Kaplan, La meditazione ebraica

 

 

 

Introduzione

Storia della meditazione ebraica

La meditazione nella letteratura ebraica

Cos'è la meditazione?

Passi iniziali

Tecniche per sbarazzarsi dei pensieri

Meditazione e respirazione

Meditazione e inconscio

Avvertimenti e cautele

Esperienze e realizzazioni tipiche dello stato meditativo

Concentrazione totale/"Stati di attenzione"

Ampliamento della capacità mnemonica

"Stato di risoluzione dei problemi"

Percezioni extrasensoriali

Visione panoscopica

Visualizzazione in più dimensioni rispetto alle tre usuali

Sinestesia

Visualizzazione del nulla

Sviluppo della sensibilità spirituale

Sintonizzazione con le grandi verità/risposte sul senso dell'esistenza, lo scopo della vita, la vera natura della realtà

Sintonizzazione con le grandi verità>Consapevolezza di sé

Sintonizzazione con le grandi verità>Presa di coscienza spirituale/Presa di coscienza di Dio

Controllo dell'inconscio/Padronanza delle emozioni/Discernimento delle emozioni

Classificazioni della meditazione

Meditazioni verbali e non verbali

Meditazioni rivolte all'interiorità o meditazione dirette all'esterno

Meditazioni strutturate e meditazioni non strutturate

Meditazioni con supporto e meditazioni senza supporto

Tecniche di meditazione specifiche (elenco)

Meditazione su un versetto

Vuoto mentale

Concentrazione sul "non pensiero"

Yichudim

Riflessione sulle domande circa un dio trascendente

Meditazione su un suono

Meditazione mediante l'odorato

Meditazione mediante il tatto

Meditazione mediante il senso cinestesico

Meditazione per mezzo di una azione rituale o di osservanza

Meditazione sulle emozioni

Indicatori degli stati di coscienza meditativi

Classificazione degli stati di coscienza

Stati di coscienza ordinari

“Stati di attenzione"

Stati di attenzione>Aumento della capacità di memorizzare

Stati di attenzione>Gli "stati di soluzione dei problemi"

(Maggior controllo delle) Visualizzazioni

La meditazione mantrica

La recita dell’Amidà

La  contemplazione

La contemplazione visiva

La contemplazione di un oggetto

La meditazione hithbonenuth

La contemplazione in generale

La contemplazione delle stelle

La contemplazione della fiamma

La meditazione contemplativa sul colore azzurro

La contemplazione del Tetragramma e altri tipi di contemplazioni

Combinazione di meditazione e contemplazione

La  visualizzazione

Combinazione di visualizzazione e contemplazione: La contemplazione del tetragramma

Combinazione di visualizzazione e contemplazione; La contemplazione dell'Alef

La visualizzazione del nulla

Conversazione  con Dio

La preghiera "Shemà"

Il servizio religioso quotidiano come pellegrinaggio spirituale/esperienza di meditazione

Le azioni quotidiane come mezzo per avvicinarsi a Dio

I precetti della legge ebraica

La sessualità nell'ebraismo

I metodi di autoperfezionamento della scuola del Musar

 

 

 

Introduzione

Gli insegnamenti della Cabbalà ci dicono che l acomprensione dei livelli spirituali superiori è possibile solo in termini di nulla. Un insegnamento ebraico assolutamente fondamentale afferma che Dio è creatore di tute le ocse. Questo concetto è carico di implicazioni: in primis comporta ce anche concetti basilari come "volontà" o "mente" sono creazioni di Dio. Del resto, lo Zohar afferma molto chiaramente he Dio non ha volontà né mente nel senso antropomorfico di questi termini. Dio ha dovuto prima di tutto creare questi concetti per utilizzarli nella creazione del mondo. Pretendere il contrario significherebbe sottointendere che la volontà e la mente sono su un piano di uguaglianza con Dio, il che ovviamente è impossibile. Anche la logica deve essere considerata come una creazione di Dio. Se non lo fosse e pretendessimo che Dio fosse vincolato dalla logica, affermeremmo allora che la logica è superiore a Dio o quanto meno più fondamentale, ragion per cui, sse Dio è il creatore di tutte le cose, deve esserlo anche della logica. Possiamo trarre conclusioni importanti: per esempio che i paradossi che scopriamo in relazione a Dio in realtà sono privi di conseguenze. I paradossi sono semplicemente idee che rascendono la logica. Poiché Dio ne è il creatore, egli può utilizzare la logica come crede meglio, senza esserne minimamente vincolato. Il fatto che Dio abbia creato tutte le categorie significa che ogni cosa alla quale nel linguaggio umano corrisonde una parola è necessariamente opera di Dio. Anche la parola "Dio" corrisponde alla concezine che noi abbiamo di Lui e non alla sua vera essenza. Dal momento che tutto ciò che è concepibile, ivi comprese tutte le categorie mentali che la mente può immaginare, è stato creato da dio, ne consegue che niente di ciò che è concepibile gli può essere associato. Pertanto immaginare il nulla e comprendere che dietro questo si trova Dio è l'approssimazione mentale più vicina a cui possiamo arrivare nel rappresentarci Dio. Secondo i grandi filosofi ebrei , le nostre affermazioni su Dio sono "attributi di azione" che affermano che Dio "fa", o "attributi negativi", che affermano ciò che Dio "non è". Possiamo dire che Dio è buono, amorevole, onnipotente. Ma sono comunque descrizioni di ciò che fa e di come agisce, non di ciò che è.

