SCHEMI DI RIPASSO GRAMMATICA PER LA LETTURA DEL GRECO ANTICO |
Semplificazioni nello studio
del Greco per la sola lettura
Alfabeto
Segni perduti
Pronuncia
Differenza tra vocali e consonanti
Vocali
Quantità e timbro
Sillabe
Dittonghi
Consonanti
Sonanti
Liquide e nasali sonanti
Semivocali
Spiriti e aspirazione
Accenti
Parole atone
Enclitiche e proclitiche
Posizione di spiriti e accenti combinati
Interpunzione
Sillabe
Parti del discorso
Elementi del nome
Apofonia
Apofonia
entro uno stesso nome o verbo
Metafonia
Articolo determinativo
Articolo indeterminativo
Osservazioni sull'uso dei casi
Nominativo
Accusativo
Genitivo
Dativo
I fenomeni di fonetica sintattica e apofonia e la loro rilevanza per le
abilità di lettura del greco
Consonanti in fine di parola
Iato
Dieresi
Contrazione
Crasi
Coronide
Elisione
Aferesi
Apocope o Troncamento
Differenze tra Crasi, Elisione, Aferesi
Passaggio da ᾱ
ad η nel dialetto ionico-attico
Allungamento di compenso
Allungamento organico
Abbreviamento di vocale e legge di Osthoff
Metatesi quantitativa
Protesi vocalica
Paragoge o Consonanti mobili
Incontri consonantici
Assimilazione
Dissimilazione
Legge di Grassmann
Assibilazione
Epentesi
Eliminazione o Caduta di consonante
Mutamenti
fonetici dovuti alla scomparsa di jod
Mutamenti
fonetici dovuti alla scomparsa del digamma
Metatesi
consonantica o qualitativa
La sincope
Prima declinazione
Prima declinazione contratta
Seconda declinazione
Seconda declinazione contratta
Seconda declinazione attica
Aggettivi della prima classe
Aggettivi a due temi (ο, α/η) e tre uscite (m, f, n)
Aggettivo ad un solo tema (ο) e due uscite (ος, -ων)
Aggettivo contratto a due uscite
Aggettivo attico
La terza declinazione
Terza declinazione – Temi in consonante
Terza declinazione – Temi in vocale e dittongo
Terza declinazione – Sostantivi irregolari, indeclinabili e difettivi
Gli aggettivi della seconda classe
APPENDICI
Fonologia – Approfondimento
Glossario definizioni
affissi
Apofonia quantitativa
Apofonia qualitativa
atono
baŕtone etc.
Desinenza
Enclitiche
metafonia
Nominativo etc.
ossitone etc.
Proclitiche
Quantità
Radice
radici dell’indoeuropeo
semivocali
semivocali indeuropee
Sillabe aperte
Sillabe chiuse
sonanti
sonanti indoeuropee
Tema
Timbro
vocali anteriori, medie,
posteriori
vocali palatali, centrali,
velari, labiali, dentali, gutturali, nasali
vocali velari
Occlusive
Sillabe brevi
Sillabe lunghe
Vocale breve per posizione
Semplificazioni
nello studio del Greco per la sola lettura
Riprendi glottologia (es. la posizione della glottide nella fonazione)
Quando una lettera non si pronuncia ed è necessario pronunciare la
parola, noi la pronunciamo.
Es. nei dittonghi impropri ωι, ηι, αι
(α lunga) la i non si pronuncia dopo l’età classica e nella pronuncia
erasmiana e reuchliniana.
Devi imparare a riconoscere la coronide (a differenza degli spiriti è
all’interno della parola), perché è preziosa per stabilire se c’è stata crasi o
contrazione.
Nella scrittura e negli esercizi si pụ scrivere invece della lettera
la sua translitterazione italiana: β à b, σ à s, etc.
Le regole sugli accenti e gli spiriti non servono.
Le regole di pronuncia non servono.
Usare l’articolo per la determinazione del caso e del numero.
La classificazione delle vocali e delle consonanti serve per la
contrazione, la crasi e altri fenomeni di alterazione delle parole.
Le regole della abbreviazione delle parole sono fondamentali.
Lo studio va limitato al dialetto attico (come fa del resto
esplicitamente Agazzi). Agazzi afferma che avendo imparato bene l’attico non
sarà poi difficile capire lo ionico (un po’ di più gli altri dialetti).
Oltre all’attico va appreso il greco della koiné.
Una volta appreso l’attico e il greco della koiné è facile leggere il
bizantino.
Aristotele e Platone scrivevano in attico. Plotino nel greco della
koiné. Durante la tarda epoca romana le classi colte romane invece della koiné
continuavano a coltivare l’attico (atticismo). Il Nuovo Testamento è scritto in
attico, anche se è richiesto un supplemento di studio per poterne cogliere le
particolarità.
Glossario
definizioni
Occlusive (mute) aspirate: χ, φ, θ
Sillabe aperte (term. in vocale)
Sillabe chiuse (term. in consonante)
Sillabe brevi e Sillabe lunghe
Brevi
per natura (cont.
vocale breve), Lunghe per
natura (cont.
vocale lunga o dittongo), per posizione (cont. vocale seguita da più cons. o cons. doppia),
Ancipiti
(Agazzi, 12)
Vocale breve per posizione
L’espressione si trova in
Agazzi p. 25. Ma pare essere errata. Non si trova da alcuna parte sul web. C’è
solo la definizione di sillabe brevi o lunghe.
Alfabeto: Alpha, Beta, Gamma, Delta,
Epsilon, Zeta, Eta, Theta, Iota, Kappa, Lambda, Mu, Nu, Csi, Omicron, Pi, Rho,
Sigma, Tau, Ypsilon, Phi, Chi, Psi, Omega.
Α, Β, Γ, Δ, Ε, Ζ, Η, Θ, Ι, Κ, Λ, Μ, Ν, Ξ, Ο, Π, Ρ, Σ, Τ, Υ, Φ, Χ, Ψ, Ω
α, β, γ, δ, ε, ζ, η, θ, ι, κ, λ, μ, ν, ξ, ο, π, ρ, σ, τ, υ, φ, χ, ψ, ω
Segni perduti: digamma o vau (F, pronuncia
“v”), jod (j, pron. “i”), stigma (Ϛϛ) (6),
coppa (Ϙ, Ϟϟ)
(90), sampi (maiuscolo Ϡ, minuscolo ϡ) (900) (gli ultimi tre usati ora come numerali)
**A differenza di waw, lo jod scomparve in una fase
molto antica della lingua, ragion per cui non esisteva nell’alfabeto greco una
lettera apposita per questo suono: nelle ricostruzioni, è reso per convenzione
con <j> dell’alfabeto latino.
▸ il
coppa era originariamente utilizzato per
rendere il suono velare /k/ davanti a /u/ e /o/. L’uso del coppa venne poi
abbandonato a favore del kappa, e il segno fu impiegato soltanto per indicare
il numero 90
▸ il
sampi (Ϡϡ, che probabilmente derivava dalla lettera fenicia san e doveva indicare un
suono di tipo sibilante (in alcuni alfabeti sostituiva il doppio sigma), fu
usato per indicare il numero 900. Il nome alluderebbe alla somiglianza formale
con n (da wq av ni, «come un pi»)
▸ lo
stigma (Ϛϛ), deformazione del digamma, e impiegato più tardi per rendere il gruppo
consonantico /st/, fu usato per indicare il numero 6.
Pronuncia: γ davanti a γ,
κ, ξ, χ si pronuncia “n” mentre υ si pronuncia ü. Χ ha il suono del “c”
aspirato fiorentino o del ch tedesco.
Differenza tra vocali e consonanti
La prima fondamentale opposizione tra i fonemi di una lingua è quella
tra vocali e consonanti. Che cosa rende vocali e consonanti suoni coś diversi?
I suoni del linguaggio vengono normalmente prodotti mediante
l’espirazione, quindi con un flusso d’aria regressivo (cioè in uscita).
Le vocali si producono quando il flusso d’aria non incontra nel suo
passaggio nessun ostacolo, nessuna ostruzione.
Le consonanti, invece, sono suoni prodotti mediante la frapposizione di
un ostacolo (parziale o totale) al passaggio dell’aria in qualche punto del suo
percorso fra la glottide e le labbra.
Tale ostacolo si pụ verificare in punti diversi (labbra, denti, velo
del palato ecc.) e in modi diversi (avvicinamento totale o parziale di due
organi, spostamento di un organo ecc.).
Vocali
Quantità e timbro
Le vocali greche si possono classificare in base ai seguenti parametri:
quantità e timbro.
La quantità
è la durata di emissione di una vocale; in base a questo parametro, una vocale
pụ essere breve, lunga o ancipite (dal latino anceps, «a due teste»: significa
che pụ essere sia breve che lunga).
Il timbro,
invece, è determinato dalla conformazione che assume la cavità orale a seconda
della posizione della lingua sull’asse orizzontale e verticale:
nell’articolazione delle vocali, infatti, la lingua pụ essere più o meno
avanzata (verso le labbra) e più o meno innalzata (verso il palato). In base
alla posizione della lingua sull’asse orizzontale, le vocali sono dette
anteriori o palatali (se vengono articolate con la lingua in posizione
avanzata, verso il palato duro), posteriori o velari (se vengono articolate con
la lingua in posizione arretrata, verso il velo del palato) o, infine,
centrali.
Brevi (ε, ο), lunghe (η, ω), ancipiti (α,
ι, υ)
Palatali (ι, ε,
η), velari (α), labiali (ο, ω, υ)
Forti o Aspre (α, η, ο, ω), deboli (ι, υ)
Chiare (ε,η, ι), medie (α), cupe (ο, ω,
υ)
Aperte (α), semiaperte
(η, ω), semichiuse (ε,
ο), chiuse (ι, υ).
|
|
asse orizzontale |
|
||||||
|
|
anteriori |
centrali |
posteriori |
|
||||
asse verticale |
basse (aperte) |
|
|
|
α |
|
|
|
aspre |
medio-basse (semiaperte) |
|
|
η |
|
ω |
|
|
||
medio-alte (semichiuse) |
|
ε |
|
|
|
ο |
|
||
alte (chiuse) |
ι |
|
|
|
|
|
υ |
dolci |
Sillabe
Sillabe |
per
natura |
brevi
(leggere) |
con
vocale breve φε-ρο-μεν |
lunghe
(pesanti) |
con
vocale lunga o dittongo τει-νω |
||
per
posizione |
lunghe
(pesanti) |
vocale
breve + 2 o più consonanti o cons. doppia ο-στρα-κον;
εξ |
|
ancipiti |
vocale
breve + occlusiva + liquida nasale πα-τρος |
Dittonghi
Formati da una forte e una debole
Dittonghi propri se la forte è breve
Dittonghi impropri se la forte è lunga e la debole è ι (perché la
ι, ancora pronunciata nell’età classica, anḍ scomparendo. Riapparve in
epoca bizantina, col puntino (ma solo per scrittura, non per pronuncia). regola abbreviazioni
Raro due deboli: υι
I dittonghi si pronunciano come in italiano tranne ου (“u”)
Consonanti
Consonanti in fine di parola
Le parole
prima della eliminazione sono ricostruite
Le uniche consonanti ammesse in fine di parola sono ν, ρ,
σ e quindi anche ξ, ψ. Tutte le altre consonanti in fine di
parola vengono eliminate:
Uniche eccezioni: avverbio negativo
ουκ/ουχ /(“non”) ed εκ (“da”)
Le mute sono tenui, medie, aspirate. Le sonore sono liquide, nasali,
sibilanti. (classif. in base alla qualità del suono
e del grado di articolazione).
*Doppie: ψ (π+ς), ζ (σ+δ, γ+j,
δ+j), ξ (κ+σ)
Mute tenui (κ, π, τ), mute medie (γ, β, δ), mute aspirate (χ, φ, θ). (Agazzi le chiama occlusive).
Agazzi = Vanacore
*Sonore (λ, ρ, μ, ν, σ, γ d. g.), Mute gutturali γ,
κ, χ, m. dentali τ, δ, θ, m. labiali π,
β, φ) (una sola emissione, non
prolungabili, si appoggiano a vocale).
Agazzi = Vanacore
*sonore/mute Gutturali (κ, χ, γ, γ d. g.), Labiali
(π, β, φ, μ), Dentali (τ, δ, θ,
λ, ρ, ν, σ) [in rosso le mute]
sonore Liquide (λ, ρ), Nasali (γ d.g., μ, ν), Sibilanti (σ). Pare che la distinzione
riguardi solo le sonore. (Agazzi le chiama continue o durative)
Le aspirate non sono altro che le tenui corrispondenti seguite da
aspirazione: χ = κ+h, φ = π+h, θ = τ+h
Qualità
del suono e grado
di articolazione |
Organo di articolazione |
|||
Gutturali |
Labiali |
Dentali |
||
mute |
tenui
(sorde) |
κ |
π |
τ |
medie
(sonore) |
γ |
β |
δ |
|
aspirate
(aspirate) |
χ |
φ |
θ |
|
sonore (continue) |
liquide |
- |
- |
λ, ρ |
nasali |
γ d.g. |
μ |
ν |
|
sibilanti |
- |
- |
σ |
|
doppie |
|
ξ |
ψ |
ζ |
Sonanti
Si definiscono sonanti quei suoni che, secondo il
contesto fonetico, si possono comportare sia come vocali sia come consonanti.
Le sonanti sono:
▸ le liquide e le nasali sonanti
ŗ (indoeuropeo) à αρ,
ρα (greco)
ļ (indoeuropeo) à αλ, λα (greco)
m. (indoeuropeo) à α, αμ
(greco)
ņ (indoeuropeo) à
α, αν (greco)
▸ le semivocali
[y] (indoeuropeo) à jod (greco) (pronuncia:
“j”)
[w] (indoeuropeo) à F (greco)
(pronuncia: “v”)
Liquide e nasali sonanti
La vocale è un suono che pụ da solo costituire sillaba.
In determinate condizioni anche un suono liquido (r, l) o nasale (m, n) pụ
comportarsi come una vocale.
In indeuropeo ŗ, ļ, m., ņ (sonanti
indoeuropee) potevano funzionare come vocali o come consonanti:
▸ come vocali, quando si trovavano
fra due consonanti (come il ceco prst o slzy) o in fine di parola dopo
consonante (come il ceco osm) o all’inizio di parola davanti a consonante (come
il sanscrito rte “senza”);
▸ come consonanti negli
altri casi
Le sonanti indeuropee (ŗ, ļ, m., ņ) non si sono conservate in greco, dove si sono vocalizzate con i
seguenti esiti:
ŗ à αρ, ρα
ļ à
αλ, λα
m. à α, αμ
ņ à
α, αν
Semivocali
Le semivocali
indeuropee y e w corrispondono alle vocali i e u seguite da vocale:
nelle parole italiane ieri e uomo, la i e la u
iniziali, pur essendo scritte nello stesso
modo, hanno una realizzazione fonetica
diversa dalle vocali i e u di libro e di lupo.
