I MERCATI |
Consumatore, impresa, industria,
mercati
Il mercato concorrenziale perfetto
L’equilibrio della singola
impresa concorrenziale
La curva di offerta di breve
periodo della singola impresa e dell’intero mercato concorrenziale
La elasticità della domanda
rispetto al prezzo
La elasticità dell’offerta
rispetto al prezzo
L’impresa concorrenziale marginale
Le curve di costo di lungo
periodo dell’industria concorrenziale
Consumatore, impresa, industria, mercati
Per
consumatore, o, come frequentemente si dice famiglia, si intende la più piccola
unità decisionale per quel che riguarda il consumo.
Un
consumatore decide quanto e cosa acquistare in relazione a un dato prezzo e
reddito.
La
famiglia è anche definita come la proprietaria di fattori di produzione e di
risparmio, che cede alle imprese, ma questo lato del suo comportamento per il
momento non ci interessa.
Anche
un gruppo molto ampio che tenga un comportamente coerente e unificato può
definirsi “famiglia”, come pure una unica persona le cui scelte siano fatte
individualmente.
Per
impresa o imprenditore si intende la più piccola unità decisionale per quel che
riguarda la produzione.
Una
impresa decide cosa produrre, in quale quantità e utilizzando quale
combinazione di fattori.
In
economia, il mercato è il complesso delle contrattazioni, ossia l’insieme delle
quantità domandate dagli acquirenti e delle quantità offerte dai venditori,
indipendentemente dalluogo in cui tali contrattazioni si svolgono.
Esistono
mercati locali, nazionali, internazionali, globali (mondiali). In questi ultimi
anni si è assistito ad una progressiva globalizzazione dei mercati: è possibile
produrre e vendere in punti diversi situati in una qualsiasi parte della Terra.
La globalizzazione riguarda anche i mercati dei fattori: lavoro, capitali e
materie prime possono essere reperiti ovunque.
Per
industria si intende l'insieme delle imprese che producono e vendono un medesimo
bene nello stesso mercato. Avremo così l'industria tessile, conserviera, dei
motocicli, ecc., ciascuna formata da un certo numero di imprese.
Di
fronte alle imprese vi è la massa dei consumatori o famiglie. Le loro
contrattazioni costituiscono il mercato.
Secondo
i neoclassici il sistema economico è formato da un'insieme di mercati, e i
fattori di produzione (imprenditori, lavoro, capitali, materie prime), a meno
che non esistano monopoli, possono spostarsi liberamente da un mercato
all'altro attratti dai profitti più elevati.
Il mercato concorrenziale perfetto
Il
mercato concorrenziale perfetto ha i seguenti caratteri:
(1) La
quantità che ciascun singolo venditore o compratore può vendere o acquistare è
piccola rispetto alle dimensioni globali delle contrattazioni.
(2) Il
bene prodotto da ciascuna impresa è, per il consumatore, identico a quello
prodotto dalle altre, quindi questi non ha preferenze verso l'uno o l'altro
produttore legate alla qualità del prodotto, ma si orienta esclusivamente in
base al prezzo.
(3) Il
mercato è trasparente: ciascun produttore e ciascun consumatore conoscono in
ogni momento il prezzo praticato dagli altri imprenditori.
(4) Vi
è completa libertà di ingresso di nuove imprese.
(5) Il
mercato è puntiforme: non esistono costi di trasporto né per i produttori, né
per i consumatori, e quindi neanche motivi di preferenza legati alla ubicazione
della impresa rispetto al consumatore.
Come
conseguenza di questi caratteri si ha che:
(1) Il
prezzo è unico (per i caratteri n 2 e n 3).
(2) Il
prezzo è un dato di fatto sia per l'impresa che per la famiglia (per il
carattere n 1).
Date
le piccole dimensioni, anche i prezzi dei fattori sono un dato non
influenzabile dalla impresa concorrenziale.
L’impresa
del mercato concorrenziale perfetto si dicono “price taker” perché non può
influire sui prezzi dei prodotti che vende e dei fattori che acquista.