Nella nostra mente esistono la categoria delle cose e quella delle relazioni o stati. Quando poniamo Dio nella categoria delle cose, parliamo di lui come di un essere. Ma quando lo poniamo nella categoria delle relazioni, parliamo di lui come di un principio. Così, quando diciamo che "dio è il creatore dell'universo", parliamo di lui come di un essere. Quando invece diciamo he "dio è la forz acreatrice dell'universo", parliamo di lui come un principio. Concepire dio come un principio piuttosto che come un essere ci è di aiuto sotto molti aspetti. Da un lato arriviamo a comprendere facilmente che può esistere al di là del tempo e dello spazio pur riempiendo la totalità del tempo e dello spazio (come "1+1=2" esiste in ogni luogo e tuttavia in nessun luogo) e dall'altro lato queta idea non si presta a degenerare in rappresentazioni antropomorfiche. Ma dire che "dio E' un principio", come si è visto in precedenza, è un enunciato che deve rimanere in sospeso: dio è il creatore di tutte le categorie, e pertanto non può essere classificato in nessuna di queste. "Principio" e "Essere" sono approssimazioni di cui ci serviamo dal momento che la nostra mente non dispone di categorie nele quali classificare Dio. Forse una terza categoria intermedia fornirebbe una approssimazoine migliore, ma la mente non ha a disposizione questo tipo di categoria e pertanto non può ocncepirla. Però, grazie alla meditazione, possiamo presentire la natura di questa terza categoria.

Quando affermiamo che Dio è "grande, potente e incute timore" non intendiamo affatto limitare in alcun modo Dio con questi aggettivi, ma semplicemente enumeriamo le emozioni e le esperienze che proviamo nel percorso che ci porta a lui.

Si dice spesso che dio è un essere spirituale. Ma dio è al disopra della spiritualità allo stesso modo in cui è al disopra della fisicità. Egli è il creatore del concetto di spiritualità e in quanto creatore della spiritualità non può esserne limitato.

Il fatto che le diciotto benedizioni dell'AMidà siano spiegate con le 18 vertebre e che la diciannovesima sia fatta coincidere col coccige indica che tutte le tradizioni religiose danno importanza alla colonna vertebrale come canale dell'energia. Seguono elucubrazioni sul fatto che inchinarsi alla maniera ebraica è nettamente meglio che tenere la colonna vertebrale nella postura eretta consigliata dal Kundalini yoga.

Il talmud dice che lo shemà ha il potere unico di scacciare le forze del male. Viene recitato a letto, proprio prima di addormentarsi. Secondo il Talmud, la notte è infatti il momento in cui le forze del male sono più forti e lo shemà ha il potere di proteggerci. La ragione è evidente: il male ha poter solo quando lo crediamo una entità separata da Dio. Se uno pensa che ci possa essere una forza del male separata da dio, allora può essere colpito da questa forza. Ma se riconosciamo che anche il male è una creazione di dio, questo non ha più potere su di noi. Dio stesso, per mezzo del suo profeta, ha detto: "Io sono colui che forma la luce e crea l'oscurità, che fa la pace e crea il male, Io, il signore, faccio tutto questo" (Isaia 45:7).

(Parlando del combattimento tra Giacobbe e l'angelo) Quando una persona si apre alla spiritualità, si apre sia al bene che al male, il che significa combattere con le forze del benee con quelle del male.

Dire che Dio esiste, che noi esistiamo ma che purtuttavia noi e lui siamo uno, e un paradosso. Tuttavia non possiamo affermare che la logica è superiore a Dio. E' vero invece il contrario. Poiché Dio ha creato ogni cosa, ha creato ance la logica. La logica è uno strumento di Dio ed egli non può essere limitato. Se dio vuole che qualcuno sia tutt'uno con lui pur avendone una piena coscienza individuale, ciò gli è possibile. Questo ragionamento ci psrmette di capire tutti i paradossi teologici. Dio, quando ha creato il mondo, per molti aspetti si è attenuto alla logica. Poiché ha creato l'uomo "a sua immagine" l'uomo utilizza questa stessa logica che presiede alla creazione e pertanto può comprendere la creazione di dio. Ma quando nella creazione dio decide di trascendere la logica può far,o e all'uomo allora questo appare come un paradosso. Di fatto il concetto stesso di volontà divina è un paradosso.