In greco
y à j (“jod”), (pronuncia: “j”)
w à Ϝ (“digamma”) (pronuncia: “v”)
Suoni entrambi scomparsi in greco, a volte senza lasciare traccia, più spesso producendo
notevoli modificazioni nella forma delle parole.
Lo jod è scomparso in epoca anteriore ai primi documenti scritti. La
scomparsa ha prodotto notevoli cambiamenti fonetici, al punto che spesso è
difficile riconoscere un legame di parentela fra parole appartenenti alla
medesima famiglia lessicale. Ad esempio, l’aggettivo
αγνος “venerando” viene dalla stessa radice del verbo
αζομαι “venero”, in cui ζ rappresenta
l’esito del nesso γ + j (*αγjομαι). Agazzi
ha una pagina intera sulle modifiche che le varie consonanti e gruppi di
lettere che precedevano/seguivano j hanno subito.
Il Ϝ si è
mantenuto in alcuni dialetti fino in epoca storica,
ma la sua scomparsa tende a generalizzarsi in tutto il territorio greco.
Nel IV secolo a.C., con raffermarsi della κοινη,
scompare anche nell’area linguistica dorica, dove
più tenacemente era stato conservato.
Il digamma scompare senza lasciare traccia, tranne:
vocale + Ϝ à voc. + υ
τϜ à σ (se è
in pos. iniziale)
τϜ à ττ (all’interno della parola)
Spiriti e aspirazione
Aspirazione
In greco la lettera h non esiste, ma la h del th inglese è cmq inserita
tramite lo spirito aspro.
**Ma che ceppa vuol dire "aspirazione"? Camillo
neri, p. 23 dice che ϕ, θ, κ
secondo la pronuncia erasmiana si pronunciano come τ, π, κ
"seguite da aspirazione".
Θεμιστοκλης, è detto, si
pronuncia "Themistocles".
[Wikipedia Aspirazione (fonetica)] In fonetica
articolatoria, l'aspirazione è un tratto che pụ caratterizzare le consonanti
costrittive. Si tratta di un'articolazione che prevede una forte emissione
d'aria al momento del rilascio e quindi della pronuncia dell'occlusiva, il che
provoca la sensazione uditiva di un "soffio" che accompagna la fine
del suono.
Per questo la trascrizione
fonetica delle aspirate adottata dall'IPA prevede di scrivere questi suoni con ʰ all'esponente accanto al
simbolo dell'occlusiva corrispondente. Si avrà coś:
[kʰ], [tʰ], [pʰ] occlusive aspirate sorde
[gʰ], [dʰ], [bʰ] occlusive aspirate sonore
Spiriti
Tutte le parole che cominciano con ρ, per vocale o per dittongo
hanno lo spirito. Il suo nome è πνευμα
(“soffio”).
Lo spirito sul dittongo cade sulla seconda vocale.
Sono posti sopra la minuscola e a sinistra della maiuscola.
Spirito aspro (apostrofo curvo verso sx) (aspirazione corrispondente alla h iniziale
del latino) o spirito dolce
(apostrofo curvo dx) (no aspirazione). Parola che inizia per υ, ρ
sempre spirito aspro (“rh”). Due ρ in una
parola possono avere spirito aspro e dolce.
Accenti
Accento acuto (segno elisione) e accento
grave (anti-elisione) è musicale e a diff. del nostro indica
innalzamento/abbassamento di tono.
Accento circonflesso ∼indica innalzamento + abbassamento
La coronide non è un
accento, ma è simile all’accento dolce, e segnala una crasi. Essa occupa,
rispetto all’accento, la stessa posizione dello spirito (sopra la minuscola e a
sinistra della maiuscola).
Regole dell’accento (in gran parte non riportate): cade solo sulle tre
ultime sillabe. Se l’ultima sillaba è lunga nn pụ cadere sulla terzultima.
L’accento circonflesso è sempre collocato su sillaba lunga.
L’accento grave si trova solo su ultima sillaba in sostituzione di
acuto
L ‘accento non pụ mai risalire oltre la terzultima sillaba
L’accento circonflesso pụ stare solo su sillaba lunga
La posizione dell’accento è condizionata dall’ultima sillaba
Parole ossitone (accento acuto su
ult. sillaba), parossitone (acc. acuto su
penult. sillaba), proparossitone (acc. acuto su
terzult. sillaba)
Parole perispomene (accento circonfl. su ult. sillaba), properispomene (accento circonfl. su penult.
sillaba)
La diversa posizione dell’accento distingue parole
diverse: τρο’κο (“ruota”);
τροκο’ (“corsa”); βι’ος (“vita”),
βιο’ς (“arco).
Parole atone
In linguistica, atono vuol dire privo di accento
tonico. Oltre alle sillabe non accentate della parola, sono atone le enclitiche
e le proclitiche. Vi sono gradazioni nell'atonicità: per es., in capitàno le sillabe pi e no sono atone, ca è semitonica.
Le parole sono:
ossitone (acuto sull’ultima sillaba), parosśtone (acuto sulla penultima), proparosśtone (acuto sulla terzultima)
baŕtone
(ultima sillaba è atona), properisp̣mene
(circonflesso sulla penultima) perisp̣mene
(circonflesso sull’ultima).
Proclitiche: si appoggiano per l’accento alla parola che segue
Enclitiche: si appoggiano per l’accento alla parola che precede
Enclitiche e proclitiche
Parole atone enclitiche formano un blocco di pron. unitario
con la “reggente” (precedente) e questo pụ cambiare posiz. accento:
τεοι τε τεαι (“dei e dee”),
αλοπης υις (“una volpe), Parole
atone proclitiche.
La lista delle enclitiche è lunga.
Il gruppo prende un secondo accento (detto accento
d’enclisi), quando l’accento della parola reggente risale oltre la terzultima
sillaba del gruppo.
Posizione di spiriti e accenti combinati
Se l’accento cade sulla vocale minuscola
iniziale, esso si colloca:
▸ a destra
dello spirito, se l’accento è acuto o grave
▸ sopra lo
spirito, se l’accento è circonflesso.
Se l’accento cade sulla vocale maiuscola iniziale,
esso si colloca:
▸ in alto
a sinistra, dopo lo spirito, se l’accento è acuto o grave
▸ in
alto a sinistra, sopra lo spirito, se l’accento è circonflesso.
Nelle parole che iniziano con un dittongo, la
posizione di spirito e accento cambia a seconda che il dittongo sia proprio o
improprio:
▸ con
dittongo proprio (cioè a primo elemento breve) lo spirito e l’accento si
pongono graficamente sul secondo elemento, sia con iniziale minuscola che
maiuscola
▸ con
dittongo improprio (cioè a primo elemento lungo), se maiuscolo, lo spirito e
l’accento si pongono in alto a sinistra del primo elemento e lo iota del
secondo elemento viene ascritto, cioè scritto accanto; se minuscolo, essi si
pongono sopra il primo elemento, mentre lo i viene sottoscritto.
Interpunzione
Punto, virgola, punto in alto (due punti o puntoevirgola),
puntoevirgola (interrogazione)
Sillabe
Aperte (term. in vocale) e Chiuse
(term. in consonante)
Brevi per natura (cont.
vocale breve), Lunghe per
natura (cont.
vocale lunga o dittongo), per posizione (cont. vocale seguita da più cons. o cons. doppia),
Ancipiti
(Agazzi, 12)
Una vocale isolata o in iato costituisce sillaba a sé
stante: ι-α-τρευ-ω
Una o più consonanti tra due vocali costituiscono sillaba
con la vocale che segue.
Parti del discorso
Parole variabili e invariabili
Nella lingua greca le parole si distinguono in:
▸ variabili (articoli, sostantivi, aggettivi, pronomi, verbi)
Le parole variabili si flettono, cioè subiscono regolari modificazioni
nella loro parte terminale; l’insieme di queste modificazioni si definisce flessione; in particolare definiamo:
- declinazione la flessione
dell’articolo, del sostantivo, dell’aggettivo e del pronome
- coniugazione la flessione del
verbo;
▸ invariabili (preposizioni, congiunzioni, avverbi, interiezioni)
Variabili (articolo, sostantivo,
aggettivo, pronome, verbo) e invariabili (avverbio, congiunzione, preposizione,
interiezione)
Flessione: mutamento di forma alla
fine di una parte variabile. La flessione nominale (articolo, sostantivo,
aggettivo, pronome) è detta anche declinazione.
Elementi del nome
Radice (invariabile)
Tema (forma base della flessione) = Radice + Vocale tematica
Desinenza: si aggiunge al tema per fornire inform. su funzione logica, genere,
numero.
Tema, desinenza, radice, affissi, terminazione
In una parola variabile distinguiamo innanzitutto:
▸ il tema, cioè la parte che
rimane fissa nel corso della flessione;
▸ la desinenza, cioè la parte
terminale che varia nel corso della flessione.
Per esempio:
πολεμο |
- |
ς |
tema |
|
desinenza |
Il tema tuttavia non è un’unità minima, ma è anch’esso scomponibile in
elementi più piccoli; all’interno del tema infatti distinguiamo:
▸ la radice: l’elemento portatore
del significato fondamentale della parola, il quale è comune a più parole
apparentate fra di loro (famiglia lessicale);
▸ gli affissi: si dicono affissi
gli elementi che vengono aggiunti alla radice e che ne modificano il
significato; gli affissi a loro volta si distinguono in:
- prefissi,
se si trovano prima della radice;
- suffissi,
se si trovano dopo la radice.
Per esempio:
πολεμ |
- |
ο |
- |
ς |
rad. |
|
suff. |
|
des. |
α |
- |
πολεμ |
- |
ο |
- |
ς |
pref. |
|
rad. |
|
suff. |
|
des. |
Il suffisso vocalico che precede immediatamente la desinenza prende il
nome di vocale tematica (nominale o verbale
a seconda che costituisca il tema di un nome o di un verbo). Per esempio:
Nel corso della flessione intervengono spesso fenomeni fonetici che
rendono a volte difficile distinguere la vocale tematica dalla desinenza. Si
rende quindi necessario introdurre una nuova unità d’analisi: la terminazione, che indica il blocco fonetico
costituito da vocale tematica + desinenza.
Per esempio:
πολεμ |
- |
ικ |
- |
ο |
- |
ς |
rad. |
|
suf. |
|
voc.
tem.. |
|
des. |
|
|
|
|
terminazione |
πολεμ |
- |
ιζ |
- |
ο |
- |
μεν |
rad. |
|
suf. |
|
voc.
tem.. |
|
des. |
|
|
|
|
terminazione |
Riassumendo
▸ la radice è l’elemento invariabile, non ulteriormente scomponibile,
portatore del significato di base della parola;
▸ gli affissi sono gli elementi aggiunti prima della radice
{prefissi) o dopo la radice (suffissi)-, il suffisso vocalico che precede
immediatamente la desinenza nei nomi e nei verbi prende il nome di vocale
tematica-,
▸ il tema è la somma della radice e degli affissi; in altri termini,
è cị che rimane della parola privata della desinenza;
▸ la terminazione è la somma della vocale tematica e della desinenza:
Le radici dell’indoeuropeo
[Neri, Methodos 49] Per l’indoeuropeo originario sono state
ricostruite delle radici semantiche, cioè degli elementi minimi, che non sono
propriamente né nomi, né verbi, né altre parti del discorso, ma che contengono
e trasmettono un significato di base, un’idea portante. Si consideri l’esempio
dell’idea di «generazione»: l’elemento minimo, custode e portatore dell’idea di
base del «generare», è rappresentato dall’ossatura consonantica, ovvero un
elemento fisso, la radice, che accomuna tutte le parole che da essa derivano. I
linguisti hanno infatti constatato che «la sola parte stabile che costituisce
un elemento morfologico indoeuropeo è la parte consonantica» (Meillet). A
partire da questo elemento fisso è possibile trarre di volta in volta nomi
(«genitore, generazione, genere»), verbi («generare»), aggettivi («generato,
congenito»), avverbi («generazionalmente») ecc. Oltre all’ossatura consonantica, fissa, della radice
semantica, ovvero il nucleo irriducibile che porta il significato generale
comune a un’intera famiglia di parole, esiste anche un elemento vocalico,
variabile, che serve primariamente a classificare (come nomi, verbi, aggettivi
ecc.) e a distinguere (come aspetti/tempi diversi di un verbo o funzioni
diverse di un nome) le parole che ne vengono tratte.
[Neri, Methodos
69] Il tema e la parte della parola che non cambia nel corso della flessione,
tuttavia, non
e un’unita minima, ma è scomponibile in
elementi piu piccoli, la cui individuazione e di fondamentale importanza per
cogliere l’autentico significato di una
parola. All’interno del tema possiamo
distinguere: la radice e gli (eventuali) affissi.
La radice
e l’elemento irriducibile (cioe non ulteriormente scomponibile) portatore del significato
generale e fondamentale comune a un’intera famiglia di parole. La radice in
greco e monosillabica o bisillabica. Per esempio, la radice
φιλ è la radice legata all’idea di affetto e amore. Da essa si formano: il verbo
φιλεο, “amo”; l’aggettivo φιλος, “caro”; i sostantivi
φιλος, “amico”, φιλια, “amicizia”,
φιλοτης, “affetto”,
φιλεμα, “bacio” ecc. Il processo morfologico che
da luogo a diverse parole a partire da una medesima radice si chiama derivazione. Tutte la parole che derivano dalla stessa
radice appartengono a una famiglia di parole.
Gli affissi sono elementi
che vengono aggiunti alla radice e ne rendono piu specifico il significato. In particolare, si chiamano prefissi gli affissi che precedono la radice, suffissi quelli
che la seguono. Per esempio, dalla radice φιλ-, mediante l’aggiunta del suffisso -ία, che da origine a nomi astratti, deriva il sostantivo φιλία, ≪amicizia≫. Se a φιλία aggiungiamo il prefisso dal valore privativo ἀ- otteniamo il sostantivo ἀφιλία, ≪mancanza di amicizia≫. Talvolta (ma e un fenomeno raro
rispetto a prefissazione e suffissazione) gli affissi possono anche essere inseriti all’interno della
radice (fenomeno raro): in questo caso si chiamano infissi. Per esempio, dalla radice λαβ-, ≪prendere≫, si forma il tema verbale del presente λαμβαν-, che si puo cosi scomporre: λα-μ-β-αν-. All’interno della radice λαβ- si e inserito l’infisso -μ-, mentre -αν- e un suffisso; entrambi gli affissi (infisso e suffisso) hanno la
funzione di caratterizzare il tema del presente rispetto agli altri temi
verbali, per esempio, il tema dell’aoristo, (ἐ)λαβ-.
