittadino è spesso nei confronti della pubblicaamministrazione che dovrebbe servirlo in condizioni di penosa subordinazione.Il denaro e la divisione del lavoro hanno fatto sì che per la maggior parte deltempo si lavori a produrre cose superflue per sé, perdipiù di qualitàmedio-bassa e non artistica e con un lavoro parcellizzato e alienato. Nella grande impresa l'individuo sente di non avere nessun controllo del suolavoro, e invece di sviluppare un positivo interesse al prodotto i suoiinteressi vertono unicamente sull'aumento dei salari e la diminuzione delle orelavoro. Il suo stesso destino non dipende dalle sue forze, ma dalle opportunitàdi lavoro che gli saranno offerte da altri. La civiltà moderna ha in ogni campo allontanato gli obiettivi desiderabili dalcomportamento immediato dell'uomo, incoraggiando comportamenti che solo in modomolto labile hanno attinenza con mete che egli percepisce come desiderabili.All'uomo è stato lasciato lo scopo, ma ha perso il gusto del suo lavoro. Uno degli svantaggi per lo stesso funzionamento della democrazia è che se ungoverno agisce per l'interesse comune i cittadini sentiranno molto più ilsacrificio concentrato che ad essi si impone che il vantaggio diluito che neverrà alla società, e di cui essi valutano scarsamente l'importanza. In queste condizioni, semplicemente lo sforzo individuale di cui una societàavrebbe bisogno per sussistere e progredire va languendo. La guerra potrebbeassicurare la solidarietà e lo sforzo necessario, come pure la concorrenza. Gliappelli al senso del dovere, specie quando non vengono collegati a qualcheprincipio morale sentito da tutti (si pensi alla morale calvinista) ma aqualche complessa ragione economica non è in grado di stimolare la gente. Inqueste condizioni si rischia che la propaganda isterica dei mass-media cheindica un nemico (spesso inesistente) da combattere abbia una presa rovinosasulle persone. Occorre dare incentivo ad attività utili, da assegnare a singoli o gruppi piùo meno indipendenti non troppo numerosi, anche per mantenere ancora le residuearee di capacità artigianali che il processo di industrializzazione, basatosulla meccanizzazione e su capacità operaie poco specializzate ha distrutto,promuovendo l'esodo da zone rurali di fiorente artigianato a metropoli malsanee miserabili.

 

 

 

Controllo e iniziativa: le loro sfere rispettive

 

Una società sana ha tanto bisogno di controllo centrale quanto di iniziativadei singoli: senza controllo c'è anarchia, e senza iniziativa c'è ristagno. Il controllo governativo dovrebbe assicurare la sicurezza, la giustizia e laconservazione, ma senza che questo comporti una inibizione della creatività edella iniziativa costruttiva individuale. La sicurezza si è andata sviluppando da sicurezza nei confronti di aggressionidei nostri simili a sicurezza nei confronti di aggressioni dello stato asicurezza dalla aggressione di altri stati a sicurezza economica. Fino a chenon raggiungeremo l'obiettivo della sicurezza mondiale, i nostri possedimentisaranno precari. Ma la sicurezza non deve portare a sacrificare o trascurarel'aspetto creativo e positivo della vita: non possiamo accontentarci di esserevivi piuttosto che morti. Quanto alla giustizia, siamo giunti a interpretarla come eguaglianza, eccetto in quei casi in cui si ritiene che a un mrito eccezionale debba fare riscontroun compenso eccezionale, ma tuttavia moderato. Accanto alla giustizia politica,si è poi cercato di realizzare la giustizia economica. Ma ci sono dei limitialla giustizia economica: aiutando in modo inconsulto i paesi del terzo mondorischiamo di impoverire tutti senza aiutare nessuno; laddove diminuire laricchezza di uno non può avere l'effetto di rendere più ricchi altri ciòdovrebbe essere evitato. Un livellamento che rendesse tutti più poveri, come ades. un livellamento e svilimento della istruzione e un utilizzo delle risorseper consumi voluttuari che diminuisse le ricerche fruttuose porterebbe ad unsimile risultato. Il compito di conservazione non deve solo riguardare la manutenzione delpatrimonio artistico e lo stock di capitale esistente, ma essere esteso allerisorse. I problemi più drammatici sono quelli delle fonti energetiche edell'esaurimento delle capacità agricole del suolo. Le funzioni governative in altre sfere dovrebbero unicamente consisterenell'incoraggire l'iniziativa non-governativa e creare opportunità affinchéessa venga esercitata in modi benefici. La libertà di sperimentare è sempredesiderabile, perché è tra le iniziative del genere che si trova tutto ciò chevi è stato di meglio nella storia delle imprese umane. L'uniformità, che è unrisultato naturale del controllo dello stato, è desiderabile in certe cose,indesiderabile in altre. Nel mondo mentale, in particolare, sono preponderanti la lotta per l'esistenzache faccia emergere i migliori e più adatti. Ma deve esistere una limitazionedei mezzi che possono venire impiegati. Lo stato, fissare le regole del gioco,dovrebbe stimolare la concorrenza tra gli ingegni. Questa concorrenza era più facile nel rinascimento delle piccole comunità inconflitto. E' precaria nel mondo dell'editoria. E' problematica nel caso diindividui, come professori universitari, che, a differenza degli scrittori, nonabbiano modo di avere un canale diretto e di forte presa con il pubblico. E'pure problematica nel caso degli scienziati, ormai irregimentati in grandiorganizzazioni. In politica l'iniziativa personale dipende dal convincere il partito e poi glielettori, e questo si può rivelare una impresa troppo difficile per le forze diun individuo. Tale iniziativa è accessibile ai singoli solo nei piccoli gruppi.

