STORIA
DELLE DOTTRINE POLITICHE |
❍ La democrazia greca e l'impero romano
❍ Il Sacro Romano Impero e la Res Pubblica cristiana
❍ L'età di Machiavelli e di Lutero
❍ Le regole del gioco da Hobbes a Hume
❍ Le regole mancate da Grozio a Comte
❍ La sovranità tra Montesquieu e Rousseau
❍ Il liberalismo da Burke a Weber
❍ La critica marxista
❍ Le teorie elitiste
❍ Le dottrine politiche negli Stati Uniti e in Urss
❍ Democrazia rappresentativa e partiti
❍ Di fronte al futuro
❍ La libertà feudale
❍ Aristocrazia e monarchia
❍ Le forze spirituali del liberalismo europeo
❍ Il diritto naturale
❍ La libertà economica
❍ La rivoluzione industriale
❍ Libertà civile e libertà politica
❍ La dichiarazione dei diritti
❍ La rivoluzione
❍ La controrivoluzione
❍ La restaurazione
❍ Il liberalismo inglese: il radicalismo
❍ Il liberalismo inglese: gli economisti
❍ Il liberalismo inglese: il movimento religioso
❍ Il liberalismo inglese: la scuola di Manchester
❍ Il liberalismo inglese: la riscossa dei conservatori
❍ Il liberalismo inglese: crisi e rinnovamento
❍ Il liberalismo francese: il costituzionalismo
❍ Il liberalismo francese: la monarchia borghese
❍ Il liberalismo francese: il 1848
❍ Il liberalismo francese: il liberalismo del Secondo Impero
❍ Il liberalismo francese: il liberalismo della Terza Repubblica
❍ Il liberalismo tedesco: il romanticismo
❍ Il liberalismo tedesco: Hegel
❍ Il liberalismo tedesco: l’età di Federico Guglielmo IV
❍ Il liberalismo tedesco: la concezione giuridica dello Stato
❍ Il liberalismo tedesco: il liberalismo sociale
❍ Il liberalismo tedesco: il liberalismo politico
❍ Il liberalismo italiano: il periodo preparatorio
❍ Il liberalismo italiano: il liberalismo del risorgimento
❍ Il liberalismo italiano: la Destra
❍ La libertà e le libertà nel liberalismo
❍ Libertà negativa e libertà positiva nel liberalismo
❍ Il liberalismo
❍ Lo stato liberale
❍ Liberalismo e democrazia: unità e opposizione
❍ Statolatria democratica
❍ Democrazia liberale
❍ Liberalismo e socialismo: classe e partito
❍ Liberalismo e socialismo: il materialismo storico
❍ Liberalismo e socialismo: la prassi liberale del socialismo
❍ Liberalismo e confessioni religiose
❍ La Chiesa cattolica e le libertà
❍ Carattere e significato del separatismo liberale
❍ Liberalismo e nazioni
❍ Liberalismo e nazionalismo
❍ Crisi del liberalismo: gli aspetti economici della crisi
❍ Crisi del liberalismo: la crisi politica
❍ Il liberalismo secondo Guido de Ruggiero
❍ La coesione sociale e la natura dell'uomo
❍ La coesione sociale e il governo
❍ La funzione della individualità
❍ Il conflitto tra la tecnica e la natura umana
❍ Controllo e iniziativa: le loro sfere rispettive
❍ Etica individuale ed etica sociale
❍ La democrazia greca e l'impero romano
I momenti di forte
istituzionalizzazione nella cultura politica occidentale sono accompagnati da
manifestazioni di una "cultura"diversa non istituzionalizzata; per
questa trattazione il riferimento è allafondazione della democrazia greca, cui
corrisponde l'esperienza dionisiaca;quello della grande chiesa medievale, cui
corrisponde la "eresia" gnostica;quello della fondazione della
rappresentanza democratica, cui corrisponde la “stregoneria". L'antichità
ha dato all'occidente i due modellipolitici dell'impero romano e della
democrazia ellenica. La democrazia non era però l'unica forma della “polis".
Erodoto inizia la consuetudine di distinguere monarchia,
aristocrazia,democrazia. Aristotele distingue ancora dalle forme giuste la
tirannia, laoligarchia e la demagogia. Vi erano anche le forme miste.
Aristotele inizia la tradizione di distinguere un potere legislativo, uno
esecutivo e uno giudiziario. La esperienza ateniese è caratterizzata da
unarigorosa isonomia. La esperienza politica antica lascia irrisolto ilproblema
della forma della rappresentanza e della legittimazione all'eserciziodel
potere. La democrazia ateniese si sviluppa e declina sotto il segno
dipersonalità dal mandato incerto (Pericle, Alcibiade). Frequenti sono
gliostracismi o le accuse di potere personale che portano alla opposizione o
nelcampo avverso (persiano, spartano) insigni cittadini, tra cui Socrate. Il
concetto greco di democrazia era sotto molti aspetti piùradicale del nostro;
per esempio, Aristotele dice che eleggere i magistrati è un modo di procedere
oligarchico, mentre è democratico tirarli a sorte. Nelledemocrazie radicali,
l'assemblea dei cittadini era al disopra della legge, edera pienamente libera
di decidere ogni questione. I tribunali ateniesi eranocomposti di un gran
numero di cittadini scelti mediante sorteggio e non guidatida nessun giurista
(erano, naturalmente, soggetti a lasciarsi influenzare dallaeloquenza o dalla
passione di parte: quando si sente Platone o Aristotelecriticare la democrazia,
bisogna ricordare che si parla anche di cose di questogenere). In Grecia il
concetto di rappresentanza rimaneconfinato per quanto riguarda l'esperienza
pratica, alla formazione delle liste dei rappresentanti dei "demi" di
Atene, nell'ambito dei quali avvienel'estrazione a sorte per le cariche
pubbliche (ad eccezione dei responsabilimilitari che vengono eletti). Si può
notare che i greci eleggono (senzaestrazione a sorte) proprio chi coprirà quei
ruoli (comandi militari) che lademocrazia rappresentativa sottrarrà al criterio
della designazione popolare. Alivello teorico né Platone né Aristotele pensano
alla rappresentanza. Come si vede, la democrazia della "polis"
rifugge o non si pone il problemadella delega come tale: la concepisce
unicamente come governo oligarchico dei “saggi" e non riesce ad unire il
concetto di democrazia con quello dirappresentanza. In Roma incerto appare il
fondamento giuridico delpotere imperiale, sostanzialmente derivante da un
controllo dell'esercito. Il pensiero greco espresso in forma organica è
fattorisalire alle opere di Platone ("Repubblica",
"Politico", "Leggi") e diAristotele ("Politica").
Altri scritti significativi (orazione per i caduti del Peloponneso,
"Costituzione degli ateniesi") sono di autore incerto. Le preferenze
di Platone e di Aristotele vanno a unregime elitario che organizzi il consenso.
Il pensiero politico antico ha una carenzafondamentale che già si manifesta in
Platone e in Aristotele: non concepisce irapporti tra le classi in termini di
regole del gioco tra i partiti, che sonovisti come fazioni incontrollabili che
lottano per interessi particolari inopposizione al bene comune. In sostanza, il
pensiero antico non riesce a costruire una valutazionepositiva degli interessi
particolari e della loro dialettica all'interno dellacollettività. Né Platone
né Aristotele pensano ad un equilibrio deirapporti tra le classi in termini di
regole del gioco tra i partiti,trasformabili da fazioni incontrollabili in
associazioni volontarie istituzionalizzate, volte ad organizzare la
rappresentanza. Una eco di queste preoccupazioni rimarrà nel liberalismo, che
temeràsempre le "dittature della maggioranza". Di questo possono
essere fornite varie ragioni. Un primo fattore che contribuisce a generare
questa incapacità è il fatto che il pensiero greco fino ad aristotele è
dominato dalla devozionereligiosa e patriottica alla città. I suoi sistemi
etici sono adatti alla vitadei cittadini ed hanno un gran peso politico. Di
fronte al costante e mainegato punto di riferimento utopistico del
"bene" o del "bene comune", dellaconcezione dello stato
come organismo unito e armonico, gli interessiindividuali sono alquanto
svalutati e concepiti in modo tendenzialmentenegativo. Essi si incarnano ad es.
nella figura del sofista Trasimaco nella
"Repubblica" platonica, secondo il quale "la giustizia non è
nient'altro che l'interesse del più forte". Platone ancoraragiona in
termini di contrapposizione tra egoismo (sempre negativo) ealtruismo. Si
cercava con l'educazione di ridurre al minimo le egoistichepassioni personali e
di rimuovere così gli ostacoli al predominio del sensodella comunità. Un'altra
ragione per cui il pensiero greco non riesce a raffigurarsi unaattività
politica fondata sulla contrapposizione di interessi e sul consenso (quindi su
valori convenzionali) deriva dalla peculiare visionegreca dell'universo, di
tipo religioso. Tutto era governato dalla "Dyké", o “giustizia".
In base ad essa ogni persona e ogni cosa ha un suo preciso posto euna sua
precisa funzione. La teoria è legata alla idea del fato e dellanecessità. Una
specie di legge impersonale superolimpica punisce l'"hybris" (rottura
violenta dell'ordine) e ristabilisce l'ordine eterno che l'aggressorecercava di
violare. Non è possibile in tali condizioni considerareequipollenti, dal punto
di vista etico, due interessi individuali in conflitto. Noi oggi siamo portati
ad identificare "giustizia" con "democrazia". Per Platone e
in genere per un greco, questa identificazione non era affatto ovviané
scontata. Questo porta ad una accettazione della ineguaglianza Per un greco
ciascuno ha una sua sfera, superare la quale è “ingiusto". Alcuni, in
virtù del loro carattere o delle loro attitudini, hannouna sfera più larga
degli altri, e non è ingiusto se essi godono una partemaggiore di felicità o di
potere. Così, non solo non ci sono obiezioni alloschiavismo o alla superiorità
dei mariti e dei padri sulle mogli e sui figli,ma si sostiene che le cose più
apprezzabili sono (per loro stessa natura)destinate a pochi: agli uomini
magnanimi e ai filosofi. Si finisce colconsiderare che la maggioranza degli
uomini è solo un mezzo per renderpossibile la esistenza di pochi governanti e
saggi. PerAristotele gli uomini che lavorano per vivere non debbono avere
diritto dicittadinanza. Il punto di vista aristotelico è caratterizzato
dallasubordinazione dell'etica alla politica. Se l'obiettivo è la buona
comunitàpiuttosto che il buon individuo, anche prescindendo dalla disparità di
qualitàpersonali, non tutti possono avere la posizione di "primi
violini". Il potere ela proprietà saranno di necessità inegualmente
distribuiti. Il pensiero politico greco rimane impigliato nello scoglio della
giustizia odel bene assoluto, e non elabora alcuna teoria della mediazione dei
conflitti.Il pensiero politico di Platone e Aristotele e greco in
generalerimaneva perciò ancorato al problema di trovare un insieme di uomini
"saggi" edi lasciar loro il governo. Ma, come nota Russell, tale
problema è insolubile.E questa è la ragione più profonda della democrazia. Come
nota esattamente Baget Bozzo, questa difformità di vedute sulla
attivitàpolitica, che contrappone ad una visione "super partes" del
bene comune o dellagiustizia la dialettica del conflitto, arriva fino alla età
moderna. Essa, comesi vede, affiora nel pensiero più antico, ma solo con il
liberalismo e inparticolare con l'utilitarismo sarà riconosciuta la liceità e
la dignità dellateoria "individualista". La prassi politica greca
sembrava confermare la valutazionenegativa del conflitto di interessi: essa
offriva la esperienza di una continuae sanguinosa lotta tra aristocrazia e
popolo, in cui la prevalenza di unacomponente non costituiva un momento
fisiologico di alternanza, ma la negazionee la distruzione fisica
dell'avversario e la presa di potere incondizionata daparte del vincitore. In
Grecia le rivoluzioni erano frequenti quanto oggi inAmerica Latina. Queste
lotte, quelle tra città e città e più tardi la conquistapersiana e macedone,
alimentavano un flusso costante di profughi da una cittàall'altra della Grecia
e dalla Grecia alla Magna Grecia. Ne risultava un climadi costante incertezza e
violenza. Date queste premesse, è significativo che Platoneproponga un
comunismo che elimini i motivi di contesa e che anche Aristotele, che ritiene
preferibile la monarchia, concepisca la necessità, come elemento equilibratore,
di una vasta classe media né tropporicca né troppo povera, in grado col numero
di opporsi alle pretese del numeroe di dare comunque una base popolare in
contrapposto agli interessi di pochi. Come si vede, in sostanza questi due
pensatori non concepiscono il valorepositivo del conflitto di interessi, e
sentono in vario modo il bisogno dinegare il conflitto e la dialettica fra le
classi. La valutazione negativa degli interessi particolari è commista al
luogocomune della immaturità popolare e della perfidia della ricchezza che non
sicura del povero e mira alla oppressione e allo sfruttamento dei più. Il ruolo
delle fazioni è molto importante anche nelpassaggio dalla forma repubblicana a
quella imperiale in Roma. Per il Mommsen ipartiti sono una proiezione della
dinamica socio-economica, espressione diinteressi organizzati (l'aristocrazia
senatoria, i cavalieri, il proletariato),che dànno luogo ai contrasti tra i
gracchi (avanzati) e il senato (moderato),sino ad arrivare agli scontri tra
Mario contro Silla, Cicerone contro Catilina,Cesare contro Pompeo, Augusto
contro Antonio, che possono essere visti comescontro di un partito moderato con
uno conservatore. Da questi scontri si vedecome i partiti si collegarono molto
presto alla forza militare delle legioni. Senza rappresentanza i partiti,
invece di evolversiin strumenti stabili di composizione pacifica dei conflitti
politici finisconoper appoggiarsi alla forza militare, e divenute
organizzazioni militari sidissolvono sotto un potere autoritario. La "res publica" non più città
stato non divenne “commonwealth" (termine e modello inglese del XVII
secolo), ma "impero fondatosu un principio di quasi-legittimità prodotto
da una anormalità. Il Ferrero lo classifica "quasi legittimo"
accantoalla monarchia orleanista, che non era né la monarchia legittima di
Luigi XV néla monarchia legittima di Napoleone. Ortega Y Gasset lo classifica
l'istituzione imperiale come "anomalia" inquanto Augusto si appigliò
alla due istituzioni più marginali, più stravagantie anormali esistenti nel
diritto pubblico romano: il Tribunato della plebe e lo “imperium
militiae", il comando (provvisorio) dell'esercito. In conclusione,
l'impero romano nacque da una crisiistituzionale derivata da una assemblea non
elettiva e non dotata di poterelgislativo, ma che gestiva lo stato (il senato);
da un potere legislativonominalmente del popolo, ma spesso esercitato da una
opposizione che non potevadivenire governo (Tribunato della plebe) e da partiti
non istituzionalizzatiche si trasformarono in macchine militari. Il pensiero
politico romano nonanalizzò questi meccanismi e la soluzione della crisi emerse
dallasemi-legittimazione del potere militare dell'ultimo vincitore delle
guerrecivili (il principato augusteo). La carenza di pensiero politico nei secoli
delprincipato esprime la difficoltà di analizzare una situazione di
quasilegittimità che si traduce in pratica (salvo che nel periodo aureo degliAntonini)
in una sorta di guerra civile permanente tra i capi delle legioniaspiranti
all'impero. quindi, da un lato il rivestimento di forme tradizionali
erainsufficiente al raggiungimento dello scopo di stabilità; dall'altro
impedivaelaborazioni dottrinali nuove. Per usare i termini Paretiani, la
selezione ecircolazione delle elites dominanti affidata solo alle armi e quindi
normatasolo dalla forza, sono elementi di grande instabilità per il sistema. I
tentativi di stabilizzare l'istituzione imperialecon una precisa norma di
successione e di normare la circolazione della classepolitica comunque non
riescono. La quasi legittimità dell'impero finisce per sfociare in una assenza
diregole che provocherà l'autodistruzione delle elites che lottano
persopravvivere in assenza di garanzie di sicurezza. Infatti il modo migliore
perproteggersi fu, per coloro che dovevano vivere attorno all'imperatore,
quellodi cospirare sul serio contro la sua vita. Il pensiero politico moderno
siporrà invece, con Hobbes, il problema della sicurezza non solo per i
governati,ma anche per i governanti. Alla fine si sfocia in uno stato di guerra
civilegeneralizzata che sarà anche la caratteristica del Medio Evo che sta
periniziare, pur dopo quella che Ferrero definisce "la grande
umanizzazione esmilitarizzazione dell'occidente compiuta dal
Cristianesimo". La guerra civilesarà ancora il problema di Hobbes nel 1600
e di Schmitt nel 1900.
❍ Il Sacro Romano Impero e la Res Pubblica cristiana
Esiste divergenza tra gli
studiosi circa gli autori ela classificazione delle teorie politiche cristiane
elaborate nell'ambito dellapatristica e della scolastica. Secondo Baget Bozzo
si hanno: - stato cristiano realizzazione della dimensione ecclesiale nella
storia. Il potere di Cristo nella storia si manifesta in quello dei principi
cristiani (Eusebio di Cesarea). La chiesa interviene nella società per l'attuazione
dei suoi principi attraverso una istituzione politica autonoma. - La chiesa
stessa, senza mediazione del potere politico, è la figura storica della potenza
di Cristo. Il potere temporale è soggetto alla gerarchia ecclesiastica per
motivi spirituali (Gelasio) - Esiste un legame tra potere politico e potere che
Satana esercita sul mondo. Comunità ecclesiastica e civile sono viste come
contrarie, città di dio e città (corrotta) degli uomini (Agostino). La chiesa
rinuncia a intervenire nella organizzazione del potere. Per Chevallier e
Sabine, invece: - Agostino è teorico della superiorità del potere
ecclesiastico. Afferma la preminenza della chiesa nel regno dei fini (in quanto
unica società umana che è votata alla costruzione della città celeste) col che
l'autorità dello stato si trova diminuita. L'unica conseguenza esplicita che
Agostino ne trae è che lo stato, il principe, deve essere cristiano e imporre
la religione cristiana ai sudditi. Comunque sia, date le premesse, in un modo o
nell'altro lo stato deve essere anche una chiesa, visto che la forma
fondamentale della organizzazione sociale era religiosa. Poteva tuttavia essere
ancora oggetto di controversia quale forma tale unione dovesse prendere. -
Gelasio è invece piuttosto espressione della separazione dei poteri. Gelasio
agisce in un periodo in cui è necessario alla Chiesa stabilire delle linee di
demarcazione tra la propria attività e la sfera di potere dei sovrani
barbarici. Ma anche nel caso della teoria gelasiana, il principe è un fedele della
chiesa. Per cui "una volta affermata la preminenza morale dello
spirituale, era agevole trarre conseguenze così ampie che il diritto naturale
dello stato si trovò totalmente o quasi assorbito dal diritto ecclesiastico. Un
secolo dopo Gelasio I san Gregorio Magno, papa dal 590 al 604, si incamminò
sulla via dell'agostinismo politico proprio in virtù dell'accentuata estensione
da lui data alla concezione ministeriale del potere. - I due autori
sintetizzano poi la "posizione patristica" (?): "comportava una
doppia organizzazione e un doppio controllo della società umana nell'interesse
delle due grandi classi di valori che dovevano essere difesi. Gli interessi
spirituali e la salvezza eterna sono affidati alla chiesa, gli interessi
temporali e il mantenimento della pace, dell'ordine, della giustizia sono
affidati al governo civile. Questa concezione è spesso definita la dottrina
delle due spade ed è stata enunciata in modo autorevole da Gelasio I. Il
principio filosofico che vi sta dietro era la teoria perfettamente conforme
all'insegnamento di S. Agostino, che la distinzione tra spirituale e temporale
costituisce la parte essenziale della fede cristiana e deve essere norma di
ogni governo che segua la legge cristiana." E' comunque indubbio che la
presenza della Chiesa pose problemi nuovi e maisorti sinallora. Nell'antichità
l'Imperatore o ilsovrano era una divinità cui si tributava un culto non diverso
da quello dellealtre divinità. Nell'era cristiana accanto allo stato rivendica
la suaautonomia e originarietà la Chiesa. Con la patristica abbiamo un fenomeno
unico nellastoria del pensiero occidentale: l'elaborazione di una dottrina e di
unordinamento fondati sulla religione e sul trascendente che di fatto
hannopreteso e in parte sono riusciti ad essere prevalenti rispetto
allaorganizzazione politica che possiamo definire positiva, cioè fondata sul pianodella realtà dei rapporti
sociali. Si tratta della istituzionalizzazione di unpensiero politico a base
religiosa, orientato dalla chiesa, in un periodo diassenza (fino all'undecimo
secolo, quando si avviò il dibattito tra l'autoritàspirituale e quella
temporale) di attività teorica su base non religiosa. Si tratta di una reazione
a una sfidarappresentata dal vigoroso riemergere di una cultura
minoritariade-istituzionalizzante, i cui caratteri si possono trovare
soprattutto nelmovimento gnostico. Per "istituzionalizzazione" si
intende che le teorieaccennate costituirono la base di una struttura sociale,
quella dell'Europamedioevale. Nel processo di istituzionalizzazione si
intreccianole vicende della auto-organizzazione della Chiesa ma anche
dell'impero allaricerca di una stabilità. Dopo due secoli di contrapposizione
gli imperatoriaccettano la concezione cristiana - e le idee di Eusebio,
Agostino e Gelasio,come la più compatibile con la resistenza delle istituzioni
di fronte a diffusicomportamenti che tendevano a sovvertirle, in modo molto più
radicale delrifiuto dei cristiani a adorare come un dio il capo militare più o
menoprovvisoriamente rivestito della porpora imperiale. Tra questi
comportamentiriconducibili a una credenza (gnosi) lo gnosticismo appare
culturalmente il piùricco. All'impero si ponevano i problemi di
destabilizzazione delle credenze,doveri e valori tradizionali (si pensi alla
famiglia) derivanti da un'epoca disincretismo, di relativismo religioso, di
prevalenza stoica della interioritàsulla vita sociale e i suoi obblighi, di
irrazionalismo, di dionisismorisorgente. Alla chiesa si ponevano problemi di
eresie diorientamento irrazionale, soggettivizzante e gnostico che rischiavano
distravolgere il messaggio cristiano. La chiesa, pur essendo il
messaggioreligioso per sua natura non-razionale, per reazione fu spinta ad
accentuarnel'aspetto razionale, istituzionale. Si possono qui intravvedere le
linee della influenza reciproca che chiesae impero esercitarono nel momento
della loro (tras)formazione: a) l'imperocercava una religione non
destabilizzante, che mantenesse per quanto possibilevalori tradizionali
(familiari; sociali; di sottomissione della donna; ecc.);b)L'impero cercava una
religione monoteistica come lameglio atta ad assicurare la unità, mentre le
religioni orientali presentavanonormalmente una divinità maschile e una
femminile. Anche le frange gnostichedel cristianesimo presentavano evidenti
tracce di una divinità femminile ocomunque di un aspetto femminile della
divinità. Al di fuori della elaborazione ecclesiasticaconcernente i rapporti
tra chiesa e impero, non si ebbe speculazione politicalaica. Ne risultò una
base povera di legittimazione del potere temporale (diritto divino, ereditario,
investitura da parte dei compagni d'armi di stampogermanico), che ripropose,
per un intero millennio, fino al secolo undecimo,una situazione di
semi-legittimazione e di guerra permanente. E tanto meno si affermò l'idea del
principiorappresentativo. Visto che i "compagni d'orda" erano
diventati nobili, ci siallontanò anzi anche dalla "democrazia
militare" germanica. Nella Chiesa invece, si ha una organizzazione
piùsalda, che ben presto si orienta con decisione verso la designazione
elettiva el'accentramento. Nell'ultima parte dell'undicesimo secolo si
ripreserogli studi sul complesso di idee politiche e sociali della patristica,
con lalotta per le investiture e si posero le basi per la fioritura del
pensieropolitico dei secoli successivi. Tuttavia il contributo più originale
dell'epoca è ancora ecclesiastico (Tommaso d'Aquino). Tommaso distingue il
potere "in abstracto" e "inconcreto". Il potere in sé viene
da Dio, ma in concreto può e deve venire dallainvestitura umana. Se un certo
uomo o un certo gruppo di uomini sono insituazione di comandare legittimamente
ad altri uomini, questo fatto nondipende da una scelta diretta e personale di
Dio, ma da una designazionemeramente umana. Il potere onestamente acquisito viene
da Dio. Tommaso non hauna visione rigida della designazione umana: cita casi di
popolo che si dà leleggi da sé e di popolo cui una autorità superiore dà un re.
Il potere deveessere esercitato per il bene del popolo, e se questo non avviene
il popolo puòripudiare il tiranno (ma non vede di buon occhio il tirannicidio).
Esistonolegge divina, legge naturale e legge umana. Se la legge umana contrasta
conquella naturale non va osservata. Dante, Giovanni da Salisbury, Tommaso,
concordanonella visione universalistica dell'impero governato da due autorità
volute dadio mentre: al loro sguardo sfuggono i fermenti più nuovi della loro
età. Per Marsilio da Padova la ragione indica che ilgoverno civile necessario
come mezzo di pace e di ordine, mentre la religione è utile in questa vita come
mezzo di salvezza della vita futura. Marsilio fa unpasso avanti verso la
riflessione politica moderna affermando che le questionipolitiche devono essere
risolte in base alla razionalità, prescindendototalmente dalla fede (anticipa Machiavelli
e Hobbes, anche se probabilmentegli è estranea la idea di una separazione tra
politica e morale) e affermandoche lo stato è un organismo, un essere vivente
(anticipa Hobbes). Guglielmo di Occam è abbastanza conservatore (duepoteri,
largo potere al papato), ma con Marsilio e Giovanni da Parigi inizia ladottrina
della prevalenza del concilio sul papa. Il concilio è rappresentativodella
intera comunità cristiana, e forse qui possiamo vedere il primosorgere della
dottrina rappresentativa. Certamente si tratta di un tentativo diimporre anche
al papato i risultati della riflessione politica ad es. di Tommaso sul potere
temporale, nel senso che anche i reggitori ecclesiasticisono soggetti alla
legge naturale e non immediatamente alla divinità. Tuttaviala teoria
conciliare, affermatasi al concilio di costanza (1415) venne sconfitta a
Basilea. Questa mancata riforma della chiesa dette luogo alla Riforma
protestante.
❍ L'età di Machiavelli e di Lutero
Secondo la dottrina
politologica tradizionale ilpensiero politico moderno è motivato
prevalentemente dalla evoluzionepolitico-economica. Il commercio fu la prima
attività economica a svilupparsiperché occorreva ripristinare la rete di
collegamenti tra le città, che nelmedioevo rappresentavano centri autarchici.
Per la prima volta dal tempo di Roma apparve in Europa una classe considerevole
di uomini che avevano insiemedenaro e iniziativa. Questa classe era la nemica
naturale della nobiltà e delledivisioni ce dei disordini che fomentava. I suoi
interessi erano dalla partedel governo forte e in politica essa era l'alleata
naturale del re. In Italiail papato era abbastanza forte per impedire la
unificazione ad ogni altropotere ma tanto debole da non poterla fare esso
stesso. Machiavelli vede la vita degli stati come un cicloripetentesi che passa
dalla monarchia, agli ottimati, alla democrazia per poiritornare al principato:
essendo la democrazia la forma più "periclitante".In sostanza c'è una
dialettica principato-repubblica:il principato nasce quando la repubblica si
corrompe e degenera. Eglistabilisce un parallelo tra la crisi repubblicana e la
storia dei suoi tempi. La sua analisi della crisi repubblicana romanacontiene
elementi di originalità: egli riconosce che il tribunato della plebeebbe il
ruolo di incanalare le tensioni in una opposizione
costituzionalmenteaccettabile e di condurre allo sviluppo di una forma durevole
come quellaimperiale. Non arriva però a concepire la possibilitàche la
opposizione in senso moderno, che si possa alternare al governo, anchese la sua
teoria "ciclica" dell'alternarsi al governo delle varie
componentiavrebbe potuto suggerirglielo: infatti parla di "accidenti
fortunati" perdesignare complessivamente le vicende che condussero la Roma
repubblicanaall'impero. Un'altro elemento dimodernità nel pensiero di
Machiavelli sta nel "controllo legale delle forzesociali attraverso i
'partiti', per evitare la 'corruzione' della repubblica.In realtà egli parla
genericamente di "stato misto", in cui le trecomponenti, monarchica,
ottimati, popolo partecipano in modo da limitarsi avicenda, ma non va più in
là. La soluzione moderna saràcomunque proprio in questa direzione, con la
"gloriosa rivoluzione" chestabilirà un compromesso tra monarchia,
aristocrazia e borghesia inglese. Il successo dello stato moderno nello
scongiurare la instabilità politicasarà pieno. Esso si è rivelato la forma più
straordinariamente duttile diorganizzazione politica della storia umana, ed è
potuto sopravvivere attraversotutte le fasi dell'assolutismo, del liberalismo,
dell'autoritarismo, delsocialismo. La riforma non produsse una dottrina
politicaprotestante. Tuttavia accelerò la tendenza all'aumento e al
consolidamento delpotere monarchico. Lutero capì subito che il successo della
Riforma in Germaniadipendeva dall'aiuto dei principi. Non solo i teorici della
riformaappoggiarono la monarchia, ma la monarchia, chiamata spesso a fare da
arbitronelle contese religiose si ritagliò una ulteriore fetta di potere e
diprestigio. possiamo anche aggiungere a questo che la rottura della
egemoniaromana rese ancor più potente il potere monarchico. E' comunque
interessante (e sorprendente) che,sebbene Calvino e Lutero predicassero la
giustificazione per fede e laobbedienza passiva al principe, dal pensiero
protestante nacque la teoria deldiritto alla ribellione nei confronti del
sovrano e la dottrina delprivilegiamento delle opere come prova della grazia,
che Weber indica comenucleo dell'etica capitalistica. Cercando di spiegare
questa evoluzione, noteremoanzitutto che comunque, a parte la posizione di
Lutero, la riforma fucaratterizzata da notevoli ribellioni sociali (es. rivolta
di Muntzer). Insecondo luogo, Calvino e Beza suo successore finirono col teorizzare
comunquela legittima resistenza attiva ai sovrani ostili alla vera religione il
cuimantenimento tra i sudditi è il fine supremo dello stato. Queste idee, che
influenzeranno Cromwell, in pratica giustificano la guerra per motivireligiosi.