Numero: singolare, duale, plurale
Genere: maschile, femminile, neutro
Caso: nominativo (diretto), genitivo (incl. ablativo; incl.
provenienza, allontanamento, tempo etc.), dativo
(incl. strumentale, locativo ablativo), accusativo
(diretto), vocativo (diretto) (al
sing. è eguale a nomin. oppure è la radice; al plur. sempre eguale nom.).
Prima Declinazione (temi in α ed η), Seconda
Declinazione (temi in ο), Terza
Declinazione (temi in consonante, vocale debole, dittongo)
Il duale ha solo 2 forme:
nominativo-accusativo-vocativo; genitivo-dativo
Al neutro i casi diretti sono eguali.
Apofonia
L’alternanza leggera o di prima serie
ĺ l’alternanza fondamentale e pụ essere qualitativa e quantitativa.
Per la qualitativa si parte dalla vocale ε (grado normale), che
put́ diventare o (grado forte), mentre nel grado zero essa puo subire un
mutamento o puo scomparire.
Alternanza qualitativa leggera o di prima serie
▸ Vocali ε ed o precedute o seguite da liquida o nasale
Queste ultime si vocalizzano:
ŗ à αρ, ρα
ļ à
αλ, λα
m. à α, αμ
ņ à
α, αν
Quindi al grado zero, anziché mancanza di vocale,
possiamo avere α
▸ Vocali ε ed o seguite da ι ed υ
Avremo la seguente gradazione:
ι – ει –
οι
υ – ευ
- ου
(il terzo grado è rarissimo)
▸ Casi col grado zero senza vocale:
s.v. – ε
– ο
Alternanza quantitativa leggera o di prima serie
Nella serie leggera si pụ avere anche un’alternanza quantitativa, che
consiste nell’allungamento di ε in η e di o in ω e si trova
quasi esclusivamente nella flessione nominale:
s.v. – ε
– η
s.v. – ο
– ω
Alternanza pesante o di seconda serie
Presenta al grado zero la vocale breve e al grado normale la lunga
corrispondente
ε – η
– ω
ο – ω
– s.v.
Mentre nel secondo e nel terzo caso c’e soltanto alternanza quantitativa, nel primo caso sono
presenti entrambe le alternanze.
Apofonia entro uno stesso nome o verbo
I casi di apofonia che differenziano due nomi o due verbi non sono di
interesse per chi vuole tradurre dal greco. Ma non di rado l’apofonia serve per
differenziare un caso dall’altro all’interno di una flessione nominale:
αιδωσ (nominativo αιδως) e αιδοσ (gen.
αιδοσ-ος à αιδοο à αιδου) (dat.
αιδοσ-ι à αιδοῐ
à αιδοῑ) (acc. à
αιδοσ-α à αιδοα à αιδω)
oppure di una flessione verbale:
στελ- (mando) e σταλ-
(io ho mandato)
τρεφ- (io nutro) e τραφ-
(io nutrii) e τροφ-
(io ho nutrito)
L’apofonia (o alternanza vocalica) è una variazione vocalica che avviene all’interno di una
radice (o di un suffisso o di una desinenza) e che viene sfruttata a fini morfologici o lessicali, cioè la variazione
della vocale tematica ο/ε contribuisce a tenere distinte
le due forme.
La variazione apofonica pụ essere:
▸ Apofonia quantitativa. La vocale rimane uguale per il timbro, ma varia di quantità
(alternanza vocale breve / vocale lunga):
τιθημι / τιθεμεν
(“pongo” / “poniamo”)
διδωμι / διδομεν
(“do” / “diamo”)
▸ Apofonia qualitativa. La vocale rimane eguale per la quantità, ma varia per il timbro;
l’alternanza si verifica fra le vocali ε / ο):
λεγομεν / λεγετε
(“noi diciamo” / “voi dite”)
λεγο / λογος
(“dico” / “parola”).
Le diverse forme che una radice (o un suffisso o una desinenza) assume
in seguito all’alternanza vocalica vengono chiamate gradi
(apofonici). L’insieme dei gradi nei
quali pụ apparire una forma si definisce serie
apofonica.
Una serie apofonica completa è costituita da tre gradi:
Apofonia quantitativa
▸ grado zero (o ridotto) la forma senza vocale
▸ grado normale la forma con vocale breve
▸ grado allungato la forma con vocale lunga
πατερα / πατηρ
/ πατρος
τιθεμεν / τιθημι
/ -
διδομεν / διδωμι
/-
ιστᾰμεν / ιστᾱμι (dorico) ιστημι (attico) / -
δεικνῠμεν / δεικνῡμι / -
Apofonia qualitativa
▸ grado zero (o ridotto) la forma senza vocale
▸ grado normale la forma con ε
▸ grado forte la forma con ο
πετομαι / ποταομαι
/ επτομεν
φερο / φορας
/ διφρος
λεγομεν / λεγετε
(“noi diciamo” / “voi dite”)
λεγο / λογος
(“dico” / “parola”).
Spesso la vocale della radice è seguita da una semivocale (ι,
υ) o da una liquida/nasale (ρ, λ, μ, ν); questo
secondo elemento al grado zero si vocalizza; pertanto le liquide e le nasali si
trasformano in sonanti (ŗ, ļ, m., ņ) con gli esiti esaminati in precedenza:
ŗ à αρ, ρα
ļ à
αλ, λα
m. à α, αμ
ņ à
α, αν
Esempi:
λειπω
/ λελοιπα
/ ελιπον
φευγω
/ - / εφυγον
περθω / πεπορθα
/ επραθον
Metafonia
La metafonia non interessa le abilità di lettura.
Nei temi in nasale e in liquida della terza declinazione, come abbiamo
visto, interviene il fenomeno dell’apofonia. E la prima volta che vediamo
questo meccanismo operare all’interno della flessione del sostantivo. In
effetti la variazione vocalica a livello nominale agisce solo in certi temi
consonantici e in modo non sistematico.
Questa situazione e stata ereditata dall’indeuropeo, come attesta il
sanscrito. Le lingue indeuropee tuttavia, nel corso della loro storia, hanno
progressivamente ridotto l’utilizzazione dell’apofonia nei temi nominali,
mentre hanno continuato a servirsene nella coniugazione verbale, soprattutto
nell’ambito delle lingue germaniche. Queste ultime, in particolare, hanno
sviluppato un meccanismo innovativo di variazione vocalica che deve essere
tenuto distinto dall’apofonia. In
inglese, per esempio, accanto alle normali formazioni del plurale in -s (dog
“cane’’, dogs “cani”), compaiono plurali del tipo feet “piedi” (sing. /oot) e
geese “oche’’ (sing. goose) senza alcuna traccia di -s. Questi tipi di plurale, del tutto eccezionali
in inglese, sono invece comuni in tedesco, dove l’opposizione fra il singolare
Gast “ospite’’ e il plurale Gaste (pronuncia ghèste) con mutamento della vocale
radicale (a > a) nel passaggio dal singolare al plurale costituisce una
soluzione ricorrente. In queste formazioni plurali agisce il fenomeno della metafonia
(in tedesco Umlaut), cioe il fatto che una vocale pụ esercitare sulle vocali
delle sillabe precedenti. Coś in
tedesco l’aggiunta di -e al plurale ha modificato il timbro della vocale
precedente a, che e diventata a (= e aperta). Lo stesso fenomeno agisce nei
plurali inglesi sopra citati (per esempio, geese “oche’’ < ges < *gansi).
La metafonia, come appare evidente, sorge come un fenomeno puramente fonetico
(all’origine proprio dei temi in -i-); in tedesco e stata poi estesa ad altri
temi per distinguere il singolare dal plurale di ogni genere (der Satz “frase’’
plur. die Satze') ed e quindi stata impiegata come elemento morfologico.
Il fenomeno della metafonia, assente nella lingua italiana perche
ignoto al toscano, costituisce invece un tratto distintivo dei dialetti
italiani dell’area centro- meridionale. In napoletano, per esempio, le vocali
toniche e e o si chiudono rispettivamente in i e u per effetto delle antiche
vocali finali -u e -i (prima che queste si confondessero nella vocale
indistinta d), garantendo coś l’opposizione fra singolare e plurale (per
esempio: mess “mese’’ e miss “mesi’’) e fra femminile e maschile (per esempio,
nero “nera’’ e nirs “nero’’).
Articolo determinativo
Le desinenze dell’articolo determinativo, che aveva originariamente valore di pronome dimostrativo (come
risulta in Omero), sono identiche a quelle della
prima e seconda declinazione, tranne che nel nominativo singolare
maschile e nei casi diretti del neutro singolare.
L’articolo non ha il caso vocativo, per cui al vocativo dei nomi si
premette generalmente l’interiezione ω
Le forme τα, ταιν del duale femminile
sono sostituite per lo più con le corrispondenti maschili (xd), xoiv).
ricorda:
Il neutro ha sempre prima e ultima persona uguali; per il
resto è eguale al maschile.
Il femminile è in η al singolare e in α al
plurale.
La seconda plurale è sempre τον
L’accusativo singolare finisce sempre in -ν
Il dativo singolare termina con la sola vocale tematica
(η/o) senza altro suffisso
|
M |
F |
N |
N |
ο |
η |
το |
G |
του |
της |
του |
D |
τω |
τη |
τω |
A |
τον |
την |
το |
N |
οι |
αι |
τα |
G |
των |
των |
των |
D |
τοις |
ταις |
τοις |
A |
τους
|
τας |
τα |
Articolo indeterminativo
L’articolo indeterminativo manca in greco, per cui se si deve esprimere
in modo indeterminato un nome, si usa il semplice sostantivo:
φιλος, “un amico”.
Osservazioni sull'uso dei casi
In epoca preistorica l’indoeuropeo comprendeva otto casi: nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo,
ablativo, strumentale e locativo. In greco e in latino, con il passare
dei secoli, alcuni casi hanno finito con il confondere le loro forme. Nel greco classico lo strumentale e il locativo sono
confluiti nel dativo, mentre le funzioni dell’ablativo sono entrate a far parte
del genitivo (per lo più) e del dativo.
Il vocativo singolare non pụ essere definito un vero caso, poiché esso non ha desinenze proprie, ma o coincide con il
nominativo, o è uguale al puro tema. Il nominativo e l’accusativo sono,
come in latino, i casi del soggetto e del complemento oggetto; il genitivo
esprime, oltre al complemento di specificazione, anche la provenienza,
l’allontanamento, il tempo ecc.; il dativo, oltre a indicare il complemento di
termine, esprime anche la compagnia, il mezzo, il modo ecc.
Genitivo e dativo, a differenza del latino, si usano in
greco anche con preposizioni.
Nonostante l’estensione del significato dei casi il greco
non si serve solo di essi per esprimere tutti i possibili complementi. La lingua greca possiede un sistema di preposizioni che traducono con
precisione le diverse modalità con cui si possono presentare i complementi.
Tutti i casi (ad eccezione del Vocativo) possono venire impiegati per
esprimere altre funzioni oltre a quelle proprie, e precisamente:
Nominativo
Il Nominativo
si usa anche nelle esclamazioni
Accusativo
Si usa anche per esprimere:
▸ estensione
κυρος
εξελαυνει παρασαγγας
εικοσιν “Ciro avanza per venti parasanghe”
▸ durata
ενταυθα
εμεινε η
στρατια ημερας
εικοσιν
“qui l’esercito rimase (per) venti giorni” (Senofonte)
▸ relazione
▸ la limitazione: il cosiddetto Accusativo di relazione limita
l’estensione semantica di un verbo, di un aggettivo o di un sostantivo;
corrisponde alle locuzioni italiane “riguardo a”, “quanto a”, “relativamente
a”, “in rapporto a”:
το τειχος ην ευρος
εικοσι ποδων υψος δε
εκατον “il muro era di venti piedi di larghezza,
di cento (piedi) di altezza” (Senofonte)
καισαρ εν τεν σαρκα
λευκος “Cesare era bianco di carnagione”
(Plutarco)
Genitivo
Pụ esprimere:
- il possesso
- la separazione
- la pertinenza
- la causa
- il partitivo
- il tempo
- la materia
- il paragone
Il Genitivo in greco ha un uso molto più esteso che in latino, in
quanto, in seguito alla scomparsa dell’Ablativo, ha assommato le funzioni
proprie sia del Genitivo sia dell’Ablativo.
Genitivo propriamente detto
▸ la specificazione:
οι του
βασιλεως
στρατιωται “i soldati del re”
η ρολις τον
αθηναιων “la città degli Ateniesi”
Quando il Genitivo dipende da sostantivi verbali, è spesso opportuno
distinguere fra Genitivo soggettivo e Genitivo oggettivo, a seconda che il
Genitivo indichi il soggetto oppure l’oggetto dell’azione o dell’emozione cui
rimanda il sostantivo verbale. Coś, per esempio, nella locuzione “l’amore del
padre” il Genitivo pụ essere interpretato in due modi:
▸ come Genitivo soggettivo: “l’amore del padre”/“l’amore da parte del
padre”
▸ come Genitivo oggettivo: “l’amore del padre”/“l’amore verso il
padre”
▸ il partitivo:
τις υμων
“chi fra voi?”
ο σοφωτατος των
ανθροπων “il più saggio degli uomini”
Il Genitivo con valore partitivo, oltre a essere usato in dipendenza da
un elemento nominale o pronominale, pụ essere retto da un qualsiasi verbo transitivo,
quando l’azione è orientata su una parte dell’oggetto e non sull’oggetto
intero, soprattutto con i verbi che indicano l’“avventarsi” su qualcosa sia in
senso proprio (“prendere”, “afferrare”, “distruggere”, ecc.) sia in senso
traslato (come “mangiare”, “bere”, ecc.):
αυτος των
πολων
λαμβαρει “egli prende dei puledri” (Senofonte)
αιματος πιειν “bere del
sangue” (Odissea)
Sono costruiti normalmente con il Genitivo partitivo quei verbi che
hanno in comune l’idea di limitazione, contatto parziale che il verbo esprime
nei confronti dell’oggetto cui è indirizzata l’azione:
▸ partecipazione, come μετεχω
συλλαμβανω “partecipare”,
“prendere parte”, μεταδιδομι
“far partecipare”:
“i cittadini partecipavano alla festa
(της
εορτης)” (Senofonte)
▸ abbondanza in senso proprio (es. “riempire”, “essere pieno”) o
traslato (es. “essere sazio”, “godere”):
“i soldati riempivano le coperte di fieno
(χορτων)”
(Senofonte)
▸ contatto (es. “toccare”, “attaccarsi a”, “sfiorare”), spesso in
senso traslato (“dedicarsi a”, “intraprendere”):
“gli uomini, quando entrano in guerra, dapprima passano all’azione (των
εργων), solo in seguito, quando subiscono
perdite, ricorrono alle parole (των λογων)”
(Tucidide)
▸ conseguimento, o il non conseguimento di un obiettivo (es.