Imprese
come le grandi imprese monopolistiche o oligopolistiche, che riescono ad
influenzare i prezzi aumentando o diminuendo la quantità prodotta si dicono
invece “price-maker”.
(3) Il
prezzo tende a scendere e a mantenersi al livello dei costi medi degli
imprenditori. Questo è conseguenza del il carattere n° 4: infatti, se il prezzo
salisse al disopra del costo medio, ciò provocherebbe l'ingresso di nuove
imprese, ed il conseguente aumento di offerta lo farebbe scendere nuovamente al
livello del costo medio.
Lo
studente si chiederà quale convenienza hanno le imprese concorrenziali a
continuare la produzione, visto che sono destinate a non avere margini di
profitto.
Per
capire come le imprese concorrenziali possano trovare conveniente produrre
senza profitti occorre tenere presente che quando l'economista dice che
l'imprenditore "copre i costi totali con i ricavi totali" fra i
"costi totali" include non solo il costo dei fattori che
l'imprenditore si procura all'esterno dell'impresa, ma anche il costo o valore
del lavoro dell'imprenditore stesso, vale a dire la retribuzione che egli
otterrebbe se rinunciasse alla attività in proprio e si facesse assumere come
dirigente in una impresa di proprietà altrui.
Ecco
perché un imprenditore che copre anche un simile "costo" con i ricavi
non trova nessun incentivo ad abbandonare l'attività produttiva per andare a
lavorare presso altri, visto che comunque, detratte le spese dei fattori, già
guadagna la stessa somma che guadagnerebbe presso terzi.
L’equilibrio della singola impresa concorrenziale
Nella
figura 0603061009 riportiamo in ordinata quantità monetarie (CMA, CME, RMA,
RME, p) e in ascissa quantità fisiche di prodotto (PT).
Le
curve però non sono 5 come ci si potrebbe aspettare dal numero delle grandezze
in ordinata, bensì 3, perché, nel caso di una singola impresa concorrenziale il
prezzo p coincide col ricavo medio RME e con il ricavo marginale RMA. Da questo
punto in poi parleremo quindi indifferentemente di prezzo, ricavo marginale o
ricavo medio, con la tacita intesa che quanto diremo per l'andamento di una
grandezza vale anche per le altre due.
Il
prezzo per l'imprenditore è un dato, e viene quindi raffigurato da una retta
parallela all'asse delle ascisse. Ci vuol dire che in teoria egli potrebbe
raddoppiare triplicare etc. la produzione senza che il prezzo cambi.
La
curva di costo medio ha una tipica forma a scodella, dovuta al fatto che nel
breve periodo, per aumentare la produzione non vi è altra via che aumentare il
solo fattore variabile, producendo a costi sempre più alti per la impossibilità
di aumentare anche la dotazione di fattori fissi (tipicamente, i macchinari),
che così risultano supersfruttati e quindi sempre meno efficienti.
Anche
la curva di costo marginale ha una forma a scodella. Il suo braccio discendente
si trova al disotto della curva di costo medio; il suo braccio ascendente si
trova al disopra della curva di costo medio; le due curve si intersecano nel
punto di minimo della CME.
Dal grafico dell’impresa concorrenziale
Nella figura 0606102022
è stata introdotta anche la curva dei costi medi variabili. Nel grafico è
facile individuare le aree dei costi, ricavi e profitti totali.
L’area dei ricavi totali corrispondenti ad
una produzione OF è pari a OFEG
L’area dei profitti totali è pari a BFEC
L’area dei costi totali è pari a OBCG
L’area dei costi totali variabili è pari a
OADG
L’area dei costi totali fissi è pari a ABCD
Chiediamoci
ora a quale livello l'imprenditore fisser la produzione per massimizzare i
profitti totali (PRT)?
A
questo scopo, consideriamo il punto di intersezione tra p e la curva CMA dei
costi marginali. Il livello di produzione corrispondente a questo punto dà
all'imprenditore il massimo profitto.