Questa linea di pensiero fu proseguita dai "monarcomachi". Sia gli Ugonotti
che i membri della lega cattolica teorizzarono il diritto
("divino"),di ribellione al sovrano e affermano la derivazione della
autorità del re dalpopolo. Tuttavia con "democrazia" e "sovranitàpopolare"
vogliono solo dire che il popolo è detto sovrano nel senso che ogniatto di
governo deve riferirsi al bene, ossia alla prosperità generale ed è sovrano
anche nel senso che l'autorità politica non la si può concepire se noncome
rispondente ai bisogni di un popolo e fondata sul fatto che il popolo
lariconosce per tale. Non siamo ancora arrivati alle teorie contrattualistiche.
La chiesa si sforza di assorbirne i valori con ilconciliarismo e con
l'ammissione parziale della astrologia. Ma non vi riesce.
Questa corrente sfocia nella
Riforma. Quanto riuscì impossibile alla chiesa (distruggere la cultura
alternativa ma assorbendone valori compatibili) saràrealizzato dal pensiero
politico e dalla scienza laica. Machiavelli considera la autorità solo in base
ai suoi risultati. Lutero lanega in religione, negando ogni distinzione tra una
gerarchia investita da Dioe culminante nel pontefice e l'insieme dei fedeli che
sono la vera chiesa.
Mettendo in dubbio la autorità
papale in campo religioso non è possibile,checché egli ne pensi, affermare
l'obbedienza passiva al sovrano. Copernicocontesta il sistema tolemaico. Si
affaccia in Erasmo, Moro, Bodin, l'idea dellatolleranza, su cui si fonderà lo
stato moderno nascente. L'idea nuova che si affaccia in Bodin è la sovranità,che
è una delle caratteristiche dello stato moderno. La sovranità è poteresenza
condizionamenti, perpetuo ed assoluto (non condizionata altro che dallalegge di
dio e di natura: Bodin ritiene Machiavelli immorale) di fare le leggi.
Per la prima volta si individua
un carattere invariabile della organizzazionepolitica, distinguendolo dagli
organi nei quali si incarna. E si riconosce chela sovranità può risiedere, a
seconda del tipo di governo, nel re o in organipopolari. La sovranità è cioè un concetto fattuale, e non una idea teorica.Evidente
in questo la influenza del pensiero di Tommaso d'Aquino. Bodin sipreoccupa di
far notare che non può esistere diritto di ribellione allasovranità in quanto
tale, che deve esistere sempre, pena la inesistenza dellostato. Altusio fa
ulteriormente progredire la riflessione sul concetto di sovranità;Bodin è in
fondo un teorico dell'assolutismo, negache i diritti di sovranità possano
essere dati ai sudditi, ossia al popolo,pena la loro distruzione, e in ciò
mostra forse di non comprendere ancoraperfettamente che altro è la posizione
del cittadino "uti singulus" di frontealla sovranità (che egli non
può avere), altra è la sua capacità di dirittopubblico come organo attraverso
cui tale sovranità si manifesta. Altusio riafferma il principio,
affacciatosiall'inizio delle guerre di religione, che la sovranità risiede nel
popolo,fatto per questo superiore al re; afferma inoltre il tema
contrattualistico eil diritto di resistenza al tiranno. Secondo alcuni, Altusio
descrive unademocrazia corporativa che, come la democrazia totalitaria di
Rousseau, è antitetica alla democrazia rappresentativa. Vanno messi in eidenza
i problemi posti dallaformazione dello stato moderno basato sul principio di
tolleranza. Principionuovissimo, che pone da subito il problema della sua
estensione concreta,estensione che viene negata a culture alternative a sfondo
libertario,ludico-egualitario, incompatibile con l'organizzazione produttiva e
lagerarchia sociale che si va formando. I fermenti della nuova età
(riforma,contrattualismo) rivelano la presenza di un movimento preesistente,
ditradizioni pre-cristiane fuse con una interpretazione magica del
cristianesimo. Tra la riflessione conciliare di Cusano e Machiavellie Lutero
c'è un secolo vuoto di avvenimenti, in cui forse una silenziosatensione tra
cultura alternativa e strutture tradizionali prepara le ideepolitiche della età
moderna. La rottura del monopolio ecclesiastico della verità crea il problema
dellenuove idee: in campo religioso vi è un fiorire di dottrine esoteriche; in
camposcientifico l'aristotelismo va allontanandosi dalla ortodossia e si
affermano ivalori di una nuova scienza naturalistica. La selezione delle idee
avvia determinate pratiche e credenze verso lostatuto di superstizioni e "demonomanie"
e altre verso quello di dottrinescientifiche. Il Newton cultore della alchimia
e della esegesi neotestamentaria (e solo marginalmente della fisica e della
matematica) e il Copernicoconoscitore della teoria pitagorica dei numeri e
delle figure perfette sono dueesempi illuminanti di tale processo di
demarcazione. Michel Foucault, ne "la storia della follia nell'età
classica" confermaquanto sia sensibile l'età moderna al tema della
"diversità", e mostra come nelseicento si viene organizzando uno spazio
della emarginazione, basato sulconcetto di "follia" come deviazione
anche morale e sulla utilizzazione in modonuovo delle vecchie strutture
segregative medioevali (lebbrosari, comunitàitineranti di folli, ecc.). Frances
Yates richiama la nostraattenzione a tutta una cultura magica, alchemica, ecc.
che è come "uscita dallastoria". Viene da chiedersi quante idee,
quante prospettive siano statesacrificate a seguito del sorgere della scienza
moderna galileiana, dellamedicina empirica, della connivenza tra scienziati e
sistema produttivo. Gamline Brostoff denunciano la "congiura del
silenzio" su alimenti allergenici comeuova, certe carni, cereali ecc. su
cui si fonda una grossa parte dellaproduzione della industria conserviera. La
incidenza epidemica di malattie comecancro e diabete, ridotte dalla medicina a
"malattie" normali e inevitabilicome le influenze, rivela invece
inquietanti mancanze di informazione suglieffetti cancerogeni, acidificanti o
lesivi di organi come il pancreas dialimenti come carni, zuccheri semplici, o
di prodotti industriali di usocomune. Altri studiosi denunciano la creazione di
sindromi come la andropausa ola deficienza di testosterone che nessun medico
del passato si sarebbe sognatodi diagnosticare, al solo scopo di creare nicchie
di bisogni fittizi dasfruttare con prodotti farmaceutici. La ricorrente
polemica tra parapsicologi ecultori di discipline esoteriche circa la non
verificabilità in laboratorio dideterminati fenomeni, il moltiplicarsi delle
medicine alternative, fannosorgere il dubbio circa la esaustività del sapere
scientifico tradizionale. Nei primi decenni delcinquecento la messa in
discussione dei principi di autorità che si eranoimposti per oltre un millennio
prevale sull'affermazione di nuovi principi e cioè sulla ideologia assolutistica, che viene
presentata comunemente come losbocco del periodo in corso, mentre in realtà è
piuttosto un residuo dimentalità medioevale (investitura divina del re senza la
mediazione dellachiesa; diritto del maschio primogenito). Secondo tale autore,
a partire dal 1500 si sviluppa piuttosto una cultura delcontratto, che sarà
ripresa in pieno dalla rivoluzione americana, el'assolutismo francese di Luigi
XIV sarà una forma particolare e circoscrittadi realizzazione politica. Non per
nulla i regicidi si moltiplicano lungo tuttoil secolo e il diritto di
successione è tanto contestato che guerre con questonome (di Successione) si
protraggono sino a metà del settecento. Subito dopo visarà la rivoluzione
americana. In realtà l'epoca in esame è, piuttosto che l'epocadella nascita
dell'assolutismo, l'epoca della nascita di una forma di stato ingrado di
gestire le tensioni, fondato piuttosto sul contratto, che avvia
lalegittimazione degli interessi organizzati e del pluralismo religioso
eculturale. Il problema se lo statomoderno si organizzi sulla base del diritto
divino dei re oppure del contrattopuò essere aperto per quanto concerne la
storia e la logica delle istituzioni.
Sotto il profilo della storia
delle dottrine politiche, la concezione che siafferma - per netta prevalenza di
autori e per livello di argomentazione - è quella del contratto. Anche per
Russell, riforma e stati nazionali incrinaronol'unità intellettuale del mondo
medioevale, fondata sulla supremazia dellaChiesa, ed aprirono la strada al
soggettivismo e all'individualismo in ognicampo. I filosofi della Grecia, fino
ad aristotele incluso, non eranoindividualisti nel senso che si dà adesso al
termine; pensavano all'uomoessenzialmente come membro di una comunità; la
"Repubblica" di Platone, peresempio, si sforza di definire una buona
comunità e non un buon individuo. Conla perdita delle libertà politiche, da
Alessandro in poi, si sviluppòl'individualismo, rappresentato dai cinici e
dagli stoici. Secondo la filosofiastoica, un uomo poteva vivere una vita
virtuosa, non importa in qualicondizioni sociali. Questa era anche l'opinione
del cristianesimo, specie primache esso acquistasse il controllo dello stato.
Ma nel medioevo, mentre imistici tenevano vive le originali tendenze
individualistiche nell'eticacristiana, il modo di vedere della maggior parte
degli uomini compresa lamaggioranza dei filosofi, era dominato da una sintesi
di dogma, legge etradizione, tale che sia le teorie sia la moralità venivano
controllate da unaistituzione sociale e cioè
dalla Chiesa cattolica: il vero e il buono nondovevano essere definiti
da solitari pensatori, ma dalla saggezza collettivadei concili. Forse questo fu
dovuto ad una rivalutazione della idea dicollettività a seguito delle invasioni
barbariche. La verità e in genere la validità di una posizione, non piùconnessa
al riconoscimento ecclesiastico, fu affidata alla violenza. Con Machiavelli si
comprese che, come dice le sorti delle societàumane rischiano di oscillare in
perpetuo tra coesione e anarchismo. La coesionerischia di mummificare il
pensiero; l'anarchismo e il soggettivismo dànno vitaa grandi slanci creativi ma
minacciano la stabilità della società. Ilsanguinoso periodo delle guerre di
religione convinse a trovare delle forme dicomposizione non violenta dei
conflitti nati dal tramonto del principio diautorità. Il liberalismo
rappresenta una risposta a questo problema. Non si tratta di un problema
solomoderno: in realtà il conflitto universale, unitamente alla mancanza
dilegittimazione, era stato tipico della società medioevale. Lo scopo
delcontratto sociale è anche quello di scongiurare la guerra civile
ciclicapropria del Medio Evo. Anche la "statolatria", cioè la enfatizzazione e laassolutizzazione dello
stato è un filone di pensiero che nasce da questaesigenza, si sviluppa grazie
alle riflessioni di Rousseau e di Hegel e trovaattuazioni pratiche con
Napoleone e Cromwell. Un altro filone è quello derivante dalla
estensionedell'individualismo al campo della affettività, col Carlyle del culto
deglieroi, Nietzche, Byron, Fichte. Esso deriva dalla rottura del
precarioequilibrio che derivava dal mantenersi in vita, pur di fronte al
soggettivismointellettuale, delle consuetudini morali di buon costume e
solidarietà socialemutuate dalle epoche precedenti. Paradossalmente il filone
anarchico sicongiungerà all'inizio del nostro secolo con quello statalista nel
segno di unelitismo dittatoriale. Anche il marxismo può considerarsi nel filone
dellaenfatizzazione del "sociale", dello stato di contro all'"individuale".
Perdipiù, le analisi marxiste
del necessario crollo della civiltà borghese,fondata sulla divisione e la lotta
tra classi, rivelano forse una comunematrice di consapevolezza degli effetti e
dei problemi dell'individualismo. Anche il filone di pensiero politico
anarchico e libertario,molto vivo nell'ottocento, è ricondotto da Russell alla
stessa filiazione: essorivolge contro lo stato gli strali che gli altri
movimenti, all'inizio dell'etàmoderna, rivolgono alla Chiesa.
❍ Le regole del gioco da Hobbes a Hume
Lo scopo del contratto - porre
regole del gioco checulmineranno nella democrazia rappresentativa - è quello di
evitare la guerracivile ciclica propria del Medio Evo. Una società agricola può
sopportare iltasso di distruzione di risorse implicito in una guerra civile
permanente; unasocietà industriale no. La riflessione sulle regole del gioco
inizia con Hobbes e prosegue con Locke e Hume. Mentre Hobbes è pessimista
(contratto sociale perevitare il peggio), forse guardando all'epoca sanguinosa
che finisce, Locke e Hume sono ottimisti (Contratto sociale per preparare il
meglio). Questo obbligo politico che dà origine allo stato è il punto di arrivo
di una filosofia basata sulle supposte leggi che regolanola natura, compresa
quella dell'uomo. E' noto che la scoperta delle leggi dellanatura è l'ambizione
di un'epoca iniziata con Francesco Bacone e culminante conle leggi di Newton,
che pubblica i Principia Mathematica nel 1687, otto annidopo la morte di Hobbes
e alla vigilia della "gloriosa rivoluzione" chesanziona
definitivamente in Inghilterra la legittimità del parlamento. Latrattazione
indipendente di queste leggi inizia con Machiavelli, e Hobbes sipone in quel
solco. Il concetto di "stato di natura" può esserespiegabile con il
sorgere di una scienza che si impegna a spiegare l'origine el'evoluzione umana.
Ma oggi si pensa che si tratti più di una premessa logicache di una premessa
storica. Hobbes non è il "teorico dell'assolutismo": accettainfatti
il "logos tripolitikos" (la sovranità indivisibile può spettare
anchead una assemblea democratica o aristocratica); e il potere assoluto ha
unlimite fondamentale: quando il "sovrano" non garantisce la
sicurezza, il doveredi obbedienza dei sudditi viene meno. Hobbes è precursore
del liberalismo, ma solo precursore: il suo stato mancadella divisione dei
poteri e non è uno stato di diritto. Il pensiero di Hobbes pone l'interessante
problemadel rapporto tra assunti liberali e nascita dello stato democratico e
sociale.
Si notano infatti in Hobbes
delle intuizioni che ne fanno un precursore anchein questo campo: nel suo
pensiero sono già prefigurate le conseguenze dellagaranzia della proprietà che
sfoceranno nello stato democratico novecentesco:controllo del potere economico
e sicurezza sociale. Anche Hobbes contrappone come alternativa al Leviatano un
non meglio specificato "regno delle tenebre" rivelando anche luila
presenza della problematica "demarcatoria" rispetto alle culture
eversivetipica del sorgere dei nuovi stati nazionali. Locke è il fondatore del
liberalismo, anche se illiberalismo di Locke contiene solo "in nuce"
la democrazia rappresentativa chesi svilupperà nei tre secoli successivi con
l'estensione del suffragio. La concezione di Locke si basa sulla divisione
deipoteri e sul contratto sociale. Il diritto di proprietà si fonda per Locke
sul fattoche l'individuo ha diritto di proprietà su ciò cui ha
"mescolato" il propriocorpo, o meglio il proprio lavoro. A questa
teoria si ricollegherà quellamarxista del valore-lavoro e della umanizzazione
della natura. Anche Locke teorizza il diritto di insurrezione. Il
"popolo" di Locke non è il popolo medioevale cheprende atto una volta
per tutte del potere del per sempre "unto del signore",ma l'insieme
dei cittadini aventi diritto al voto da cui il potere è conferito.
Locke prevede ANCHE la
possibilità di limitare nel tempo il potere del sovranoo della assemblea.
Esiste quindi una sostanziale continuità (e non una rottura)tra il concetto di
liberalismo e quello di rappresentanza democratica. L'esistenza di leggi di
natura valide in generale peril comportamento dell'uomo e per la sua
organizzazione sociale era convinzioneantica. Traspare in Aristotele, ha una
espressione romana con cicerone ecristiana con Tommaso d'Aquino. Ma è solo
all'inizio del XVII secolo che questaconvinzione dà luogo a una solida
trattatistica politica che culmina conGrozio. Hume mette in discussione questa
millenaria convinzione appena unsecolo dopo la sua formulazione più rigorosa.
Ciò non impedisce allaconvinzione di mantenere una considerevole influenza,
diffusa sino ad oggi. Hume distingue chiaramente giudizi positivi dagiudizi di
valore. Il nostro comportamento non può essere derivato da assiominecessari,
come per Hobbes e per Locke, perché rientra nella sfera dei valori. Tuttavia
Hume non attaccò propriamente la dottrina politica del contratto o delconsenso,
ma invece le sue premesse giusnaturalistiche, per ridurla,empiricamente, a una
convenzione efficace. Per il resto, accetta la teoria delconsenso e del diritto
alla ribellione.
❍ Le regole mancate da Grozio a Comte
Grozio, Pufendorf, cercano
senza successo dielaborare regole per i conflitti internazionali nello stesso
periodo in cuialtri pensatori elaborano con successo regole per normare i
conflitti interni.
Probabilmente determinò
l'insuccesso anche il fatto che gli stati si stavanolanciando nella conquista
coloniale e marittima. La legge naturale - scrive Grozio - è un dettamedella
giusta ragione, che dimostra che un atto, a seconda che è o non è conforme alla
natura razionale ha in sé bassezza o necessità morale; e che unatto siffatto è
quindi proibito o imposto dall'autore della natura, Dio. Grozioinnova, rispetto
alle vie degli antichi giuristi, con il richiamo alla ragione:un metodo
razionale che il XVII secolo poteva addirittura considerarescientifico, per
arrivare ad un insieme di proposizioni su cui basare i sistemipolitici e le
disposizioni della legge positiva. Grozio non vuole eliminare laguerra, ma
renderla meno arbitraria. Il diritto naturale sopravvive e viene rivalutato sul
piano interno, e daesso vengono da molti fatte derivare le "regole del
gioco", anche dopo lacontestazione di Hume. Vediamo ora le posizioni di
Kant ed Hegelsull'argomento. Kant è ancora più drastico di Hobbes circa la
onnipotenza dellostato: il cittadino ha solo il diritto di critica. Ammette
tuttavia lo stato didiritto. Invece, per quel che riguarda i rapporti
internazionali, egli affermala mancanza di diritto, la difficoltà o
impossibilità di realizzare un accordocoattivo, anche se spera che il progresso
della ragione e le rovine dellaguerra possano convincere gli stati alla pace
perpetua. Hegel sostiene che l'eticità assoluta è quella dellostato che non
conosce altro diritto se non il proprio. Il contratto sociale non ha solo
lafunzione di mediare sincronicamente i conflitti sociali, ma anche di
regolarediacronicamente il rapporto tra stabilità ed evoluzione, tra
conservazione eprogresso. Comte pose per primo la esigenza della “costruzione
di una dottrina politica abbastanza razionalmente concepitaperché, nell'insieme
del suo sviluppo attivo, essa possa sempre esserepienamente conseguente ai suoi
principi. Secondo lui, le società moderneavevano raggiunto la consapevolezza
della intima connessione tra ordine eprogresso: non si dà progresso senza ordine,
ma nemmeno ordine se il progressosi configura come una continua rottura
traumatica col passato. La soluzione diComte è alquanto fumosa
("conciliazione finale" attraverso una "dottrinaprogressiva e
gerarchica"), e simile nella impostazione a quella di Hegel.
Per questo si è attirata gli
strali della criticamarxista. Oskar Negt sostiene che si tratta di una
mistificazione che tende adare ad uno stato assolutizzato il controllo dei
conflitti sociali che invece,non ingabbiabili, daranno luogo alla dissoluzione
dello stato borghese. La società moderna ha trovato unaterza via, in cui il
conflitto tra classi è risolto dalla democraziarappresentativa basta sulla
dottrina del contratto e gestito da forzestoricamente definite quali i partiti
politici. E' questa la principale ragione per cui si è evitato l'esito
rivoluzionario della questionesociale. Circa il rapporto tra ordine e progresso
possiamo richiamare quanto Luttwakdice sulle rapidissime trasformazioni della
società industriale. Latrasformazione sembra essere una caratteristica tipica
della strutturacapitalistica, non solo nel breve, ma anche e soprattutto nel
lungo periodo (riorganizzazione totale); le società moderne hanno avuto tanto
successo nelrendere possibile il cambiamento sia pure in un quadro di stabilità
politica,che tale cambiamento ha assunto ritmi abnormi, che minacciano di
generaremalcontento e rimettono in discussione la stessa stabilità politica.
Negli Stati Uniti si hanno le prime avvisaglie di irrequietudine elettorale
cheminacciano di diventare una prassi normale e destabilizzante del sistema.
Sul piano internazionale non esiste un meccanismo dinormazione ovviamente
neanche per quel che riguarda la dialetticaconservazione-progresso: non mediata
da contratto eistituzione, questa dialettica si è tradotta nelle guerre di
religione e poi inquelle napoleoniche, ma senza una aggregazione di interessi e
di rappresentanzeche si traducessi in una polarizzazione tra un blocco d'ordine
e uno diprogresso. Abbiamo invece la Francia cattolica nella guerra dei
trent'anni checombatte i suoi Ugonotti ma è alleata dei protestanti svedesi
contro lacattolica Austria. L'Inghilterra patria del parlamento è alleata alla
Russiaautocratica contro Napoleone, ecc.
❍ La sovranità tra Montesquieu e Rousseau
Si può ora riprendere, dopo la
parentesi sulleregole mancate da Grozio a Comte, lo sviluppo del pe nsiero
politico giunto con Hume alla contestazione del diritto naturale. Alla metà del
1700 il filosofoinglese si colloca a financo del movimento illuminista col quale
è a contatto edall'altro è a sua volta contestato da Rousseau, che riprende il
concetto di undiritto legato alle leggi di natura. Dopo che Bodin ha elaborato
il concetto disovranità, riguardo ad esso si crea una contrapposizione che
permane anche oggitra chi crede che essa non possa essere delegata (Rousseau) e
chi invece credeche possa essere effettivamente esercitata solo se viene
delegata (Montesquieu). Prima di questo il pensiero francese tra la finedelle
guerre di religione e l'apogeo dell'assolutismo con Luigi XIV si eraevoluto
appunto nell'ambito della costruzione della monarchia assoluta, con Naudé, di
scuola realista machiavellica e Bossuet, che si rifà alleprescrizioni
religiose. Naudé sviluppa la dottrina machiavellica delladegenerazione da cui
nasce il principato con la idea del colpo di stato che sigiustifica come mezzo
per rimediare ad una situazione sociale deteriorata edevitare che questa si
deteriori ulteriormente. Montesquieu riflette sulle istituzioni
politicheinglesi; definisce il principio della divisione dei poteri e prefigura
lo statodi diritto. I punti importanti sono: a) lo spiritodelle leggi; b) la
ripresa del "logos tripolitikos"; c) la divisione deipoteri; d) la
rappresentanza. Egli era il portavoce dei nobili, e concepisce lamonarchia non
arbitraria, ma controllata dalle rappresentanze sociali, in primoluogo dalla
nobiltà. Antecedente del pensiero di Rousseau, che pensainvece che chi delega
la sovranità la perde, è il concetto di "volontàgenerale". Diderot
afferma che la naturale socievolezza degli uomini dà vita aduna passione per il
bene di tutti, comune al genere umano, che sfocia nellavolontà generale. Vi
sono uomini augusti la cui volontà particolare riunisce insé sia l'autorità che
l'infallibilità della volontà generale. Questi "mortaliaugusti"
prefigurano il legislatore interprete della volontà generale del qualeparlerà
Rousseau. Comunque Diderot e altri illuministine traggono una conclusione
diversa: la nazione (concetto che comincia acomparire negli scritti degli
enciclopedisti), cioè l'aggregato di
uomini chestipula il patto e che vigila sulla sua osservanza, è rappresentata
dai “mortali augusti" che si trasformano in pratica negli "uomini
responsabili",che sono i possidenti. Questa primatipica impostazione del
contrattualismo contenga comunque in sé il germedell'allargamento (una volta
che l'espansione del reddito abbia interessatoanche le classi meno abbienti).
La sintesi settecentesca è la seguente: Tutti gliuomini sono
"naturalmente" eguali per quanto concerne i rapporti politici
enessuno ha il diritto di comandare come nessuno ha il dovere di obbedire.
Ildiritto e il dovere nascono da un mutuo accordo, il contratto, il cui scopo è
evitare il conflitto permanente e/o favorire la "naturale" tendenza
cooperativae associativa dell'uomo. Si tratta di un salto culturale decisivo
rispetto atutto il periodo precedente, dalla Grecia al medio evo, nel quale non
era stataelaborata alcuna teoria contrattualistica e i diritti-doveri politici
eranoimplicitamente fatti derivare o da rapporti di forza o da volontà
trascendente (divina). Una volta definiti diritti e doveri politici sulla base
delcontratto, la forma specifica della sua attuazione assume la forma
dellarappresentanza: un mandato temporaneo conferito ad alcuni di governare a
nomedi altri (temporaneamente di alcuni con la limitazione del diritto di
voto;potenzialmente e in futuro di tutti, o quasi, col suffragio detto
universale).
Questa elaborazione concettuale
della democrazia rappresentativa è già completanel settecento anche se la sua
applicazione pratica avverrà gradualmente neidue secoli successivi. Tale
elaborazione, appena compiuta, suscita riservee obiezioni che trovano
espressione organica nell'opera di Jean-Jacques Rousseau. Rousseau parte da un
problema molto dibattuto tra gli illuministi:quello se vi fosse assoluta
eguaglianza degli uomini (Helvetius) oppureesistenza di diseguaglianze fisiche
e intellettuali originarie e lo risolve conla convinzione che la legge
garantisca quella eguaglianza che la natura nonsancisce. In generale il
pensiero liberale ha semprerisolto il problema nel senso di non ritenerlo di
ostacolo alla collaborazionee al buon funzionamento della società liberale.
Alcune affermazioni contraddittorie di Rousseau. Ilcontratto sociale è un primo
saggio non organico di una vasta opera progettatasulle istituzioni politiche. I
termini con i quali Rousseau descrive il pattosociale fanno pensare ad Hobbes,
anche se non compare il nome del Leviatano.Gli uomini "mettono in comune
la propria persona e ogni potere sotto la supremadirezione della volontà
generale". Tuttavia Rousseau ritiene che questo pattolasci l'individuo
libero come prima, e anzi sostituisca alla ineguaglianzanaturale, stabilita
dalla natura, la eguaglianza formale, stabilita dallalegge. La volontà
generale, espressione del corpo sociale,non può sbagliare. La sovranità non può
essere rappresentata per la stessaragione per cui non può essere alienata. Ogni
legge non ratificata dal popolo è nulla. Comunque ammette il silenzio-consenso
e la possibilità della maggioranzaanziché della unanimità. DI fatto Rousseau
non propende per una soluzionedefinita: afferma che la democrazia plebiscitaria
è difficile se nonirrealizzabile; che a seconda delle circostanze una forma di
governo è più omeno adeguata ad un popolo. Paventa poi la presenza di fazioni,
e l'unicorimedio che vede è la loro moltiplicazione. Il compito del legislatore
è moltodifficile. Le interpretazioni di Rousseau sono contrastanti.Comunemente
lo si ritiene pensatore radicale, precursore della immanenterivoluzione
francese e di una futura democrazia diretta. Da più parti (Russell, Talmon,
ecc.) è stato considerato il teorico del giacobinismo e dellademocrazia
totalitaria. Pare venisse letto da Robespierre, Lenin, Mao, Stalin. Il rifiuto
della rappresentanza, da Rousseauerroneamente identificata con l'ordinamento
feudale, cioè della sola forma
didemocrazia indiretta a sovranità delegata che sia stata sperimentata,
sembracompletare una impostazione che da un massimo di tutela della libertà di
base (eguaglianza degli uomini dopo e nel patto sociale; sovranità inalienabile
ditutti i componenti della collettività) si capovolge in un massimo di potere
alvertice: legislatori "simili a dei" e volontà generale manipolata
negano lalibertà di associazione col pretesto di impedire che il popolo,
naturalmentesaggio, venga ingannato. Su questa base viene considerato un
campione delradicalismo di sinistra anche dopo Marx. Il suo dichiarare che la
democrazia è impossibile;il suo mettere sullo stesso piano monarchia e altre
forme istituzionali lohanno fatto addirittura accettare almeno parzialmente da
chi condannava larivoluzione francese e la espressione che "ogni cittadino
deve ragionare con lasua testa" a prescindere dalle associazioni (partiti)
è diventata la parolad'ordine della polemica teorica reazionaria contro la
"partitocrazia". Ma vi è chi parla di "liberalismo" di
Rousseau, chesosterrebbe una sola sovranità legittima, quella del corpo sociale
stesso, lasovranità democratica, e che scrive che il legislatore deve soltanto
"riferire"sulle proposte di legge. Questa concezione del
"riferire" ha dato vita alreferendum, massima espressione della
sovranità popolare in una democraziarappresentativa. Comunque Rousseau è
pessimista sullapossibilità di trovare forme istituzionali adeguate per
realizzare pienamenteil radicalismo egualitario, e che ammette il principio di
maggioranza sulduplice fondamento di una preventiva unanime autorizzazione e
sulla naturapuramente ricognitiva della "volontà generale" della
pronuncia popolare.
Leggendo certi passi si può
ipotizzare che eglirichieda una democrazia plebiscitaria nel caso delle leggi,
mentre ritenga cheil potere di condurre gli affari sia delegabile. Rousseau ha
il grave difetto di non valutaresufficientemente il ruolo del potere esecutivo.
Il "disbrigo degli affari" deveessere indirizzato con votazioni
frettolose e con basse maggioranze. In realtàchi gestisce il governo gestisce
anche la legge. La importanza del "contratto sociale" di Rousseauderiva
dal fatto che il pensiero illuminista non diede prodotti significatividi
dottrina politica. L'opera di Rousseau fu il testo basilare del
pensieropolitico dell'età illuminista e la premessa concettuale della
rivoluzionefrancese.