“ottenere”, “sbagliare”, “fallire”):
“Adrasto, quando scaglia la lancia contro il cinghiale, lo fallisce (των
αμαρτανει), colpisce invece
il figlio di Creso (των
Κραισου παιδος)”
(Erodoto)
▸ tensione al raggiungimento di un fine (es. “desiderare”, “aspirare
a”, “mirare a”, “pretendere”,
“reclamare”):
“Filippo desidera la gloria (επιθυμει)”
(Demostene)
▸ preoccupazione (es. “preoccuparsi”, “darsi cura”, “darsi pensiero”,
“stare a cuore a qualcuno”, “importare”) o la non curanza (es. “non darsi
pensiero”, “non darsi cura”, “tenere in poco conto”, “disprezzare”):
“si davano pensiero di tutti i cittadini
(απαντων
των πολιτων)”
(Isocrate)
▸ percezione fisica o intellettiva (es. “udire”, “ascoltare”,
“accorgersi”, “sentire”, “apprendere”, “informarsi”, “intendere”):
“apprendo da costoro (πυνθανομαι)
che il monte non è inaccessibile” (Senofonte)
▸ ai verbi di percezione intellettiva si ricollegano i verbi che
indicano il ricordo (es. “ricordarsi”) e la dimenticanza (es. “dimenticarsi”),
costruiti entrambi con il Genitivo:
“ricordati degli amici (των φιλων)”
(Isocrate)
▸ comando (es. “dominare”, “comandare”, “regnare”), la superiorità
(es. “superare”, “essere differente”, “distinguersi”) o l’inferiorità (es.
“essere sconfitto”, “essere indietro”, “essere inferiore”):
“Teseo fu vinto dalla bellezza (των
καλλους) [di Elena]” (Isocrate)
▸ il possesso:
τονος εστιν η
οικια; των
φιλιππον “di chi è la casa? Di Filippo”
▸ la pertinenza, in dipendenza dei verbi ειμι e
γιγνομαι “essere”; si traduce per lo
più con le locuzioni “è proprio di”, “è compito”, “è dovere di”, “spetta a”
των
στρατιωτου εστι
μακεσται “è dovere del soldato
combattere”
▸ la causa:
θαυμαζομεν
τον Σωχρατη τες σοφιας
αυτου “ammiriamo Socrate per
la sua sapienza”
▸ il tempo:
ημερας “di giorno”
νυκτος “di notte”
▸ la materia:
μαχαιρα καλχου
“un coltello di bronzo”
▸ la misura che pụ comprendere
▸ estensione (το ευρος τετταρων
σταδιων “larghezza di quattro stadi”),
▸ età (ανερ ετων
τριακοντα “un uomo di trent’anni”)
▸ prezzo (γυναικα
αργυρου
ωνεομαι “comprare una donna con il denaro”)
▸ stima (πολλου /
πλειονος /
πλειστου αξιος
“degno di molto / di più / di moltissimo”).
Genitivo-Ablativo
Il Genitivo-Ablativo greco pụ esprimere il punto da cui parte
un’azione sia in senso spazio-temporale sia in senso traslato:
▸ la separazione, quindi l’allontanamento, la privazione,
l’origine:
της
αδικιας
απεχο “mi tengo lontano dall’ingiustizia”
της
ελευθεριας αποστερουμαι
“sono privato della libertà”
▸ il paragone (secondo termine di paragone):
η τυχη
δυνατωτερα πασης
προνοιας “il destino è più
potente di ogni previdenza” (Esopo)
Verbi che reggono il Genitivo-Ablativo
Il Genitivo-Ablativo è retto dai verbi che esprimono le seguenti
nozioni:
▸ un sentimento, un’emozione (verba affectuum) (es. “provare
ammirazione”, “meravigliarsi”, “ammirare”, “rimproverare”, “biasimare”):
“mi meraviglio del carattere (της
διανοιας) di costui” (Lisia)
▸ la colpa o la pena (es. “accusare”,
“essere accusato”, “assolvere”,
“condannare”):
“vi consiglio di non condannare voi stessi
assolvendo costoro” (Lisia)
▸ l’allontanamento (separazione, distanza) (es. “essere lontano”,
“distare”, “tenersi lontano”), “allontanare”, “separare”):
“separare l’anima dal corpo (του
σωματος)” (Platone)
▸ la privazione o l’astensione (es. “mancare”, “avere bisogno”,
“privare” “essere privato”, “risparmiare”):
“abbiamo tutti bisogno della comune
salvezza (κοινες
σωτηριας)” (Senofonte)
▸ A questi due ultimi punti si possono ricollegare anche i verbi che
esprimono l’inizio e la fine (es. “cominciare”, “far cessare”, “cessare”,
“smettere”):
“desisto da quel progetto” (Senofonte)
“cominciamo a cantare dalle Muse Eliconie
(Μουσαων
Ελικωνιαδων)”
(Esiodo)
Dativo
pụ esprimere:
- l’interesse
- il modo
- l’agente
- la relazione
- il possesso
- la limitazione
- il mezzo
- lo stato in luogo
- la causa
- il tempo
Dativo propriamente detto
Il Dativo propriamente detto è retto da verbi che implicano una
direzione in avanti, come “dare”, “donare”, ecc. o indietro, come “rifiutare”,
“togliere”, ecc.:
“gli dei non danno nulla agli uomini senza fatica” (Senofonte)
Si ricollegano a quest’area:
▸ il Dativo di interesse, che esprime l’elemento a vantaggio (Dativus
commodi) o a svantaggio (Dativus incommod́) del quale è indirizzata
l’azione:
“le città dell’Ellesponto raccoglievano denaro a
suo favore (αυτω)”
(Senofonte)
“Tissafeme calunnia Ciro sostenendo che tramava contro di lui (αυτω)”
(Senofonte)
▸ il Dativo di possesso, impiegato con i verbi
ειμι, γιγνομαι
“essere”, nei casi in cui in italiano si impiegherebbe il verbo “avere”:
“Creso aveva due figli” (Ieri, “a Creso
(το Κροισο)
erano due figli”) (Erodoto)
▸ il Dativo di relazione, che indica in relazione a chi o a che
cosa è valida una certa affermazione:
“per chi va verso il portico (= “andando verso il portico”), si trova
un Ermes di bronzo” (Pausania)
d. il Dativo di limitazione, che
restringe la portata di un’affermazione limitandone la validità:
“possedete cavalli che si distinguono per
valore (αρετη)”
(Senofonte)
▸ il Dativo di causa efficiente e il Dativo di agente, quest’ultimo
usato in particolare con gli aggettivi verbali in -τεος e
con le forme passive derivate dal tema del perfetto:
“l’uomo onesto non è ferito dalle parole
(λογοις)
ingiuriose” (Menandro)
“da questo dobbiamo guardarci” (lett. “questo deve essere tenuto a bada
da noi (εμιν)”)
(Demostene)
▸ Il Dativo etico esprime l’intensa partecipazione emotiva di chi
parla:
“Ettore, non mi (μοι) rimanere, figlio mio, davanti
a quell’uomo” (Omero)
Dativo strumentale
Il Dativo, poiché in esso confluisce il caso Strumentale, pụ esprimere
anche l’associazione ad un’azione e pụ quindi assumere un significato di:
▸ compagnia o unione (anche in senso ostile):
“discorrere con qualcuno (τινι)”; “combattere con (= contro) qualcuno
(τινι)”
▸ mezzo:
“colpire i nemici con le pietre (τοις
λιθοις)”; “non con
le parole (λογοις)
ma con le azioni (εργοις)”
▸ modo, soprattutto in alcune locuzioni cristallizzate come:
“a forza (βια)”; “in silenzio
(σιγη)”; “in fretta (στουδη)”
▸ causa:
“vergognarsi dell’accaduto (το
πραγματι)”
Dativo locativo e temporale
Il Dativo con valore di complemento di stato in luogo (senza
preposizione) si usa soprattutto in alcune forme cristallizzate con valore
avverbiale come τεδε, ταυτε “qui”,
“là”, κυκλο “in cerchio”, “intorno” e in poesia:
“quando comprenderai le nozze, verso le quali nelle
(tue) case (δομοις)
/ senza approdo navigasti” (Sofocle)
Connesso con il Dativo locativo è il Dativo con valore temporale, che
si usa in alcune locuzioni che indicano un tempo definito, come:
ταυτη τη
ημερα “in questo giorno”
τριτω ετει “al terzo anno”
τη υστεραια “il
giorno dopo”
Verbi con il Dativo
Presentiamo i verbi che in greco sono costruiti con il Dativo, mentre
in italiano reggono il complemento oggetto o un complemento diverso da quello
di termine.
Verbi con il Dativo cui corrisponde in italiano un
complemento diretto
Fra quelli di uso più comune segnaliamo i seguenti verbi:
ακολουτεω +
τινι “accompagnare”
βοεθεω + τινι
“aiutare”
δουλειω + τινι
“servire”
επιβουλευω +
τινι “insidiare”, “tramare (contro)”
επομαι + τινι
“seguire”
ευχομαι + τινι
“pregare”
συγγιγνοσκω +
τινι “perdonare”
συμβουλευω +
τινι “consigliare”
φτονεω + τινι
“invidiare”
“prego tutti gli dei (τοις θεοις
πασι)” (Demostene)
“tu da molto tempo insidi tutti noi (πασιν
εμιν) e a parole intendi aiutare i Messeni
(Μεσσηνιοις)” (Isocrate)
Verbi con il Dativo cui corrisponde in italiano un
complemento indiretto
Fra quelli di uso più comune segnaliamo i seguenti verbi:
αγανακτεω +
τινι “indignarsi pei1'
λυπεομαι +
τινι “addolorarsi pef'
μαχομαι + τινι
“combattere contro”
πιστευο + τινι
“credere”, “confidare in”
καιρο + τινι “rallegrarsi
di”
χραομαι + τινι
“servirsi di”
Il verbo χραομαι significa
letteralmente “servirsi di”, “fare uso di” ed è costruito con il Dativo della
cosa (cfr. il verbo latino utor con l’Ablativo). Questo verbo, di uso
assai frequente, non pụ sempre essere reso con la locuzione “servirsi di”, ma
deve essere spesso tradotto con un’espressione specifica ricavata di volta in
volta dal sostantivo usato in Dativo. Per esempio: χραομαι
στρατευματι “disporre di
un esercito”, χσαομαι
ιχθυσι “cibarsi di pesci”, χραομαι
ευνοια “essere benevolo”,
χραομαι νομοις;
“avere (osservare) leggi”, ecc.
“i giovani si rallegrano delle lodi
(τοις
επαινοις) dei vecchi”
(Senofonte)
“i Greci avevano fiducia in coloro che
in quel tempo governavano la città (τοις
πολιτευομενοις)”
I fenomeni di fonetica sintattica e apofonia e la loro rilevanza
per le abilità di lettura del greco
In greco i principali
fenomeni di fonetica sintattica sono:
Elisione
Aferesi
Apocope
Crasi
Consonanti mobili
Il motivo per cui si verifica la maggior parte
di questi fenomeni è quello di eliminare lo iato fra la vocale finale di una
parola e la vocale iniziale della parola seguente.
La apofonia quantitativa pụ
cambiare le vocali da lunghe a brevi e viceversa entro un nome
Nei
sostantivi tipo ο ποίμήν,
ποίμένος “il pastore”; ο
δαίμων,
δαίμονος “il demone” la presenza della
vocale lunga al Nominativo singolare e della vocale breve nel resto della
flessione si spiega con il fenomeno dell’apofonia quantitativa: il Nominativo e
caratterizzato dal grado allungato (ή, ω), gli altri casi presentano
il grado normale (έ, ο).
Rilevanza della legge di Osthoff
Pụ provocare un apparente differenza di temi
all’interno di una parola:
η θρίξ,
τριχός “il capello’’ subisce la legge di
Grassmann: il tema del sostantivo θριχ- subisce la
deaspirazione della prima consonante (θ > τ) in tutti i casi, ad eccezione
del Nominativo e Vocativo singolare e del Dativo plurale, dove χ + ς
> ξ .Di qui la declinazione:
Sing. N/V θριξ, G
τριχός, D τριχι, A
τριχα
Plur. N/V τριχες,
G τριχών, D θριξι, A
τριχας
Consonanti in fine di parola
Le uniche consonanti ammesse in
fine di parola sono ν, p e σ (quindi anche ξ e ψ). Tutte le
altre consonanti in fine di parola vengono eliminate:
*σωματ >
σώμα “corpo’’ (Genitivo
σώματος)
*γαλακτ >
γάλα “latte’’ (Genitivo
γάλακτος) • in posizione finale la
nasale labiale indeuropea -*rn (continuata da -m in latino) diventa sempre
-ν.
Le uniche eccezioni sono costituite dall’avverbio negativo
ουκ / ουχ “non’’ e dalla preposizione
έκ “da’’.
Iato
Due vocali forti/aspre che non formano dittongo si incontrano nella
parola o una alla fine di una parola, l’altra all’inizio della successiva. La
contrazione rimedia allo iato che si ha all’interno della parola
Crasi, contrazione, elisione (Vanacore espress. su elisione) sono sempre legate allo iato, cioè all’incontro di
due vocali forti, ma Vanacore sbaglia sulla elisione: anche preposizioni che terminano per
“ι” sono interessate dall’elisione, mentre se fosse vero che anche
l’elisione è legata allo iato, nei casi in cui c’è una aspra e una dolce non ci
dovrebbero essere fenomeni di contrazione/crasi/elisione.. Cmq, come si vedrà,
anche l’elisione è più frequente con iato e meno frequente senza iato. Per cui
è più giusto dire con Agazzi, che il motivo della maggior parte di
questi fenomeni è eliminare lo iato.
Lo iato è segnalato (non sempre) dalla dieresi (due puntini sopra la
lettera).