Per
rendersene conto basta confrontare, per ogni unità in più che si va a produrre,
il flusso di ricavi (marginali) che entra nelle casse dell'impresa sotto forma
di prezzo (p = RMA) ricavato dalla vendita di tale unità, e il flusso di spesa
aggiuntiva o costo marginale (CMA) che esce dalle casse dell'impresa che si deve
accollare i costi della quantità di fattori necessaria per produrre tale unità.
Si
tenga conto che l'obiettivo dell'imprenditore la massimizzazione dei profitti
totali PRT.
Si
vede chiaramente che a sinistra del punto di intersezione della CMA con la RMA
il ricavo marginale o prezzo p è al di sopra del costo marginale CMA.
All'imprenditore conviene pertanto produrre tutte le unità fino al livello di
produzione segnato dalla intersezione: se non lo facesse, rinuncerebbe a
produrre delle unità che gli fornirebbero una differenza positiva tra ricavi e
costi e quindi a un aumento dei profitti totali.
Se
invece l'imprenditore, che si trovasse già al livello di produzione di
equilibrio, decidesse di aumentare la produzione, poiché oltre tale livello i
costi marginali CMA sono sempre superiori al prezzo, o ricavo marginale RMA,
egli otterrebbe una entrata p inferiore alla uscita CMA ed i suoi profitti
totali PRT diminuirebbero.
La curva di offerta di breve periodo della singola impresa e
dell’intero mercato concorrenziale
Individuando
per ciascun livello di prezzo il punto di equilibrio, otteniamo finalmente la
curva di offerta dell'imprenditore che ci dice quanto egli è disposto ad
offrire ad ogni livello di prezzo.
Come
si può facilmente rendersi conto, questa curva coincide perciò esattamente col
tratto ascendente della curva di costo marginale CMA.
La elasticità della domanda rispetto al prezzo
Per
elasticità finita della domanda rispetto al prezzo nell’arco PQ si intende il
rapporto tra la variazione percentuale della domanda e la variazione
percentuale del prezzo, espresso dalla formula seguente:
che
si riferisce al grafico della curva di domanda del consumatore (fig.
0603061010):
per
elasticità puntuale della domanda rispetto al prezzo nel punto P si intende il
rapporto:
che
si legge: “limite, per Δp che tende a zero, della espressione racchiusa
tra i segni di valore assoluto”.
A
fini pratici e di immediata visualizzazione, possiamo definire la elasticità
puntuale come il medesimo rapporto:
calcolato
però in riferimento alla retta tangente r alla curva di domanda nel punto P,
come se essa, e non la curva d fosse la vera curva di domanda:
Nella
figura 0603060939 la elasticità finita della domanda (relativa all’arco AB) è
pari a:
mentre
la elasticità puntuale (nel punto A) è pari a:
La elasticità dell’offerta rispetto al prezzo
Definiamo
elasticità finita dell’offerta rispetto alla domanda relativa all’arco AB il
valore:
L’elasticità
dell’offerta si può anche definire il rapporto tra la variazione percentuale
della offerta e la variazione percentuale della domanda.
Definiamo
l’elasticità puntuale dell’offerta rispetto alla domanda nel punto A quella
misurata sulla tangente al punto:
L’impresa concorrenziale marginale
Osserviamo
le figure 0605060753, 0605060724, 0605060736, 0605060740: la impresa B, nella
migliore delle ipotesi, ha i costi pari ai ricavi. Essa è chiamata “impresa
marginale”. La impresa A, che è capace di ottenere profitti, è chiamata
“impresa inframarginale”. Le imprese C e D, che producono in perdita sono
chiamate “imprese ultramarginali”.
Sia
l’impresa A che l’impresa B potranno continuare a produrre anche nel lungo
periodo.
L’impresa
B può trovare conveniente continuare a produrre perché riesce a coprire tutti i
costi dei fattori non di sua proprietà e ad ottenere un profitto normale che compensa
il lavoro dell’imprenditore (vedi la nozione di profitto normale).