❍ Il liberalismo da Burke a Weber
Burke può essere visto come
rappresentante di unpensiero liberale moderato o propriamente liberale, che
critica la rivoluzionefrancese; Paine è di contrario avviso e può essere visto
come rappresentante diun pensiero propriamente democratico. La distinzione può
essere significativa dal punto divista del funzionamento dei sistemi politici,
che varia con l'estendersi deldiritto alla rappresentanza, Lo è meno e al
limite non lo è affatto dal puntodi vista concettuale. Infatti la filosofia
contrattualistica, descritta nelcapitolo precedente, stabilisce principi validi
per tutti i componenti di unadata collettività (stato, sistema politico). La
applicazione pratica deiprincipi (godimento "universale" dei diritti
civili e politici) è invecesubordinata all'aumento del numero dei cittadini
effettivamente interessatialla stabilità sociale, secondo l'indirizzo espresso
con particolare chiarezza,tra altri, da Montesquieu. Nel secolo che intercorre
tra l'inizio dellarivoluzione francese e l'inizio del novecento, i cambiamenti
delle condizionimateriali sono dunque rilevanti; ma dal punto di vista del
pensieroliberal-democratico gli elementi di continuità prevalgono su quelli
innovativi,appunto perché i principi risultano chiaramente stabiliti nella
grande stagionedi Hobbes e Locke. E' questa continuità che consente lo sviluppo
di un pensieroche già con Paine sottolinea chiaramente il concetto di
rappresentanza comebase della democrazia e che giungerà con Weber ad
analizzarne le condizioni difunzionamento nei primi due decenni del secolo con
considerazioni che arrivanoa sfiorare le concezioni elitiste. Burke dà
contributi importanti, come quello che ilrappresentante non lo è dei suoi
specifici elettori, ma dell'intera nazione. Paine parla molto chiaramente di
"rappresentanzainnestata sulla democrazia" e si rende ben conto che
questa è la differenzarispetto alla democrazia ateniese. Il pensiero
utilitaristico di Bentham vuole chel'utilità sia alla base del patto sociale,
più che il contratto (ma anche glialtri pensavano che l'utilità spingesse al
contratto), e che "misura del giustoo dell'ingiusto è soltanto la massima
felicità per il maggior numero dipersone" e questo si può ottenere con le
istituzioni rappresentative asuffragio universale con frequente rotazione della
rappresentanza. Cenni sul pensiero di James Mill John Stuart Mill critica il
liberalismo su: a)questione femminile; b) conformismo e inibizione del singolo;
c) pericoli diuna democrazia in cui la maggioranza numerica si compone di una
sola classe.
Per converso Mill non giudica
ingiuste lediseguaglianze e la meritocrazia. Opposta a questa posizione
liberal-conservatrice è quella contemporanea della scuola di Oxford, ispirata
da Thomas Hill Green.
Questa corrente di pensiero
insiste sulla natura etica dell'azione politica,legittima l'intervento dello
stato per garantire condizioni di equità anche ineconomia e insiste sulla
possibilità di contemperare diritti individuali einiziative pubbliche per
assicurare la felicità. Il pensiero liberale francese contemporaneo a
quelloconsiderato: Sieyés, Constant. Sieyés identifica la borghesia e la
nazione. Il timore della tirannia della maggioranza, dellaoppressione tramite
il regime parlamentare è in Stuart Mill e in Tocqueville. Stuart Mill, comedetto,
teme che la maggioranza cada nelle mani di una classe dominante;Constant si
preoccupa di stabilire il principio che "ci sono delle materie incui il
legislatore non ha diritto di fare leggi, in altri termini ognisovranità è
limitata e vi sono delle volontà che né il popolo né i suoidelegati hanno il
diritto di avere". Questa convinzione che una verità evidentee poteri
distribuiti garantiscono "la libertà personale (che) è lo scopo ditutte le
società umane" trova ulteriore sviluppo nel pensiero liberale francesecon
l'opera di Alexis de Tocqueville, che ritiene di vedere applicato ilprincipio
della sovranità limitata nel sistema politico degli Stati Uniti. Tutta la sua
opera è orientata da tre criteri: evitare la centralizzazione delpotere;
garantire la società dalla tirannia della maggioranza; promuovere
lapartecipazione politica. La fioritura dei poteri locali e delle
associazionivolontarie gli appaiono le due modalità fondamentali che
l'esperienza americanasuggerisce per realizzare quei tre obiettivi. De
Tocqueville paventa uno stato che si occupi delcittadino dalla culla alla
tomba, ma gli toglie interamente la fatica dipensare e la pena di vivere.
Prevede inoltre il massiccio intervento dellostato sociale. Cenni sul pensiero
della seconda generazioneliberale francese (Prevost-Paradol). Cenni sul
pensiero liberale italiano, da Vico aCroce. Mazzini è classificabile come
liberaleradicale (repubblicano). Come Paine egli propone la repubblica. Come
Paineritiene che la "democrazia" moderna superiore a quella antica,
che secondo lui è ancora venata di faziosità popolare. Croce è un
liberal-moderato, nipote degli Spaventaliberal-moderati, anche se allievo di
Labriola. I problemi sono quelli di John Stuart Mill, di Constant, Tocqueville,
Mazzini: il consenso di tutti (e quindiil potere e il governo) e il libero
sviluppo di ognuno, la libertà individuale.Croce, con tutto il pensiero
liberale, non ritiene che nella societàliberal-democratica la diseguaglianza di
condizioni economiche (proprietà o nonproprietà dei mezzi di produzione) sia un
ostacolo permanente "al liberosviluppo di ciascuno", da assicurarsi
soltanto attraverso la proprietàcollettiva. Egli non la rifiuta a priori. In
polemica con il liberale LuigiEinaudi, Croce sostiene che anche un sistema
economico collettivista è compatibile con la libertà individuale e col
progresso della storia, che perlui è nella direzione di sempre più ampie sfere
di libertà per ciascuno, consempre più ampie garanzie politiche per tutti.
Ritiene tale spinta della storiatanto forte da manifestarsi anche in società
economicamente collettivista. Maritiene anche che la società
liberal-democratica sia quella meglio strutturataper garantire tanto la libertà
economica che quella politica. L'apice del pensiero tedesco è Max Weber,monarchico
come Croce (nel senso della utilità di una istituzione cherappresenti
simbolicamente e costituzionalmente l'unità nazionale) econservatore. Tra i
suoi contributi vi sono: a) la distinzione dei giudizi divalore dagli altri
giudizi; b) la importanza dei valori culturali introiettatiper il funzionamento
del sistema liberal-democratico; c) il rapporto tramandato politico e gestione
amministrativa; d) il ruolo del leader autorevole ("capo
carismatico") per il funzionamento di una democrazia rappresentativabasata
sul consenso. Per lui la rappresentanza è un sistema nel quale ilconsenso è
garantito dalla introiezione di valori culturali. Egli parladell'etica
calvinista che contribuisce alla formazione della mentalitàcapitalistica e
paventa la degenerazione agonistica del capitalismo americano. Paventa pure lo
strapotere di una burocrazia chedovrà necessariamente crescere di dimensioni,
ma dovrà essere controllata da unlegislativo fatto di validi politici
professionisti. Il capo carismatico è l'erede dei personaggi dotatidi potere
sacro variamente chiamato ("mana", "orenda",
"maga", ecc.). L'analisimarxista conosce una figura analoga, e parla
di "bonapartismo". Egli mette inrilievo l'importanza di capi con
capacità di leadership anche nelle democrazierappresentative. La conciliabilità
della forte personalità con larappresentanza fiduciaria è uno dei suoi
problemi. Con Weber, come con Tocqueville, Stuart Mill eCroce, la filosofia
politica del liberalismo è completa nelle sue proposizioni:
1) Massima garanzia dei diritti
e delle libertà individuali;
2) l'eguaglianzagiuridico
politica non è messa in discussione dalla disparità di posizioneeconomica;
3) lo stato di diritto e la
rappresentanza in un parlamento espressoda libere elezioni è la forma
istituzionale più propria alla societàindustriale;
4) il rischio di un potere
crescente dello stato e dei suoi organi (burocrazia) può non essere
fronteggiato dalla partecipazione edall'associazionismo diffusi. Il pensiero
liberale aveva compreso che laeguaglianza giuridica e politica garantita dallo
stato di diritto comportavadiseguaglianze sul piano economico e sociale.
Tuttavia riteneva che le diseguaglianze da un lato fossero espressione di
differenze individuali insopprimibili nella natura umana e dall'altro non
incidessero sullasostanziale equità dei rapporti politici. I diversi livelli di
ricchezza, dipotere economico e quindi di stato sociale - si supponeva - non
eranodistanziati a tal punto da generale diversità tra i cittadini sul piano
deidiritti e del potere politico. I più ricchi e più economicamente forti
potevanoavere maggiore influenza, ma erano in minor numero. I meno ricchi
edeconomicamente più deboli avevano minore influenza, ma erano più
numerosi:nell'insieme le diverse situazioni potevano bilanciarsi, senza
ingeneraresquilibri tanto marcati da rendere precaria la eguaglianza
giuridico-politica.
❍ La critica marxista
La critica marxista al sistema
della democraziarappresentativa consisteva nel fatto che la eguaglianza
giuridica e politicagarantita dallo stato di diritto comportava diseguaglianze
sul piano economicoe sociale. Lo sviluppo del capitalismo moderno, della
società industrialeavanzata crea nella distribuzione della ricchezza (in forma
di capitale equindi di controllo dei mezzi di produzione) e del potere
economico disparitàtali, tra chi detiene e chi non detiene tali mezzi, da
rendere puramenteteorica l'eguaglianza sotto il profilo giuridico e nei
rapporti politici. Inbase a questo assunto Marx ritiene che la democrazia
rappresentativa, chedefinisce borghese, sia puramente formale e tale da
tradursi di fatto in quellache potrebbe essere definita una sostanziale
dittatura della borghesia. In Marx confluiscono il pensiero politico
francesefino a Robespierre, il pensiero della scuola politica classica
ingleseculminata in Ricardo, e la filosofia tedesca culminata in Hegel. Il
marxismo fu chiamato socialismo "scientifico" inquanto in grado di
superare la dimensione utopistica secondo Marx ravvisabilenelle impostazioni di
Saint-Simon e Owen, di Fourier e Cabet: pensatori cheavrebbero elaborato un
"socialismo utopistico", un società ideale secondo imodelli di
Platone, di Moro e Campanella, senza analizzare le condizionisocio-economiche e
politiche che sono alla base delle formazioni sociali: diquelle passate e
presenti e presumibilmente di quelle future. Marx è cautosulle previsioni sul
futuro: affermava di non voler prefigurare la possibile “società
comunista" ma di indicare le condizioni che ne avrebbero fatto uneventuale
ed anche probabile sbocco della storia istituzionale e socialedell'umanità. Da
Hegel riprende lo storicismo e la dialettica,capovolgendoli: la realtà come
base, l'idea come derivato, all'oppostodell'idealismo che vedeva nella realtà
l'idea che si attua. Nel "Manifesto" afferma che la storia non è
altroche lotta di classi, lotta che finì sempre o con una trasformazione
rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi inlotta.
La società borghese sorta dalla rovina di quella feudale, non haeliminato i
contrasti tra le classi, anzi li ha radicalizzati. Ha posto a basedei rapporti
umani il nudo interesse. Ha creato una dinamica di rivoluzionecontinua degli
strumenti e quindi dei rapporti di produzione. Ha evocatopotentissimi mezzi di
produzione e di scambio. Dopo un secolo dalla sua nascitale forze produttive si
ribellano contro i moderni rapporti di produzione,contro i rapporti di
proprietà che sono le condizioni di esistenza dellaborghesia e del suo dominio.
Il proletariato prende coscienza di se stessonella misura in cui la borghesia
si sviluppa e prende coscienza di se stessa.Il suo scopo non sono effimeri
successi, ma la unione e il rovesciamento dellasocietà borghese. Mentre i
conflitti sociali passati assoggettavano una classeal guadagno dell'altra, la
rivoluzione proletaria abolirà l'intero modo dellaappropriazione. Il movimento
rivoluzionario socialista è l'unico movimento chenon sia di minoranze a favore
di minoranze, ma della enorme maggioranza afavore della enorme maggioranza. I
comunisti si distinguono dagli altrisocialisti in quanto rappresentano sempre
l'interesse del movimentocomplessivo. Sono la parte più risoluta dei partiti
operai di tutti i paesi;conoscono l'andamento e i risultati generali del
movimento proletario;appoggiano dappertutto ogni moto rivoluzionario. Nella
prima fase il proletariato, organizzato comeclasse dominante, collettivizzerà i
mezzi di produzione e abolirà le differenzedi classe e aumenterà con la massima
rapidità le forze produttive. Il diritto di voto sarà ristretto alla
"grande maggioranzadei cittadini" ma tolto ai borghesi. Si realizzerà
insomma una forma statalecon una classe egemone, non diversa da quella
borghese. Marx indicò nella forma della comune di Parigi, caratterizzata da
mandatoimperativo per gli eletti che erano revocabili in ogni momento e
dallaconcentrazione in eletti sottoposti a questa forma di stretto controllo
tantodel potere legislativo che di quello esecutivo la forma istituzionale
delladittatura del proletariato che avrebbe caratterizzato la prima fase
dellatransizione dal socialismo al comunismo (basato il primo ancora sulla
formula “a ciascuno secondo il suo lavoro" e il secondo su quella "a
ciascuno secondo isuoi bisogni"). Quando le differenze di classe saranno
sparite etutta la produzione sarà concentrata nelle mani degli individui
associati, ilpotere perderà il carattere politico. Il potere politico, nel
senso propriodella parola, è il potere organizzato di una classe per
l'oppressione diun'altra. Distruggendo violentemente i vecchi rapporti di
produzione ilproletariato abolisce insieme con questi rapproti anche le
condizioni diesistenza dell'antagonismo di classe e le classi in generale e
quindi anche ilsuo proprio dominio di classe. Al posto della società borghese
classista subentra una associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno
è lacondizione per il libero sviluppo di tutti. Il diritto di proprietà si
fonda per Locke sul fattoche l'individuo ha diritto di proprietà su ciò cui ha
"mescolato" il propriocorpo, o meglio il proprio lavoro. A questa teoria
si ricollegherà quellamarxista del valore-lavoro e della umanizzazione della
natura. Violenza "levatrice della storia". "Nello sviluppo della
produzione sociale gli uominientrano in rapporti definiti che sono
indispensabili e indipendenti dalla lorovolontà; questi rapporti di produzione
corrispondeono ad una fase di sviluppodei loro poteri materiali di produzione.
La somma complessiva di questirapporti produttivi costituisce la struttura
economica della società, la vaerabase su cui sorgono le sovrastrutture legali e
politiche... Ad un certo puntodel loro sviluppo le forze materiali di
produzione entrano in conflitto con irapporti di produzione esistenti... Da
forme di sviluppo delle forzeproduttive, questi rapporti si trasformano in loro
catene. E' il periodo dellarivoluzione sociale". Le due leggi fondamentali
della economiacapitalistica giunta al suo apogeo sono la legge della caduta
tendenziale delsaggio di profitto capitalistico e la legge della
pauperizzazione cresente delproletariato. Ciò avrebbe portato a una serie di
crisi economiche sempre piùfrequenti e sempre più gravi che, acuendo i
contrasti tra borghesi e proletari,sarebbero sfociati in un processo
rivoluzionario culminante appunto nellainstaurazione dela dittatura del
proletariato. La società industriale capitalistica ha continuatoa sviluppare
sino ad oggi le sue forze produttive senza entrare in conflittocon le forme di
proprietà definite "borghesi". Questa situazione si è tradottanella
grande capacità e funzionalità delal democrazia rappresentativa diintegrare nel
suo sistema partiti e istituzioni della classe che Marx ipotizzarivoluzionaria,
gli operai di fabbrica. In questo senso la "violenzaconcentrata di
stato" della quale Marx parla in relazione ai roghi dellestreghe è stata
integrata da una capacità di organizzazione del consenso che fadella democrazia
rappresentativa "costituzionale" e "repubblicana" un
sistamadi controllo e gestione delle tensioni sociali ben più efficace del
sistema “dispotico" al quale il filosofo tedesco la paragona. Vivo Marx,
il problemapareva non porsi. I moti rivoluzionari del 1848, della Comune di Parigi
del 1871, la costituzione della Internazionale socialista del 1864 (siapure
entrate in crisi per il conflitto tra orientamenti marxisti eanarco-libertari
ispirati da Michail Bakunin, la cui differenza essenziale da Marx stata nel
rifiuto di riconoscere nello stato la forma di organizzazionedel potere anche
nelle classi subalterne, stessa idea di Prudhon) facevanoapparire imminente il
rovesciamento della società borghese. Anche l'esempiodella rivoluzione francese
faceva pensare a Marx che un processo analogo sisarebbe verificato a beneficio
della classe lavoratrice. Ma si sbagliava. Le leggi marxiste di evoluzionedel
capitalismo furono in seguito considerate del tutto infondate. Egli non sirese
conto di trovarsi di fronte solo a temporanee difficoltà di un capitalismonella
fase ascendente della prima rivoluzione industriale (mi pare diricordare che
nel corso dell'ottocento si toccarono punte di disoccupazione estagnazione). Da
un lato la grande disponibilità di risorse, dall'altro lalegittimazione del
movimento operaio a svolgere una azione sindacale e politicaattraverso le
istituzioni rappresentative si tradussero in una prassiriformatrice. Queste
condizioni vennero influenzando il pensiero marxista qualesi venne evolvendo
nella seconda internazionale (fondata nel 1889). Engels, purconfermando la
diagnosi di crisi capitalistica inevitabile e di rivoluzionesocialista
conseguente scrive che il socialismo poteva affermarsi, sino almomento della
crisi finale, che sarebbe stata decisa dalla violenza (che vienerinviato ad un
futuro indefinito), con strumenti legali. Da questa osservazione parte Eduard
Bernstein, unodei fondatori della socialdemocrazia tedesca. Egli ritiene
possibile per laclasse operaia giungere al potere conquistando la maggioranza e
senza trovareopposizione nella borghesia. Da allora "revisionismo"
viene definita daimarxisti che si ritengono "ortodossi" ogni
posizione che nega alla violenzarivoluzionaria un ruolo necessario nel
passaggio dal capitalismo al socialismo. La posizione di Bernstein rimase
inizialmenteisolata tra i continuatori del pensiero marxista, che erano anche
leader demovimento socialista. Gli "ortodossi" - Karl Kautsky, Rosa
Luxemburg, Lenin,
Jean Jaurè s, Filippo Turati -
contestarono Bernstein: nessuna classe dominantedella storia aveva mai
rinunciato al potere senza lottar, così avrebbe fattoanche la borghesia e
quindi la violenza rivoluzionaria era necessaria. Leistituzioni democratico-rappresentative
potevano essere usate per migliorarepiù o meno temporaneamente le condizioni di
vita dei lavoratori subalterni, manon avrebbero garantito il passaggio del
potere. Rosa Luxemburg riteneva che senza il passaggio dalcapitalismo al
socialismo il primo, con le sue difficoltà e contraddizioniavrebbe determinato
una situazione regressiva che avrebbe condotto ilcapitalismo alla barbarie.
Anche il tentativo del capitalismo di superare lesue difficoltà creando un
mercato mondiale era fonte di sue nuovecontraddizioni. Rudolf Hilferding
sosteneva che la produzione dicapitale attraverso il capitale diveniva più
importante della produzionecapitalistica di merci. Lenin non accettò le tesi di
Rosa Luxemburg,apprezzò quelle di Hilferding, ma sostanzialmente tenne conto
degli apporti dientrambi (oltre che del saggio "L'imperiamismo" del
liberale John Atkinsin Hudson) per sostenere ne "L'imperialismo ultimo
stadio del capitalismo" che ilprimo conflitto mondiale è la crisi finale
del sistema capitalistico ipotizzatada Marx. La rivoluzione russa del 1905 fu
vista come unaconferma delle crescenti tensioni sociali e del possibile
sboccorivoluzionario. Trotzkij riteneva che una rivoluzione democratica in un
paesearretrato potesse superare lo stadio capitalistico. Rosa Luxemburg
avevascritto saggi nei quali si riprendevano le impostazioi rivoluzionarie di
Marx.George Sorel, in "Riflessioni sulla violenza" riteneva che non
il partitosocialista e l'uso della democrazia rappresentativa, ma lo sciopero
politicogenerale e espropriatore avrebbe portato alla rivoluzione (tesi già
esposta daBakunin). La novità della impostazione di Hegel era stataquella di
dare un fine immanente alla storia diverso dal fine cristiano. Perlui era lo
stato razionale, per Marx il comunismo. Si ha qui una “svolta
epistemologica" che rende le teorie storicistiche di tale tipo “falsificabili"
e quindi scientifiche (nonostante che Popper ritenga chemarxismo, psicanalisi e
teoria della relatività non siano teorie falsificabilie quindi non siano scientifiche).
Tutto il dibattito avviato da Bernstein cuisi è accennato è
"scientifico", perché verte in fondo su questa verifica: comesi stata
evolvendo il capitalismo? Come si stava organizzando il proletariato?In
precedenza nessun pensatore politico (neanche Hegel) aveva dato luogo ad
undibattivo sulla verifica storica di una sua teoria della società e della
suaevoluzione. Le teorie sono state valutate esclusivamente in base alla
lorocoerenza logica, al loro grado di realizmo in relazione a un suppostocomportamento
(natura umana). Col marxismo la verifica non è più logica oteorica: diviene una
verifica di realtà. Se Popper non ritiene il marxismo
"falsificabile"questo si verifica perché i marxisti vi introducono
sempre nuove variabili perspiegare il mancato realizzarsi delle previsioni, e
dunque inficiarne la “falsificabilità" demandandola continuamente a un
futuro sempre più lontano. Fino al congresso di Basilea del 1912 i
leadersocialisti avevano previsto la guerra balcanica e avevano deciso di
risponderecon uno sciopero generale internazionale. Ma allo scoppio della
guerra si videche valori patriottici avevano permeato la classe operaia,
compresi parecchidei maggiori leader del marxismo "ortodosso", come
il francese Guesde. Questapenetrazione in tutta l'europa occidentale si
integrava coi valori dellademocrazia rappresentativa. Era in suo nome che i
socialisti tedeschidifendevano la Germania, dove il socialismo era forte e
legittimato, control'autocratica Russia. Ed era in suo nome che i socialisti
francesi difendevanola Francia, repubblicana e democratica, contro il
militarismo tedesco. Inquesta situazione il pensiero di Lenin sull'imperialismo
e lo sbocco militaredel capitalismo apparve isolato. Ma la situazione andò
modificandosi nel corso delconflitto. Mentre buona parte degli ortodossi
assumevano posizioni proprie delpacifismo liberal-democratico i bolscevichi
russi e personalità rivoluzionariedi altri paesi (tra le quali l'italiano
Amedeo Bordiga) lanciavano la parolad'ordine del disfattismo rivluzionario per
la guerra civile anticapitalistica,parola che ebbe eco via via che la guerra
aggravava i sacrifici e le delusionidegli stessi gruppi sociali subalterni. La
presentazione della guerra comeprova della barbarie capitalistica (Luxemburg)
ridiede slancio allaformulazioni del marxismo rivoluzionario: i capitalisti si
contendevano con learmi le colonie e i mercati per superare la grave crisi del
loro sistema ; lademocrazia rappreentativa non era che una forma di dittatura
borghese, la qualerivelava appieno i suoi caratteri con le leggi speciali del
periodo bellico,che rimettevano in discussione il garantismo liberale. La terza
internazionale, fondata nel 1919, rilanciòtutte le tesi del marxismo
rivoluzionario, presentandole come confermate daglieventi del primo conflitto
mondiale, ad opera di Lenin, ma anche di Trotzkij,Gramsci, Luxemburg. Le
conseguenze di questa ripresa degli ideali rivoluzionari furono
fiammaterivoluzionarie come quella di Torino del 1917, e la rivoluzione russa
nelle duefasi del febbraio 1905 (abbattimento del potere zarista) e
dell'ottobre 1917 (instaurazione del potere sovietico). In Ungheria e Baviera
le repubbliche deiconsigli erano state rapidamente sconfitte,
"consigli" tedeschi avevano optatoper la democrazia rappresentativa,
Rosa Luxemburg era stata uccisa, in Italial'ondata rivoluzionaria
dell'immediato dopoguerra si era esaurita col fascismo. Accanto al rilancio del
marxismo rivoluzionario sirafforzava anche una intrepretazione gradualista con
Kautsky, Rodolfo Mondolfo,Filippo Turati e gli studiosi del cosiddetto
austromarxismo (Hilferding, OttoBauer, Karl Renner). Il fascismo, la crisi del
1929, il nazismo furonointerpretate come il tentativo di un capitalismo in
declino di fronteggiare leistanze rivoluzionarie proletarie accantonando le
istituzionidemocratico-rappresentative. Questa interpretazione è stata
riprodotta ancora dal pensiero di Mao Tse Tung. Ma in realtà il fenomeno
rimaneva circoscritto enon assumeva quella dimensione universale che sarebbe
stato lecito attendersiin base a tale analisi: la Scandinavia si avviava alla
socialdemocrazia,ispirata al pensiero del riformismo come quello della scuola
di Stoccolma diGunnar Myrdal; negli USA ebbe successo lo schieramento
progressista di Roosevelt e in Francia quello del fronte popolare del 1936; in
Inghilterra siera avuta una effimera vittoria laburista nel 1924 e persistevano
comunque leistituzioni liberal-democratiche. Il problema della famiglia si
intreccia con quellodelle istituzioni politiche. Platone la voleva abolire, al
contrario diAristotele. Bodin, Hobbes, Locke la considerano in varia misura il
fondamentodello stato "moderno". I suoi problemi compaiono in John
Stuart Mill e infine Marx replica alla accusa che i marxisti
voglianodistruggere la famiglia e instaurare il comunismo della donna. Egli
mettecomunque in luce che nello stato borghese i proletari non hanno famiglia e
ledonne sono costrette alla pubblica prostituzione. August Bebel, fondatore
delpartito socialdemocratico tedesco sostiene che la donna proletaria è doppiamente
sfruttata, in famiglia e sul lavoro.
❍ Le teorie elitiste
Mentre il marxismo critica la
democraziarappresentativa per i limiti posti alla gestione politica dalle
diseguaglianzesocio-economiche, si sviluppa una corrente di pensiero che la
critica per uneccesso di eguaglianza cone compromette l'ordine gerarchico sul
quale ritienesi fondino le società umane e le istituzioni politiche, la cui
evoluzioneavviene ad opera di una minoranza di "migliori". Sotto
questo comune denominatore possono esseresituati: 1) i tradizionalisti che
controbattono le teorie illuministe dopo larivoluzione francese (de Maistre, De
Bonald, Donoso Cortés, von Haller); 2) icritici della democrazia
rappresentativa nella fase del suo sviluppo alla finedell'ottocento (Pareto, Mosca,
Michels); 3) I teorici del razzismo edell'autoritarismo nell'epoca dei fascismi
storici (Gobineau, Chamberlain, Maurras, Spengler, Guénon, Evola). I teorici
elitisti come quelli contrattualistimuovono dalla legge naturale (talvolta
identificata con quella divina). Madiversamente da quelli negano che tale legge
sia quella dell'eguaglianza tragli uomini presupposta (Helvetius) o determinata
convenzionalmente dalcontratto (Rousseau). La legge naturale è invece qulla
della diseguaglianza;inoltre gli elitisti negano che la base del rapporto
politico sia il contrattoe riaffermano esplicitamente quanto la cultura antica
dava per implicito: labase del rapporto è l'autoselezione della stessa élite,
la minoranza "migliore"che si impone alla colettività. Le teorie
elitiste mettono in discussione le regoledel gioco sul piano interno (critica
della rappresentanza) e propongono comeinterpretazione della storia una
autoselezione non normata che stabiliscegerarchie sul piano intrno come su
quello internazionale. Gaetano Mosca nel suo "Sulla teorica dei governi e
sul governoparlamentare" (1884) parla della classe politica come di una
minoranzaorganizzata (tratto per cui si avvicina a Lenin) dotata di alcune
qualitàspeciali, di amore per il potere e i suoi vantaggi che volge a pro suo
lerisorse dello stato (il "governo come macchina per il dominio"
avvicina Mosca a Marx), e di cui gli altri sentono e subiscono la superiorità.
La diseguaglianza è stata, storicamente, dapprima tra i più forti e valorosi,
poi tra i più coltie ricchi, ("governanti" e "governati").
La maggioranza governa rifacendosisempre a un principio astratto, ad una
formula politica, perché è tipicodell'uomo amare di credere che si obbedisca
piuttosto ad un principio astrattoche ad una persona che vi comandi perché ha
le attitudini. Quellaliberal-democratica consiste nel sostenere che le
maggioranze sono quelle chegovernano o almeno possono governare eleggendo i
loro rappresentanti. Il filone di de Maistre rifiuta il pensiero modernoa
partire dalla Riforma, e si rifà alla legittimazione divina. Nelle “Riflessioni
sul protestantesimo" egli sostiene che la radice di tutti i mali è
l'insurrezione della ragione individuale contro la ragione
universale,impersonata dalla autorità esclusiva della bibbia e della interpretazione
dellaChiesa. L'eresia del XVI secolo è non soltanto religiosa ma civile,
perchéaffrancando il popolo dal giogo dell'obbedienza e accordandogli la
sovranitàreligiosa scatena l'orgoglio generale contro l'autorità. Dopo
ilprotestantesimo è inevitabile la rivoluzione. Di quella francese egli rileva
ilcarattere non meramente politico, ma satanico (apostasia solenne dei
preti,ecc.). La storia, che è la politica sperimentale, dimostra che la
monarchiaereditaria è il governo più stabile, più felice e più naturale per
l'uomo. Lalegge naturale della diseguaglianza va restaurata dopo la deviazione
storicadel protestantesimo e della rivoluzione francese, che Ludwig von
Hallerdefinisce "mostruoso e fallito esperimento" di dare pratica
attuazione al “preteso edificio filosofico" del contratto sociale, che ha
inevitabilmentecondotto a un decennio insanguinato e inutile. Juan Donoso
Cortés, diplomatico e parlamentaredella Spagna della restaurazione afferma che
il governo parlamentare derivatodalle teorie contrattualistiche non è mai
esistito neanche nella sua suppostapatria - l'Inghilterra - fino alle riforme
degli anni '30 e '40. La Camera dei Pari, e non anche la Camera dei Comuni era
l'unico potere dello stato.
L'Inghilterra non era una
monarchia, ma una aristocrazia (i "Pari"), un potereuno, perpetuo e
limitato; limitato perché la costituzione, le tradizioni e icostumi
l'obbligavano ad adattarsi in pratica alla modestia del titolo. Lanazione
inglese ha sempre riconosciuto le condizioni essenziali e come talidivine del
potere pubblico, che sono implicitamente negate da ciò che nelcontinente porta
il nome di governo parlamentare. Le riforme introdotte nellaCostituzione
inglese nei tempi in cui egli scrive sono una vera rivoluzionecolma di
catastrofi. In particolare egli pare deprecare il declinoinarrestabile della
valutazione negativa e assoluta del delitto, sia ad operadei riformatori
utilitaristi liberali, sia ad opera degli agitatori socialisti.Aggiunge ancora
che "coloro che hanno fatto credere ai popoli che la terra puòessere un
paradiso sono riusciti più facilmente a fargli credere che lo potràessere senza
spargimento di sangue... Nell'ora in cui tale illusione verràcreduta da tutti,
il sangue sgorgherà anche dalle dure rocce e la terra sitrasformerà in inferno".