Dieresi
Lo iato è segnalato (non sempre) dalla dieresi (due puntini sopra la seconda
vocale).
(Neri) La dieresi si mette sempre sulla seconda vocale, che è sempre
dolce.
(Neri) In principio di parola di solito la dieresi manca e viene
rivelata di solito dal fatto che lo spirito è sulla prima vocale e l’accento
sulla seconda.
Contrazione
La contrazione è la semplificazione che avviene all’interno di una parola, mentre la crasi si ha tra due parole.
La contrazione è legata allo iato: si incontrano sempre vocali aspre (forti). Se invece c’è una aspra e una dolce, allora è dittongo,
e non c’è contrazione
Attenzione: come si pụ vedere dalla 1a decl. contratta, essendo la
α incerta tra anteriori e centrali, l'esito della combinazione con una
anteriore come la ε è incerto, e viene indicato volta per volta dai
manuali.
Vocale + vocale
Suono uguale
aspra + aspra à lunga corrispondente
α + α à α lunga
ε + η à η
η + ε à η
η + η à η
ι + ι à ι lunga
ο + ω à ω
ω + ο à ω
ω + ω à ω
Casi particolari:
ε + ε à ει
ο + ο à ου
tenere presente che ει = η, ου = ω quindi la regola è in
certo modo rispettata.
Suono diverso
Se una delle due è una ο à ω invariabilmente
Eccezione per la ε:
ο + ε / ε + ο à ου
tenere presente che ου = ω, quindi la
regola è in certo modo rispettata.
Se non c’è una vocale dal suono scuro (es.
suono medio α + suono chiaro ε) à vocale che precede, nella forma lunga.
Si tratta in realtà di un caso di
assimilazione regressiva.
Eccezione: se la prima vocale è preceduta
a sua volta da ε, ι, υ, la contrazione avviene con questa:
questo caso:
ε + α > a
ένδεέα > ένδεά
“manchevole”
ύγιέα >
ύγιά “sano”
εύφυέα >
εύφυά “ben formato”
Vocale + dittongo
η con puntino sotto è dittongo (ηι), come
pure ω con puntino sotto (ωι), per cui nn ci si deve sorprendere
di leggere regole del tipo: η + η à η e ω + ω à ω
Non ci pụ essere contrazione dittongo + vocale perché nn ci sarebbero
2 aspre
Non ci pụ essere contrazione dittongo + dittongo perché nn ci
sarebbero 2 aspre
Suono uguale
aspra + dittongo à ∅
+ dittongo
La differenza rispetto alla contrazione vocale-vocale è
che qui non ci sono allungamenti della vocale che resta: il dittongo rimane
invariato.
Suono diverso
aspra + dittongo à Si seguono regole di vocale
+ vocale
Il secondo elemento del dittongo, se è ι sottoscritto, rimane
inalterato, se è ι ascritto, si sottoscrive, se è υ scompare.
Fanno eccezione:
ο + ευ à ου
ε + ου à ου
ε + οι à οι
ο + ει à οι (ου)
ο + η. à οι
ω + ου à ω: (cioè
ω’ι)
casi non ricompresi, quelli in cui le vocali sono eguali:
ε + ει
ο + οι
A parte l’ultimo, sono casi in cui: ci sono ε/η
ed ο; il risultato è ο seguito dalla vocale diversa da
ε/η/ο (υ oppure ι).
Nota che l’eccezione consiste nel fatto che ι nn
diventa puntino oppure υ non sparisce.
Riepilogo vocale + dittongo
ο2 ßà α2 ι = ω.
ο2 ßà α2 υ = ω
ο2 ßà ε2 ι = ω.
ε + οι à οι
ο + ει à οι (ου)
ο + η. à οι
Se c’è ο (breve e non
lunga) l’esito non è in ω ma in ο e la ι non diventa puntino (è scritta
normalmente)
ο2 ßà ε2 υ = ω
ο + ευ à ου
ε + ου à ου
Se c’è ο (breve e non lunga) ed ε breve l’esito
non è in ω ma ο e la υ si mantiene
α2 ßà ε2 ι = α./η.
α2 ßà ε2 υ = α/η
ο2 ßà ο2 υ = ω
ο + ο = ου
ω + ου à ω: (cioè
ω’ι)
Se ci sono due ο (brevi e non lunghe) l’esito non è in ω e la υ si
mantiene
ο2 ßà ο2 ι = ω.
α2 ßà α2 υ = α
α2 ßà α2 ι = α.
ε2 ßà ε2 υ = η
ε2 ßà ε2 ι = η.
ε + ε = ει
Se ci sono due ε brevi la ε non diventa lunga e
la ι non diventa puntino (è scritta normalmente)
In sintesi, se ε,ο nelle loro combinazioni
(ε+ο, ο+ο, ε+ε etc) non sono lunghe l’esito non è
η/ω ma ε/ο con ι scritto normalmente e la υ si
mantiene
Esempi
*μνα-α à μνα
*επιθυμε-ητε à επιθυμητε
*χρη-εσπαι à χρησπαι
*δι-ιος à διος
*πληρο-ω à πληρο
*τρε-εs à τρεις desinenza
mutilata
*νο-ος
à νους desinenza
mutilata
*γελα-ομεν à γελωμεν
*δρα-ο à δρω desinenza mutilata
*ηρο-α à ηρω desinenza mutilata
*φιλε-ο à φιλω desinenza mutilata
*κακο-ητε à κακωτη
*γενε-ος à γενονς
*μισθο-ετε à μισθουτε
*ετολμα-ετε à ετολματε
*τιμα-ητε à τιματε
*βελε-α à βελη desinenza
mutilata
(vocale + dittongo)
*μνα-αι à μναι
*φιλε-ει à φιλει
*δηλο-ουσι à δηλουσι
*πλο-οι à πλοι
*νο-ω à νω
*τιμα-εις à τιμᾳς desinenza mutilata
*μελετα-οιμι à μελετῳμι
*νικα-ου à νικω desinenza
mutilata
*τιμα-ης à τιμας desinenza
mutilata
*λεγε-αι à λεγῃ desinenza mutilata
*φερη-αι
à φερῃ desinenza mutilata
Casi che non quadrano con le regole
ο ανηρ à ανηρ (Agazzi 21)
το ετερον à θατερον (ib.)
ο+ε dovrebbe dare ου, come
si trova nello ionico τουτερον. L’eccezione è sorta per analogia con il neutro plurale
τα ετερα à
θατερα, che costituisce la forma più ricorrente
del paradigma. Da notare che è normale nell'attico la scrittura senza corońde
delle forme in crasi di ετερος
(θατερον,
θατερα, ecc.).
το αυτο à ταυτο (ib.)
Le
regole della contrazione darebbero τουτο, come nello
ionico erodoteo.
τω αυτω à ταυτω (ib.)
Immagino si possa ripetere il rilievo del caso precedente.
ο ανθρωπος à ανθρωπος (ib.)
Crasi
La crasi è simile alla contrazione, solo che
avviene tra due parole contigue. Le due vocali si fondono in una vocale (lunga)
o in un dittongo.
Avviene normalmente secondo le forme della
contrazione.
Eccezioni
▸ Quando,
per effetto della crasi, una muta viene a trovarsi davanti a spirito aspro,
essa si cambia nell’aspirata corrispondente (π, β > φ;
κ, γ > χ; τ, δ > θ), mentre lo spirito
aspro viene sostituito dalla coronide.
τά όπλα > θωπλα,
«le armi»
▸ Quando
la prima parola finisce con ι, questo scompare.
καί έν >
καν, «e in»
▸
Se invece ι è il secondo elemento del dittongo iniziale della seconda
parola, esso si sottoscrive.
Non è una eccezione
έγώ
οίδα > έγω.δα, «io so»
▸ Esempi
dai libri di testo:
ο
αυτος à αυτος
ο ανηρ à ανηρ
και
εμον à καμον
ει αν à εαν
▸ Spesso, in luogo della contrazione, si ha la scomparsa della vocale
o del dittongo finale della prima parola davanti al dittongo della seconda. Cị
avviene particolarmente con la congiunzione και
La crasi non avviene tra tutte le parole, ma
solo tra quelle che costituiscono dei gruppi compatti di significato (Vanacore:
“strettamente unite per senso”), tra cui:
Articolo + sostantivo:
ο αυτος à αυτος “il medesimo”
ο ανηρ à ανηρ “l’uomo”
τα αγαθα à ταγαθα “i beni”
Pronome relativo (che,
chi, il quale, a cui, di cui, del quale, al q
Nelle forme neutre ο, α
α ορε à αωρε “i quali
monti”
Pronome personale εγο (“io”)
εγω οιδα à εγωδα “io so”
Congiunzioni και (“e”, “anche”)
και εμον à καμον “e di me”
Interiezione ο (“o”)
ω αδελφη à ωδελφη “o sorella”
Proposizione προ (“davanti, prima”), nei verbi composti
con essa
προ-εβαλλον à προυβαλλον (“gettavo
innanzi”)
Particelle
ει (“se”), η (“certamente” assev.), μη (“non”,
“affinché non”), τοι (“certamente”, enclitica),
μεντοι (“in verità”, assev. sempre posposta):
ει αν à εαν (“se”)
Anche con queste parole, comunque, la crasi non è fenomeno
generalizzato in tutte le fasi storiche del greco, né in tutti gli autori (è, ad esempio, normale trovare
la grafia ο
ανρωπος in luogo di ανρωπος (α aspra)).
La coronide (sempre inizio parola) rivela una crasi. E' simile allo spirito dolce, ma si trova non ad
inizio parola ma all'interno della parola.
La crasi è segnalata dalla coronide (simile
allo spirito dolce: ᾿). Essa occupa, rispetto all’accento, la stessa posizione dello spirito
(sopra la minuscola e a sinistra della maiuscola).
Poiché uno spirito dolce pụ trovarsi soltanto in inizio
di parola, non è possibile confonderlo con la coronide: καὶ ἐγώ à κἀγώ («anch'io»).
Coronide
La coronide (sempre inizio parola) rivela una crasi. E' simile allo spirito dolce, ma si trova non ad
inizio parola ma all'interno della parola.
La crasi è segnalata dalla coronide (simile
allo spirito dolce: ᾿). Essa occupa, rispetto all’accento, la stessa posizione dello spirito
(sopra la minuscola e a sinistra della maiuscola).
Poiché uno spirito dolce pụ trovarsi soltanto in inizio
di parola, non è possibile confonderlo con la coronide: καὶ ἐγώ à κἀγώ («anch'io»).
Elisione
La vocale breve (α, ε, ι, ο, escl. υ) di una parola cade di fronte a vocale iniziale di parola che segue.
L’elisione, essendo un fenomeno principalmente legato allo iato,
avviene soprattutto con vocali aspre ε, ο, α iniziali, meno
spesso con ι, υ iniziale. Non avviene mai con υ finale. Vanacore parla espressamente di iato: “l’elisione, come
la crasi, serve ad evitare lo iato tra due parole continue”.
Si elide soprattutto la vocale finale di preposizioni
bisillabiche, di congiunzioni e di avverbi.
Se la vocale della parola che segue è aspra, l'ultima e penultima (se c'è) consonante della parola elisa subisce
allungamento.
νυκτα ολην à
νυχθ'ολην
Nelle parole composte con preposizione ha luogo una elisione interna, con la preposizione che perde
la vocale finale (tranne περι e αμϕι), senza l’apostrofo.
Non avviene:
con υ finale
con α, ο finali in monosillabi
con la ι di περι, αχρι (“fino a”), μεχρι (“fino a”), οτι (“che, perché”),
τι (“che cosa?”)
e della desinenza σι della 3a declin.
“Molto rara in prosa, in poesia
si elidono spesso αι e οι”
Casi di elisione
al difuori di iato
επι αγγελλω à επαγγελλω (“l’annuncio”) (la ι non è una aspra: l’elisione dovrebbe
riguardare soprattutto i casi di iato)
Aferesi
E’ il
contrario dell’elisione, ed è meno comune: la caduta
di una vocale breve iniziale dopo una parola terminante per vocale, soprattutto
vocale lunga o dittongo. Anch’essa è segnalata dall’apostrofo.
Apocope o Troncamento
[Vanacore] In attico avviene raramente e solo
in poesia.
Caduta di vocale finale breve davanti a parola
che comincia per consonante. Frequente in poesia e riguarda soprattutto le
preposizioni ανα (αν), κατα
(κατ), παρα (παρ)
L’apocope della preposizione avviene anche in
composizione (καtαθανειν
à
καtθανειν “morire”)
Differenze tra Crasi, Elisione, Aferesi
Aferesi: meno comune di Elisione
Aferesi: la voc. breve è (in inizio) 2a parola; Elisione: La vocale
breve è in (fine) 1a parola
Aferesi: la 1a parola deve terminare in vocale lunga o dittongo;
Elisione: nn è detto niente.
Apocope:
Passaggio da ᾱ ad η nel
dialetto ionico-attico
In una fase (non
documentata) in cui ionico e attico erano uniti c’è stato passaggio ᾱ à η; in tutti gli
altri dialetti, invece, ᾱ rimane immutato. In ionico riguarda tutti gli ᾱ; in attico sono esclusi gli α preceduti da
ε,
ι, ρ (α
impuro). L’ᾱ puro (cioè preceduto da ε, ι, ρ) fa ś che il suono /æ/ risultante da /ᾱ/ torni al timbro originale, rappresentato da ᾱ, mentre l’ᾱ impuro (cioè in tutti i casi in
cui non è preceduto da ε, ι, ρ) completa la sua chiusura in η.
Allungamento di compenso
L’allungamento di compenso è rilevante per
l’apprendimento dell’abilità di lettura, perché la eliminazione di gruppi
consonantici mal tollerati altera il tema di uno dei casi (normalmente
nominativo) o della persona di una forma verbale, sia per la eliminazione che
per l’allungamento di compenso della vocale che pụ essere espresso non con la
vocale lunga ma con dittongo:
*γίγαντς >
γίγας “gigante’’
*εψανσα >
εψανα “mostrai’’
*εμενσα >
εμείνα “rimasi’’
*λεοντσί >
λεουσί(ν) “ai leoni’’
*εκρΐνσα >
εκρϊνα “giudicai’’
*ημυνσα >
ημυνα “allontanai’’
Il greco riduce notevolmente i gruppi
consonantici all’interno delle parole. I nessi mal tollerati portano spesso alla soppressione
di una o più consonanti. Una vocale breve nel corpo della parola è allora
soggetta a un allungamento di compenso.