Nelle grandi democrazie centralizzate, la opinione di ciascuno vale unmilionesimo, e questo, lungi dal farsi sentire garantito dall'arbitrio dipochi, crea proprio la impressione di una dittatura. Secondo Russell, occorre devolvere il potere a piccoli gruppi, e, nella misurain cui sia necessario, creare una rete di organismi gerarchici di controllo chedebbano delegare in basso ciò che non è necessario facciano essi stessi. Tuttoquesto sia a livello di rapporti tra stati e governo mondiale, sia a livello dirapporti tra stato e comunità locali. Occorre superare la visione del governolocale come una mania per benestanti e pensionati che hanno tempo da gettare. In campo imprenditoriale, piuttosto che l'anonimato della nazionalizzazione,occorrerebbe promuovere imprese di tipo compartecipativo e cooperativo e nondimenticare il valore delle differenze di trattamento economico, che soventenon sono la conseguenza di differente qualità del lavoro, ma ne sono la causadeterminante. Esiste naturalmente in una organizzazione il problema di evitare che essaabbia un predominio assoluto sui membri. Occorre allo scopo che i funzionarinon abbiano più potere di quanto ne necessiti e che vi sia un controllodemocratico. Le differenze tra gruppi e nazioni non sono da deplorare: ci rendonoconsapevoli di quanto manchi al nostro paese; costituiscono una riserva dimodelli culturali e di idee cui attingere per progredire. Nel mondo moderno,anzi, vi è un reale pericolo di somiglianza culturale tra regione e regione. In sintesi, il controllo degli impulsi dell'ingordigia e della preda è imperativamente necessario e rende necessaria una struttura statale e anchemondiale; ma la vita individuale ha ancora il luogo dovuto e non deve esserecompletamente assoggettata al controllo di vaste organizzazioni. E' necessariopremunirsi contro questo pericolo che la tecnica ha creato.

 

 

 

Etica individuale ed etica sociale

 