Contro questi pericoli il solo possibile rimedio è ladittatura, che è l'effetto
di una concentrazione delle "forze resistenti"dell'organismo sociale
di fronte al concentrarsi delle "forze invadenti". Gli elitisti
autoritari degli anni '30 siricollegano ai pensatori citati. Evola fa risalire
il declino dell'Occidente aicicli e alle ere millenarie della tradizione
ariana, ma vede le ultime fasi in Lutero e Rousseau che preannuncia la
rivoluzione francese. Lutero vede ecombatte nella chiesa quell'elemento romano
che vi si introdusse per volontàsuperiore, nonostante l'elemento degenerativo
semitico e che costituisce il suovero nucleo tradizionale. E' curioso notare
che anche Russell Carl Schmitt sostiene in "Teologia politica"
(1922)che tutti i concetti più pregnanti delal moderna dottrina dello stato
sonoconcetti teologici secolarizzati. Egli indaga il tema della
legittimazionedella dittatura, ovvero della presa di potere delle élites, della
sospensionedella regola della organizzazione e della verifica del consenso.
Egli ritiene,a differenza di pensatori liberali o controrivoluzionari
precedenti, di trovarela legittimità della auto-selezione delle elites nelle
esigenze pratiche chedànno la preminenza alla rapidità ed efficacia della
decisione. E' però importante ricordare che le teorie elitistenon escludono
l'importanza del consenso, ma anzi la sottolineano. Quello cheescludono è un
consenso che derivi dal conferimento della delega edall'esercizio della
rappresentanza, secondo la logica del contratto sociale edella democrazia che
si definisce appunto rappresentativa. Secondo le teorieelitiste il consenso
deriva dalla tradizione (teorici della restaurazione),dalla formula politica
(Mosca) o simultaneamente dalla coazione e dal consenso (Pareto). Pareto, ne
"I sistemi socialisti" (1902) precisa lasua concezione delle elites.
Le elite si manifestano in parecchi modi, secondole condizioni della vita
economica e sociale. La conquesta della ricchezza presso i popoli commercianti
e industriali, il successo militare presso ipopoli bellicosi, l'abiltà politica
e spesso lo spirito di intrigo e labassezza di carattere presso le
aristocrazie, le democrazie e le demagogie, isuccessi letterari nel popolo
cinese, la conquista di dignità ecclesiastichenel Medio Evo, ecc. sono altrettanti
modo coi quali si effettua la selezionedegli uomini. Nulla si può comprendere
se non si separa la sostanza dallaforma. La sostanza è il movimento di
circolazione delle elite, la forma è quella che domina nella società dove il
movimento ha luogo. Sarà una disputa diletterati in Cina, una lotta politica in
Roma antica, ecc. Queste élite nonhanno nulla di assoluto. Vi può essere una
élite di briganti come un'élite disanti. Anche Pareto accetta la distinzione
tra governanti e governati. Presentale rivoluzioni (che Mosca chiamava
"cataclismi politici") come l'effetto dellasparizione delle
aristocrazie. Le aristocrazie non durano. La storia è uncimitero di
aristocrazie. Le rivoluzioni seguono perché, sia per il rallentarsidella
circolazione della classe eletta, sia per altra causa, si accumulanonegli
strati superiori elementi scadenti che rifuggono dall'uso della forza,mentre
crescono negli strati inferiori gli elementi di qualità superiore chesono
disposti ad adoperare la forza. La storia viene interpretata dai
contrattualisticome un evolversi verso istituzioni sempre più razionali; dai
marxisti come unalotta di classe permanente sino alla instaurazione del
socialismo; daglielitisti come una perenne lotta di minoranze di governanti.
Secondo Robert Michels ("sociologia dei partiti", 1911) la forma
democratica su cui si basa la vita dei partiti politici faprendere facilmente
abbaglio sull'inclinazione all'aristocrazia o per dirmeglio all'oligarchia, a
cui soggiace l'organizzazione di ogni partito. Vi è una immanente tendenza
oligarchica in ogni aggregato umano costituitosi perraggiungere scopi di ordine
politico od economico. Una classe che elevi versola società pretese determinate
e si studi di mandare ad effetto tutto uncomplesso di ideologie e di ideali generati
spontaneamente dalle funzionieconomiche che essa compie, ha bisogno di
organizzazione tanto nel campoeconomico che in quello politico. La tendenza
burocratica ed oligarchicaassunta dall'organizzazione dei partiti anche
democratici è da considerarsisenza dubbio quale frutto fatale di una necessità,
tecnica e pratica. Ilmoderno partito politico è altresì una organizzazione di
guerra. E democrazia eprontezza sono concetti assolutamente inconciliabili. E
questa delega fattadalla massa a un gruppo di singoli individui che le
rappresentapermanentemente denota il principio dela fine della democrazia, come
Rousseaue i Socialisti francesi della prima metà del XIX secolo avevano notato.
Infattiuna rappresentanza prolungata significa senz'altro il dominio deirappresentanti.
Contemporaneamente si sviluppano teorie razzisteche appaiono una proiezione
dell'elitismo gerarchico su scala mondiale. Visarebbero razze destinate a ruoli
positivi e negativi nella evoluzione delleciviltà (Joseph de Gobineau,
"saggio sull'ineguaglianza delle razze umane, 1853-55; Houston Stewart
Chamberlain, "I fondamentali del XIX secolo", 1899).Convergono nella
ideologia razzista motivi anti-semiti mutuati dalcristianesimo e la concezione
della superiorità della razza bianca, natainsieme al contrattualismo che
accompagnava l'espansione mondiale della culturaeuropea: quelli che potevano
essere cauti accenni in Hume e in Locke e unoschematismo teorico in Hegel si
trasformano in una concezione dinamica eaggressiva. Per de Gobineau non la
lotta tra classi ma tra razze è il motoredella storia. Le civiltà decadono con
gli incroci, quando gli arianicivilizzatori si incrociano con le razze
inferiori mongolica, nera e semitica.Il ceppo ariano germanico si è mantenuto
puro, e ha il compito di salvarel'ultima civiltà esistente e minacciata, quella
"germanica". Anche ledistinzioni di classe sono distinzioni etiche:
la aristocrazia ariana, laborghesia formata di meticci con prevalenze ariane, e
il proletariato prevalentemente di derivazione nera e semitica al sud e
mongolica al nord.
Occorre evitare la mescolanza
etnica della democrazia egualitaria dallariscossa degli strati elitari, e con
essa evitare il crollo della civiltàeuropea, estendendo una nuova civiltà
gerarchica in europa e poi nell'interoglobo. Queste idee ebbero notevole
influenza in germania e sul circolo di Wagner. Chamberlain invoca una politica
eugenetica permantenere il nucleo ariano tedesco, il più puro. E' sua la teoria
del dominiomondiale degli ebrei, cui contrappone la restaurazione di una
gerarchiarazziale universale ad opera degli ariano-germanici. Hippolyte Taine
("Origini della Franciacontemporanea", 1876-1893) descrive la
rivoluzione francese come fase crucialedel processo di degradazione della
società, anticipata dal pensiero di Rousseauche aveva esaltato il selvaggio,
"ultimo grado di abbrutimento di ceppidispersi", secondo de Maistre.
Maurras ("inchiesta sulla monarchia", 1900)propone ai francesi la
reazione all'indirizzo del'illuminismo, dellarivoluzione e della repubblica e
la restaurazione di una monarchia “tradizionale, ereditaria, antiparlamentare e
decentralizzata", garanzia di unfunzionamento elitario basato non tanto e
non solo su elites fondate non tantosulle capacità quanto sulle consuetudini e
di conseguenza attitudini alservizio dello stato (famiglie di diplomatici, di
funzionari, ecc.). Come perBodin le famiglie, naturali veicoli della
tradizione, selezionano le elite chereggono lo stato. Secondo Maurras questa
sarebbe una monarchia "scientifica". In Inghilterra scrittori come
Dilke ("Più grandeBretagna", 1868), Benjamin Kidd ("Evoluzione
sociale", 1894), Rudyard Kiplinginterpretano in chiave storico-sociale il
darwinismo della "struggle for life",la lotta per la sopravvivenza,
che costituirebbe la base della evoluzione. Delresto Herbert Spencer
("Statica sociale", 1851) aveva anticipato Darwinipotizzando un
liberalismo fondato sull'evoluzionismo bioistituzionale. L'elaborazione
elitista precede la evoluzione deiconflitti internazionali a livello globale,
con la prima e la seconda guerramondiale e l'avvento dei regimi autoritari.
Negli anni '50 e '60 si cercaronole cause dei fascismi storici e si vide in
tali teorie, risalendo fino ad Hegele Fichte, la preparazione del terreno
teorico per tali esperienze pratiche. Maesistono innegabili diversità tra le
ideologie fasciste e i filoni elitisti.Comunque entrambe hanno in comune una
concezione non normata né normabile deirapporti politici, una valorizzazione
della centralità del conflittorisolvibile col "decisionismo"
autoritario, che viene utilizzata e sviluppatadai promotori dei movimenti
fascisti. Nietzche disapprova le leggi attuali che limitanolo sviluppo e la
potenza dei superuomini che sono basate sul presupposto diun'eguaglianza
fittizia e contraria alla natura umana; Spengler vuole stabilireche la storia
di tutti i popoli che hanno creato una civiltà obbedisce a leggifatali e
costanti; assegna a otto civiltà originali una durata di circa milleanni divisi
in due fasi, una ascendente e l'altra discendente; la causaprincipale della
decadenza di ogni cultura sarebbe stata l'estinzione o ladegenerazione
dell'antica classe nobiliare, sostituita dalla borghesia cheassunze la
direzione dello stato fondandosi sopra un'apparente democraziaegalitaria la
quale preparerebbe immancabilmente un regime assoluto. Per quanto riguarda
l'atteggiamento pratico deipensatori elitisti di fronte al fascismo, Mosca non
ha alcun ruolo attivo; Pareto muore nel 1923 opinando che il fascismo, se
riesce ad uscire dalnebuloso, si può validamente contrapporre al socialismo;
Schmitt sostenneattivamente il nazismo almeno fino al 1936, limitandosi poi
all'attivitàaccademica. Guénon aveva visto con cautela ilnazismo, discutendo ne
"Il simbolismo della croce" (1931) sull'antico simbolosacro della
svastica fatto proprio da Hitler. Ma l'essenza del suo pensiero è comunque
chiaramente a sfavore del dominio delle masse. Il "Mein Kampf" di
Hitler e la "Dottrina delfascismo" (voce della Enciclopedia Treccani
scritta da Mussolini e dal filosofohegeliano Gentile) non sarebbero entrate
forse nella storia delle dottrinepolitiche senza il peso politico dei loro
autori. Nel pensiero di Hitler leconcezioni elitiste e razziste si fondono in
quello che è stato definito unoschematico darwinismo sociale. Hitler dice che
"ogni incrocio tra due esseri diineguale valore dà come prodotto il
termine medio tra il valore dei duegenitori. Un accoppiamento del genere è in
contraddizione con la volontà dellanatura che tende ad elevare il livello degli
esseri. Questo scopo non puòessere raggiunto attraverso le unioni di individui
di diverso valore, masoltanto attraverso la vittoria completa e definitiva di
coloro cherappresentano il più alto valore. Il ruolo del più forte è di
dominare e non difondersi con il più debole". Sostiene che "la
perdita della purezza del sangue distrugge per sempre la felicità interiore,
abbassa definitivamente l'uomo e lesue conseguenze fisiche e morali sono
incancellabili". La risposta politica è uno stato popolare
("Volkstaat") la cui concezione "esige, in conformità conl'eterna
volontà che domina l'universo, la vittoria del migliore e del piùforte, la
subordinazione del peggiore e del più debole... Essa stabilisce nonsolo il
diverso valore delle razze, ma anche quello dei singoli. Estrae dallamassa
l'individuo di valore e opera così da organizzatrice contraddicendo ilmarxismo
disorganizzatore". Questo stato sarà costruito dalla gioventù tedesca: “nascerà
un giorno un popolo di cittadini unito e amalgamato da un comune amoree una
fierezza comune. I grandi sconvolgimenti prodotti sulla terra sarebberostato
incomcepibili se i loro inizi fossero stati, invece di passioni fanatichee
addirittura isteriche, le virtù borghesi della calma e dell'ordine. E' certoche
il nostro mondo si incammina verso una rivoluzione radicale. Il problemaconsiste
nel capire se essa si farà per la salvezza dell'umanità ariana o avantaggio
dell'Ebreo eterno". Ne "La dottrina del fascismo" non c'è la
centralitàdel razzismo (introdotta successivamente), anche se ha in comune col
nazismol'esaltazione dell'idea di stato, di derivazione hegeliana attraverso
lafilosofia di Giovanni Gentile. La dottrina del fascismo si ispira a
unaconcezione spiritualistica, etica e religiosa del mondo che concepisce la
vitacome lotta". Dice la "Dottrina": "L'uomo, individuo che
è nazione e patria, Dopo la seconda guerra mondiale le teorie
elitistepersistono nell'opera di tre pensatori di rilievo, Schmitt, Guénon e
Evola. Riecheggia nell'elitismo un fondo esoterico-sacralegià avvertibile nei
pensatori della controrivoluzione e, successivamente,persino in Schmitt, nel
saggio "Amleto ed Ecuba". Ma è soprattutto in Guénon e Evola che tali
concezioni vengono in rilievo. Per Guénon ("Autorità spirituale e
poteretemporale", 1929) l'autorità solo materiale del monarca dei moderni
statinazionali, togliendo sacralità al suo ruolo e potere all'aristocrazia,
sottol'apparenza dell'assolutizmo iniziale, ha preparato, col livellamento,
lademagogia, l'ascesa del demos, del popolo. La democrazia è il regno
dellaquantità a scapito della qualità, che in ambito politico corrode
leistituzioni, come in ambito scientifico impedisce la vera sapienza. Egli è il
sostenitore di una gerarchia spirituale che vedenegli arii di occidente gli
eredi di una esigenza di ordine sopravvissuto adantiche e ignote catastrofi
della storia. Ne "Il re del mondo" (1927) siraccolgono gli echi di
una antica monarchia universale simboleggiata da Melchisedek, re di Salem
(termine che non indica un luogo definito, masignifica "pace"). Il
suo crollo ha spezzato l'unità dell'antica sapienza inconoscenza positiva, la
magia bianca della mitica città di Agartha. Il libro siconclude approvando la
profezia di de Maistre: "Temibili oracoli annunciano giàche i tempi sono
giunti". Mitiche "polis" riemergono nel pensiero politico;Evola
fa frequenti riferimenti ad Atlantide. Egli, come Guénon, trae dalle eredella
sapienza indiana la convinzione che l'umanità è giunta all'età oscura,l'età
ultima, il Kali-yuga, nella quale l'uomo superiore deve "cavalcare
latigre": l'apolitia deve essere l'atteggiamento dell'uomo superiore, la
suabattaglia per la sopravvivenza nel conflitto tra le due grandi
potenzed'Oriente (comunista) e d'Occidente (democratico).
❍ Le dottrine politiche negli Stati Uniti e in Urss
Il secondo conflitto mondiale,
in termini di storiadelle dottrine politiche, può essere visto come il punto di
arrivo tanto delleteorie elitiste che del differenziale culturale tra ordine
interno normato ecompetizione internazionale non normata, di cui si è detto
parlando delle “regole mancate", da Grozio a Comte. Negli Stati Uniti la
derivazione dal pensieropolitico della tradizione europea si traduce
nell'assenza di importanticontributi originali forse fino alla ripresa della
tradizioneneo-contrattualistica (Rawls). I contributi originali anteriori
rientrano semai in quella disciplina definita "scienza della
politica", che influenzaconsiderevolmente l'Europa a partire dagli anni
'50. La teoria politica che sfocia nella rivoluzioneamericana è quella
"Whig" derivata da Locke, con influenza della tradizionecalvinista
puritana della Nuova Inghilterra, che afferma la eguagianza deidiritti politici
per i maschi adulti compresi nella comunità dei cosiddetti “santi" che,
dotati della grazia, fondavano la "nuova Israele". Da tutto ciòrimane
anche la convinzione del "destino manifesto" dell'America come campo
disperimentazione di nuove istituzioni che realizzano lo spirito genuino
delcontrattualismo, anche in contrapposizione all'Inghilterra. Cotton Mather, nell'ultimo trentennio del
seicento,pone l'impegno religioso a fondamento della politica e propugna una
posizineautonoma nei confronti dell'Inghilterra. Thomas Paine, citato, deriva
dallaeredità culturale familiare quacchera la giustificazione
dell'indipendenzaamericana. George Fizugh, alla vigilia della guerra civile si
riallaccia alleconcezioni di Filmer ("Sociologia per il Sud", 1854).
Rawls è il primo filosofo politico sistematico chetroviamo in seguito. Egli
ipotizza in luogo dello "stato di natura" quella cheviene definita
una "posizione originaria", caratterizzata dal
"velodell'ignoranza", dalla quale contraenti razionali che intendono
promuovere ipropri interessi scelgono tra le diverse alternative per stabilire
i principisui quali si fonda la "società giusta". I contraenti ignorano,
nel momentodella scelta, quale sarà la propria posizione sociale ed economica,
nonché lapropria dotazione di capacità naturali, anche se conoscono i fatti
generaliriguardanti la società umana; comprendono i problemi politici e i
principidella teoria economica; conoscono le basi della organizzazione sociale
e leleggi della psicologia umana. Per Rawls questo procedimento consente
digiustificare alcuni principi di giustizia: "Ciascuna persona ha un
egualediritto al più esteso sistema totale di libertà fondamentali compatibili
con unsistema simile di libertà per tutti" (primo principio di giustizia);
"leineguaglianze sociali ed economiche devono essere (a) per il più
grandebeneficio dei meno avvantaggiati e (b) collegate a uffici e posizioni
aperti atutti in condizioni di eguaglianza e opportunità". Secondo lui
questi principisi mostrerebbero preferibili a quelli delle concezioni elaborate
fino adallora: concezioni miste Con questa impostazione, Rawls assume che
"lastruttura fondamentale della società distribuisca determinati beni
principali",e affronta i diversi problemi di una possibile società giusta,
tra i quali idue cruciali della tolleranza per gli intolleranti e della
disobbedienzacivile. Riguardo al problema della tolleranza per gliintolleranti
conclude che "la libertà di una setta intollerante debba esserelimitata
solo quando i tolleranti credono sinceramente e con ragione che sianoin
pericolo la loro sicurezza e quella delle istituzioni libere".
Diversamente, è opportuno non opprimere la setta intollerante, perché, per
ragioni disopravvivenza, diverrà essa stessa propugnatrice della tolleranza che
lepermette di esistere. Riguardo al problema della disubbidienza civileegli
conclude che: "quando scelgono una costituzione e adottano una forma
dimaggioranza, le parti accettano il rischio disopportare i difetti della
propriareciproca conoscenza e senso di giustizia, allo scopo di godere i
vnataggi diuna efficace procedura legislativa. Ciò nonostante, quando le parti
adottano ilprincipio maggioritario, accettano di tollerare leggi ingiuste solo
a certecondizioni. Quindi, almeno in uno stato di quasi-ingiustizia, esiste in
genereun dovere (e per alcuni anche l'obbligo) di rispettare leggi ingiuste
acondizione che non superino certi livelli di ingiustizia". I frequenti
richiami a Hume e a Mill, i continuiriferimenti a Kant, fanno di Rawls il
continuatore del pensiero liberaleinglese, integrato con la forte componente
etica di quello tedesco: "Rispettarele persone significa ricnoscere a esse
una inviolabilità fondata sullagiustizia, su cui non può prevalere nemmeno il
benessere della società nel suocomplesso. Ciò significa sostenere che la
perdita della libertà per alcuni nonviene giustificata dal maggior benessere
goduto da altri. Le priorità lessicalidella giustizia rappresentano il valore
delle persone che, secondo Kant, è aldisopra di qualunque prezzo". Il
liberalismo di Rawls - impegnato a tenere contodelle critiche delle scuole
marxiste e socialiste - viene criticato dal puntodi vista di un liberalismo
puro da altri continuatori inglesi e statunitensidella tradizione liberale,
come Brian Barry di Oxford ("Teoria liberale dellagiustizia", 1973) e
soprattutto Robert Nozick di Harvard ("Anarchia, Stato, Utopia",
1974). Nozick muove al neo-contrattualismo la obiezione di Hume secondo la
quale non vi è alcun dato storico che comprovi che in nessunmomento sia stato
formalmente stipulato un contratto tra chicchessia. Non uncontratto formale, ma
una esperienza pratica sncita dalla storia ha datoorigine alle istituzioni.
Nozick contesta nella "posizione originaria" di Rawlsuna sorta di
inesistente "stato di natura alla Rousseau", con uomini
"morali"e "razionali". Egli ritiene che vi siano diritti
storicamente acquisiti, chepotrebbero essere considerati l'equivalente degli
antichi "diritti naturali",che non possono venire pregiudicati per
una supposta applicazione di unaastratta "Teoria della giustizia". E
per quel che riguarda il rapporto tradiritti e beni, egli sostiene che per
questi ultimi non si può trattareseparatamente il processo di produzione e
quello di distribuzione che sonoinestricabilmente interconnessi. Questo
dibattito sul neo-contrattualismo è legatoalla crisi del "welfare
state" degli anni '70, quando un insieme di fattori (esaurimento di un
lungo ciclo economico positivo; crisi energetica; tensioniinternazionali e
crescenti spese per gli armamenti) fa ritenere ad economisti epolitologi la
convinzione che quelle aspettative di benessere e sicurezzadiffusa non possano
più essere soddisfatte nella stessa misura e con la stessatempestività. I
politologi nordamericani principalmente, valutanoche la democrazia
rappresentativa presenta maggiori richieste "in entrata" diquante ne
possa soddisfare "in uscita" con programmi e decisioni dall'alto,
digoverno. Di qui la proposta del drastico ridimensionamento dello stato
delbenessere. Si potrebbe dire che la riflessione contrattualistica, iniziata
nelseicento, ha tratto nuovo impulso e nuova ispirazione dai problemi creati
dallostato del benessere. Mentre il neo-contrattualismo propone con Rawls
unaequa distribuzione dei beni essenziali in una situazione che non
danneggieccessivamente i meno favoriti dall'assetto sociale, la soluzione
proposta dalneo-liberalismo o liberalismo per così dire puro cui appartiene
Nozick sicontrappone a quella del neo-contrattualismo in quanto si ipotizza uno
"statominimo" che garantisca soprattutto i diritti acquisiti, che
prenda atto delledisuguaglianze di fatto, che affidi alla libera competizione
meritocratica ladistribuzione delle risorse decrescenti. Dal punto di vista
della storia delle dottrinepolitiche, comunque, la contrapposizione tra
neo-contrattualisti e neo-liberaliha teoricamente una portata ridotta. La
affermazione o negazione di uncontratto non intacca il principio della
democrazia rappresentativa, il mandatocome base del diritto di governare e del
dovere di obbedire. Si può parlare diun filone progressivo che va da Locke a
Rawls di contro a un filone moderatoche va da Hume a Burke a Nozick. Si può
dire che è nuovo in Rawls il tentativo diricollegarsi a Kant collocandone gli
imperativi etici in un contesto logico cheattenua il sostanziale
conservatorismo moderato del filosofo tedesco. Era delresto quanto si era
tentato in Germania all'inizio del secolo (in un paese dovel'intervento
pubblico in campo sociale risaliva addirittura alle leggibismarckiane),
allorché una sorta di "socialismo della cattedra" trovava
nelneo-kantismo una filosofia consona a una analisi della società che
prescindessedalla "dialettica" e dal "materialismo" dei
marxisti. Per quel che riguarda il pensiero politico russo,che pure rivela echi
dell'illuminismo del XVIII secolo, non vi è alcuncontributo originale fino alla
elaborazione del marxismo attraverso la corrente Plechanov-Lenin-Trotzkij sino
a Stalin. Il più originale pensatore politico russo dell'800 è Michail Bakunin,
anarchico. Sua è la convinzione che il proletariato puòdistruggere la società
capitalistica, perché esso ne sorregge tutte lestrutture e ricostruire una
società senza stato, autogestita da produttoriassociati. Durante gli anni della
prima internazionale si contrappone a Marxper la tesi della immediata
abolizione della proprietà e dello stato (eglidefinisce il suo socialismo
"libertario" di contro a quello "autoritario"marxista).
Prosecutori del pensiero anarchico sono Kropotkin (primo novecento) e Arshinov,
che negli anni venti tenterà dirisolvere il problema del rapporto tra anarchia
e organizzazione, problemapermanente del libertarismo (in Italia lo affronterà
Errico Malatesta). Tuttavia questa linea di pensiero esercitainfluenza più che
in Russia sulla cultura anarchia dell'occidente, da Proudhonad Auguste Blanqui.
La linea dottrinaria che conduce a Lenin muove da Vessarion Belinskij (morto
nel 1848), critico letterario e NicolajCernysevskij, il cui romanzo "Che
fare?", che ha per argomento l'impegnopolitico degli intellettuali,
fornirà il titolo al celebre saggio che Leninscriverà nel 1902 per definire la
teoria del partito rivoluzionario. Anche se nel pensiero di Lenin non mancano
analogiecon l'anarchismo, il maestro di Lenin, Yuri Plechanov è un marxista che
dà deicontributi originali, trasformando in dottrina politica le
ascendenzeletterarie, assai forti anche nel pensiero populista e
socialrivoluzionario cheaveva il suo antesignano in Aleksandr Herzen. Lenin,
Trotzkij e Martov conquistano, con l'analisimarxista della situazione russa,
una egemonia tra i giovani intellettuali delprimo quindicennio del secolo
rispetto al tradizionale pensiero "narodnik" (populista), egemonia
che sarà uno dei fattori di successo della rivoluzionebolscevica. Sia Lenin che
Trotzkij divergono sul ruolo delpartito - cruciale e fortemente gerarchico per
Lenin ma non per Trotzkij - maapplicano l'analisi degli ultimi Marx ed Engels
della situazione tedesca allarussia: la borghesia del paese è troppo debole, e
spetta al protetariatoiniziare una rivoluzione "borghese" (richiesta
della democraziarappresentativa) la quale, guidata dalla classe operaia, si
sarebbeimmediatamente trasformata in una democrazia socialista retta a dittatura
delproletariato. Trotzkij riprende da Marx il concetto di
"rivoluzionepermanente", intesa come rivoluzione che non si arresta
allo stadio borghese eche non si arresta ai confini della Russia (la cui
arretratezza economical'avrebbe condannata alla sconfitta), ma continua sino ad
investire l'occidentecapitalista più avanzato. Al contrario, le correnti
mensceviche (socialdemocratiche) ritenevano necessario un periodo di democrazia
borghese edi sviluppo del capitalismo per creare le condizioni per una
trasformazionesocialista. Ma il processo rivoluzionario sovietico (il soviet, “consiglio",
era la struttura rappresentativa di base di operai, contadini esoldati
sperimentata nel 1905 e affermatasi nel 1917) non si estese
all'Europaoccidentale, e nell'Urss si tentò di costruire "il socialismo di
un solopaese", per usare la espressione dei leader Bucharin e Stalin.
Stalin diedesistemazione organica a questa impostazione nelle opere degli anni
'20 “Questioni del leninismo" e "Nuove questioni del leninismo".
In quel periodo si formò in Urss una societàfondata sulla proprietà collettiva
dei mezzi di produzione e di scambio (dallaterra all'industria); e lo stato
sovietico, attraverso i piani quinquennali, la “grande guerra patriottica"
contro l'invasione tedesca e lo sviluppo delsecondo dopoguerra, divenne la
seconda potenza industriale del mondo, la “superpotenza" in competizione
con gli Stati Uniti. Nella cultura politica occidentale la società russa è stat
definita in vari modi. Per i suoi critici di formazione marxista puòessere uno
"stato operaio degenarato" (Trotzkij) o un "capitalismo di
stato" (Bordiga). Per i pensatori liberali è una società autoritaria retta
da unaburocrazia onnipotente (la "Nomenklatura"). Karl Wittfogel, vi
vede l'ereditàdelle antiche società agro-manageriali ("Il dispotismo
orientale", 1968). Di fatto la Russia presentava all'inizio del
secolopeculiari condizioni sociali. Gli elementi comuni che nel X-XII secolo
essaaveva con l'occidente (le città e le corti) furono travlti dalla invasionemongola,
che portò ad un isolamento che si protrasse fino al 1480, quando, conil rifiuto
di pagare il tributo al dominatore, lo stato di Moscovia si edificasul modello
dell'Impero bizantino, crollato pochi decenni prima con la cadutadi
Costantinopoli (1453). Mosca viene vissuta dal ceto dirigente feudale russocome
la "Terza Roma", erede imperiale di Roma e Bisanzio. Da questa
tradizioneviene assunta una rigida struttura burocratica. Alla tradizione
burocraticabizantina si ispirano le istituzioni dello stato russo, nell'evoluzione
da Ivanil Terribile a Pietro il Grande a Caterina, il cui dispotismo ha un
contattosolo superficiale col contemporaneo illuminismo. Si esauriscono con la
rivoluzione i due filoni delpensiero politico russo, l'uno che da Plechanov
conduceva a Stalin e l'altroliberal-conservatore (Struve, Tugan-Baranovskij),
il cosiddetto "marxismolegale", tollerato dallo zarismo soprattutto
perché giustificava teoricamentel'impulso politico dato allo sviluppo
industriale. I nuovi studiosi marxistidel periodo staliniano e post-staliniano
indicati dai sovietici come teoricipolitici sono Varga e Pasukanis, l'uno
economista e l'altro giurista, che nonsviluppano un pensiero propriamente
politico. Pasukanis enfatizza la
effettività del diritto, lavita della consuetudine e della norma nella prassi
quotidiana di contro allaimposizione legale dall'alto. Varga e Pasukanis ebbero
comunque alterna fortunain tali periodi, ed in effetti si può dire che i soli
rappresentanti dellariflessione politica sono i dirigenti istituzionali. Un
testo di tale provenienza, nel rispondere allecritiche alla instaurazione della
legge marziale in Polonia (13 dicembre 1981)dà una sintesi del concetto
sovietico di democrazia: "Proprio il socialismo haassicurato il cotante
perfezionamento delle forme e dei metodi della democraziareale, del popolo e
per il popolo, la cui essenza consiste nella partecipazionesempre più ampia dei
lavoratori alla gestione degli affari della società edello stato. Che cosa
significhi poi partecipazione nella realtà, lo dicono ifatti semplici e chiari.