[Agazzi 25] La vocale (meglio sarebbe dire “sillaba”), che prima era lunga per
posizione, conserva la quantità diventando lunga per natura. Cioè la vocale breve nel corpo di parola ha
un allungamento (o prolungamento) di compenso della perdita della quantità
lunga della vocale causata dalla semplificazione del gruppo consonantico.
L’allungamento di compenso avviene quando:
σ precede liquida (ρ, λ) /
nasale (μ, ν) σ rimane
σ segue liquida / nasale (μ, ν) σ rimane
σ segue nasale + dentale (ντ,
νδ, νθ) σ sparisce
Cioè nei seguenti casi: σρ,
ρλ, σμ, σν, ντσ,
νδσ, νθσ
caduta di j nei gruppi νj,
ρj preceduti da ε, ι, υ (σπερjο à
σπειρο).
caduta del digamma Ϝ nei gruppi νϜ, ρϜ, λϜ (solo dial. ionico)
L’allungamento di compenso avviene in qualche
caso con modalità particolari:
ᾰ à ᾱ / η
γιγαντς à γιγας “gigante”
εφανσα à εφανα (ion. att. εφηνα)
“mostrai”
ε à εi
εμενσα à εμεισα “rimasi”
ο à ου
λεοντσι à λεουσι “ai leoni”
ι à ιln
εχρινσα
à
εχρινα “giudicai”
υbr à υln
ημυνσα
à ημυσα
“allontanai”
Allungamento organico
Una vocale breve puo allungarsi
nel corso della flessione, soprattutto nelle formazioni sigmatiche (futuro e
aoristo) dei verbi in vocale. L’allungamento organico delle vocali avviene nel
modo seguente:
ά > η / a (se preceduto da ε /ι/ρ)
ε >
η
ο >
ω
ϊ > ι
υ >
υ
Abbreviamento di vocale e legge di Osthoff
L’abbreviamento di vocale e la legge di Osthoff non sono
rilevanti per la lettura, perché il timbro vocalico rimane lo stesso (es.
ε à η) senza altri mutamenti nella parola. E la parola
originaria è ricostruita, non compare nel greco. Al massimo il lettore noterà
che da una persona all’altra di un tempo verbale o da un caso all’altro di un
nome le vocali lunghe possono cambiare in vocali brevi.
Una vocale lunga si abbrevia
nelle seguenti condizioni:
▸ spesso davanti ad altra vocale:
βασιληες > βασιλεες (att. βασιλείς) “i re’’
βασιληων > βασιλέων “dei re’’
▸ nei casi previsti dalla legge
di Osthoff, vale a dire:
▸ quando e seguita da ι
o da υ + consonante:
*Ζηυς
> Ζευς “Zeus’’
*βασιληυς (< * βασιληες) > βασιλεύς “re’’
▸ quando è seguita da liquida (λ, p) o nasale (μ,
ν) + altra consonante:
*γνωντες
> γνοντες (participio aoristo da γιγνώσκω
“conosco’’)
*φανηντες
> φανεντες (participio aoristo passivo da φαινω
“mostro’’)
Metatesi quantitativa
La metatesi quantitativa cambia la vocale senza cambiarne il
timbro. Quindi non è rilevante per la lettura.
Si definisce metatesi15 quantitativa lo
scambio di quantita che si verifica nella successione di due vocali: la sequenza — ◡ diventa ◡ —. I gruppi vocalici soggetti in ionico-attico alla
metatesi quantitativa sono:
ηα >
εα
βασιληά
>
βασιλεα “il re’’
ηο >
εω
βασιληος
> βασιλεως
“del re’’
Protesi vocalica
La protesi vocalica non interessa per la lettura: la
parola prima della trasformazione non compare nel greco.
Per motivi eufonici il greco pone spesso
all’inizio di una parola che comincia per consonante una vocale non etimologica, che non ha
cioe riscontro nella comparazione con le altre lingue indeuropee. L’aggiunta di
una vocale (per lo più ε, ma anche a, o) all’inizio di parola si chiama protesi. La protesi vocalica si
sviluppa:
▸ sempre con parola cominciante per ρ:
ερυθρός
“rosso’’ (lat. ruber) αριθμός
“numero’’ (lat. ritus)
▸ non
costantemente con parole comincianti per λ, μ, ν:
ελεύθερος
“libero’’ (lat. liber) εμε
/ με “me’’ (lat. me) ονόμα
“nome’’ (lat. nomen)
▸ sporadicamente
con le altre consonanti:
οδών “dente’’
Paragoge
o Consonanti mobili
[Vanacore
67]
Per
eliminare lo iato fra due parole il greco pụ aggiungere alla vocale finale
della prima parola alcune consonanti (ν, κ, χ, ς).
▸ Il ν (detto efelcistico pụ seguire solo
ε, υ e si aggiunge nei seguenti casi:
-
dat. plur. in -σι della terza declinazione
-
forme verbali in -σι (3a persona sing. e plur.)
-
3a pers. sing. in -ε
-
3a pers. sing. eστι(ν) “è”
-
suffisso di moto a luogo -θε
-
alcune forme isolate come: εικοσι(ν) “venti”
Il
ν efelcistico viene usato anche davanti a segno di interpunzione e,
talvolta, anche davanti a consonante.
▸ κ e χ si aggiungono soltanto all’avverbio
negativo ου il quale pụ assumere tre forme diverse:
- ου davanti a consonante: ου
πολλοι “non molti”
- ουκ davanti a vocale con spirito
dolce: ουκ αγαμαι “non ammiro”
- ουχ davanti a vocale con spirito
aspro: ουκ αιρεο “non prendo”;
▸ ς si aggiunge:
-
alla preposizione εκ, che assume la forma ες davanti a
parola che comincia per vocale: ες αρχης “da
principio”;
-
a ουτω “coś”, che diviene ουτως
davanti a vocale: ουτος εστι “coś
è”;
-
a μεχρι “fino a” e ad αχρι “fino
a”, che divengono davanti a vocale rispettivamente
μεχρις e
αχρις
Incontri consonantici
Quando due consonanti si
incontrano nella medesima parola, possono verificarsi:
▸ assimilazione
▸ epentesi
▸ dissimilazione
▸ caduta di consonante
▸ assibilazicme
Assimilazione
Le regole di assimilazione non ci interessano: le parole prima
della assimilazione sono parole inesistenti nel greco (contrassegnate da
asterisco).
Assimilazione
totale: una
consonante diventa uguale all’altra (assimilazione totale; es.: v + p > pp)
Assimilazione
parziale: una
consonante diventa simile all’altra assumendone il modo o il luogo di
articolazione cioè “passano” nella stessa categoria (tenui, medie, aspirate)
della assimilante, trasformandosi nella labiale/dentale/gutturale (a seconda
della loro natura) di quella categoria.
Assimilazione
progressiva:
quando la seconda consonante diventa uguale o simile alla prima.
Assimilazione
regressiva:,
quando la prima consonante diventa uguale o simile alla seconda.
In greco vi
sono prevalentemente assimilazioni regressive.
Analizziamo i diversi casi.
Assimilazione di occlusive
▸Le labiali e le gutturali
davanti a dentale assumono il modo di articolazione della dentale:
- π + δ >
βδ; κ + δ > γδ
*έπ-δομος
> έβδομος “settimo’’
*οκ-δοος >
ογδοος “ottavo’’
- β + τ >
πτ; γ + τ > κτ
*τέτpιβ-ται
> τέτpιπτaι (perfetto di
τpίβω “consumo’’)
*πpaγ-τέος
> πpaκτέος (aggettivo verbale di
πpάττω “faccio’’)
- π / β + θ
> φθ; κ / γ + θ > χθ
*έλειπ-θην
> έλέίφθην (aoristo passivo di
λείπω “lascio’’)
*έπpαγ-θηv
> έπpάχθηv (aoristo passivo di
πpάττω “faccio’’)
▸le labiali e le gutturali
davanti a σ diventano sorde:
- π, β, φ + σ
> [ps] = ψ
*τpίβ-σω > τpίψω (futuro di τpίβω “consumo’’)
- κ, γ, χ + σ
> [ks] = ξ
*αγ-σω > αξω (futuro di αγω “conduco’’)
Fa eccezione la preposizione
εκ, “da” che nn si trasforma
▸le labiali davanti a μ
si assimilano alla nasale:
- π,
β, φ + μ > μμ
*λέλέίπ-μαί
> λέλέίμμαί (perfetto medio di
λέίπω “lascio’’)
▸le gutturali davanti a
μ diventano sonore:
- κ,
γ, χ + μ > γμ
*κηpυκ-μα
> κηpυγμα “bando’’, “proclama’’
Assimilazione di liquide e
nasali
λ + ν >
λλ
*ολ-νυμι
> ολλυμι “mando in rovina”
ρ + σ > pp
(resta ρσ in ionico)
ion.
άρσην att. αρρην “maschio”
ν + λ >
λλ
*έν-λέιπω
> έλλείπω “lascio”
ν + ρ >
ρρ23
*συν-ρηγνυμι
> συρρηγνυμι “spezzo” •
ν + μ > μμ:
*έν-μέτρος > έμμετρος
“proporzionato”
Spesso pero si ha
assibilazione di ν, quindi: ν + μ > σμ:
*πεφαν-μαι >
πέφασμαι.
ν davanti a labiale
> μ:
*έν-πλέκω
> έμπλέκω “intreccio”
*έν-βαλλω >
έμβάλλω “getto dentro” • ν davanti a
gutturale > γ (= n gutturale):
*συν-γιγνομαι
> συγγίγνομαι “mi
trovo insieme”
Dissimilazione
Le regole di dissimilazione non ci interessano: le parole
prima della assimilazione sono parole inesistenti nel greco
(contrassegnate da asterisco).
La dissimilazione è
l’inverso dell’assimilazione: nell’incontro di due consonanti una consonante
diventa diversa (dissimile) dall’altra.
Legge di
Grassmann
La dissimilazione si applica
in greco soltanto alle occlusive aspirate: quando due aspirate si susseguono in
due sillabe consecutive, la prima di esse perde l’aspirazione e diventa sorda. La legge, detta di Grassmann, dal filologo tedesco
Hermann Grassmann (1809-1877) che la formuḷ per primo, si applica anche quando
la prima aspirata è costituita da uno spirito aspro-, in questo caso lo spirito
aspro diventa dolce:
Pụ avvenire anche che a
differenziarsi sia la seconda consonante. In altri casila legge di Grassmann
non trova applicazione.
Assibilazione
Le regole di assibilazione sembrano in qualche esempio
trasformare parole esistenti, in altri casi, parole ricostruite
filologicamente. Per ora non saranno studiate.
L’assibilazione è un caso
particolare di dissimilazione e riguarda soltanto le occlusive dentali: le
dentali diventano σ davanti a μ o ad altra dentale:
L’assibilazione avviene
anche nel gruppo τι: φεροντι à φερονσι à φερουσι
Epentesi
Le regole di epentesi non ci interessano: le parole prima
della epentesi sono parole inesistenti nel greco (contrassegnate da asterisco).
Nei gruppi formati da nasale
+ liquida (pp, pX, vp) viene inserita spesso per motivi eufonici una consonante
non etimologica, e precisamente:
β nei gruppi
μρ/μλ
δ nel gruppo
νρ
Eliminazione o Caduta
di consonante
Le regole di caduta di consonante non ci interessano: le
parole prima della caduta di consonante sono parole inesistenti nel
greco (contrassegnate da asterisco).
Nell’incontro fra consonanti avviene spesso
che una o due consonanti cadano senza lasciare traccia o provochino
l’allungamento di compenso della vocale precedente.
L’eliminazione avviene nei seguenti casi:
▸ σ iniziale e davanti
a vocale cade, lasciando come traccia lo spirito aspro.
▸σ tra due vocali (intervocalico) scompare senza lasciare
traccia e determinando la contrazione delle due vocali diventate contigue.
▸ σ tra due consonanti
cade senza lasciare traccia.
▸ σ seguito da un
altro σ scompare senza lasciare traccia.
▸ σ dopo una liquida o
una nasale (λ, ρ, μ, v) cade con allungamento di compenso.
▸ σ davanti a μ,
ν, λ si elimina con allungamento di compenso.
▸ il gruppo νσ,
quando e alla fine di una parola, perde la nasale v con allungamento di
compenso; se, invece, si trova nei dativi plurali della terza declinazione o e
seguito da consonante, v scompare senza lasciare traccia.
▸ una dentale davanti a
σ e κ cade senza lasciare traccia.
▸ i gruppi ντ,
νδ, νθ davanti a σ si eliminano, provocando
l’allungamento di compenso.
▸ jod all’inizio di parola
e davanti ad una vocale (antevocalico) o si indebolisce e scompare, lasciando
come traccia il segno di aspirazione (spirito aspro), o si rafforza e diventa
ζ.
▸ jod in posizione
intervocalica per lo più cade senza lasciare traccia e le due vocali, diventate
contigue, subiscono la contrazione; talvolta si vocalizza trasformandosi in
ι; talvolta scompare con allungamento di compenso.
▸ F iniziale in
posizione antevocalica (che in latino sopravvive talvolta nella lettera
iniziale v) generalmente cade senza lasciare traccia.
talvolta, pero, la caduta del F
determina l’aspirazione della vocale seguente.
▸ F in posizione
intervocalica si elimina senza lasciare traccia.
▸ F intervocalico si
elimina anche nei seguenti gruppi, dopo la vocalizzazione di j e la metatesi
qualitativa tra ι e p.
▸ F davanti ad una
consonante si vocalizza in υ; dopo una consonante (che non sia τ o
σ) scompare senza lasciare traccia:
▸ il gruppo iniziale σF
cade, lasciando come traccia lo spirito aspro:
▸ nel gruppo τF
dopo l’eliminazione del F avviene anche la trasformazione in σ, se
il gruppo si trova all’inizio di una parola; la trasformazione in σσ,
se e all’interno di una parola:
Mutamenti
fonetici dovuti alla scomparsa di jod
I mutamenti fonetici dovuti alla scomparsa di jod non ci
interessano: le parole prima dei mutamenti sono parole inesistenti nel
greco (contrassegnate da asterisco).
Solo nel caso
che jod sia preceduta da consonante vi sono mutamenti. Negli altri casi jod
scompare, in alcuni casi si trasforma in ζ.
Quando jod è preceduto da
una consonante si verificano vari mutamenti fonetici. I vari casi sono:
▸ jod preceduto da
consonante muta:
▸ jod preceduto da λ:
▸ jod preceduto da ν:
▸ jod preceduto da ρ:
▸ jod preceduto da σ:
Mutamenti fonetici dovuti alla scomparsa del digamma
I mutamenti fonetici dovuti alla scomparsa del digamma
non ci interessano: le parole prima dei mutamenti sono parole
inesistenti nel greco (contrassegnate da asterisco).