Per quel tanto che un soggetto ha la libertà, egli ha bisogno di una moralepersonale, che guidi la sua condotta. Il conformismo per principioperpetuerebbe società di cannibali e cacciatori di teste. Se si desideraseriamente vivere la vita migliore che sia possibile per lui, deve imparare adassumere un atteggiamento critico rispetto ai costumi del gruppo. Tuttavia va distinta l'autorità del costume dalla autorità della legge. Non hao dovrebbe avere la stessa gravità violare il costume o violare la legge, perla ragione che la legge dovrebbe essere quella indispensabile alla sussistenzadella collettività, mentre il costume può riguardare un ambito più vasto. Possiamo comunque distinguere una etica civica e una etica personale. Senzauna morale civica le comunità periscono; senza un'etica personale la lorosopravvivenza non ha alcun valore. L'etica non può essere solo civica, riguardare i nostri doveri nei confrontidella "civitas". L'adempimento di un dovere pubblico non è tutto ciò che fa unavita degna; c'è anche il perseguimento di una eccellenza privata. Poichè l'uomo, sebbene sia in parte sociale, non è tale interamente. Egli ha pensierie sentimenti e impulsi che possono essere saggi o folli, nobili o vili, pienid'amore o ispirati dall'odio. L'uomo potrebbe trascurare i suoi doveri civici per dar sfogo a questi impulsiindividuali. Ciò potrebbe a sua volta avvenire per dovere, come è per ilcristiano che contrappone l'obbedienza a Dio a quella umana. Ma non soltantogli atti ispirati da senso del dovere dovrebbero essere liberi da una eccessivapressione della società, bensì anche quelli ispirati da impulsi creativi. Iprofeti, i mistici, gli scopritori scientifici, i poeti, sono dominati da unavisione e sono essenzialmente dei solitari. Quando il loro impulso dominante è forte essi sentono di non poter obbedire all'autorità qualora essa siacontraria a ciò che nel profondo essi sentono essere il bene. L'uomo deve trovare un giusto equilibrio tra i fini e i mezzi; sebbene l'uomocivile e adulto posticipa i fini facendo cose sgradevoli oggi in vista di cosegradevoli in avvenire, tuttavia vi è il rischio di esaltare i mezzi di per sé,come "imperativi categorici". La virtù per la virtù può rendere la vita tetra eincolore. Coloro che si vantano di essere "gente pratica" sono perlopiù personeesclusivamente preoccupate dei mezzi. Ma la loro saggezza è solo metà dellasaggezza. Allo stesso tipo di fraintendimento appartengono le teorie che esaltanol'importanza della organizzazione, della collettività intesa come organismo difronte al valore dell'individuo. Come pure erronee sono le teorie che esaltanola vita e la moltiplicazione della specie, ponendo come fine supremo lasopravvivenza della specie di appartenenza. La sopravvivenza, nel mondo ce è stato prodotto dalla scienza e dalla tecnica moderna, esige una misura moltovasta di "governo". Ma ciò che potrà dare valore alla sopravvivenza deveprovenire in gran parte da fonti che non hanno a che vedere col governo. Contro lo sconforto in cui è caduto l'uomo in un mondo di autorità troppolontane e invadenti, di problemi che appaiono più grandi di lui e di penuriamateriale, occorre stimolare l'ottimismo che nasce dal successo. E il successo,per la maggior parte delle persone significa frazionare i nostri problemi, edessere liberi di concentrarsi su quelli che non sono troppo disperatamentegrandi per noi. Né il capitalismo né il comunismo dogmaticamente intesi offrono un mezzo dicura dei mali moderni: il capitalismo offre la possibilità di iniziativa apochi; il comunismo potrebbe fornire una specie di sicurezza servile a tutti. Non sono soltanto l'esperienza e la paura della guerra che opprimonol'umanità, sebbene questi siano forse i mali maggiori. Siamo oppressi anchedalle grandi forze impersonali, che governano la nostra vita quotidiana,facendo di noi tutti degli schiavi agli effetti della legge. In parte questo dipende anche dalla errata concezione che gli uomini più abilie vigorosi hanno della loro affermazione: tutti possono però essere convintiche la propria personalità può svilupparsi anche senza vessare o invadere lasfera altrui, solo che coloro che elaborano riforme amministrative si rendanoconto che l'orgoglio di un grande conquistatore non è tale che un mondo benregolato lo possa consentire, ma l'amor proprio dell'artista, dello scopritore,dell'uomo che ha trasformato una zona selvaggia in un giardino o ha portato lafelicità là dove ci sarebbe stata altrimenti la miseria, questo amor proprio è buono, e il nostro sistema sociale dovrebbe renderlo possibile, non solo aipochi, ma ai moltissimi. Vi sono molti possibili sbocchi alternativi per gliistinti di caccia e di guerra dei nostri antenati. La nostra prima lotta è stata rivolta alla natura. Assicuratici lasopravvivenza come specie, tuttavia per molto tempo abbiamo continuato a subirele calamità naturali e a necessitare di una fatica incessante per vivere. Ainostri giorni la servitù verso la natura va diminuendo rapidamente per effettodel crescere della conoscenza scientifica, e con una organizzazione sociale piùrazionale il lavoro necessario potrebbe essere ancora meno. Ma i mali che gli uomini si infliggono fra loro non sono diminuiti nellastessa misura. E tuttavia non c'è niente nella natura umana che renda questimali inevitabili. I nostri impulsši combattivi non necessariamente rappresentanoin inevitabile fattore di soffernza, ma possono venir preservati, le loroconseguenze dannose potendo venire enormemente diminuite. Occorre incoraggiare tutte le forme di iniziativa che arricchiscono la vitadell'uomo. Non faremo un mondo migliore cercando di rendere docili e timidi gli uomini, ma incitandoli, invece, a essere coraggiosi, avventurosi e impavidi,tranne che nell'infliggere sofferenze al loro prossimo.