Per esempio nell'Urss, nell'ambito dei soviet,operano... deputati e consiglieri
e... attivisti; alla gestione dellaproduzione partecipano... membri delle
conferenze permanenti di produzionee... sindacalisti; sul rispetto delle norme
della legalità socialista vigilanoattntamente... persone elette dai lavoratori
e... membri delle squadre divolontari per la tutela dell'ordine pubblico.
Naturalmente vi sono altre formedi partecipazione dei cittadini alla gestione
delal cosa pubblica". Nel 1983 Yuri Andropov scrive: "A ragione
siconsidera Marx l'erede di quanto la filosofia classica tedesca,
l'economiapolitica inglese e il socialismo utopistico francese hanno creato di
migliore.Egli si è applicato a risolvere il problema che lui stesso aveva
posto: 'Ifilosofi hanno interpretato il mondo in molti modi, noi dobbiano
trasformarlo'.
L'unità di teoria scientifica
rigorosa e di prassi rivoluzionaria è il trattodistintivo del pensiero
marxista. Le concrete vie storiche del socialismo indivenire non sono state
quelle che supponevano i fondatori della nostra teoriarivoluzionaria.
Anzitutto, il socialismo ha trionfato in un solo paese, per dipiù non il più
sviluppato economicamente. Ancor oggi gli ideologi dellaborghesia e del
riformismo... affermano che la realtà ha divorziatodall'ideale. Consapevolmente
o per ignoranza, non ricordano che, mettendo apunto la sua dottrina, Marx non
si lasciava affatto guidare dall'esigenza di unastratto 'socialismo ideale',
agghindato e senza macchia. Traeva le sue ideesul futuro regime dall'analisi
delle contraddizioni obbiettive della grandeproduzione capitalistica.
Quest'approccio, l'unico scientifico, gli permettedi definire in modo
infallibile i tratti essenziali della società che dovevanascere dalle tempeste
purificatrici delle rivoluzioni sociali del XX secolo.
Secondo Marx la proprietà
sociale dei mezzidi produzione è la pietra angolaredel regime socio-economico
che subentra al capitalismo. L'esperienza delsocialismo reale mostra che la
trasformazione del 'mio' in 'nostro' non è unafaccenda semplice. La rivoluzione
nei rapporti di proprietà non si riassume inun atto risolutivo... Acquisire il
diritto a essere padrone e diventare questopadrone - autentico, saggio,
parsimonioso - non è la stessa cosa. Il popolo cheha realizzato la rivoluzione
socialista ha bisogno di molto tempo perassimilare la sua nuova condizione di
proprietario supremo e senza spartizionidi tutta la ricchezza sociale:
assimilarla, dico, economicamente epoliticamente e, se volete, anche psicologicamente,
attraverso una coscienza euna condotta collettiviste... Dovunque le rivoluzioni
proletarie hannotrionfato, la proprietà sociale dei mezzi di produzione che si
è realizzata inquesta o in quella forma, è divenuta il mezzo fondamentale di
esistenza delsocialismo, il suo sostegno, la fonte principale del suo
progresso... Un grandetratto distrada è stato percorso nel rinnovamento socaile
del mondo, nellarealizzazione degli obbiettivi e delle idee rivoluzionarie
della classeoperaia. La mappa politica del globo ha assunto un aspetto nuovo.
Nuove estraordinarie sono le conquiste della scienza; le realizzazioni della
scienzasono tali da colpire profondamente la nostra immaginazione". Un
altro concetto che ha avuto una evoluzionealquanto diversa in Urss e in
Occidente è quello di "partito". Nell'Urss esso è divenuto, da
"parte", "tutto", nel senso che è la struttura
istituzionaleportante nel sistema, oltre ad essere "unico". In
Occidente la pluralità deipartiti è garanzia tanto della pluralità delle opinioni
e quindi dellalegittimazione del dissenso, quanto del confronto e della
circolazione delle élite, ma nello stesso tempo dà frequentemente luogo a
critiche alla “partitocrazia".
❍ Democrazia rappresentativa e partiti
I partiti sono stati presenti
nella esperienzaoccidentale sin dalle polis greche. Duverger evidenzia un
elemento dicontinuità in una tendenza al dualismo (bipartitismo), dovuto anche
ad una “accumulazione culturale" propria dell'area euro-americana: tale
dicotomia, che nell'antichità e nella prima età modernaha una base sociale, via
via che tale base si evolve dando luogo ad unapluralità di ceti, viene
integrata da una dicotomia derivantedall'accumulazione culturale: gruppi
sociali, ceti, classi e frazioni di essisi orientano in senso conservatore o
progressista con una commistione tracollocazione sociale, tipo di reddito e
tradizione culturale. Altri studiosi come il Macaulay ("Storia
d'Inghilterra")parlano, meno soddisfacentemente, di
"temperamenti" radicali che sicontrappongono a "temperamenti"
conservatori. Fino ad oggi tale dicotomia si è dimostratafunzionale alla
democrazia rappresentativa nel senso che l'alternarsi algoverno e
all'opposizione di due schieramenti (e in qualche caso dei duepartiti) ha
permesso una selezione delle élite (vedi più avanti il pensiero diDuverger) e
una elaborazione dei programmi in grado di soddisfareperiodicamente, in modo
relativamente equilibrato, le due esigenze di fondodella società industriale:
una stabilità di fondo, che non comporti traumirivoluzionari e impedisca
periodiche distruzioni di risorse; e la costanteimmissione di innovazione,
senza la quale una società stimolata dallatecnologia, come quella industriale,
perderebbe il dinamismo che lacaratterizza. Al di fuori delle degenerazioni
partitocratiche le critichevetero-liberali non reggono pertanto di fronte a
tale visione positiva delruolo dei partiti senza i quali non si hanno, nella
democrazia rappresentativa,selezione e concorrenza delle élite dirigenti né
aggregazione del consensosulla base di programmi nei quali si sostanzia l'opera
di governo: due aspettifondamentali della applicazione di quelle "regole
del gioco" senza le quali lademocrazia rappresentativa sarebbe priva di
riferimenti sia concettuali cheemotivi. Per quanto riguarda la impostazione
marxista,l'identificazione tra "partito" e classe porta a considerare
i partiti puraespressione di classe "borghesi" o
"proletari" nella democrazia definitaappunto "borghese". La
società socialista e poi comunista, tendenteall'abolizione delle classi, non
può, per ciò stesso, che tendere allaabrogazione dei partiti. Invece, in ambito
occidentale, i partitioriginariamente marxisti (socialdemocratici o comunisti)
si evolvono sino adaccettare le "regole del gioco" del
pluripartitismo funzionale. Per altre areegeo-politiche, il dualismo funzionale
non è più un canone interpretativovalido, e le esperienze sono molto più
variegate. Un migliore canone didescrizione è quello comparativo secondo la
scuola di Gabriel Almond e dellaquale è rappresentativo Giovanni Sartori
("Parties and Party Systems: AFramework for Analysis", 1976).
Duverger e altri notano però anche le differenzedei partiti del passato meno
recente rispetto ai partiti odierni. Jacques Heersrileva come nel medioevo e
nella antichità i partiti erano impegnati in unalotta per il raggiungimento del
potere totale che si concludeva conl'annientamento dell'avversario. Questo
problema si ripresenta con gli odiernipartiti che aspirano ad essere non una
parte, ma il tutto. Marx, sul modellodella comune francese, escludeva i partiti
borghesi e ammetteva una pluralitàdi partiti socialisti, ma fino al momento in
cui la maturità politica nonavesse fatto affermare il punto di vista marxista,
di fronte al quale gli altrierano inadeguati. Di fatto, in tutte le "democraziepopolari"
del secondo dopoguerra si è adottato il modello del partito unico.In occidente
invece i partiti socialisti hannoaccettato le regole del gioco della democrazia
rappresentativa, prime dellequali la legittimità di tutti i partiti e la loro alternanza
al governo. Anche nell'area euro-americana sussistono fortidifferenze tra i
partiti europei ed americani. I primi sono più strutturati eche divengono
partiti di massa e di apparati professionali e permanenti; isecondi sono meno
strutturati e con maggiori aspetti di volontariato a scadenzeperiodiche
(elettorali). Duverger parla di "partitidi massa" come partiti della
"tecnodemocrazia": da partiti piccoli e con quadripoco strutturati,
tipico specchio della lotta concorrenziale liberista, siarriva alla
contrapposizione tra partiti di massa in grado di controllare eintegrare in
u'azione collettiva aderenti e leaders, tipico specchio dellasocietà delle
grandi corporazioni oligopolistiche. Molti studiosi hanno parlato della
evoluzione deipartiti americani. Secondo Wilfred Binkley, lafunzione dei
partiti americani tende, secondo alcuni, a ridursi nell'ultimoventennio del
nostro secolo. Egli descrive la nascita dei partiti americani,con i farmers che
hanno costituito la base del partito democratico, e i cetimercantili la base
del partito federalista. Lawrence Grey, pur considerando illoro ruolo ancora
essenziale nota un indebolimento a partire dagli anni '50.Già dalla fine del
secolo scorso, sorse la influenza dei media e dellaindustria dello svago da
essi fornita a contrastare la loro influenza. Secondo Kirchheimer, sia per i
partiti europei cheper quelli americani, poi, si stanno attenuando le
contrapposizioni ideologichea favore del "partito pigliatutto",
gestito con le stesse strategie didifferenziazione di un prodotto o un marchio
commerciale. Diverger nota che la struttura dei partiti non è certo conforme
all'ortodossia democratica. Nonostante l'apparenza i capi nonsono
effettivamente designati dagli iscritti, bensì cooptati. Ma un regimesenza
partiti sarebbe forse più soddisfacente? Duverger aderisce alla opinionedi
Rousseau che ogni governo è oligarchico perché comporta necessariamente
ildominio di un piccolo numero su uno grande. Secondo lui, "il significato
piùprofondo dei partiti sta nella loro tendenza alla creazione di nuove élite,
cherestituiscono al concetto di raprpesentanza il suo vero e proprio
significato,l'unico reale. Ogni governo è per natura oligarchico: molto diversa
può essereperò l'origine degli oligarchi e la formazione. Dobbiamo sostituire
la formula “governo del popolo da parte del popolo" con quella
"governo del popoloattraverso una élite scaturita dal popolo". Un
regime senza partiti garantiscela perennità delle élite dirigenti espressi
dalla nascita, dal denaro o dallafunzione. Un regime senza partiti è
necessariamente un regime conservatore:esso è ancor più lontano dalla
democrazia del regime dei artiti. Storicamente ipartiti sono sorti quando le
masse popolari hanno cominciato a entrarerealmente nella vita politica: essi
hanno formato il quadro necessario chepermetteva loro di reclutare in se stesse
le proprie élite. Le classicheproteste contro la loro influenza nella vita
politica, contro il predominio deimilitanti sui deputati, dei congressi sulle
assemblee, ignorano l'evoluzioneche ha accentuato il carattere formale dei
ministri e dei parlamenti. Un tempostrumenti esclusivi degli interessi privati,
sono divenuti strumenti deipartiti: fra questi i partiti popolari occupano un
posto sempre maggiore.
Questa trasformazione costituisce
un'evoluzione della democrazia e non unregresso. Duverger riprende così la
valutazionedell'economista Joseph Schumpeter ("Capitalismo, socialismo e
democrazia", 1942) che stabiliva un paragone tra la competitività
imprenditoriale attraversole imprese e la competitività politica attraverso i
partiti. Come la pluralitàe la competitività delle imprese garantiscono una
dinamica economica che frenale tendenze al monopolio e all'oligopolio, così la
competitività tra i partitigarantisce una dinamica democratica, frenando le
tendenze al monopolio delle élite. Questa teoria della democrazia
rappresentativa come prodotto dellacompetizione tra partiti (sia pure
oligarchici) selettori di élite fornisce ilquadro per ora concettualmente più
preciso dei rapporti tra i partiti stessi eil sistema politico della democrazia
rappresentativa. I partiti rappresentano un momento fondamentaledella
evoluzione del pensiero politico occidentale, evoluzione contraddistintada
costanti assai marcate. Costanti che vanno dalla persistenza di un "logostripolitikos"
che risale a Erodoto 8elementi di democrazia, oligarchia,leadership personale
permangono sino alle odierne democrazie rappresentative),alla continua presenza
appunto della "forma" partito, alla trasposizione, nelcorso del Medio
Evo, del concetto di rappresentanza (non democratica) dallasfera privata alla
sfera pubblica. Ma contemporaneamente momenti di evoluzionechiaramente
percepibili, che si possono sintetizzare attraverso l'alternarsidel prevalere
del momento dell'autorità (principato) e del momento del consenso (repubblica).
Gli ultimi trecento anni hanno visto il prevalere di qeustosecondo momentom
mediante un pensiero politico che haripreso dalla Grecia ilconcetto di
democrazia, dal Medio Evo quello di rappresentanza nella sferapubblica, e che
li ha sintetizzati nella formula politica della democraziarappresentativa. In
essa la distinzione sostanziale tra chi comanda e chiobbedisce viene stabilita
sulla base di un "contratto" consensuale che segna illungo cammino interpretativo
da Hobbes a Rawls. I pòartiti appaiono al tempostesso gli organi di attuazione
e i garanti sociali di tale contratto, intesocome accumulazione culturale
vissuta e, quindi, come esperienza storica pur nonformalizzata in un momento
dato, secondo la linea critica che va da Hume a Nozick.
❍ Di fronte al futuro
Il pensiero politico
occidentale recente indaga laevoluzione e fa il bilancio del sistema politico
democratico-rappresentativo.
Vi è una valutazione positiva
del ciclo di pensiero avviato nel seicento e chepossiamo definire contrattualista
(all'inizio) e neo-contrattualista (nel suorecente sviluppo). All'interno dei
singoli statidell'area culturale "occidentale" si constata che il
buon funzionamento dellademocrazia delegata ha generalmente garantito i diritti
civili, favorito lacrescita economica e permesso una diffusione dei suoi frutti
attraveso ilconflitto regolamentato, sotto la gestione dpolitica di élite
concorrenti esostituibili. La sociologia politica ha studiato le diverse forme
dipartecipazione (elettorale, al governo locale, di iscrizione e militanza
attivanei partiti, associazionismo para-politico) con la conclusione che la
suamanifestazione più elevata (gestione del potere politico a livello statale)
nonpuò che essere esercitata da minoranze assai ristrette, secondo l'ipotesi di
Rousseau, raffinata da Duverger. Questa situazione ha determinato, almeno invia
generale, una tendenza alla riduzione e non all'aumento delle forme
dipartecipazione politica tradizionali (esercizio del diritto di voto,
iscrizioneai partiti, lettura della loro stampa), con una tendenza allo
sviluppo di formedi "consumo" della politica simili a quelle di
"consumo" dello spettacolo.Alcune delle più vistose pecche del
sistemademocratico risalgono comunque al nodo irrisolto delle regole in
campointernazionale, al quale si ricollega la tematica del "potere
invisibile". John Dunn ("La teoria politica occidentale difronte al
futuro", 1979) sostiene che "non rinunceremo facilmente allo
statomoderno; e non abbiamo neanche buoni motivi per supporre che la razza umananella
sua totallità sopravviverà al suo trapasso. Perciò abbiamo bisogno di unateoria
che ci dica come i governi degli stati moderni possano esserecontrollati nella
maniera meno peggiore. Ma neanche rinunceremo facilmente alleimmagini che con
la loro intensa richiesta di appagamento e di libertà perl'uomo mettono sotto
accusa la realtà di ogni stato moderno e di ogni societàmoderna... Oggi, in
politica, democrazia è il nome di ciò che non possiamoavere e che tuttavia non
possiamo smettere di volere". Roger Gerard-Schwartzenberg stigmatizza la
tendenzadella politica odierna a divenire spettacolo: "il linguaggio
diviene un gioco,uno scambio di segnali in codice. I segni contano più delle
idee espresse. E'chiaro che occorre ritrovre un altro linguaggio politico:
semplice,comprensibile e diretto, accessibile a tutti; un linguaggio meno
"spettacolare"che esprima le cose sena occultrle e travestirle; che
chiarifichi le mete e lescelte, per permettere a ciascuno di decidere da sé,
come si usa indemocrazia". Norberto Bobbio ("La democrazia e il
potereinvisibile", 1980), passando in rassegna le critiche alla
democraziarappresentativa, a quelle marxiste ed elitiste aggiunge quella basata
sullaesistenza di una vasta area di "potere invisibile", giustificato,
oggi comeieri, dalla "ragion di stato", dalle esigenze della
sicurezza interna (adesempio contro la malavita organizzata) e della lotta tra
stati, propiziatodall'uso dei computers. Ciò è contrario al nesso tra principio
dirappresentanza e pubblicità del potere, all'ideale della democrazia come
idealedel potere visibile. Già Kant poneva come massima del diritto pubblico
ilprincipio secondo cui "tutte le azioni relative al diritto di altri
uomini lacui massima non è suscettibile di pubblicità sono ingiuste".
Oggi, secondoBobbio, il traffico delle armi, il traffico della droga magari per
indebolire igiovani di stati concorrenti, provocano intersecazioni tra
l'attività delpotere invisibile e la malavita internazionale. Attività segrete,
clandestine, “invisibili", si svolgono con intensità sempre maggiore e con
influenzacrescente al di sotto del livello delle istituzioni democratiche del
"poterevisibile". Come il conflitto tra stati genera
potereinvisibile, così genera il pericolo dell'annientamento termonucleare. La
filosofia della storia come riflessionesistematica, nata con la rivoluzione
francese, ha avuto una grande ondataculminate in Hegel-Comte e una seconda dopo
la prima guerra mondiale e larivoluzione russa culminata con Spengler e
Toynbee. Per Bobbio sia le filosofie della storia delpassato (principalmente
illuminista, positivista, marxista) sono superate e nonriescono a fornirci
strumenti interpretativi per il pericolo di annientamentodella umanità. Bobbio
è pessimista, in quanto vede solo piccoli gruppi diuomini che si siano liberati
dai miti ancestrali della fecondità della violenzae della rigenerazione
attraverso il sangue. L'etica dei politici è ancoral'etica della potenza.
Questi miti intridono tutta lastoria della nostra cultura: da Eraclito che
definisce il ocnflitto (polemos)padre e re, a Empedocle che vede nella contesa
(neikos) l'essenza del cosmo, a Platone che nella "Repubblica"
individua nella guerra l'origine dello stato edelle classi, vi è una costante
identificazione conflitto-padre-stato. Tuttavia, secondo Bobbio, non ci si deve
arrendere, e si deve sperarenell'improbabile. Raymond Aron, pensatore
liberal-democratico ("Lademocrazia alla prova del XX secolo", 1960)
vede il problema delle regolemancate e della volontà di potenza nei rapporti
tra gli stati e segnala diversealternative: "O l'umanità dimenticherà ciò
che ha imparato e tornerà all'erapre-industriale. O uscirà dal periodo
bellicoso seguito di catastrofi e tutti ipopoli non sopravviveranno per
conoscere i vantaggi della fase post-bellica, Ol'umanità continuerà ancora per
secoli il gioco tragico all'ombradell'apocalisse, essendo in grado le misure
igieniche di colmare in qualchedecennio i vuoti aperti da qualche minuto di
scontro termonucleare. O infine,ipotesi preferibile ma no la più probabile, le
nazioni supereranno gradualmentei loro pregiudizi e i loro egoismi e
l'organizzazione sarà universale; lecomunità culturali saranno piccole e
numerose. Gli stati-potenze, avendocompiuto la loro missione, deperiranno in
una umanità pacificata... L'uomo nonavrà superato le antinomie dell'azione se
non il giorno i cui avrà posto finealla violenza o alla speranza". Egli in
particolare pensa che la "strategia delterrore" sia affetta da un
vizio logico fondamentale, in quanto non è possibileda un lato dissuadere dalla
violenza con la minaccia delle armi nucleari,dall'altro creare una situazione
in cui l'uso di tali armi si risolverebbe inun suicidio comune. "Non è
facile minacciare uno di morte, se si deve morireinsieme a lui". Perdipiù
non pare ad Aron che tutti i contendenti accettinol'idea, propagandata dal
governo americano, che non vi sarebbero vincitori inuna guerra nucleare. Il
pensiero politico liberale europeo giunge dunquea Bobbio a Aron come quello
statunitense giunge a Rawls e Nozick. E' rilevanteche negli Stati Uniti
prevalga una tematica generale, mentre in Europa è vivala preoccupazione per la
situazione atomica. E' divenuto un luogo comune quello della
"paceimpossibile", di una terza guerra convenzionale, locale e
perpetua combattutaall'ombra della minaccia termonucleare ("La défense
nationale", 1958; "Theuncertain Trumpet", 1957). Si è affermata
a partire dagli anni '50 anchel'ipotesi che la guerra termonucleare non porti
alla distruzione della umanità,ma a distruzioni limitate (Hermann Kahn). Un
altro filone di pensiero (John Hackett, "La terza guerra mondiale",
1980-1984) ritiene che la prossima guerranon sarà atomica, ma sarà condotta con
armi convenzionali e vinta da chi ha lasuperiorità tecnetronica. Questo sarebbe
lo scacco delle regole nei rapportitra stati, di fronte al quale altri (Henry
Kissinger) teorizzano unastabilizzazione dei rapporti interstatali attraverso
un consolidamento delduopolio USA-Urss. Altri studiosi (Galbraith,
"Anatomia del potere", 1984) manifestano preoccupazioni per la
manipolazione delle opinioni e delconsenso attuate da potenti gruppi nella
società contemporanea, contro il qualesi intravvedono e si auspicano forme di
resistenza simmetrica. E' la ipotesidel "Termitaio" che appare anche
in altri autori. Accanto alle citate prospettive va citato anche ilsorgere e il
diffondersi, come nel tardo impero romano e nell'età della
Riforma, di culture
"alternative" (Hippies, movimenti religiosi, femminili,giovanili,
ecologici, antistituzionali) tra cui quelle ispirate al Marcuse di “Eros e
civiltà" e dell'"Uomo ad una dimensione".
❍ La libertà feudale
Il concetto moderno di libertà
ha lasua radice nel privilegio medioevale. All'interno del gruppo privilegiato
c'eratra l'altro una certa eguaglianza e rispetto delle posizioni reciproche.Il
medioevo è il dominio esclusivodel privato: perfino le libertà politiche
vengono contrattate. Contrattualismogermanico dei feudatari dipende dalla
posizione privatistica di ognuno comeproprietario e signore della terra.
Nei parlamenti medioevali non
eisteva il principio di maggioranza: era uncontratto, e quindi tutti dovevano
esssere d'accordo
❍ Aristocrazia e monarchia
Senza la monarchia si
sarebberimasti al privilegio; ma senza l'aristocrazia si sarebbe avuto un
popolo di schiavi.
La evoluzione politica dellaFrancia:
la monarchia presto fa divenire i nobili sussidiati e odiosi.
L'assolutismo francese sradica
anchele libertà comunali
La borghesia in un primo tempo
sigiova dell'appoggio del sovrano ai suoi traffici, ma poi lo sente ingombranteIl
carattere totalmente diversodella vicenda inglese: niente forti pressioni
esterne che facessero costituireforte autorità, esercito, marina, una forza
armata coercitiva. La grandearistocrazia va alla camera dei lords, la piccola
che si confonde con laborghesia, va ai comuni. La piccola aristocrazia si
impadronisce della terracon le enclosures e si trasforma in imprenditrice
agricola. Gli aristocraticiinglesi con le poor tax alleviano la povertà e sono
meno invisi.Il feudalesimo era sostanzialmenteun vivaio umano per allevare
truppe.In realtà l'aristocrazia predominain Inghilterra e forma una repubblica
aristocratica. I contemporanei inglesidella rivoluzione francese rimarcano come
senza una forte aristocrazia che sioppone allo stato, presto si finisce sotto
Robespierre o Napoleone.In Inghilterra la borghesia, alcontrario che in francia
è alleata della aristocrazia contro la corona. Solonell'ottocento si rivolge
contro la aristocrazia.
❍ Le forze spirituali del liberalismo europeo
Il calvinismo accentua al
massimoil servo arbitrio, la predestinazione, la grazia dall'alto, il
peccatooriginale. Ma sorprendentemente ne nascono molti germi di idee liberali.
Perdimostrare la propria predestinazione l'uomo agisce fortemente. L'uomo
cheguarda sempre di là si responsabilizza perché il suo Dio è distante e
l'uomopuò contare solo sul suo carattere. I calvinisti, come minoranze
oppresse,rivendicano fortemente i diritti fondamentali. Sono negatori di ogni
gerarchiache si interponga tra l'uomo e Dio: divengono creatori di strutture
autocreate,da cui nasceranno le organizzazioni sociali e politiche dei tempi
venturi. Illibero esame è un metodo democratico, anche per far emergere dei
capispontaneamente. NElla lotta delle sette protestanti è l'embrione
ellaconcorrenza. Il liberalismo religioso non è soloscetticismo e incredulità
nato dalla lotta di fazioni. E' il riconoscimento chenessuna chiesa organizzata
può coartare; che tutti gli uomini professanoelement icomuni di religione che
vanno rispettati, e tale religione non puòessere coartata da nulla che sia meno
divino di essa. Il razionalismo libertinoe il cattolicesimo accomodante
rischieranno di degradare tali principi in meratolleranza, ma Paine ed altri
affermeranno che la tolleranza è una bruttaparola. Non esiste una autorità
religiosa superiore all'individuo. La chiesastessa rivendica la sua libertà nei
confronti dello stato. dall'altro lato ilgallicanesimo cerca di assoggettarla.
Stato e chiesa si concedonoreciprocamente una semi-libertà che è una
semi-schiavitù.Il cartesianesimo estende il liberoesame anche in filosofia
oltre che in religione. Razionalismo, naturalismo,sensismo, del 18ø secolo
hanno in comune lo sforzo di chiarezza, magaritalvolta malinteso. La libertà di
pensiero è affermazione contro la tiranniadell autorità, come la lib. rel. lo è
contro la tradisione della chiesa.
❍ Il diritto naturale
Il diritto consuetudinario era
ildiritto privilegiato, contro cui si afferma il diritto romano uniforme e
ildiritto naturale, uniforme in quanto spettante ad ogni uomo.
Ma il giusnaturalismo
spintoall'estremo risolve la società in un atomismo di singoli che seguono il
proprioarbitrio: contro l'artificialismo dei legisti le tradizioni ecc.
reagirannoduramente.
L'individualismo stoico
rivendicauna libertà ma non nel sociale, bensì nell'inviolabile
interiorità,distruggendo l'importannza di tutto il resto. Invece il liberalismo
modernotende a far rientrare nella sua libertà una sfera materiale e di
personalitàsempre più vasta.
Solo in quanto è
proprietariol'individuo è sufficiente a se stsso e può resister allo stato
La rivendicazione del diritto
diproprietà spinge alcuni liberali quasi in braccio al comunismo agrario:
latutela della proprietà va data a tutti.
La logica del diritto di
proprietàporterà il liberalismo a riconoscere che è la società e lo stato che
megliogarantisce i diritti "innati". La proprietà come creazione
della civiltà puòessere modificata e limitata dalla ragione (latifondo, eredità
capricciose):paradossalmente i confiscati dai rivoluzionari si richiamano al
dirittonaturale. Stiamo arrivando a Rousseau e Quesnay che considerano la
societàcontrattualistica un perfezionamento dello stato e dei diritti di
natura.
❍ La libertà economica
La fisiocrazia era la dottrina della
razionalizzazione del commercio della terra e dei suoi prodotti, illaissez
faire, l'antivincolismo antifeudale applicato alla terra.
Un difetto del liberalismo fu
chel'emancipazione della terra andò a vantaggio soprattutto dei più ricchi, sia
ininghilterra che in francia. Tre classi di Turgot (fisiocratico): contadini
produttori, artigiani stipendiati, nobili disponibiliper compiti di governo.
La indipendenza mediante la
terranon fu ben sfruttata dal liberalismo: lo spezzettamento tolse le
basieconomiche per rendere i proprietari terrieri disponibili a compiti di
governoe fece sorgere al loro posto plutocrazia e burocrazia. Spesso la terra
servìper pagare gli studi, e gli avvocati irruppero sulla scena politica.
❍ La rivoluzione industriale
il luogo comune che solo i
protestanti avrebbero la mentalità per larivoluzione industriale
I privilegi e le
regolementazioni delle corporazioni
La borghesia terriera sente di
dovere la sua posizione allo stato; quellaindustriale non deve nulla allo stato
ed è più critica verso il suo intervento.Da qui la differenza tra liberalismo
agrari, continentale e industriale,inglese
Il liberalismo industriale ha
il difetto che gli industriali si occupanopoco e male di politica dalla
collusione di operai e grandi proprietari terrieri retrivi nascono leleggi
operaie
❍ Libertà civile e libertà politica
la libertà è collegata
all'eguaglianza perché ciascuno sente entro di sé chetale libertà deve essere
estesa a tutti. Libetà civili perché l'uomo è essenzialmente socievole
inizialmente la mentalità
illuministica era rstia ad affiddare la tuteladelle libertà ad un'assemblea
popolar e volubile: guarda al sovrano illuminato (vedi anche artifgicialismo).
Le assemblee fino a quel momento sono statescarse e hanno dato pessima prova.
I ceti intermedi erano ancora
fottissimi in inghilterra
Ottima sintesi delle idee
contenute nello spirito delle leggi del Montesquieu,
che mostra come condizoni geografico economiche influenzanol'assetto politico
ed economico
l'autore fa un'ottima sintesi
dell'opera di Montesquieu
libertà del cittadinon non vuol
dire libertà dalle leggi, ma leggi chelascino libero di fare quel che si deve
fare.
molti rivoluzioonari erano
monarchici: sieyes, mirabeu, robesspierre: gliilluministi si aspettavano le
riforme dalla monarchia.
Ma la costruzione di montesquieu
era ideale, non rispecchiava l'sattoassetto inglese: servì da un lato come
stimolo a razionalizare al costituzioneinglese, e dall'altro diede vita a tanti
esperimenti falliti in europa, dove sipensava che bastasse introdurla per
vederla funzionare.