Metatesi consonantica o qualitativa
La metatesi consonantica non ci interessano: le parole prima
della metatesi sono parole inesistenti nel greco (contrassegnate da asterisco).
Il fenomeno della metàtesi consonantica o
qualitativa avviene quando, per ragioni eufoniche, in una stessa parola si ha
la trasposizione di due suoni:
*τιτκω
> τικτω («io genero»)
La sincope
La sincope non ci interessa: le parole prima della
sincope sono parole inesistenti nel greco (contrassegnate da asterisco).
Il fenomeno della śncope, detto anche
aploloǵa, avviene quando, per ragioni eufoniche, all’interno di una parola
cade una sillaba:
*άμφιφορευς
> αμφορείς («anfora»)
Prima declinazione
ricorda:
Di maschile,
in tutta la declinazione maschile, c’è solo ου; per il resto è sempre
α/η
Il maschile è
differente dal femminile solo per nominativo (ας/ης anziché
α/η) e il genitivo (ου/ου anziché
ας/ης)
Il plurale è
identico per maschile e femminile
La seconda
plurale è sempre ων
Il femminile in η è
identico, per il singolare e il plurale, a quella dell’articolo femminile,
tolto il τ iniziale.
Il maschile è uguale al
femminile, tranne la ς aggiunta al nominativo e “ου” per il
genitivo.
Il vocativo singolare è
sempre la vocale del tema da sola: α, η, mentre quello plurale è
sempre αι.
|
Maschile |
|
Femminile |
|||
|
α pura |
η |
|
α pura |
η |
α pura o impura |
|
||||||
N |
ας |
ης |
|
α |
η |
α |
G |
ου |
ου |
|
ας |
ης |
ας / ης |
D |
α |
η |
|
α |
η |
α / η |
A |
αν |
ην |
|
αν |
ην |
αν |
V |
α |
η |
|
α |
η |
α |
N |
αι |
|||||
G |
ων |
|||||
D |
αις |
|||||
A |
ας |
|||||
V |
αι |
Prima declinazione contratta
Nella prima declinazione
sono compresi alcuni sostantivi maschili e femminili, la cui uscita
-άς/-ά e preceduta da un’altra vocale (α oppure ε): vi
sono, pertanto, dei temi in -άά (femminili) e in
-έάς/-έά (maschili e femminili), nei quali avviene la
contrazione tra le due vocali.
Dopo la contrazione l’uscita
dei nomi femminili e in -ά e in -η, e quella dei nomi maschili in
-ης. Questi sostantivi sono quasi tutti perisp̣meni, recano, cioe,
l’accento circonflesso sull’ultima sillaba.
|
Maschile |
|
Femminile |
||||
|
desin. orig. |
vocale che precede desinenza |
|
desin. orig. |
vocale che precede desinenza |
||
|
|
α- |
ε- |
|
|
α- |
ε- |
|
|||||||
N |
ας |
ας |
ης |
|
α |
α |
η |
G |
ου |
ου |
ου |
|
ας |
ας |
ης |
D |
α |
α |
η |
|
α |
α |
η |
A |
αν |
αν |
ην |
|
αν |
αν |
ην |
V |
α |
α |
η |
|
α |
α |
η |
N |
αι |
||||||
G |
ων |
||||||
D |
αις |
||||||
A |
ας |
||||||
V |
αι |
Seconda declinazione
|
M/F |
|
N |
N |
ος |
|
ον |
G |
ου |
|
ου |
D |
ο |
|
ο |
A |
ον |
|
ον |
V |
ε |
|
ον |
|
|
|
|
N |
οι |
|
α |
G |
ων |
|
ων |
D |
οις |
|
οις |
A |
ους |
|
α |
V |
οι |
|
α |
Seconda declinazione contratta
Alcuni sostantivi maschili e
neutri hanno la vocale del tema (ο) preceduta da un’altra vocale (ε
oppure o), per cui le due vocali, incontrandosi, subiscono la contrazione
|
M/F |
|
N |
||
|
des. orig. |
voc. pre des. |
|
des. orig. |
voc. pre des. |
|
|
o- |
|
|
ε- |
|
|||||
N |
ος |
ους |
|
ον |
ουν |
G |
ου |
ου |
|
ου |
ου |
D |
ο |
ω |
|
ο |
ω |
A |
ον |
ουν |
|
ον |
ουν |
V |
ε |
ου |
|
ον |
ουν |
|
|
|
|
|
|
N |
οι |
= |
|
α |
= |
G |
ων |
= |
|
ων |
= |
D |
οις |
= |
|
οις |
= |
A |
ους |
= |
|
α |
= |
V |
οι |
= |
|
α |
= |
Seconda declinazione attica
|
orig. |
M |
orig. |
N |
N |
ος |
ως |
ον |
ων |
G |
ου |
ω |
ου |
ω |
D |
ο |
ω |
ο |
ω |
A |
ον |
ων |
ον |
ων |
V |
ε |
ως |
ον |
ων |
|
|
|
|
|
N |
οι |
ω |
α |
ω |
G |
ων |
ων |
ων |
ων |
D |
οις |
ως |
οις |
ως |
A |
ους |
ως |
α |
ω |
V |
οι |
ω |
α |
ω |
Aggettivi della prima classe
Gli aggettivi della prima
classe hanno la medesima flessione dei sostantivi della prima declinazione
(temi in -α: aggettivi femminili) e della seconda declinazione (temi in
-ο: aggettivi maschili, femminili e neutri).
La maggior parte di questi
aggettivi hanno due temi e tre uscite.
Vi e poi un secondo gruppo,
meno numeroso, con un solo tema e due uscite.
Aggettivi a due temi (ο,
α/η) e tre uscite (m, f, n)
Di questo gruppo fanno parte
aggettivi maschili, femminili e neutri: ognuno dei tre generi ha una propria
uscita. I maschili ed i neutri hanno il tema in -o e seguono, nella flessione,
la seconda declinazione; i femminili, con il tema in -a/-η, seguono la
prima declinazione.
|
Agg. in -ος, -α, -ων |
|
Agg. in -ος, -η, -ων |
||||
|
M |
F |
N |
|
M |
F |
N |
N |
ος |
α |
ων |
|
ος |
η |
ων |
G |
ου |
ας |
ου |
|
ου |
ης |
ου |
D |
ο |
α |
ο |
|
ο |
η |
ο |
A |
ον |
αν |
ων |
|
ον |
ην |
ων |
V |
ε |
α |
ων |
|
ε |
η |
ων |
|
|
|
|
|
|
|
|
N |
οι |
αι |
α |
|
οι |
αι |
α |
G |
ων |
ων |
ων |
|
ων |
ων |
ων |
D |
οις |
αις |
οις |
|
οις |
αις |
οις |
A |
ους |
ας |
α |
|
ους |
ας |
α |
V |
οι |
αι |
α |
|
οι |
αι |
α |
Aggettivo ad un solo tema (ο) e due
uscite (ος, -ων)
|
M/F |
N |
N |
ος |
ον |
G |
ου |
ου |
D |
ω |
ω |
A |
ον |
ον |
V |
ε |
ον |
|
|
|
N |
οι |
α |
G |
ων |
ων |
D |
οις |
οις |
A |
ους |
α |
V |
οι |
α |
Aggettivo contratto a due uscite
Come i sostantivi, anche gli
aggettivi, quando la vocale del tema è preceduta da ε oppure ο,
subiscono la contrazione.
Gli aggettivi contratti
maschili e neutri seguono la flessione dei nomi contratti della seconda
declinazione, i femminili, a loro volta, quella dei nomi contratti della prima
declinazione: per questi ultimi l’uscita e in -ά dopo ρ, in -η negli
altri casi.
Questi aggettivi possono
avere tre o due uscite e sono di tre specie:
▸ aggettivi moltiplicativi terminanti in
-πλοος (tema in -οο, tre uscite):
*διπλο-ος
à διπλούς,
-η, -ούν («duplice»)
▸ aggettivi che esprimono colore o materia (tema in -εο,
tre uscite):
χρυσε-ος
à χρυσούς,
-η, -οΰν («aureo»)
αργυρε-ος
à
αργυροΰς, -α, -οΰν
(«argenteo»)
▸ aggettivi con il tema in -οο (due uscite) composti con
nomi contratti (per lo più νους, «mente»;
ρους, «corrente»; πλους,
«navigazione»):
*
απλο-ος à
απλους, -ουν («non navigabile»)
*ευνο-ος
à ευνους,
-ουν («benevolo»)
|
αργιρ-ε-ος |
αργιρ-ε-α |
αργιρ-ε-ο |
|
ευν-ο-ος à ευνους |
ευν-ο-ον à ευνουν |
|||||
|
M |
F |
N |
|
M/F |
N |
|||||
|
orig. |
|
orig |
|
orig. |
|
|
orig |
|
orig |
|
N |
ος |
ους |
α |
α |
ον |
ουν |
|
ος |
ους |
ων |
ουν |
G |
ου |
ου |
ας |
ας |
ου |
ου |
|
ου |
ου |
ου |
ου |
D |
ο |
ω |
α |
α |
ο |
ο |
|
ω |
ω |
ο |
ο |
A |
ον |
ον |
αν |
αν |
ον |
ουν |
|
ον |
ουν |
ων |
ουν |
V |
ος |
ους |
α |
α |
ον |
ουν |
|
ος |
ους |
ων |
ουν |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
N |
οι |
οι |
αι |
αι |
α |
α |
|
οι |
|
α |
|
G |
ων |
ων |
ων |
ων |
ων |
ων |
|
ων |
|
ων |
|
D |
οις |
οις |
αις |
αις |
οις |
οις |
|
οις |
|
οις |
|
A |
ους |
ους |
ας |
ας |
α |
α |
|
ους |
|
α |
|
V |
οι |
οι |
αι |
αι |
α |
α |
|
οι |
|
α |
|
Aggettivo attico
|
M/F |
N |
||
|
orig. |
|
orig. |
|
N |
ος |
ως |
ον |
ων |
G |
ου |
ω |
ου |
ω |
D |
ω |
ω |
ω |
ω |
A |
ον |
ων |
ον |
ων |
V |
ος |
ως |
ον |
ων |
|
|
|
|
|
N |
οι |
ω |
α |
α |
G |
ων |
ων |
ων |
ων |
D |
οις |
ως |
οις |
ως |
A |
ους |
ως |
α |
α |
V |
οι |
ω |
α |
α |
La terza declinazione
Tutti i temi (in consonante
e in vocale) della terza declinazione sono caratterizzati dalle medesime
desinenze. Queste desinenze, incontrandosi con i suoni finali dei vari temi,
possono dare luogo a terminazioni diverse per lo stesso caso.
Cosi, per esempio, nel
Genitivo singolare abbiamo:
έλπίδ-ος
“della speranza’’ (tema in -δ-)
βασίλέυ-ος
à βασίλέ-ως
“del re’’ (tema in -ευ-)
γενεσ-ος
à γενεος à γέν-ους “della stirpe’’ (tema in
-έσ-)
L’uscita
σι(ν) reca la ν come “ν efelcistico”, una delle
consonanti che possono trovarsi aggiunte per eufonia. Per
eliminare lo iato fra due parole il greco pụ aggiungere alla vocale finale
della prima parola alcune consonanti (ν, κ, χ, ς). Il
ν (detto efelcistico pụ seguire solo ε, υ e si aggiunge nei
seguenti casi:
-
dat. plur. in -σι della terza declinazione
-
forme verbali in -σι (3a persona sing. e plur.)
-
3a pers. sing. in -ε
-
3a pers. sing. eστι(ν) “è”
-
suffisso di moto a luogo -θε
-
alcune forme isolate come: εικοσι(ν) “venti”
Il
ν efelcistico viene usato anche davanti a segno di interpunzione e,
talvolta, anche davanti a consonante.
consonante |
muta |
gutturale |
χ, γ, κ |
labiale |
π, β, φ |
||
dentale |
τ, δ, θ |
||
sonora |
nasale |
ν |
|
liquida |
λ, ρ |
||
sibilante |
σ |
||
vocale debole |
|
|
|
dittongo |
|
|
αυ,
ηυ, ου, οι, ωυ |
Prospetto riassuntivo delle
desinenze
|
M/F |
N |
N |
-ς |
Ø |
Ø (1) |
||
G |
-ος |
-ος |
D |
-ι |
-ι |
A |
-α (dopo consonante) |
Ø |
-ν (dopo vocale) |
||
V |
Ø |
Ø |
come nominativo |
||
|
|
|
N |
-ες |
-α |
G |
-ων |
-ων |
D |
-σι(ν) |
-σι(ν) |
A |
-ας (dopo consonante) |
-α |
-(ν)ς (dopo vocale) |
||
V |
-ες |
-α |
Ø = puro tema
(1) Con allungamento di
compenso dell’ultima vocale del tema
Terza declinazione – Temi in consonante
|
gutturali |
labiali |
dentali |
liquide |
nasali |
sibilanti |
|||||||||||||||||||||||||||||
|
κ |
γ |
χ |
β |
π |
φ |
τ |
θ |
δ |
ντ |
λ |
ρ |
ν |
εσ |
ασ |
ος |
|||||||||||||||||||
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
NV puro tema terminante in
σ σ si elide sempre
tranne NV sing. che coincidono col puro tema Dopo la elisione, alle
vocali che vengono in contatto si applicano le regole della contrazione |
|||||||||||||||
|
*φυλακ-ς φυλαξ |
*φλογ-ς φλοξ |
*ονυχ-ς ονυξ |
*αραβ-ς αραψ |
*λαιλαπ-ς λαιλαψ |
|
*ιδροτ-ς ιδρος |
*εσθητ-ς εσθες |
*ελπιδ-ς ελπις |
*ελεφαντ-ς ελεφας |
αλ-ς(4) |
|
|
|
ητορ |
πατηρ παστηρ
αστηρ Δημητηρ |
ανηρ |
|
|
Σωκρατης |
*Π
ερικλεF-ες Π
ερικλ-ες |
*τριηρεσ-ς τριηρε-ς |
*βελεσ-ος βελ-ος |
*κρεασ-ος(1) κρε-ως |
*αιδοσ-ος αιδ-ους |
||||||||||
|
κ-ς à ξ |
γ-ς à ξ |
χ-ς à ξ |
β-ς à ψ |
π-ς à ψ |
φ-ς à ψ |
τ-ς à ς |
θ-ς à ς |
δ-ς à ς |
σοματàσομα |
-αντ-ς
à -ας |
-οντ à
ον |
|
τωρ |
τηρ |
ωρ/ ηρ |
αρ |
radice variabile (8) |
|
|
I maschili in εσ
sono tutti nomi propri. Apofonia quant. tra N e
gli altri casi |
L’unico femminile è
τριηρης |
apofonia quantitativa tra NAV sing.