L’impresa
C uscirà dal mercato nel lungo periodo, ma nel breve periodo, essendo costretta
a sostenere costi fissi, le conviene continuare a produrre la quantità OA,
perché in tal modo essa copre la parte CD dei costi fissi CE, che altrimenti
sarebbe costretta a pagare integralmente.
L’impresa
D uscirà invece dal mercato già nel breve periodo, perché continuare a produrre
le procura una perdita di BE per unità prodotta, che è superiore al costo fisso
DE che dovrebbe pagare.
La
condizione dell’impresa D è detta “condizione di chiusura”.
Poiché
nel breve periodo le singole imprese producono a costi crescenti e hanno curve
di offerta ascendenti, anche la curva di offerta dell’intero mercato sarà
ascendente. Combinando la curva di offerta e la curva di domanda di mercato
otteniamo il grafico di figura 0603052315:
Il
prezzo di equilibrio è quello al quale tutta la quantità offerta viene
acquistata, e cioè in cui la domanda eguaglia l’offerta.
Al
disopra del prezzo di equilibrio (ad esempio ad un prezzo p2 nella
figura) l’offerta supera la domanda di un ammontare CD, e questo “eccesso di
offerta” spinge in basso il prezzo. Mano a mano che il prezzo scende possiamo
notare che la domanda aumenta e la offerta diminuisce, fino a che esse si
incontrano nel punto di equilibrio E.
Al
disotto del prezzo di equilibrio (ad esempio ad un prezzo p1 nella
figura) la domanda supera l’offerta di un ammontare AB, e questo “eccesso di
domanda” spinge in alto il prezzo. Mano a mano che il prezzo dale possiamo
notare che la domanda diminuisce e la offerta aumenta, fino a che esse si
incontrano nel punto di equilibrio E.
Prende il nome di legge della domanda e dell’offerta l’affermazione secondo cui “un
eccesso di offerta spinge in basso il prezzo, mentre un eccesso di domanda lo
spinge in alto”
Nel
lungo periodo la curva di domanda o di offerta si può spostare, dando luogo ad
un nuovo equilibrio:
Le curve di costo di lungo periodo dell’industria
concorrenziale
Nel
lungo periodo, se il prezzo è superiore ai costi delle imprese, nuove imprese
entreranno nel mercato facendo aumentare la produzione e diminuire il prezzo.
Se
il prezzo diviene invece inferiore ai costi delle imprese, le imprese
ultramarginali usciranno dal mercato facendo diminuire la produzione ed
aumentare il prezzo.
Entrambi
questi meccanismi garantiscono che il costo medio di lungo periodo sia pari al
costo medio.
Nelle
figure 0603060803, 0603060809, 0603060811 vengono mostrate le curve di offerta
di lungo periodo rispettivamente per una industria a costi costanti, crescenti
o decrescenti. Mano a mano che aumenta la domanda sia la curva di offerta che
la curva di domanda di breve periodo si spostano, dando luogo ai punti che
formano la curva di offerta di lungo periodo.
Nel grafico dell’impresa
monopolistica non è difficile identificare le aree corrispondenti ai ricavi,
costi, profitti totali.
Ad esempio, nella figura 0606102026, l’area dei ricavi totali corrispondenti
ad una produzione OA che massimizza i profitti è pari a OCEA
L’area dei profitti totali è
pari a BCED
L’area dei costi totali è pari
a OBDA
Il monopolio è caratterizzato
da un prezzo più alto e da una quantità prodotta più bassa. Osserviamo la
figura 0606102027:
Il punto di equilibrio nel
mercato monopolistico è F, mentre quello del mercato concorrenziale è il punto
G.
Corrispondentemente, il prezzo
nel mercato monopolistico è OC e la quantità prodotta è OA
Invece, nel mercato
concorrenziale, il prezzo è OJ e la quantità prodotta è OK