Ma accanto a montesquieu e
all'ammirazone inglese si viene facendo largo unacorrente di sfdiucia verso
l'inghilterra, che scatena la gu che si mett incativa luce con la guerra alle
colonie. L'inghilterra è cripto-aristocratica,si dice; il liberalismo dei Montesquieu
identifica i diritti politiciessenzialmente con la sicurezza dallo stato: il
parlamento sta per negare,controllare. Contro questa corrente si svilupperanno
le correnti "comuniste"con alla testa il "contratto
sociale" di rousseau.
sintesi del contratto sociale.
Non ha come modello i patti tra sovranitecittà, medioevali o i patti tra
sovrano e vassalli, ma il modello ddlle liberesocietà calvinistiche. E' un
contratto tra eguali e non un patto di soggezione.Il popolo non deve delegare
il potere. I suoi rappresentanti sono commissariche hnno bisogno della ratifica
popolare dei propri atti.. Rousseau teorizza laconfusione dei poteri.
Mentre col liberalismo di
montewssquieu si può parlare di libertà dallostato, con quello di rousseau si
comincia ad avere l'idea di libertà attraversolo stato. Tale tipo di libertà è
inseparabile da una maggiore partecipazione (il futuro della democrazia,
bobbio).
Ingenua visione secondo cui
l'interese collettivo non è che la somma o larisultante degli interessi
particolari. E ciò vale anche tra gli stati: ciscunstato ha il diritto di
perseguire il suo interesse..
Ma il popolo al potere crea una
potenza sterminata contro la qule ilcittdino non ha proteione, perché lo stato
è lui. Rousseau afferma perfino chelo stato può imporre al cittadino una
"religione civile". Sostiene che ilpopolo con la sua legge non può
sbagliare (anche qui colpisce il dogma dellaconcordanza degli interessi.Cromwell
dette vita ad un regime di cesarismo.
❍ La dichiarazione dei diritti
Il liberalismo avrà il pooblema
di cociliare la libertà dallo stato con ipricoli della partecipazione politica
eccessiva, mostrati dalle dure esperienzerivoluzionarie. Furet direbbe: il
popolo è vlubile; la volubilità è un altropericolo dell'artificialismo: a
mancanza di punti di ancoraggio.
il testo della dichiarazione
del 1789
Il diritto di associazione vi è
bandito per paura di nreintrodurre lecorporazioni, e sarà ribadito e mantenuto
ancora per anni pr interessiborghesi.
Confronto tra il liberalismo
inglese di Montesquieu e il liberalismodemocratico di Rousseau.
I costituenti del 1789 vollero
solo l'eguaglianza dinanzi alle leggi. Nonsolo non prendevano posizione di
fronte alle ineguaglianze sociali, ma, almeno (opinione mia) per i calvinisti,
le approvavano, come manifestazione dellosviluppo della personalità
individfuale, premio del merito ecc.
Ma c'è un solidarismo e
socialismo minimo di stampo liberale (definizionemia) che vuole almeno
assicurata la proprietà indispensabile ai meno abbienti,ese non distribuita
egualitariamente.
Nel medioevo non si aveva
ilconcetto della giustizia sociale. La diversitàdei privilegi, non sucscitava
odi e rancori.
❍ La rivoluzione
Nella dicostituzone del 1789
c'è in nuce l'idea di una rivoluzione oltre cheliberale, democratica e poi sociale.
Il terzo stato (ottima definizione a pag 76) si costituisce come
"nazione" e tende ad assorbire in sé le altre. Ma vuoleuno stato
diviso e che non usi la sua forza per sradicare la ingiustadistribuzioen ddella
proprietà. Invece il poplo, avvezzo alla onnipotenzaassolutistica dello stato,
sa che può fre dello stato un'arma potente persradicare privilegi. Lo sanno
anche i marxisti, cone lo utilizzano per ladittatura del proletariato, così
simile al regime giacobino. un primo passo è fatto con la convenzione del 1793:
non arrivare al sovvertimento delle leggi eal collettivismo, ma impegnare lo
stato ad agire gradualmente perredistribuire. E' spirito dovuto al legalismo
dei borghesi presentinell'assemblea nazionale.
Nella francia rivoluzionaria vi
sono delle voci che anticipanoquellecontemporanee sulla ineguaglianza politica
creata dalla ineguaglianzaeconomica; sulla dipendenza ecoomica che è nemica
della libertà; sul diritto allavoro. Robespierre non fissa limiti massimi alla
proprietà ma una impostaprogressiva e un diritto al lavoro. Babeuf è più
radicale. Dei tre possibilisviluppi due sono spenti nel sanguee uno quello
liberale si consolida,superando il terrore il cesarismo e la restaurazione.
Il cesarismo è quello di napoleone.
❍ La controrivoluzione
le critiche del Burke e il
confronto tra democrazia inglese, fondata su unalenta estnsione dei privilegi e
sempre fondsta sulle cosuetudini ammodernate equella francese. I diritti
naturali, nel'entrare in società si rifrangevano estravolgevano. Il contratto
sociale nn è un contratto per interessi occasinali,ma un contratto che riguarda
le attività più elevate, e le generazioni passatee future. Il liberalismo
francese risente molto del modello assolutistico.
❍ La restaurazione
L'universalismo religioso della
restaurazione era in realtà altrettantoartificioso della rivoluzione. Ottima
panoramica dell'evolversi gallicano deirapporti tra stato e chiesa, dello
sfruttamento contro la chiesa deiparticolarismi nazionali e religiosi che aveva
favorito i sovrani nazioanli.
le idee ddeigli scrittori della
restaurazione (bonald, de maistre). Lerivoluzioni distruggono costumi
consolidati e utli. Legiferano per l'uomouniversale mentre ogni stato a bisogno
della sua legislazion. La legge è usatatroppo frequentemente. La vera legge
deve solo indicare i diritti, e pertantoessere occasionale. Controppe leggi si
indeboliscono le istituzioni.Intressante concetto in che i liberali avevano
della leggee del parlaemnto con un ruolo negativo, direi.
Bonald e de maistre accusano la
rivoluzione di aver voluto distruggereistituzioni che sono genuina creazione
umana, per distruggere tutto e tornareallo stato di natura. I teorici della
restaurazione vedranno nel ritorno allostato di natura il ritorno verso il
caos.
❍ Il liberalismo inglese: il radicalismo
L'isolamento napoleonico aveva
rinsaldato gli inglesi nella propria mentalitàtradizionale e li aveva resi
orgogliosi ddelle proprie peculiarità. Vedevanoncon sfavore anche gli eccessi
della restaurazione. Embargo napoleinico prima edazi cereali dopo fecero
lievitare rendita terriera e mi mentre i prezzi degliindustriali si trovarono a
calare per al concorrenza di industrie delcontinente. Due classi che si
accusavano a vicenda. L'industriale eral'ijkdividuo più razinal e meno propenso
a mantenere la tradizione, i costiumi.Bentham incarna questa esisgenza di
razinalità, di fre piazza pulita deldeglielementi irrazionali della tradizione:
partito raidcale. Bentham proponevapoche leggi che fossero un male necessario
contro la libertà per l'utilitàcomune. Leggi razionali. Utilitarismo . Gli
utilitaristi tentennavano, perchéquando c'era pericolo di sommosse preferivano
agire gradualmente (er laproprietà andava tolta solo con l'eredità). Cmunque
c'era bisogno diraazionalizzazione, di un principio che fondi tutti i poteri e
le leggi, chealtrimenti restano indivise. Era l'utilità. AMbiguità
dell'utilità: esistel'utilità individuale, che è libertà, ma anche quella
generale che puòdiventare atoritarismo. Il partito radicale nasce con James
Mill e i suoiamici. Poi stuart mill ecc. Vuola ragione e giustizia contro
tradizioniirrazionali. Era l'irrompere del radicalismo illuministico e
rivoluzionario, mavenne frenato da vari elementi. ANzitutto la grettezza e la
irresolutezza delprincipio razionalistico che non poteva dare fiammate di
sentimento. I radicalisi volsero anche a romanticismo, gli economisti
mostrarono altreconsiderazioni
❍ Il liberalismo inglese: gli economisti
l'economia classic. Mostrava
una visione delgi ineressi benthamiani menoidilliaca e generica: Con Malthus le
rpopolazione diviene un problema: non cen'è bisogno, crea sommosse.Attaccare la
eredità è un tipico compromesso, sin dai tempi di Bentham
105 La separazione dei poteri
condurrà per necessità al principio unificantedella sovranità popolare.
❍ Il liberalismo inglese: il movimento religioso
La religione in inghilterraIl
"dissent" era una forza viva, che creavasette dotate di spirito di
iniziativa, in concorrenza, che rivendicavanolibertà e auotonomie, rspettavano
lo satato, si fondavano su libereconvenzioni, addestravanl le classsi
dirigenti. Ma La troppa autonomia creavail rischio di cadere nel deismo, vista
la libertà di esame delle scritture ecc.Due movimenti contrasteranno il deismo:
il metodismo nelle chi sette el'evangelismo nella chiesa anglicana, che era
l'altro pezzo della faccnda. ILmetodismo introducsse rigore dottrinario e
morale, e un umanitarismo chetempera l'utilitarismo e il malthsianesimo creando
una mentalità borghese dalcurioso miscuglio. La chiesa ufficiale è legata allo
stato per i soi privilegi.In irlanda grava sui contadini irlandesi. è tory.
Wilberfo'rce è seguito dalmotimento oxoniense, dapprima incerto, ma che poi
comincia a rivalutare controle sette i caratteri di legittima discendente dagli
apostoli, dotata di carismiecc. La organizzazione è anche un modo per rendersi
autonoma e sfuggire allostato. IL trattato di tolleranza cattolica ha effetti
che sono migliorati dalclamore delle conversioni di nwman, manning ecc. che
impongono il principio delrispetto della libertà. . In sostanza la chiesa
anglicana si mostra piùeuropeista e sensibile a roma, come l'utilitarismo
rapprsenta un segno diavvicinamento alla mentalità iluminista continentale.
Universalismo nellachiesa e nella soceità civile. La chiesa appare divisa in
tre strati. lachiesa anglicana sensibile all'evangelismo per gli strati bassi.
Le sette perla piccola borghesia e gli operai più benestanti e colti. Il top
della chiesaanglicana pr la grande borghesia che aspira alle cariche.
❍ Il liberalismo inglese: la scuola di Manchester
Cobden e la lega di manchester
contro i dazi sui cereali. Inizia a mostrarei guasti del mrcantilismo ,
dell'asservimento delle colonie ecc (130). Siscioglie e si trasforma in nucleo
loberale attraendo i whigs; sviluppainternzinalismo Le associazioni operaie non
vi si associano, già dalla lega: leloro rivendicazioini o sono luddiste o sono
politiche, non economiche, mentrecobden non voleva lotte politiche ,
associazioni operaie, intrnto ello statonell'orario opraio. La ex lega di
manchester sviluppa internazionalismo: gliinterssi possono essere risolti
pacificamente, la guerra e i la servit dellecolonie non serve al commrcio,
aiutano il risorgimento, perché gli stati creanoquadro d'ordine, con
ripartizione internazionale della produzione, disapprovanoi confderati sudisti,
vogliono la indipendenza cooniale e il commonwealth.
Vogliono la separazione dii
stato e chiesa per rispetto dellareligione. Peròsono carenti dove lo stato
dovrebbe agire, mentre i loro bilanci sono scarsi,basati sulle imposte dirette:
educazione, politica sociale.
le imposte dirette rendono il
cittadino più edotto dei costi-benefici: lateoria della
prestazione-controprestazione conduce anche a questo.I tory invece organizzano
una opposizione moderna e non gretta , basata pureessa sugli intressi comuni.
Sono solidaristi, simpatizzano con le trade unionse le iniziative dei pstori,
stigmatizzano l'interesse del profitto, Disraeli ecarlyle paventano l'odio tra
l'aristocrazia e i mrcanti e propongono che laprima educhi e vada verso i
secondi, lo stato è troppo debole e i captalisti lovogliono così per potere
fare i loro interssi. Dottrina romantica tedesca sullaforza dello stato entità
a se.
❍ Il liberalismo inglese: la riscossa dei conservatori
Il torismo vuole dare dignità
al lavoratore per farne il fondamento dellagrandezza della nazine, soprattutto
imperiale. Salari più alti significanoanche lavortori più produttivi. Il
torismo si unisce alle rivndicazioni delletrade iunions, visto che prima del
1891 nogli operai non costituiscojno unmovimento a sé. Occore secondo loro uno
stato più sociale e più intrventista,che controlli opere e grandi imprese
pubbliche, che sostenga il commercioormai internazionale, che redistribuisca
laterra, che badi al tenore di vitadelle classi meno abbienti. Tuttavia Stuart
Mill teme la tirannia giacobina,la anche il livellamento della democrazia, i
pericoli dell'organicismo:invasione della burocrazia onnipresente, livellamento
di massa nei partiti enelle coalizioni industriali ecc. Contro di lui Hill
Green scrive a fineottocento un saggio contro la atratta libertà di contratto
che permetteinumani sfruttamenti. Contro il darwinismo sociale egli sviluppa
argomentazioniconvincenti. è lo stato che dà la proprietà e può limitarla. E'
lo stato (erahegeliano) che consente di creare l'ambiente in cui si sviluppano
elindividualità delle persone più ch nel medioevo 161 esiste quindi
unademocrazia liberale in seno al ilberalismo (hill green era ìliberale. I
toryaccusano di plagio. Per Chamberlkain, che è promotore dell'ala più sociale
deliberalismo, i tory agivano per patonage, i liberali per
rispettodell'individuo. 1891 si forma labour party: i fabiani sono statalisti
einterventisti. I gildisti si appoggiano sulle associazioni di lavoratori.
❍ Il liberalismo inglese: crisi e rinnovamento
Principi di liberalismo
sociale, "equity of copportunity". Ma mi pareche parli solo delle
basi materiali, senza voler infiltrarsi. Va control'astratto individualismo e
contro l'astratto socialismo.
❍ Il liberalismo francese: il costituzionalismo
Luigi XVIII è il sovrano più
alieno dagli eccessi della restaurazione: laborghesia essenzialmente terriera
rimane al potere, il centralismo continua adavanzare, il concordato con la
chiesa rimane. Le libertà civili sonorispettate. Il regime è rappresentativo ma
di censo elevato (100.000 elettori)
Importante per lumeggiare il
principio ella sovranità popolare: perconstant il popolo non è sovrano alla
maniera del giacobinismo, ma di unasovranità limitata, che lasci una sfera di
libertà. Questo è il pensieroliberale.
I ministri divengono
responsabili verso il parlamento e non verso il re
La nascita dei partiti è più
difficile sul continente perché non ha avutol'sperienza delle sette religiose.
I partiti sono sette politiche. Senzapartiti non si può pretendere le
dimissioni del governo. Senza veri partiti, masette faziose, si oscilla tra la
setta egoistica e la democrazia giacobina.
altre garanzie oltre la
divisione dei poteri: indipendenza dellamagistratura, libertà di stampa,
indipendenza delle assemblee provinciali ecomunali. Il centralismo francese ha
inaridito la vera fonte del patriottismo,il comune e la provincia, che
avvicinavano l'uomo alla sua terra. Occorredelegare come nel self governement
inglese, alcune funzioni di governo alleamministrazioni locali elettive. 178
altra garanzia: la guardia nazionale
La libertà di stampa è anche un
diritto politico.
La differenza tra le libertà in
atene e roma e quelle dei moderni inConstant.
Constant e gli scrittori
liberali della restaurazione odiano la democraziacon i suoi eccessi; esaltano
un governo censitario borghese, che rappresenta laragione, il giusto mezzo tra
la nobiltà e la demagogia; irridono Rousseausostenendo che le libertà dello
stato di natura erano anarchia; che la veralibertà è libertà di fare ciò che è
bene, e quindi va incanalata con leggi. Laborghesia francese riscopre le sue
radici storiche come patente di nobiltà.
Questa è la corrente principale
liberale, che vuole riconciliarsi con lastoria, la monarchia, la religione, i
costumi. E' una convergenza con gliinglesi che cercano invece di razionalizzare
la lodo democrazia consuatudinariae tradizionalista.
Se la corrente principale del
liberalismo è piuttosto statica e mira aconsolidare le conquiste della libertà,
la corrente economica con Say è piùvivace e vuole abolire i dazi. Ma
agricoltori e industriali francesi nonsentono ragioni. Si ribelleranno al
trattato di commercio del 1860 tra cobden e
Napoleone III. Gli industriali
avrebbero tratto qualche vantaggio, perchéavevano manifatture di lusso, ma non
vollero rischiare, e successivamente idazi si inasprirono senza posa.
Propugnano anche la eliminazione dei vincoli dicorporazione sul lavoro, e qui
sono ascoltati. Sismondi parla di necessità diintervento sociale, e vi è tutta
una letteratura sociale del periodo di luigifilippo.
I reazionari sono i più
rivoluzionari. Vogliono restaurare il diritto diprimogenitura, ecc. In questo
vi sono anche delle venature curiosamenteliberali. Alcuni vogliono in spregio
ai borghesi censitari rivalutare ilsuffragio universale. Altri danno vita a
quello che viene chiamatocattolicesimo liberale. Lamennais ne è il fondatore,
non approva la democrazia,ma chiede per la chiesa la completa separaione dallo
stato, la proprietà per ipreti, la fine del gallicanesimo. Dice che reavvivato
dal cattolicesimo illieeralismo non farà più paura. Dice che le libertà
borghesi e il dirittocomune sono la cosa migliore per la chiesa. Ma la
enciclica "miari vos" digregorio XVI è contro di lui. Lui diviene
eretico ("paroles d'un croyant"), maverso la fine del secolo il
catolicesimo liberale si risolleverà cautamente conlacordaire, montalembert e
va e intanto molti cattolici si staccano dalleideologie reazionarie e si
affiatano a quelle liberali. La monarchia di luigifilippo di orlean succeduto
ai borboni con le agitazioni del 1830 è in mano aiborghesi, ma è troppo
censitaria e suscita lo scontento dei piccoli proprietariche passano
al'opposizone.
❍ Il liberalismo francese: la monarchia borghese
Il proletariato comincia a
trovre una sua identità di rivendicazioni inconfronto ai borghesi dissidenti e
non. Cominciano a riecheggiare i temidemocratici e socialisti che avevano fatto
una effimera apparizione con larivoluzione francese. Vuole più che altro una
politica sociale, la garanzia dilavoro, si rifà a Robespirre. Nascono i
movimenti di fourier e saint simon.
Saint simon sostiene che il
liberalismo rappresenta una impasse nel progressodalla società l feudale alla
società che domina la natura, perché è troppogarantista e poco socialista. Egli
ha simpatia per il dispotismo illuminato ecaldeggia lo stato organico che
faccia interventi sociali e organizzi laproduzione. Lo stato deve essere
l'organizzatore della produzione e ilpromotore di una superiore giustizia
distributiva. Famiglia e altreistituzioni, proprietà debbono essere
funzionalizzate: si diviene dei fuzionaridello stato. Persino il cristianesimo
va rivisto. occorre portare nell'aldiquale speranze che esso porta
nell'aldillà. Viene creato un pittoresco culto. Chemostra che è in effetti
l'intransigenza romana che condanna all'irreligiosità imovimenti nuovi, e
l'irreligiosità e sterilità. Si dice da più parti cheoccorre una riforma
protestante anche nei paesi mediterranei, pre iniziare lostato industriale.
Fourier è l'oppposto
dellostatalismo di saint simon. propugna ilfalansterio ,c creazionie autonoma
dal basso e indipendente dallo stato,autosfficiente, basato sul principio di
attrazione.. Le dottrine delproletariato nel XIX si muoveranno tra ideale
collettivistico idealeassociazionistico. delle due ha il sopravvento quella
statalista. I lavoratorisono diffidenti verso il libertarismo e
l'individualismo. Un esponente dirilievo di questo è proudhon che sostiene la
negazione dello stato, lasostituzione ai rapporti coattivi di autorità di
rapporti contrattualivolintari e spontanei. L'individualismo, svolto nelle sue
estreme conseguenze,porterebbe al mutualismo, al regime della pfetta
reciprocità sociale, edoffrirebbe il principio fecondo per la sintesi di tutte
le antinomie.
Il dibattito politico si
rianima con tocquevill. Noi abbiamo lasciato illiberalismo dottrinario della
restaurazione, chiuso nei confinit angusti dellacittà legale e ostile ad ogni estensioen
di questyi confini: il ricordo deglieccessi rivoluzionari, combinato insieme
con un duro egoismo di classe, gli faapparire la democrazia sotto una luce
sinistra. Asfatare queste prevenzioninulla poteva meglio giovare di un0opra
come tquella di Tocqueville, che parladella democrazia in america (titolo
dell'opera). Per tocqueville la libertà è insidiata dall'alto e dal basso. Con
l'industria cresce il potere dele grandicoalizioni politico-amministrative che
schiaccerebbe l'individuo con unatirannia più spietata della vecchia
aristocrazia: sfruttato l'individuo lo sibutta nelle braccia della carità
pubblica. Ma dal basso c'è la democraziatirannica e livellatrice. La tentazione
della democrazia è di fare un atto didelega allo stato per la trattazione degli
affari. Vi sarebbe una tiranniadolce che tutto blocca (allude probabilmente
alla monarchia orleanista) ch ditutto si occupa, facendo addormentare il senso
di libertà. Occorre rivendicarele liertà, creare dei centri di resistnza, delle
comunità locali di autogovernoche siano palestra per la dmocrazia
❍ Il liberalismo francese: il 1848
Toqueville e l'ala dei liberali
che avevano preso contatto con l'ambientedemocratico e sociale, criticano il
regno di luigi filippo come quello di unaborghesia immobilista arroccata sui
suoi privilegi, che per tenere buoni igovernati accetta l'immoralità diffusa e
il precetto di arricchirsi ad ognicosto. Essi fomentano la rivoluzione del
1848, che però vedono solo comerivoluzione di riforme politiche, mentre prende
ben presto una piegademocratica e sociale. In francia presto si instaura una
repubblica democraticae piccolo-borghese con una condiscendente appendice
socialistica degli ateliernationaux. I piccolo borghesi si rivoltano poi contro
il pericolo comunista eaprono la via alla dittatura di Luigi Napoleone.
Dal fallimento del moto del '48
la classe operaia trae una nuova coscienza:che lo statalismo, le concessioni
borghesi, l'azione dall'alto non possonocostruire quel che ell si attende: che
deve autorganizzarsi. Dal 1848 nasce ilmanifesto deel partico comunista che
segna questa nuova coscienza. Vi sono deiborghesi dissidenti come tocqueville.
La dottrina liberale di questo periodo siispira al constant e al tocqueville.
Il primo insegna il garantismo contro ilgoverno dispotivo; l'altro un programma
didemorcazia liberale a cui laegenerazione della tirannide democratica
ocnferisce una nuova ragion diattualità. Secondo costoro, si rano fatti fatali
errori e si era ritornati aitempi della convenzione di robespierre, del contratto
sociale e dellatirannia.
❍ Il liberalismo francese: il liberalismo del Secondo Impero
Lo stato era diventato tutto;
la monarchia non ha limiti; la burocrazia è onnipotente. La sovranità popolare
non è servita che a compiere un atto ditotale dedzione. La confusione della
sovranità elettorale e parlamentare e conla libertà stato il vero tramite del
dispotismo ed ha dimostrato che perporre i cittadini in grado di sericitare i
loro diritti politici bisognaassiduament educarveli, associandoli agli affari
del comunel del dipartimento,della chiesa, dell'ospizio, della scuola.
L'autogoverno locale, ecco il verocorrettivo di qualunque dispotismo. Questi
scrittori non sono comunqueantistatalisti, riconoscono che i diritti esistono
nello stato e per lo stato,ma gli pongono dei limiti. Qualche liberale incauto
come il Dupont White sonoinvece ultrastatalsti.. Dupont White, pure essendo
nell'indirizzo di unademocrazia autoritaria, conserva ancora qualche scrupolo
librale. Questoscrupolo invece scompare in Comte, che ci ofrre un sistema di
democrazia puradi igno miscuglio, rozza e brutale nella sua veste scientifgica
e positiva. Percomte l'individuo è una astrazione. NON vi è altra forma di
overno che ladittatura esercitata a vantaggio della società prché no nesiste
che la società.Il Mill giudica questo sistema "Il sistema più completo di
dispotismospirituale e temporale che mai sia uscito dal cervello di un uomo,
eccettoforse quello di Ignazio di Loyola".
215 Tutti gli scontenti e tutti
gli inquieti si riuniscono contro la pacenapoleonica, sotto le insegne del
liberalismo. Ne viene fuori un miscuglioibrido e caotico
❍ Il liberalismo francese: il liberalismo della Terza Repubblica
In sintesi, la democrazia ha
offerto la piattaforma politica all'invadentee assorbente statismo dell'epoca.
Ma è stata spinta anche dal procacciantismo,al parassitismo, dalla venalità,
che al coperto del mantello democratico hannopututo facilmente cmpiere le loro
non conrffessabili gesta., spingendo l'azionedello stato fin quanto possibile..
Ormai il pensiero liberale si
vede separato dalle idee democratiche chehanno preso una via per un liiberale
inaccettabile. La democrazia, educataalla scuola del positivismo scientifico,
dimostra massima incomprensione dellalibertà morale,del valore della
prsonalità, della capacità dell'individuo direagire sullambiente; crede alla
necessità e al detrminismo storico. ha ilculto dela società e della
orgnaizzazoine e degrada l'individualità a uningredndiente di un tutto che la
trascende.
Il liberalismo contemporaneo da
un lato nega l'ingenuitàgiustantturalistica e si avvicina alla idea di un
diritto razonale creatodall'uomo e da lui saggiamente gestito pre quanto
riguarda le garanzie e idiiritti fodamentali. Ma dall'altro è più cauta e
rispettosa ddella sotria,che non pretende di manipolare dall'alto. C'è una
tendenza ad agire piuttostomediatamente sulle coscienze per avviarle verso i
suoi fini che nonimmeiatamente sulle istituzioni e sule costituzion.
La posizione reciproca del
liberalismo e della democrazia presenta ininguilterra e in francia questa
differenza: che là predomina il primo, e dà ilsuo nome e il suo accento a un
partito, mentre la democrazia non haun'organizzazione poitica propria ed
esercita soltanto una mediata influenza. TUtto l'inverso in francia: qui il
liberalismo non sercita che una funzione dilimite e di controllo, che il
trionfo della democrazia rende necessrio.
❍ Il liberalismo tedesco: il romanticismo
I tedeschi erano frammentati e
divisi. Da un lato la prussia, dall'altrotanti staterelli e l'idea dell'impero.
L''idea liberale e di libertàcatalizzerà le spinte unitive dando loro una base.
Dapprima ci fu nazioneculturale e del pensiero. Ma presto si sentì l'esigenza
di dargli ancheattauazone politica, specie dopo la disfatta di jena, che
disilluse sull'alonedi potenza germanica creato da fedrico il grande. La
nazione culturale cominciaa guardare alla prussia per diventare nazione
politica. In purssia provincenord orientali avevano junkers e servitù della
gleba. GLi junkersamminsitravano funzioni politiche ed erano stati
magistralmnte inseritinell'organizzazione urocratica statale da federico.
Province occidentali emeridionali erano già più borghesi con contadini piccoli
e industrie e volevanosvecchiare.Von Stain procetta uno svecchiamanto che
lascia alla corona tutto ilpotre centrale, ma consegna all'autogoverno il poter
locale elettivo. Ma è ricorma prematura che junkers frustrano. Con i successi
di napoleone Kant,fichtte schelling accolgono i principi liberali. Kant parla
del principio dilegalità come proprio dello stato e pone l'idea importante
della giuridicitàdell'azione statale, che si limita con leggi a comporre i
conflitti della vitaassociata, ma non viola l'intriorità delle coscienze. La
legge e la sua azioneordinatrice esaurisce lo stato. Fichte è ispirato ad un
contrattualismo spinto:si può uscire dallo stato se non lo si accetta. Perdipiù
ha una concezionelimitata co dello stato come promotore dell'ordone, come
"stato gendarme" o “guardiano notturno". che formerà oggetto di
irrisione per la più maturacosciena statale tedesca.Humboldt vuole lo stato
limitato, che garantisca lalibertà, sia stato gendarme e lasci spazio
all'associazionismo privato.
L'indivudualismo romantico
scopre però ben presto il romanticismo. scopre inparticolare storia tedesca: il
valore dell'individuo tedesco, il caratterenzionale tedesco si incarna anche
informazioni sociali nel corso delle epoche.
I redeschi scoprono i legami
organici, i corpi intrmedi nella loro storia.Burke è molto letto. Si arriva
alla idea di stoato organico, di stato cherinsaldi con al sua vita i legami
organici. Savigny attacca il liberalismoanche nella roccaforte del razionalismo
legislatore, contrapponendovi iildiritto consuetudinario. 238 Gli scrittori
politici e giuridici scoprono lostoricismo, propugnano sviluppo graduale, in
armonia col passato. Ma pè è storicismo
retrivo, che rivaluta il medioevo, dove non c'è traccia di stato emeno che mai
di organicismo tatale. Così ch molti ripudiano i successivisviluppi stoici
Eccessi: 240 Haller che riesuma l'idea di uno stato per cti,completament
contrattualistico, dove il potere è garantito dal dominio dellaterra da parte
dei più forti. Così la cultura tedesca si trova tra dueistanze: fare tabula
rasa del passato (rivoluzionarismo francese) o fare tabularasa del nuovo
(rifiuto del persino delle novità di federico di prussia in nomedel medievalismo).
Hegel concilierà
❍ Il liberalismo tedesco: Hegel
Hegel pensa che lo stato
rappresenti il più alto stato di sviluppo dellospirito. che sia uno stato
etico. La dialettica va dall'individuo che afferma isuoi diritti (liberalismo)
alla società, cominciando dalla famiglia, fino aiceti che costituiscono un
momento etico superiore, un diritto che si reciprocacon un dovere, una funzione
etica superiore di tutti gli istituti giuridici (propreità per la famiglia e
non solo individuale ecc. e poi allo stato. cherappresenta una forma di
realizzaazione dello spirito cmpletamente compiutacome razionalità, mentre la
chiesa presenta una forma incompiuta (comesentimento) e che tuttavia lo stato
dev tollerare ma che non deve lasciartravalicare la sfera interiore, che presto
si trasformerà nella eticitàrazionale dello stato. Non esiste rappresentanza
elettiva: i corpi sono organidella società e non dello stato. I poteri sono
divisi concettualmente ma unitinel sovrano ceh dà l'approvazione alle proposte
dei ceti e che guida ifunzionari dell'esecutivo. Il compito di assicurare la
giustizia è dellasocietà e dei suoi corpi, non dello stato. Lo stato non
realizza la suaesistenza, come l'individuo, se non nella società con gli altri
stati, maquando c'è una controversia la guerra è benvenuta. Grand intuizione
hegeliana:la società è il termine intermedio tra lo stato e l'individuo,
consente diarticolare la società dall'individuo allo stato, laddove
l'astrattocostituzionalismo individualistico crea forme politiche dstinate a
sfaldarsi.