e gli altri casi |
Pochi, usati perlopiù al
N, A sing. Alcuni hanno ampliamento
in τ (quindi doppia declinaz.) |
Solo singolari Apofonia quant. tra NAV (ω) e altri casi
(ο) |
||||||||||
|
M |
F |
M |
F |
M |
F |
N |
M |
M |
M |
M/F |
N |
|
|
M |
F |
M |
F |
N |
N |
M e F |
||||||||||||||
N |
ξ+ |
ξ+ |
ψ+ |
ψ+ |
ς+ |
ς+ |
α |
ς |
ν+ |
ς |
+ |
ρ |
πατηρ |
ανηρ |
ν+/ς |
ν+/ς |
ς |
ς |
ς |
ο-ς |
α-ς |
ω-ς |
|||||||||||||
G |
ος |
ος |
ος |
ος |
ος |
ος |
ος |
ος |
ος |
ος |
ος |
ος |
πατρος |
ανδρος |
ος |
ος |
ους |
ους |
ους |
ους |
ω-ς |
ους |
|||||||||||||
D |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
πατρι |
ανδρι |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι/α |
ι |
|||||||||||||
A |
α |
α |
α |
α |
α |
α |
α |
α |
α |
α |
α |
ρ |
πατηρα |
ανδρα |
α |
α |
η |
α |
η |
ος |
ας |
ω |
|||||||||||||
V |
ξ |
ξ |
ψ |
ψ |
ς |
ς |
α |
ας(5)
/ν |
ν |
ς |
+ |
ρ |
πατηρ |
ανερ |
ν+/ς(6) |
ν+ |
ς |
(ι)ς |
ς |
ος |
ας |
ως |
|||||||||||||
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|||||||||||||||||
N |
ες |
ες |
ες |
α |
ες |
ες |
ες |
(7) |
ες |
ανδρες |
ες |
ες |
|
|
εις |
η |
α |
|
|||||||||||||||||
G |
ων |
ων |
ων |
ων |
ων |
ων |
ων |
|
ων |
ανδρων |
ων |
ων |
|
|
ων |
ων |
ων |
|
|||||||||||||||||
D |
ξι(ν) |
ψι(ν) |
σι(ν) |
σι(ν) |
ντσιàνσι(ν) |
σι(ν) |
σι(ν) |
|
σι(ν) |
ανδρασι(ν) |
σι(ν) |
σι(ν) |
|
|
σι(ν) |
σι(ν) |
σι(ν) |
|
|||||||||||||||||
A |
ας |
ας |
ας |
α |
ας |
ας |
ας |
|
ας |
ανδρας |
ας |
ας |
|
|
εις |
η |
α |
|
|||||||||||||||||
V |
ες |
ες |
ες |
α |
ες |
ες |
ες |
|
ες |
ανδρες |
ες |
ες |
|
|
εις |
η |
α |
|
|||||||||||||||||
+ Puro tema
(1) Genitivo
(2) Comprendono solo 2
sostantivi femminili solo sing.: αιδως,
αιδους (“vergogna”) e ηως,
εους (“aurora”)
(3) Altri, invece, accanto al
tema in -ασ, hanno
anche un altro tema in -ατ e
seguono la flessione dei temi in dentale, ma con il nominativo, l’accusativo e
il vocativo singolare in -ας: το
κέρας,
κερατος (“corno”); το τέρας,
τερατος (“prodigio”).
(4) L’unico sostantivo con il
tema in -λ e «λς, che ha il nominativo singolare sigmatico e il
vocativo singolare uguale al nominativo. Il maschile singolare ο
αλς significa «sale», il femminile singolare ή
άλς ha il significato di «mare», il plurale oi
άλες significa «arguzie».
(5) Solo sostantivi ossitoni
(6) Vocativo = nominativo
tranne casi baritoni, in ς
(7) I neutri sono declinati
solo al singolare
(8)
I
sostantivi che seguono questo modello sono: ο
πατηρ (“padre”), η
παστηρ (“stomaco”), ο
αστηρ (“stella”), η
Δημητηρ (“Demetra”),
ανηρ (“uomo”)
Terza declinazione – Temi in vocale e
dittongo
|
temi in εῐ/ῐ |
temi in ῑ |
temi in ῠ |
temi in ῡ |
temi in
ευ/εF |
temi in
αυ/ου |
temi in οι(4) |
temi in ωυ(4) |
|||
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*γενεσεi-ος(1) γενεσε-ος |
|
|
|
*πηχεF-ος(1) πηχε-ως |
|
*βασιληυ-ς βασιλευ-ς |
*γραF-ος(1) γρα-ος |
*Καλυψωι Καλυψω |
*ηρωυ-ς ηρω-ς |
|
|
La maggior parte dei temi
ha alternanza -i-/-ε- della vocale finale del tema: - N,A,V in -ι- - in -ε- negli altri
casi |
πολις
ha decl. particolare |
Pochissimi. Non presentano l’apofonia
dei temi in ῐ |
Pochi. Solo sing. |
Pochissimi nomi. Temi in -ϋ hanno
alternanza tra grado zero (NAV sing.)
e grado medio (tutti gli altri casi) della vocale finale del tema
(ευ/υ) |
Pochissimi nomi. Il tema in -ῡ non ha alternanza
vocalica e conserva la υ in tutta la flessione
(ΰ nei casi diretti del singolare, ϋ in tutti gli altri). |
Molto numerosi |
Pochissimi |
Pochi |
Pochi |
|
|
M/F |
F |
M/F |
N |
M/F |
N |
M/F |
M |
M/F |
F |
M |
N |
ς |
πολι-ς |
ς |
πεπερι |
ς |
υ+ |
ς |
ς |
ς |
ω(3) |
ς |
G |
ος |
πολε-ως |
ος |
πεπερεως |
ος |
ος |
ος |
ος |
ος |
υς |
ος |
D |
ι |
πολε-ι |
ι |
|
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
ι |
A |
ν |
πολι-ν |
ν |
|
ν |
υ+ |
ν |
α |
ν |
ω(3) |
α |
V |
ι |
πολι |
ι/ις |
|
υ |
υ+ |
υ |
υ |
υ |
ι |
ς |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
N |
ις |
πολεις |
ες |
|
ις |
α |
ες |
ις |
ες |
|
ες |
G |
ων |
πολε-ων |
ων |
|
ων |
ων |
ων |
ων |
ων |
|
ων |
D |
σι(ν) |
πολε-σι(ν) |
σι(ν) |
|
σι(ν) |
σι(ν) |
σι(ν) |
σι(ν) |
σι(ν) |
|
σι(ν) |
V |
ις |
πολε-ις |
ας |
|
ις |
α |
υς |
ας |
ς |
|
ας |
A |
ις |
πολε-ις |
ες |
|
ις |
α |
ες |
ις |
ες |
|
ες |
(1) Genitivo
Terza declinazione – Sostantivi
irregolari, indeclinabili e difettivi
|
irregolari |
indeclin. |
difettivi solo nom. e accus. sing. |
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|
M/F |
N |
F |
N |
N |
M |
N |
M |
M/F |
N |
F |
M |
N |
M |
|
|
|
αρεη, αρνος “agnello” “agnella” |
γονατος “ginocchio” |
γυναικος “donna” “moglie” |
δακρυ “lacrima” |
δακρυον, δακρυου “lacrima” |
δενδρον, δενδρου “albero” |
δορυ, δορατος “trave” “lancia” |
Ζευς, Διος |
κυων, κυνος “cane” “cagna” |
ους, ωτος “orecchio” |
Πνυξ, Πυκνος “Pnice” |
πρεσβυς, πρεσβεως “vecchio” “ambasciatore” |
υδωρ, υδατος “acqua” αλειφα-ρ/τ ηρα-ρ/τ ον-αρ/ειρατ σκ-ωρ/ατος στεα-ρ/τ φρεα-ρ/τ |
υιος, υιου “figlio” |
αλφι “grano” υπαρ “visione” |
χρεων “necessità” κρι “orzo” οφελος “vantaggio” ταν “o amico/i” οσσε,
οσσοιν “i due occhi” |
N |
αρεη+ |
ς(1) |
γυνη(3) |
δακρυ(5) |
ον(6) |
ον(6) |
δορυ-ς(8) |
Ζευ-ς |
κυων+ |
ου-ς |
Πνυξ+ |
πρεσβυ-ς |
υδωρ+ |
υιω-ς(12) |
|
-ς |
G |
αρν-ος |
ος(2) |
ος(4) |
|
ου |
ου |
ος(9) |
Δι-ος |
κυν-ος |
ωτ-ος |
Πυκν-ος |
(10) |
υδατ-ος |
υιω(12) |
|
|
D |
αρν-ι |
ι(2) |
ι(4) |
|
ο |
ο |
ι(9) |
Δι-ι |
κυν-ι |
ωτ-ι |
Πυκν-ι |
(10) |
υδατ-ι |
υιω(12) |
|
|
A |
αρν-α |
α(2) |
α(4) |
δακρυ-ν(5) |
ον |
ον |
α(9) |
Δι-α |
κυν-α |
ου-ς |
Πυκν-α |
πρεσβυ-ν |
υδωρ |
υιων(12) |
|
-ν |
V |
αρεη |
υ(1) |
ξ(4) |
|
ον |
ον |
δορυ(8) |
Ζευ |
κυων+ |
ου-ς |
Πυκν+ |
πρεσβυ+ |
υδωρ |
υι-ως(12) |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
N |
αρν-ες |
ες(2) |
ες(4) |
|
ον(6) |
ον(6) |
ες(9) |
|
κυν-ες |
ωτ-α |
Πυκν-ες |
πρεσβε-ις(11) |
υδατ-α |
υιω(12) |
|
|
G |
αρν-ων |
ων(2) |
ων(4) |
|
ων |
ων |
ων(9) |
|
κυν-ων |
ωτ-ων |
Πυκν-ων |
|
υδατ-ων |
υι-ων(12) |
|
|
D |
αρνα-σι(ν) |
σι(ν)(2) |
ξι(ν)(4) |
|
οις |
οις(6)/σι(ν)(7) |
σι(ν)(9) |
|
κυ-σι(ν) |
ω-σι(ν) |
Πυκν-σι(ν) |
|
υδατ-σι(ν) |
υι-ως(12) |
|
|
A |
αρν-ας |
ας(2) |
ας(4) |
|
ον |
ον |
ας(9) |
|
κυν-ας |
ωτ-α |
Πυκν-ας |
|
υδατ-α |
υι-ως(12) |
|
|
V |
αρν-ες |
ες(2) |
ες(4) |
|
ον |
ον |
ες(9) |
|
κυν-ες |
ωτ-α |
Πυκν-ες |
|
υδατ-α |
υιω(12) |
|
|
+ Solo tema
(1) Tema in υ
(2) si usa
γονατ con tema in dentale semplice
(3) si usa
γυνη con desinenza prima decl. femm.
(4) si usa
γυναικ- con tema in gutturale
(5) in poesia, solo al
nominativo e accusativo sing.
(6) Segue la seconda
declinazione
(7) Terza declinazione
(8) si usa
δορυ con il tema in υ 3a declinazione
(9) si usa
δορατ- in dentale semplice
(10) Perlopiù sostituite dalle
forme del sinonimo della 1a decl.
πρεσβυτης
(11) Il significato cambia in
“ambasciatori”
(12) 2a declinazione attica
Gli aggettivi della seconda classe
APPENDICI
Fonologia - Approfondimento
Vocali
Durata o quantità di suono:
brevi: ε, ο.
lunghe: η, ω.
ancipiti: α, ι, υ.
Intensità o qualità del
suono:
forti (o aspre): α, ε, η, ο, ω.
deboli (o dolci): ι, υ.
Timbro o colore del suono
in:
chiare: ι, ε, η.
medie: α.
cupe: ο, ω, υ.
Grado di apertura della
bocca:
aperte: α.
medie: ε, η, ο, ω.
chiuse: ι, υ.
Zona di articolazione
Guarda il
triangolo vocalico!
Si distinguono in vocali
anteriori, medie, posteriori
[Wikiversity] Zona del
palato in cui vengono articolate:
anteriori: ι, υ, ε, η.
medie: α.
posteriori: ο, ω.
[Appunti] Qualità (parte
della bocca interessata alla pronuncia)
Si distinguono in vocali
palatali, centrali, velari, labiali, dentali, gutturali, nasali
Palatali: ι, ε, η
Centrali o Medie: α
Velari: ω,
ο, υ
Labiali: π, β, φ
Dentali: τ, δ, θ
Gutturali: κ, γ, χ
Nasali: γ, μ, ν
[Simona Cascioli] Luogo di
articolazione
Velari
Palatali
Prepalatali
Alveolari
Dentali
labiodentali
bilabiali
[Simona Cascioli] In base a
triangolo vocalico italiano
Anteriori: ι, ε, η
Centrali: α
Posteriori: ο, ω, υ
Altre classificazioni:
Liquide: λ, ρ
Sibilanti: σ
Semivocali: j, Ϝ
Occlusive o Momentanee: β, γ, δ, θ, κ, π, τ, φ, χ
Continue o fricative:
Costrittive o spiranti o
sibilanti: σ
Nasali: μ, ν
Liquide: λ, ρ
Vibranti
Laterali
Affricate
Le consonanti
continue sono sempre sonore
Occlusive vs
Continue
Occlusive (Momentanee): β, γ, δ, θ, κ, π,τ, φ, χ
Continue: μ, ν, λ, ρ, σ
Nasali: μ, ν
Liquide: λ, ρ
Sibilanti: σ
γ nasale: γ + γ, κ, χ, ξ suona
"n"
Sonore (le
corde vocali vibrano): β, δ, γ, μ, ν, γ nasale, λ, ρ, ζ, j, Ϝ, tutte le vocali
Le doppie (ξ, ψ, ζ) non sono considerate tra le sonore
Sorde:
Sorde: π, τ, κ,
Sorde aspirate: φ, θ, χ
Sibilanti
(Spiranti): σ/ς
Apertura
aperte: α
semiaperte: η, ω
semichiuse: ε, ο
chiuse: ι, υ
Luogo di articolazione:
Labiali: π, β, φ
Dentali: δ, τ, θ
Gutturali: κ, γ, χ