Spsso si ritrovano affermazioni
nel liberlaismo secondo cui occorreorganizzare i popolo, altrimenti non si può
erigere lo stato in un popoloatomistico.
Il principio libera chiesa in
libero stato è liberale.
❍ Il liberalismo tedesco: l’età di Federico Guglielmo IV
La prussia era uno stato che si
avviava verso una costituzionereazionaria di stato per ceti, sooprattutto con
Federico Guglielmo IV, matuttavia i nazionalisti la guardavano, ritenenendo che
la nazione andasse fattacon la potenza, come antidoto alla disgregazione del
liberalismo tipo Tocqueville. Essi
perseguivano la potenza della nazione. In consonanza con loro List (economista) e Bismarck si lanciano nel
protezionistmo e nell'iniziodell'imperialismo. L'idea imperalista è illiberale,
perché il liberalismo vedela nazione come convivente pacificamente e
sviluppante la sua individualità. Daquesti imperislismi lo spirito nazionale è
traviato, portato ad occuparsi diaffari esteni, è stimolato l'opportunismo
delle guerre di conquista. I liberali della germania meridionale volevano
staccare dall'Austria le cittàtedesche, ottenere costituzoni liberali e unirsi
alla Prussia. I primi dueobiettivi riuscirono (austria indebolita da guerra in
italia, rivolta diungheria e rivolta interna), ma il Parlamento liberale verrà
snobbato daFederico IV che rifiuta la corona offertagli e riprende il potere in
Prussiacol suo esercito. Egli e i nazionalisti avranno ragione: lo stato
prussianosarà creato dalla forza degli hohenzollern.
❍ Il liberalismo tedesco: la concezione giuridica dello Stato
Fino al 1814 la germania non
possiede un regime democratico rappresentativo: ilgoverno dipende dal
cancelliere che è al disotto del re e sta come potere realedi fronte al
parlamento che rappresenta le classi e gli stati della federazionema non ha il
potere legislativo.In germania il liberalismo bloccato sul piano politico andò
avanti nellaelaborazinoe dottrinale dei diritti
In tutti gli scrittori di
qualsiasi tendenza domina l'idea del rechtstaat,stato che crea i diriti
pubblici soggettivi, ma non a suo arbitrio, maautolimitandosi e cercando di non
intervenire nella sfera dellacoscienza delcittadino, anche se non è solo
guardiano notturno perché si occupa anche dellacultura. I diritti non sono
innati: perché così si andrebbe ad uncontrattualismo pprivato Bismarck
riorganizzò, secondo Gneist lo stato dando aiceti funzioni onorarie di governo
locale accanto ai funzionari. Uno dei rischi è che lo stato giuridico sia una
vuota forma, ma la coscienza giuridica è saldanell'idea dell'autolimitazione
statale. e respinge le idee organiciste.
funzione = diritto + dovere
in Francia si agitavano
esigenze sociali e di autogoverno che andavano aldi là del liberalismo
parlamentaristico e legalistico.
❍ Il liberalismo tedesco: il liberalismo sociale
Gli autori tedeschi di fronte
all'industrializzazione della germania assumonoun atteggiamento ottimistico. Lo
stato tollera i sindacati, ma il problema è: è giuta una ideologia sindacale da
socialismo (apocalittico)? Gli scritori lonegano. La sciena dell'economia che
ha immaginato un conflitto insnabileespresso dalla legge bronzea dei salari era
modellata sul primo capitalismo.COl secondo capitalismo della grande industria
i lavoratori debbono esserecapaci e ben remunerati, e la diminuzione dei costi
aumenta i loro redditireali e la loro quota di prodotto si accresce mentre
iriimane stabile quelladel profitto e del capitale. Essi devono fare self
governement coi proprisindacati e procedure di arbitraggio di fronte agli
imprednditori, perché se lostato se ne occupasse essi vorrebbero occupare lo
stato.
❍ Il liberalismo tedesco: il liberalismo politico
La germania rimaneva però
politicamente molto immatura. Bismarck aveva cratouno stato burocratico in cui le
teste pensanti erano rare. La supremazia del ree l'insussitenza del parlamento
dissuadevano gli uomini migliori dal pensare alvoverno. I partiti erano
isteriliti. L'apparato non è in grado di frenare leintemperanze del re, che il
parlamento avrebbe frenato facilmente. Da cui la 1^guerra mondiale.
Successivamente la germania dsi dotò di struttureparlaemntari.
❍ Il liberalismo italiano: il periodo preparatorio
Ragioni del mancato decollo
politico, economico civile e culturaedell'Italia in confronto agli altri stati.
Solo la lombardia ha avutoindustrializzazione e li i primi fermenti liberali.
tuttavia l'italia aveva l senso
dei diritti civili e il feudalesimo viscomparve più velocemene che altrove. Nel
regno di sicilia si forma per laprima volta un pnsiero statale. I pubblicisti
si orientano verso una monarciailluminata e poi costituzionale. gli economisti
dibattono i temi delprotezionismo e dalla abolizione dei dazi interni. Il sud è
p è statalista,mentre il nord è individualista e più propenso al liberalismo
individualsista.AAAlfierei nel trttato contro la tirannide inizia una
importante linea dipensiero Nel nord si diffonodono idee di libertà unità e
indipendenza. Sisviluppa un dibattito quando la francia creerà la repubblica.
Napoleone viene visto come
colui che può unifiacare litalia.
Con la restaurazione si cerca
di salvare quel che si può delle conquistecostituzionali. Vi sono le sette. La
carboneria rappresenta la borghesia cheera entrata enll'esercito.
Foscolo distingue tra sette e
partiti
❍ Il liberalismo italiano: il liberalismo del risorgimento
La cultura italiana aveva un
complesso di superiorità e tendeva a vedsottovalutare le novità degli altri
paesi,. Forte di una cultura umanistica elibresca sopravvalutava le sue idee e
non coglieva le novità altrui.In pratica, l'italia non ha dato in questo
perido, di positivo,idee originali (nessuna!) ma uomini onsti e disinteressati.
Il partito moderato era
contrario alle sette politiche, voleva il votolimitato censitariamente e temeva
i giacobini. I moderati parlavano ed avevanofiducia solo della elite che poteva
cpaire i problemi politici..
I moderati non guardano al
libralismo individualistico, ma piuttosto aivalori dellarestaurazione,
all'inghilterra con il suo predomino delle classisuperiori. Sono fedralistiche
vogliono dare una costituzione che garantiscacontro i pericoli del basso
(giacobinismo) e dell'alto (tirannide).
Gioberti vuole che la religione
si purifichi degli elementi reazionari esi accordi co pensiero politico che
abbandona le punte eccessive delliberalismo
DUrando critica i neuoguelfi ,
anzi i moderati anzitutto per neoguelfismoche è stato sempre pernicioso e
afferma principio di unificazione tramite ilprincipe. Ma critica anche
l'elitarismo asserendo che un popolo difende meglioil suo paese se gli si dà
partecipazione democratica. Anche gli economisti sonoimportanti e concorrono
anche alla formazione europea di Cavour, che studia iproblemi doganali e di
ammodernamento. Al nord finiscono col pensre che laelevazione della plebe agricola
è coefficient e di rinnovament sttale. Al sudno, e non prndono nemmeno in
considerazione le rivolte contadine, o finisconoper disinteresarsene.
Mazzini ascoltava le voci
francesi e inglesi più che vedere la situazioneitaliaan. In francia si diceva
che (342) la nuova rivoluzioen srebbe stta nonpolitica e parlamentare ma
sociale. Mazzini era nella scia di fourir saintsimon e gli anarchici contro
oppressione della borghesia a grazie alleaconquista della legalità e della
rappresentanza censitaria, ma per l'Italia eratroppo in anticipo. Tuttavia il
suo giacobinismo entrà in rapporto dialetticocoi moderati: i suoi compi di mano
portavano oltre gli indugi moderati, e imoderati sapevano poi trarre
giudiziosamente pertito dai suoi ind ardimenti.
In inghilterra e germania la
democrzia era una grande organizzazione delleforeze del lavoro. In francia era
una piccola borghesia gelosa dei suoiprivilegi e libertà.
Il '48 segna un ripensamento
tra democratici e moderati e fa iniziare unacollaborazione sotto prsonalità
come cavour. Nel '48 si videro ricusati i motisociali: il risorgimento saebbe
stato politico e nn osociale., nzionale e nonsociale.. Il moderato gioberti si
rende conto dell'errore di non ammettere ipartiti, che li fa diventar fazioni
in lotta anziché collaboranti. La mancanzadi libertà per tutti i cittadini
pè altro errore Gioberti riconsce che
laelevazione della plebe è necessaria: senza di che si sostituisce
aristocraziaad aristocrazia e non si premiano le capacità. L'elemento
censitario e quelloplebeo debbono dare i due partiti conservatore e democratico
che si temperano avicenda. La plebe va elevata con una graduale ridistribuzione
terriera.
❍ Il liberalismo italiano: la Destra
La destra ha quadri che
provengono sia dai democratici che dai moderati. Lasinistra è effettivamene un
partito nuovo, che incarna le esigenze sociali cheavevano fatto in precedenza
solo effimere comparse. La destr optò saggiamenteper l'accentramento. Ma fu
anche dispotica. Garantì i diritti, ma lasciò ilgoverno elitrio, in rapporto
paternalistico con la media e piccola proprietà.
La destra è troppo statalista.
separa autorità e libertà. Lo stato sicontrappone quasi a cittadini, anche e
nelle parole dello spaventa si parlanobilmente di fini etici dellostato, della
idea liberale dello stato.
concezone liberale dello stto
cme creazone del'uomo e rper l'uom che nonviene giù per volontaà divina,
casualità, fatalità ecc Il pensiero
liberale rivendica, , accanto allo "stato di diritto", lo "Stato
della politica", un interessante concetto che va a completare le critiche
allo stato di diritto. Lo stato di diritto troppo spesso si irretisce nello
stato-gendarme, e diviene lo statolegalistico che nelle leggi mette qualsisi
contenuto.
Altra causa della modestia
dello stato italiano è la corruzione cheportarono le sinistre con i loro
patronati chiesti da classi non preaparate adintendere il rigore della politica
come erano quelle dei piccoli e mediproprietari in confronto alla destra. I
politici si fanno influnzare dallapiazza. L'avvento della sinistra ha iniziato
il trasformismo il coalizionismo,il patronato, la precarietà del potere e
l'influenza della piazza. Una maggiorebase elettorale, invece di dare più
potere, lo ha indebolito. Il bolscevismo eil fascismo rappresentano i rigurgiti
di una educazione liberale non digerita. (anche p. 359) rapporti stato-chiesa:
prevale l'idea della separazione ed è una ideasaggia.. Inv
la folle soluzione mazziniana
dei rapporti tra stato chiesa con unateocrazia laica soggetta alla sovranità
popolare.
I moderati rigettavano il
liberalismo spinto nel suo contenuto dirazionalistìsmo anti-clericale.
Ottima illustrazione del
principio liberale "libero stato in liberachiesa".
❍ La libertà e le libertà nel liberalismo
A poco a poco, dai diversi
liberslismi si viene formando, percontempramento, un libralmsmo europeo.
Conflitto inglese-francese: ininghilterra si parla di libertà concrete che
rischiano di traformarsi inprivilegio. IN francia si parla di libertà con la L
maiuscola, ma che spazzavia tutte el posizoni questite e rende l'individuo un
atomo e apre la via algiacobinismo.
❍ Libertà negativa e libertà positiva nel liberalismo
Kant ha avuto unagrande
intuizione identificando la libertà con lospirito. Non c'è spirito senza
libertà, non si può formare l'evoluzionespirituale e non pssono svolgersi le
attività spirituali. Per converso lalibertà non è arbitraria, ma coincide con
lo sviluppo di unospiritoconsapevole. Hege Kan parla a questo proposito di
libertà di seguire lalegge morlae. Hegel mostra che l'uomo realizza la sua
vocazione universale quando si inserisce nel rapporto con altri uomini, quando
il suo io si sdoppia, nelle formazioni sociali. L'idea settecentesca della
libertà comearbitrio è anarchica immatura. I popoli dello stato di natura sono
fanciulli,anarchici. I fanciulli sono schiavi delle passioni e noi non li
consideraimoliberi. Solo l'uomo che trova il suo poto nella società è libero.
Il pensiero lberale riconosce
come vera libertà la libertàà matura, ma noncade nell'errore della chiesa che
vuole tenere sottotutela gli ignoranti.
Libertà deve essere data anche
ad essi. Ad essi deve essere data sfera libertàgarantita da leggi. Ma occorre
intervenire laddove, pur nel rispetto dellalibertà formale si danneggiano altri
(lavoro dei fanciulli ecc.) anche taledivieto è giusto e liberale. E' liberale
intervenire anche contro gli arbitriindividuali che nuocciono a se stessi
(leggi contro alcool ecc.)
❍ Il liberalismo
Il liiberalismo è l'ideologia
della libertà. La libertà si identifica con lospirito. Solo l libero intende il
valore della libertà. Il servo, colui che è liberto per graziaaltrui non
intende la libertà. Il liberalismo perciò, in unsuo atteggiarsi è un sottrarre
gli individui a tutele, un far loro fare da sé;i primi liberali volevano
etimolare il self governement. Ma per ottenere questooccorre avere un metodo;
sotto un altro aspetto il iberalismo è un metodo, chediscerne quando gli
individui sono pronti, che capisce quali limiti legali equale quadro
legislativo va posto per favorire qeuesto spiegamento dellelibertà. Il
liberalismo creca di far presas sulla psiche, invece che sulautoritarismo che
cala le costituzioni e le leggi e del moralismo che imponeagli altri di esere
come noi. In un altro psettto il libralismo è un patito. Mail liberalismo non
si identifica pienamente col partito: anzitutto, i partitopuò preversirsi prima
e dopo: prima è troppo disgtruttore e settario; dopo è tropo oligarchico e autoritario.
Il partito è per sua natura settario.
Soluzioni liberali sono invece
il contemperamento delle posizioni liberali (Come partito) e conservatrici. Il
liberalismo si oppone col suoindividualismo alla radizione, mentre è carente
nella ricostruzione, perché nonintende bene che essa è affare di tradizione, di
generazioni passate e future.Il liberalismo è, più che il trionfo del partito
liberale, l'alternanzaliberale dei partiti, che è poi infine un'arte di
governare componendo idissidi e trovando le diagonali. Non per niente le
società moderne sonoliberali: governare con la forza società complesse come le
moderne è assurdo. “trust the people": è stata la massima dei governi più
sinceramente liberali.
❍ Lo stato liberale
Ciò che è stabile, superiore,
intangibile, ciò di cui si può dire che realizzail liberalismo compiutamente,
ciò di cui si può compiutamente predicare illiberalismo è in raealtà lo stato.
Lo stato lierale ha i caratteri dipermanenza, stabilità, imparzialità. Lo stato
è l'alveo che contiene e componei fluttuanti elementi della vita storica e
compone il loro moto, il liberogioco di tutte le forze sociali, di tutte le
opinioni, di tutte le iniziative.
La funzione pacirficatrice e
normalizzatrice avviene in tre momenti: a) momentopolitico: : consiste nella
sintesi, composizione degli opposti interessi, inuna visione politica dei
problemi a livello di orizzonte dell'itnera polis. De
Ruggiero fa l'esempio di una
decisione di autorizzazione alla produzione.
L'organo di sensibilità
politica è il Parlamento. I compiti del parlamento sonocambiati nel tempo:
dapprilma il compito di controllo del governo; poi ilcompito di governare. Il
compito fondamentale è laformazione ddll'indirizzo politico. b) Funzione
giuridica: lo stato di diritto
è il complesso organico che
presiede a questa funzione..Dapprima le libertàvennero rivendicate come
privatistic<he, poi si palesarono i tratti di dirittopubblico (secondo
alcuni, questo deriva daal fattoche ora sono intese come funzioni. Il potere dello stato non è legibussolutsus,
ma potere di auto limitarsi da sé. c) Un terzo ordine di funzionidello stato
liberale concerne la più mobile sfra degli interessiamministrativi, economici,
e generalmente sociali.. In un primo tempo illiberalismo rifiutaquesti compiti.
Ma diversi motivi lo inducono poi adassumrli: il fatto che dall'opposizione
(pars destruens) passa a govern; ilfatto che lo stato divenitva espressione
sintetica delle foze individuali equindi non più nemico da limitare; la grande
intensificazione della vitasociale, che creava sempre nuovi problemi ai quali
l'attività dei singoli erainadeguata.
❍ Liberalismo e democrazia: unità e opposizione
Democrazia è diritti
individuali estesi a tutti e diritto del popolo comeunità organica ad
autogovernarsi. Effettivamente nella prima metà dell'ottocento c'è una caeto
distacco tra liberalismo e democrzia. Icostituzonalistil iberali francesi, e,
più, tedeschi e italiani, non vdevano dibuon occhio la diffuzione dei diritti
politici. Constant contrappone le libertàdegli antichi (democratiche) che sono
autogoverno alle libertà dei moderni (liberali) che sono difesa dei diritti
fondamentali. Ma è visione angusta, chepresto verrà superata alla fine
dell'otocento conferendo all'individuo ildiritto di autogovernarsi. Malintesi
sono stati creati dalla ambiguità dellademocrazia del 1789, che comprendeva
anche il socialismo e la redistribuzioneviolenta, mentre poteva anche
comprendere una azione più gradueale dello statoe rispettosa dei singoli.
Tuttavia qualche differenza tra liberalismo edemocrazia c'è: vi è nella
democrazia una accentuazione dell'elementocollettivo,, socialee, della vita
politica, a spese di quello individuale. Lademocrazia giunta a pieno sviluppo
nella seconda metà del 1800 ha subitol'influsso dell'organicismo sociale
dell'ambniente storico dell'espansioneindustriale che creava un doppio
accentramento capitalistico e operaio,annegando nell'associazione - trust o
sindacato - le iniziative isolate;l'influensa delle filosofie materialistiche e
positivistiche che facevanodell'individuo il prodotto dell'akbiente. Quindi
l'individuo è opera dellasocietà. DI que la conseguenza che l'azione politica
nel più largo senso debbamuovere non dall'individuo ma dalla società, e per
mezzo di qeusta far leva sulprimo.. Da qui la tendenza della democrazia ad
affettare i risultati dellamaturazione con una spinta impresssa dall'esterno a
tutta la massa. La libertàfruttifica solo pre un numero limitato di persone. Lo
stato con la suaprovvienzda vuole dare a tutti il frutto della libertà,
deprimendo i più alti eelevando i mediocri con le sue provvidenze.. L'auto
governo nelle formazioniintermedie viene osteggiato come ostacolo alla
circolazione degli influssidemocratici dallalto.. La democrazia n formalmente
riconosce le formazioniintermedie, ma ad esempio gli enti territoraiali locali
sono la longa manus delgoverno.. L'iniziativa del progresso appartiene alla
società; l'nndividuo non è che mezzo o ingrediente in un lavoro il cui fine lo
trascende. L'ingerenzastatale è il tocasana della mentalità democratica,
destinata a guarire tutti idiretti della immaturità e della pigrizia.
❍ Statolatria democratica
Con la democrazia si torna a
rousseau, che toglie i diritti con un contratto enon li restituisce se non come
funzioni, come status di agente della volontàcollettiva. Nella democrazia si ha
la tirannia della maggioranza. C'è chiparla della prevalenza della quantità
sulla qualità, sul criterio erratoselezionatore del numero. Il probelma è anche
che un popoloimpreparato elegge dei demagoghi che ne eccitano la passione
livellatrice e nonlo rappresntano fedelmente.
❍ Democrazia liberale
In questo periodo di grandi
orgnizzazioni anonime, la democrazia lotta controle grandi fortune personali,
le iniziative dei singoli. ma questo non è undesino della democrazia. si può
avere la democrazia liberale che è unademocrazia che educhi le persone e le
faccia ricorrere al liberoassociazionismo, al self governmente, senza aspettare
tutto dall'alto.
❍ Liberalismo e socialismo: classe e partito
la anomalia della democrazia
socialista sta in questo che la idea diclasse, che è faziopsa e portatrice di
interessi particolari, è identificataIl partito socialista trova un materiale
pronto da addottrinare nelle masseopraie, rese tutte uniformi..conquella di
partito. . Il concetto di dittaturadel proletariato conferma questa ntura
faziosa. Non giova dire che alla fine siavrà il governo per tutti. La divisione
in classi esiste sempre e la finequietistica prevista da Marx è illusoria. Il
partito unico, risultante dallacomposizione di tuti gli interessi, non toglie
la differenza degli interessi.
La faziosità del partito
socialista rende faziosi tutti gli altri partiti. Lalotta è intesa come lotta
economica, e così diventa bieca lotta per il potere.Errata è anche l'idea
corporativa: che lo stato faccia da mediatore con i suoiorgani corporativi tra
interessi individuali è inammissibile. dice che questastruttura si è instaurata
in Italia tra il 1923 e il 1925.
❍ Liberalismo e socialismo: il materialismo storico
Tutto è sovrastruttura, per l
socialismo. e questo porta aridurre tutto aproblemi economici, di produzione,
all'angusti. Mentre la sintesi politica cheil liberalismo propugna è sintesi di
morale, economia, società passione ecc..
Per il sociaslismo l'individuo
è frutto della società. E quindi è plasmatodalla società, si realizza solo
nell'opera sociale. Per il liberalismo lasocietà condiziona, anch
negativamente, ma la socità è anche uno strummentoperché i giàa cresciuti
aiutino i meno cresciuti. Infine, ridurre tutti ivalori alla economia è
mostruoso e fuorviante. La moralità non può essereridotta ad economia.
❍ Liberalismo e socialismo: la prassi liberale del socialismo
Il socialismo ha elementi
liberali. Anzitutto è stato un grande fattore dipromozione sociale, forse il
più grande dopo la rivoluzione francese. ANche seinizialmente laclasse operaia
è stata sferzata brutalmente dagli intellettuali,poi si è elevata, ha preso
conscienza della propria dignità ed interessi eforza, ha imparato a trattarsi
tra sé da pari a pari e con ipadroni ala parie non con rapporto servile..
Inoltre l'accento sulla qustione economica eranecessario per poter stimolare
dapprima gli istinti più bassi e poi i più alti.Gli operai hanno visto che
obiettivi economici erano ragigungibili e ciò li haspronati. ALlinterno dei
partiti vi sono rapporti degni e umani, rispettodella libertà, libera critica.
Tutto questo è libertà e liberalismo, dovutoanche al fatto che i partiti sono
nati nel clima di libertà assicurato dalliberalismo. Il liberaismo per il
socialismo ha costituito una inestimabilescuola di politica. I socialisti hanno
visto come l'elekento economico sitrasofrmi quando cade nel fuoco politico:
moralità elevazione ecc. I borghesihbanno visto cos a succesda quando la paura
di cattive conseduene economiche viene ripensata: si ha una maggior
produttività dell'operaio, una sua maggioreidoneità a creare ricchezza. Infine,
l'associazionismo socialista reralizzauno dei più fervidi voti del liberalismo:
l'autogoverno.
❍ Liberalismo e confessioni religiose
La riforma dissolse il
conflirtto tra stato e chiesa, consentendo una lorounione e contemperamento.
Dette grande impulso alla idea ssolutistica eaccentratirce. Di fatto dovunque
vi furono tendenze gallicane. Ma in un secondomomento la reazione dello spirito
relgioso si fece sentire: si moltiplicaronole sette e lo stato fu costretto a
tirarsi indietro per poterle tratare inposizione di parità, visto che tutte
rifiutavano l'ingerenza statale. 422 Nonera separazione atea e scettica dei
paesei cattolici, bensì il riconoscimentodi una libertà interiore dove si
sarebbero riuniti politica e religione. Nelmondo cattolico la chiesa si è
opposta ocn successo alla commistione, laddovele coscienze prostrate dalla
controrifora non avevano l'energoa per farlo.Ma unindividuo che rimane passivo
crede didover aderire ad una dlle due forze inlizza: chiesa o stato, mentre un
ale suilibrio darebbe luogo ad abusigiacobini contro la religione o a
teocrazie. L'individuo deve apprendere aoperare una scelta autonoma e
indipendente.
❍ La Chiesa cattolica e le libertà
Il liberalismo ha preteso
spesso sottomettere la chiesa, portare nel suoseno illiberale lo spirito di
ragione. Ma sarebbe stato un atto di gravetirannia. 422 Lo stato liberale e
razionale, sebbene sia per certi aspettiantitetico alla chiesa illiberale e
mistica, deve capire che la razionalitàsuprema si ha con la ragione che critica
se stessa, e che lascia sempre apertala porta alla possibilità di voci
discordanti i modo che la li verità sgorghisempre in ogni epoca, invece di
chiudersi al dommatismo. Certamente vi sonogrosse differenze tra il credo
liberale e quello cattolico. tali diffrenze sivedono meglio che dal sillabo,
nato da motivi occazionali, dalla encicilcalibertas. Si dice che la ragione
cimostra la contingenza di tutte le cose, equesto fa sì che siamo liberi nel
senso di non determinati verso alcunché.
Libertà pè quindi indentificata con contingenza, e non
con ragione. Ma tuttal'enciclica tratteggia quella che , se fosse attuata,
sarebbe una mostruosateocrazia. I liberali non debbbono reprimere, perché
proprio in regime dilibera adesione il credo cristiano si riabilita. La chiea
poi ha svolto unruolo importante col suo diritto di resistenza alle augoìtorità
ingiuste, cheviolano i principi della sua coscienza, nei confrontidella
invadente democarziamoderna. ALle autorità giuste occorre obbedire, perché
provengono da DIo (pernsiero della chiesa).
❍ Carattere e significato del separatismo liberale
Esposizione del principio di
separatismo. la chiesa diviene una associazione didiritto comune, e non è
quindi coartata dallo stato: gode delle stsse libertàdellealtre associazioni di
diritto comune. lo stato non è agnostico né ateo. ilssemparatismo non deriva da
idee atee o agnostiche, ma dal riconoscimento chela religione ha valore solo in
quanto vi si aderisce liberamente. azione civilee azione religioza possono
essere riuniti solo nel foro interno dellacoscienza. cercare di riunire stato e
chiesa porta solo frutti negativi.
❍ Liberalismo e nazioni
Potrebbe apparire strano
l'accostamento dell'idea nazionale, fondata sullastoria, razza, lingua,
religine, costumi, istituzioni e il liberalismo che è individualista e
razionale (nazione è è invece aggregazionesuperiore). Ma segardiamo l'idea di
nazione vediamo che essa non si regge da sé, sui solielementi comuni. Libertà e
consenso sono il suo presupposto. La nazione e nonsi può basare su una idea
giusnaturalistica e plebiscitria di dichiarazione dei “diritti dela
nazione". Giusnaturalismo e romanticismo (che evidenziava la
solatradizone) sono indufficienti. La nazione è plebiscito di tutti i giorni (Renan)
In realtà la nazione invera l'idea liberale dell'individuo che entra inrappot
liberamente con altri individui; di una aggregazoje libera, non impostacon la
forza dell'assolutismo e della conquista o eredità dinastica; di
unaaggregazione che rispetti ed inveri i caratteri delle singole individualità
chesi sentono affini; di uno stato che faccia la sintesi di tutti gli
elementiocmuni, pur nella libertà di tutti. Ne escono creati nuovi stati e
vivificati ivecchi stati. La francia riescel da nazione libera, a realizzare il
programmache luigi XIV non aveva portato a termine. Il liberalismo si mostra
qui sintesidi ragione e tradizione.438 Nei rapporti internazionali è
riconosciuta lapresonalità delle nazioni. Alla ragion di stato, aggrovigliata
da ragionidinastiche, personali, di potenza, subentra il principio nazionale in
politicaestera.
L'idea di rapporto tra stati
combia con le nazini, che sono viste comeliberi individui di cui riconoscere la
persnalità439 Si afferma il pcifismo neirapporti internazionali, non basato
sulla idea burocratica della socità dellenazinio, ma sul naturale ricnoscimento
della esistenza e personalità deipopoli.
Nazione come confine naturale
dello spazio comune. Il concetto di nazione è importante per lo spazio comune:
perché ci siamo fermati alle nazini? Oggi lospazio cmune cerca di allargarsi,
per seguire i problemi: peculiarità europea.
il primo liberalismo fu contestatore,
e il secondo nazianale
❍ Liberalismo e nazionalismo
Certamente vi sono imbarazzi
per stabilire se una compagine sia omogeneanazionalmente o eterogenea. Il
filosofo De Ruggiero sferza le "boriette nazionali"che impediscono le
unificazioni. Ai liberi rapporti tra nazioni deve subentrarein certa misura la
politica, cioè i rapporti tra stati. Ma
poi è avvenuta ladegenerazione nazionalistica, in cui il termine stato prende
il sopravvento suquello di nazione, lo stato, sull'onda della democrazia, fa
affermare elementiespansiistici. Le nazioni si chiudono l'una all'altra,
contrappongono i propriinteressi. I liberali contemperavano la ragion di stato
e la ragione nazionale.
La affermazione di ideali
internazionalistici e umanitari ha indebolito ilprincipio nazionale.
❍ Crisi del liberalismo: gli aspetti economici della crisi
Vi sono due tipi di
liberalismo, quello terriero continentale e quelloindustriale inglese. Quello
terriero ha avuto le sue milioori espressioni colgoverno di luigi filippo e la
destra italiana, fondate sula presenza digaranzie personali e per la proprietà,
l'autogoverno locale, la gratuità dellefunzioni pubbliche. Il protezionistmo
l'ha pervertita: o nuoce agliagricoltori, o crea blocco tra agricoltori e
industriali che insegna ancheagli agricoltori a cercare d impadronirsi dello
stato per fine di dominio, . Laproprietà come base di forza e peso politico
egrada: non vi sono più vincolialla circolazione; l'industrializzazone cra
proletariato agricolo chevuoleterra: il posseso dellaterra diviene polverizzato
e precario. Un proprietarionon può vivere con la trra, e diviene professionita.
I professionisti invadonoil parlamento e verso la terra sono ottusi e
insensibili, vogliono aggredirlacon le leggi.. Si è creata, sì una classe di
piccoli proprietari, ma pochissimorappreentat perché assorbitidalle cure della
coltivazione. Crisi delliberalismo industriale: dalla libertà di concorrenza e
dalla improntaindiivuale delle imprese si passa ad una impronta oligopolistica
e di societàanonimel agggravando l'aonimato con la richiesta allo stato di
itnervenire afavore con povvedimenti protezionistici e accettando la sua
invadenza. Vi sonopiccole imprese, coem le cotoniere inglesi e le seriche
italiane che non hannobisogno di protezionistsmo e hanno ncora individualiso e
concorrenza. Ma sonogli iloti, che producono per tutti ma sono inascoltati in
parlamento perchédomina ancora il blocco delll'alta finanza e della grande
industria.
Il liberrismo fu una prima
affermazione, unilaterale e esagrata, delconcetto liberale di imprenditore come
prsona responsabile, concorrente,attiva, intraprendente. Il liberalismo
caldeggia in realtà la intraprendenzaindividuale e non l'assoluta mancanza di
regole.
❍ Crisi del liberalismo: la crisi politica
Si tratta di un a di una crisi di
coscienza giuridica e di coscienzapolitica, dicoscienza della importanza dee
della funzione così del diritto comedella politica. IL ceto medio va perdendo
pso politico. Prima attiravadall'alto e dal basso, ora subisce la attrazione
della plutocrazia in alto edella democrazia dal basso. Il ceto medio si
proletarizza o aristocratizza, equel che rimane è debole. In particolare, il
ceto medio ha person la suadimensione universale, che faceva comprendere alle
classi borghesi gliinteressi dello sttao e prendere provvedimenti anche
dolorosi per sé. Lafaziosità plutocratica e democratica ha contagiato anche la
borghesia. Lademocrazia proletaria ha insinuato l'idea che i diritti sono
quelli checiascuno rivendica con la forza , strappando leggi a sé favorvoli: questa
è crisi del diritto. La crisi politica sta nel fatto che no si percepiscepiù un
valore superiore che possa costituire terreno di intesa e conciliazone:da qui
nec la necessarietà di rivolgimenti violenti laddove le nuove forzesociali si
sono affacciate sulla scena politica. Oppure, laddove uno nonriesce a
sopraffare l'altro, c'è il coalizionismo, la spartizione dello stato.
❍ Il liberalismo secondo Guido de Ruggiero
la libertà coincide col valore
stesso dell'attività spirituale. la libertàdà vita a tutte le creazioni dello
spirito. ma la libertà riflette su sestessa, tiene conto dell'opposizione
ideale che è in se stessa, perchédetyerminarsi a qualcosa crea già una
antitesi. da qui la rifflessione, ilsenso di responsabilità, la coscienza del
peccato, che non può che maturarenell'intimità dell'individuo: ciascuno è
giudice di se stesso. la libertàspiritualizza l'azione i così facendo; la
vivifica con la coscienzal lacultura, il senso del dovere cc. e lo spirito
liberamente stringe rapporti conaltri spiriti costruendo famiglia, soceità ,
stato. fino ad arrivare alfastigio dei diritti politici, che sono la forma più
alta della liberacreazione umana. resta ancora molto da liberare e
spiritualizzare. la materia,il dato istintuale, debbono ancora essere riscatte
in molte persone, conl'aiuto di quell che hnno già operato qquesto.. 466 la
libertà crea di continuonuove forme. lo stesso nazionalismo, socialismo,
democrazia, religione, pur nelloro illiberalismo si rivelano per un certo
aspetto come realizzazioni dellospirito liberale. alla fine questo spirito
reagirà anch sugli aspettiilliberali, perché lo spirito apprende e si plasma
anche con esperienzenegative. alla lunga la ragionevolezza prevale. Il ceto
pedmo, proprio pr lasua posizione intermedia è il più equilibrato. Oggi sono
sottopsti a declinoche in parte è inevitabile: il libralismo si è prmai diffuso
anche alle altreformazioni politiche, e altre forze sono apparese, che
diffcilmente sarannoallontanate dalla scena. Ma esistono nuovi ceti medi
(piccoli proprietari,piccoli industriali, elites dei lavoratori) che devono
acquisir cosceinzapolitica. Pochi ma buoni, nel partito liebrale. Dovranno
essere tenute inconsiderazone anch e le esigenze dei consumatrori.
"Nell'etàa nostra, piena
di divisioni, di lotte, di esigenze pi+ disparatee contratanti, il liiberalismo
che si esige nie governi è in ultima istanza unprofondo conviincimento che la
ragonevolezza finisce alla lunga col trionfaredel suo contrario; che nella
lotta delle opinioni e delle tendenze, le piùsensate hanno il respiro più
lungo; che le improvisazoni e le fole non vivonopiù di quel che meritano; che
però l'esperienza dell'errore e del male è necessaria ai popoli non meno che
agli ndividui e che pertanto invanosicercherebbe di risparmiarne ad essi il penoso
travaglo, presentando loro unaverità o un bene che non sono in graod di
intendere e di apprezzare. Sonoesitgenzesemplici, quasi banali, questa che
veniamo spondendo, ma che purerichiedono, per realizzarle, degli autentici
uomini poolitici e non già imestiranti o i dilettanti di cui ci sono prodighe
le nostre piazze. Noi abbLostato liebrale non è il governo come il governo no è
il partito; ma unaincarnazione più alta dello stesso spirito; è lìunità
superiore che contiene insé e domina tutte le differenze. La nostra fiducia
nella vitalità delliberalismo riposa, come nella sua ulitma meta, nello stato
lieberale,. Esso è lo stato politico per eccellenza, la politia dell'età
moderna. La ua natura,schiettamente dialettica, si alimenta di tutte le
opposizioni, vive delladiscordia non meno che della cncordia, dei dissensi non
meno che dei consenti.
Nessun altro organismo politico
apparso finora nella storia è mai riuscito, conun impiego così parco di mezzi,
a contenere in sé tante forze divergenti edisgregatrici, lasciando loro la più
ampia libertà di azione. Lo stato liberalemoderno, non soltanto vi è riuscito,
ka ha saputo farne anche degli alementi diforza propria, parte con
l'incanalarle gradatamente nel suo aveo, partecolgiovarsi delle loro ragioni
critiche e polemiche per perfezionare se stsso.
Questo stato oggi è forse
decaduto? Certo, esso appare esarito da immani sforziche ei sono seguiti l'uno
all'altro senzatregua. Dapprima le correntisocialistiche e nazinalistiche,
valendosi illiberalmente della liibertà cheesso accordava loro, hanno tentato
di sovvertorlo dall fondamenta, creando unantistato dittatoriale ed
autocratico. E sopravvenuta poi la guerra europea,con le sue esigenze
necessariamente illibeali, con il suo logorio di energiemorali, che sono la
grande riserva del liberalismo. Infine, lacrisi economicaesociale, del dopo
gerra si è abbattutasullo stato, prima che questo avesseavuto la possiblità di
riaversi: si che, spezzandosi bruscamente la rigidacoesione che s'era formata
con la guerra, senza che u riassetto liebrale fossegià in via di attursi, si è
determinato un collsso, particolarmente grave inquei paesi lacui fibra storica
erameno solida. E, tuttavia, anche in Itlia, ilpaese più durametne provato tra
questo, lo stato liebrale ha resistito eresiste: pur nelle codizioni più
avverse al suo spiegamento, la libertà trionfadei propri avversari,
annientandoli col gioco stssso della loro attività edimosrando ancora unavolta
che nell'urto delle libere competizioi umane nonsopravvive se non ciò che è degno
di vivere. Così, le recenti esperienze (scrive nel 1924) offrono una prova
della vitalità dello stato liebale, che escestremato ma vittorioso dala lotta.
Le opposte escogitazioni dello stato 'tecnico' e 'amministrativo' e
'dittatoriale' col loro sostanziale fallimento,non fanno ch riconfermare il
valore dello stato 'politico'."
Sia il sistema economico che il
sistema politico hannodelle crisi di crescita che rischiano di spezzarlo. La
forma liberale di stato è forse la forma più flessibile.
Nelle classi medie occorre il
risveglio della superiore coscienza politica
Il vero liberalismo risolve i
problemi con libertà e consenso. Lascia fare.
Usa un minimo di forza. E'
questo il vero significato del "laissez faire", del “trust the
people". I liberali ammettono che il liberalismo inziale era
troppoastratto o troppo naarchico e individualista. ma ritengono poi che lo
spiritoliberale sia diventato un cardine dello stesso stato, e qche questo
spiritol'abbiano introdotto loro.
"L'efficacia educativa del
metodo liebrale sta appnto in ciò, che essoattenua e cancella ogni sentimento
di dommatica sufficienza ed ogni prevenzioneverso le tesi opposte alle proprie;
e così facndo, apre la mente al nuovo,svela motivi profondi di verità nelle tesi
avversarie, suscita il convincimentoche vi è una collaborazione superiore di
tute le attività un'intima concordiain tute le discordie. In questo modo,
l'orgoglio si contempera di umiltà, e lafiducia si trasferisce dag'individui
contingenti e caduchi all'individualitàsuperiore dello spirito che tutti li
comprende e li riscatta".
❍ La coesione sociale e la natura dell'uomo
Il problema fondamentale della
vita associata è come mantenere quel grado dilibertà individuale compatibile
con il progresso con quel grado di coesione econformismo sociale compatibile
con la conservazione della civiltà. La coesione tra le tribù primitive era
fondata sull'istinto, e deve pureessere stata rafforzata dal conflitto con le
altre tribù. La coesione è cresciuta in parte per processi naturali, in parte
per processivoluti fino a raggiungere le dimensioni delle odierne nazioni. La
creazione distrutture razionali, se non aiutata dall'istinto, o addirittura in
contrastocon esso, porta al crollo di tali strutture. La guerra ha avuto un
grande ruolo nell'allargamento delle comunità, e lapaura ha preso sempre più il
posto della solidarietà tribale per garantire lacoesione. L'identità di fede
divenne col tempo una forza coesiva sempre più efficace.
Oggi abbiamo due fedi in
occidente: il cattolicesimo e il comunismo. Anche i moderni mezzi di educazione
sono stati importanti per la coesione. La religione, la morale, la convenienza
economica e anche il sempliceperseguimento della sopravvivenza biologica, ci
dicono che una coesionemondiale sarebbe preferibile. Ma l'istinto mal tollera
la mancanza di nemiciesterni su cui si è fondata sinora in larga parte la
coesione. Occorre trovare uno sfogo alla nostra ferocia atavica e al nostro
istinto dicompetizione. I sogni ad occhi aperti non sono sufficienti: quando,
nel corso di una lungavita, non c'è modo di collegarli alla realtà, essi
diventano malsani e dannosi.
Occorre uno sbocco reale ai
nostri istinti.
❍ La coesione sociale e il governo
La coesione nel paleolitico era
mantenuta dagli istinti naturali diaggregazione. Nel neolitico, ad es. in
Egitto, veniva mantenuta anche con laforza. In Egitto una vasta popolazione
servile veniva dominata da unaaristocrazia e da una casta sacerdotale. Fino a
quando vi sono elementi dicoesione tra la aristocrazia, questo tiene in piedi
la compagine politica. I grandi imperi avevano difficoltà tecniche ad essere
mantenuti: difficoltà dicomunicazioni; difficoltà di spostamenti degli
eserciti; turbolenza deglieserciti. Oggi, con le moderne comunicazioni e la
forza della educazione, le compaginipolitiche possono espandersi. Non vi sono
limiti ai vantaggi delle grandidimensioni, sia in campo economico (grandi
corporations, aree di liberoscambio) sia in campo politico. Per quel che
riguarda le condizioni dell'individuo, i grandi imperidell'antichità prima di
quello romano pagarono il prezzo della stabilità conuna mummificazione, un
irrigidimento delle forze individuali. L'impero romano,originariamente aveva
lasciato grande autonomia ai singoli, ma successivamente,col suo dominio esoso
crollò perché non era riuscito a portare nessun grado disignificativa felicità
ai singoli. Il medioevo era anarchico, ma a poco a pocoi cittadini più pensosi
parlarono di legge e di ordine, e quando le energieindividuali furono
sufficientemente esaltate dalla anarchia, sorsero degliordinatori. Nell'età
moderna l'accento degli individui più riflessivi battesulla libertà, perché lo
stato si è incamminato ad avere una potenza senzaconfini nei confronti del
singolo. Molti soffrono oggi per la regolamentazioneminuta delle attività
private, per la impossibilità di realizzazionisignificative nel mondo della
politica massificata e della economiamonopolizzata da grandi corporations. Se
non si troverà uno sbocco alle forzecreative degli individui ne seguirà
l'abulia e la paralisi. Questo ristagno,tipico di tutte le grandi civiltà
mature, è stato in passato superato con leinvasioni dall'esterno. Ma le
organizzazioni politiche sono andate sempre piùcrescendo di dimensioni, e oggi
non si vede come possa ripetersi una similedinamica. Uno stato mondiale perderà
l'importante fattore di coesione dellaesistenza di un nemico esterno. Inoltre
c'è sempre pericolo per un orientamentototalitario eventuale dell'autorità.
❍ La funzione della individualità
Per l'umanità è stata sempre
importante la esistenza di persone dotate dicapacità intellettuali fuori
dell'ordinario, o di una superiore saggezzamorale, o di un temperamento
eccezionalmente anarchico o criminale, o di ungrande talento artistico.
Naturalmente ogni società vorrà mantenere un certo controllo di tali
forzepotenzialmente distruttive, ma dovrà anche assicurarsi che individui con
questequalità non spariscano. Vi è da sempre stata una tendenza a
istituzionalizzare le attività iniziatedalle persone più dotate: il sacerdozio,
i poeti di corte, ecc. Quanto all'arte, poesia, pittura e musica oggi non fanno
più parte della vitaquotidiana. Rimane solo lo sport. La nostra civiltà
incoraggia la previdenza diuna vita vissuta nel domani e distrugge quella
capacità di godere l'attimo che è alla base della esperienza artistica. Occorre
ripristinare le comunità locali, che con le loro rivalità davano modoagli
artisti e agli individui creativi di medio talento di svolgere le
attivitàdesiderate, il che favoriva il sorgere di individui di grande talento.
Legrandi comunità uniformano troppo il gusto e rendono troppo difficile
lacompetizione agli individui. I riformatori religiosi hanno svolto un compito
utilissimo nel volgere lareligione da forza di coesione tribale e fonte di
divisione tra gruppi a forzadi coesione universale, facendo affermare principi
come la eguaglianza, latolleranza, la collaborazione universale. Ma i moderni
stati totalitariminacciano la esistenza di innovatori morali o religiosi. Ai
nostri tempi un individuo che si dedichi all'arte o alle riforme religioseo
morali difficilmente può avere una carriera così grande come in passato.
Questo dipende anche dal fatto
che oggi non è più possibile ad un individuoeccezionale progredire con le sue
sole forze: egli riuscirà ad incidere sulmondo solo se diverrà un tiranno a
capo di vasti gruppi di persone o si varrà,come gli scienziati, di vaste
organizzazioni. Il lavoro individuale e solitariorimane oggi sterile. Riesce ad
avere una qualche influenza significativa chi sifa monopolista della finanza
come Pierpont Morgan, o capo di una grandecorporation come Rockefeller, o capo
politico come Lenin, o scienziato che ha adisposizione grandi finanziamenti.
Gli uomini di scienza si sono duramente guadagnato la posizione di
universaleapprezzamento e rispetto dopo secoli di persecuzioni e di accuse di
empietà peri risultati pratici dei loro sforzi; ormai gran parte della civiltà
dipendedalla scienza, e anche la capacità di difesa e di offesa (ciò è un
motivo checontrasta il sorgere di movimenti antiscientifici), ma la scienza è
subordinataalla politica. Il politico nei nostri tempi è realmente libero di
imporre le proprie vedute enon dipende da nessun altro. Lenin ha potuto fare
ciò che nessun despotadell'antichità aveva potuto: realizzare le proprie idee
in pratica plasmando lavita e le istituzioni di interi popoli. Ma il politico
ha pur sempre bisognodelle grandi organizzazioni, come si è detto sopra.
L'impressione di Russell è che l'uomo moderno è troppo ostacolato nelleproprie
espressioni creative: se si mette a cantare o a ballare per stradaviene
arrestato. La sua vita è monotonamente organizzata e produttiva. Egliperdipiù
produce cose utili ma non cose belle. Il contatto con la natura è stato
troncato dalla civiltà dell'industrializzazione e dell'inquinamento.
❍ Il conflitto tra la tecnica e la natura umana
Una delle più grandi
rivoluzioni della storia umana è data dall'affermarsidella idea che le
diseguaglianze e le sofferenze inflitte da esseri umani aesseri umani siano
ingiuste. Da centosessant'anni a questa parte l'umanità sista adattando a
questa nuova idea. Una democrazia rappresentativa e l'uso della scienza e della
tecnica che hannodato vita alla industrializzazione, presentano al momento
attuale dei latipositivi che sembrano riproporre la situazione di oppressione
del passatoaggravata dal fatto che le energie individuali vi sono fortemente
represse. Rispetto alle "polis" greche, oggi nessuno ha l'impressione
di parteciparealla gestione politica. Il cittadino è spesso nei confronti della
pubblicaamministrazione che dovrebbe servirlo in condizioni di penosa
subordinazione.Il denaro e la divisione del lavoro hanno fatto sì che per la
maggior parte deltempo si lavori a produrre cose superflue per sé, perdipiù di
qualitàmedio-bassa e non artistica e con un lavoro parcellizzato e alienato.
Nella grande impresa l'individuo sente di non avere nessun controllo del
suolavoro, e invece di sviluppare un positivo interesse al prodotto i
suoiinteressi vertono unicamente sull'aumento dei salari e la diminuzione delle
orelavoro. Il suo stesso destino non dipende dalle sue forze, ma dalle
opportunitàdi lavoro che gli saranno offerte da altri. La civiltà moderna ha in
ogni campo allontanato gli obiettivi desiderabili dalcomportamento immediato
dell'uomo, incoraggiando comportamenti che solo in modomolto labile hanno
attinenza con mete che egli percepisce come desiderabili.All'uomo è stato
lasciato lo scopo, ma ha perso il gusto del suo lavoro. Uno degli svantaggi per
lo stesso funzionamento della democrazia è che se ungoverno agisce per
l'interesse comune i cittadini sentiranno molto più ilsacrificio concentrato
che ad essi si impone che il vantaggio diluito che neverrà alla società, e di
cui essi valutano scarsamente l'importanza. In queste condizioni, semplicemente
lo sforzo individuale di cui una societàavrebbe bisogno per sussistere e
progredire va languendo. La guerra potrebbeassicurare la solidarietà e lo
sforzo necessario, come pure la concorrenza. Gliappelli al senso del dovere,
specie quando non vengono collegati a qualcheprincipio morale sentito da tutti
(si pensi alla morale calvinista) ma aqualche complessa ragione economica non è
in grado di stimolare la gente. Inqueste condizioni si rischia che la
propaganda isterica dei mass-media cheindica un nemico (spesso inesistente) da
combattere abbia una presa rovinosasulle persone. Occorre dare incentivo ad
attività utili, da assegnare a singoli o gruppi piùo meno indipendenti non
troppo numerosi, anche per mantenere ancora le residuearee di capacità
artigianali che il processo di industrializzazione, basatosulla meccanizzazione
e su capacità operaie poco specializzate ha distrutto,promuovendo l'esodo da
zone rurali di fiorente artigianato a metropoli malsanee miserabili.
❍ Controllo e iniziativa: le loro sfere rispettive
Una società sana ha tanto
bisogno di controllo centrale quanto di iniziativadei singoli: senza controllo
c'è anarchia, e senza iniziativa c'è ristagno. Il controllo governativo
dovrebbe assicurare la sicurezza, la giustizia e laconservazione, ma senza che
questo comporti una inibizione della creatività edella iniziativa costruttiva
individuale. La sicurezza si è andata sviluppando da sicurezza nei confronti di
aggressionidei nostri simili a sicurezza nei confronti di aggressioni dello
stato asicurezza dalla aggressione di altri stati a sicurezza economica. Fino a
chenon raggiungeremo l'obiettivo della sicurezza mondiale, i nostri
possedimentisaranno precari. Ma la sicurezza non deve portare a sacrificare o trascurarel'aspetto
creativo e positivo della vita: non possiamo accontentarci di esserevivi
piuttosto che morti. Quanto alla giustizia, siamo giunti a interpretarla come
eguaglianza, eccetto in quei casi in cui si ritiene che a un mrito eccezionale
debba fare riscontroun compenso eccezionale, ma tuttavia moderato. Accanto alla
giustizia politica,si è poi cercato di realizzare la giustizia economica. Ma ci
sono dei limitialla giustizia economica: aiutando in modo inconsulto i paesi
del terzo mondorischiamo di impoverire tutti senza aiutare nessuno; laddove
diminuire laricchezza di uno non può avere l'effetto di rendere più ricchi
altri ciòdovrebbe essere evitato. Un livellamento che rendesse tutti più
poveri, come ades. un livellamento e svilimento della istruzione e un utilizzo
delle risorseper consumi voluttuari che diminuisse le ricerche fruttuose
porterebbe ad unsimile risultato. Il compito di conservazione non deve solo
riguardare la manutenzione delpatrimonio artistico e lo stock di capitale
esistente, ma essere esteso allerisorse. I problemi più drammatici sono quelli
delle fonti energetiche edell'esaurimento delle capacità agricole del suolo. Le
funzioni governative in altre sfere dovrebbero unicamente
consisterenell'incoraggire l'iniziativa non-governativa e creare opportunità
affinchéessa venga esercitata in modi benefici. La libertà di sperimentare è
sempredesiderabile, perché è tra le iniziative del genere che si trova tutto
ciò chevi è stato di meglio nella storia delle imprese umane. L'uniformità, che
è unrisultato naturale del controllo dello stato, è desiderabile in certe
cose,indesiderabile in altre. Nel mondo mentale, in particolare, sono
preponderanti la lotta per l'esistenzache faccia emergere i migliori e più
adatti. Ma deve esistere una limitazionedei mezzi che possono venire impiegati.
Lo stato, fissare le regole del gioco,dovrebbe stimolare la concorrenza tra gli
ingegni. Questa concorrenza era più facile nel rinascimento delle piccole
comunità inconflitto. E' precaria nel mondo dell'editoria. E' problematica nel
caso diindividui, come professori universitari, che, a differenza degli
scrittori, nonabbiano modo di avere un canale diretto e di forte presa con il
pubblico. E'pure problematica nel caso degli scienziati, ormai irregimentati in
grandiorganizzazioni. In politica l'iniziativa personale dipende dal convincere
il partito e poi glielettori, e questo si può rivelare una impresa troppo
difficile per le forze diun individuo. Tale iniziativa è accessibile ai singoli
solo nei piccoli gruppi.
Nelle grandi democrazie
centralizzate, la opinione di ciascuno vale unmilionesimo, e questo, lungi dal
farsi sentire garantito dall'arbitrio dipochi, crea proprio la impressione di
una dittatura. Secondo Russell, occorre devolvere il potere a piccoli gruppi,
e, nella misurain cui sia necessario, creare una rete di organismi gerarchici
di controllo chedebbano delegare in basso ciò che non è necessario facciano
essi stessi. Tuttoquesto sia a livello di rapporti tra stati e governo
mondiale, sia a livello dirapporti tra stato e comunità locali. Occorre
superare la visione del governolocale come una mania per benestanti e
pensionati che hanno tempo da gettare. In campo imprenditoriale, piuttosto che
l'anonimato della nazionalizzazione,occorrerebbe promuovere imprese di tipo
compartecipativo e cooperativo e nondimenticare il valore delle differenze di
trattamento economico, che soventenon sono la conseguenza di differente qualità
del lavoro, ma ne sono la causadeterminante. Esiste naturalmente in una
organizzazione il problema di evitare che essaabbia un predominio assoluto sui
membri. Occorre allo scopo che i funzionarinon abbiano più potere di quanto ne
necessiti e che vi sia un controllodemocratico. Le differenze tra gruppi e
nazioni non sono da deplorare: ci rendonoconsapevoli di quanto manchi al nostro
paese; costituiscono una riserva dimodelli culturali e di idee cui attingere
per progredire. Nel mondo moderno,anzi, vi è un reale pericolo di somiglianza
culturale tra regione e regione. In sintesi, il controllo degli impulsi
dell'ingordigia e della preda è imperativamente necessario e rende necessaria
una struttura statale e anchemondiale; ma la vita individuale ha ancora il
luogo dovuto e non deve esserecompletamente assoggettata al controllo di vaste
organizzazioni. E' necessariopremunirsi contro questo pericolo che la tecnica
ha creato.
❍ Etica individuale ed etica sociale
Per quel tanto che un soggetto
ha la libertà, egli ha bisogno di una moralepersonale, che guidi la sua
condotta. Il conformismo per principioperpetuerebbe società di cannibali e
cacciatori di teste. Se si desideraseriamente vivere la vita migliore che sia
possibile per lui, deve imparare adassumere un atteggiamento critico rispetto
ai costumi del gruppo. Tuttavia va distinta l'autorità del costume dalla
autorità della legge. Non hao dovrebbe avere la stessa gravità violare il
costume o violare la legge, perla ragione che la legge dovrebbe essere quella
indispensabile alla sussistenzadella collettività, mentre il costume può
riguardare un ambito più vasto. Possiamo comunque distinguere una etica civica
e una etica personale. Senzauna morale civica le comunità periscono; senza
un'etica personale la lorosopravvivenza non ha alcun valore. L'etica non può
essere solo civica, riguardare i nostri doveri nei confrontidella
"civitas". L'adempimento di un dovere pubblico non è tutto ciò che fa
unavita degna; c'è anche il perseguimento di una eccellenza privata. Poichè
l'uomo, sebbene sia in parte sociale, non è tale interamente. Egli ha pensierie
sentimenti e impulsi che possono essere saggi o folli, nobili o vili,
pienid'amore o ispirati dall'odio. L'uomo potrebbe trascurare i suoi doveri
civici per dar sfogo a questi impulsiindividuali. Ciò potrebbe a sua volta
avvenire per dovere, come è per ilcristiano che contrappone l'obbedienza a Dio
a quella umana. Ma non soltantogli atti ispirati da senso del dovere dovrebbero
essere liberi da una eccessivapressione della società, bensì anche quelli
ispirati da impulsi creativi. Iprofeti, i mistici, gli scopritori scientifici,
i poeti, sono dominati da unavisione e sono essenzialmente dei solitari. Quando
il loro impulso dominante è forte essi sentono di non poter obbedire
all'autorità qualora essa siacontraria a ciò che nel profondo essi sentono
essere il bene. L'uomo deve trovare un giusto equilibrio tra i fini e i mezzi;
sebbene l'uomocivile e adulto posticipa i fini facendo cose sgradevoli oggi in
vista di cosegradevoli in avvenire, tuttavia vi è il rischio di esaltare i
mezzi di per sé,come "imperativi categorici". La virtù per la virtù
può rendere la vita tetra eincolore. Coloro che si vantano di essere
"gente pratica" sono perlopiù personeesclusivamente preoccupate dei
mezzi. Ma la loro saggezza è solo metà dellasaggezza. Allo stesso tipo di
fraintendimento appartengono le teorie che esaltanol'importanza della
organizzazione, della collettività intesa come organismo difronte al valore
dell'individuo. Come pure erronee sono le teorie che esaltanola vita e la
moltiplicazione della specie, ponendo come fine supremo lasopravvivenza della
specie di appartenenza. La sopravvivenza, nel mondo ce è stato prodotto dalla
scienza e dalla tecnica moderna, esige una misura moltovasta di
"governo". Ma ciò che potrà dare valore alla sopravvivenza
deveprovenire in gran parte da fonti che non hanno a che vedere col governo.
Contro lo sconforto in cui è caduto l'uomo in un mondo di autorità
troppolontane e invadenti, di problemi che appaiono più grandi di lui e di
penuriamateriale, occorre stimolare l'ottimismo che nasce dal successo. E il
successo,per la maggior parte delle persone significa frazionare i nostri
problemi, edessere liberi di concentrarsi su quelli che non sono troppo
disperatamentegrandi per noi. Né il capitalismo né il comunismo dogmaticamente
intesi offrono un mezzo dicura dei mali moderni: il capitalismo offre la
possibilità di iniziativa apochi; il comunismo potrebbe fornire una specie di
sicurezza servile a tutti. Non sono soltanto l'esperienza e la paura della
guerra che opprimonol'umanità, sebbene questi siano forse i mali maggiori.
Siamo oppressi anchedalle grandi forze impersonali, che governano la nostra
vita quotidiana,facendo di noi tutti degli schiavi agli effetti della legge. In
parte questo dipende anche dalla errata concezione che gli uomini più abilie
vigorosi hanno della loro affermazione: tutti possono però essere convintiche
la propria personalità può svilupparsi anche senza vessare o invadere lasfera
altrui, solo che coloro che elaborano riforme amministrative si rendanoconto
che l'orgoglio di un grande conquistatore non è tale che un mondo benregolato
lo possa consentire, ma l'amor proprio dell'artista, dello scopritore,dell'uomo
che ha trasformato una zona selvaggia in un giardino o ha portato lafelicità là
dove ci sarebbe stata altrimenti la miseria, questo amor proprio è buono, e il
nostro sistema sociale dovrebbe renderlo possibile, non solo aipochi, ma ai
moltissimi. Vi sono molti possibili sbocchi alternativi per gliistinti di
caccia e di guerra dei nostri antenati. La nostra prima lotta è stata rivolta
alla natura. Assicuratici lasopravvivenza come specie, tuttavia per molto tempo
abbiamo continuato a subirele calamità naturali e a necessitare di una fatica
incessante per vivere. Ainostri giorni la servitù verso la natura va diminuendo
rapidamente per effettodel crescere della conoscenza scientifica, e con una
organizzazione sociale piùrazionale il lavoro necessario potrebbe essere ancora
meno. Ma i mali che gli uomini si infliggono fra loro non sono diminuiti
nellastessa misura. E tuttavia non c'è niente nella natura umana che renda
questimali inevitabili. I nostri impulsši combattivi non necessariamente
rappresentanoin inevitabile fattore di soffernza, ma possono venir preservati,
le loroconseguenze dannose potendo venire enormemente diminuite. Occorre
incoraggiare tutte le forme di iniziativa che arricchiscono la vitadell'uomo.
Non faremo un mondo migliore cercando di rendere docili e timidi gli uomini, ma
incitandoli, invece, a essere coraggiosi, avventurosi e impavidi,tranne che
nell'infliggere sofferenze al loro prossimo.