E' interessante la tecnica meditativa dello shemà: Kaplan fornisce una indicazione del significato delle parole, ed è secondo queste indicazioni che si deve far risuonare le parole entro di sé durante le pause di silenzio tra la pronuncia dell'una e dell'altra.

Parlando del sacrificio (korbàn) nell'antica Israele, che aveva ad oggetto animali e piante, Kaplan dice che l'uomo è per metà animale e per metà angelo. Il corpo è la sede della sua natura animale, mentre l'anima è la sede della sua natura angelica. Le parole di Kaplan paiono quasi adombrare la dottrina del sacrificio mentale o dell'autosacrificio. Korbàn significa "avvicinamento", e secondo Kaplan “poiché il corpo è il ricettacolo del divino, anche il corpo e la natura animale debbono essere 'avvicinati' a Dio"

Secondo i cabalisti i versetti di lode del servizio del mattino (shachrit) servono a tagliarci fuori dal mondo fisico. Se l'uomo è per metà animale e per metà angelo, la parola appartiene solamente alla sua natura angelica.

I tre livelli più bassi dell'anima sono, nell'ordine di altezza: nefesh, ruach, neshamà. Questi tre livelli dell'anima rappresentano tre livelli dello spazio interiore. Nelle prime tre parti del servizio religioso del mattino attraversiamo queste sfere. Il quarto livello dell'anima, superiore a quello della neshamà, è il chayyà, che letteralmente significa "forza di vita". Non è più il livello della "mano" o della "mente" che tiene l'essenza divina, ma è l'essenza divina stessa.

Se dio è uno, lui e la sua volontà devono necessariamente essere tutt'uno. dio deve essere identico alla sua volontà. D'altra parte le cose esistono solo perché dio vuole che esistano. se dio volesse che un oggetto non esistesse, questo cesserebbe semplicemente di esistere. Dio porta all'esistenza ogni singola cosa attraverso la sua volontà ed è solo per mezzo della sua volontà che un oggetto continua ad esistere. Questo implica che la volontà di dio è presente ovunque. Ma se dio è identico alla sua volontà anche dio deve essere in tutte le cose. Pertanto ogni atto e ogni cosa devono essere necessariamente compenetrate dall'essenza di dio.

Mettere troppa enfasi sull'immanenza di Dio può portare a perdere di vista la sua grandezza e ad avere un'eccessiva familiarità nei suoi confronti. Se riconosciamo che Dio è "Re dell'Universo" evitiamo di cadere nella tentazione intellettuale del panteismo. Prendiamo coscienza che la presenza di Dio impregna tutte le cose, ma comprendiamo anche che questo non significa che dio sia la somma di tutte le cose. La presenza di un re può estendersi a tutto il suo regno, ma da questo non deriva che il re e il suo regno siano la stessa cosa.

La tradizione ebraica non incoraggia il celibato. Mosè, il più grande di tutti i mistici e di tutti i profeti, era sposato, come lo erano i profeti e i maestri. La sessualità non è considerata una debolezza della carne o un male necessario, ma un mezzo per avvicinarsi a dio sul piano più intimo che ci sia.

 

 

 

Storia della meditazione ebraica

 

Anche se la maggior parte degli autori sembrano aver preso coscienza dell'esistenza di elementi mistici nell'ebraismo, tuttavia generalmente limitano la loro analisi ai maestri della Cabbalà e del Chassidismo. Si tratta di una grave omissione, dal momento che l'ebraismo è una religione orientale che è poi occidentalizzata, le sue pratiche meditative potrebbero rappresentare la via più adatta per l'uomo occidentale. Innumerevoli prove testimoniano che i mistici ebrei ebbero contatti con i maestri del sufismo e conoscevano anche le scuole indiane.

Nel momento in cui Kaplan iniziò le sue ricerche erano stati pubblicati pochissimi testi sulla meditazione ebraica e cabbalistica, ingenerando la falsa convinzione che si trattasse di filoni marginali della letteratura ebraica.

Quando il puzzle cominciò a comporsi fu chiaro che alcuni dei maestri più eminenti della grande tradiione ebraica praticavano varie tecniche di meditazione.

La conversazione orale con Dio a voce alta, il parlare a Dio a voce alta, è un'antica pratica ebraica, documentata in numerosi testi importanti. Si tratta di una meditazione verbale, rivolta all'interiorità e non strutturata

La fenomenologia e la psicologia della meditazione ebraica non sono particolarmente diverse da quelle degli altri sistemi, lo sono invece gli scopi e i risultati che si raggiungono.

La meditazione era diffusa tra gli ebrei fino alla fine del XVIII secolo. Troviamo molti riferimenti alla meditazione nei testi ebraici più importanti, dall'era biblica fino all'era premoderna. L'illuminismo, col suo razionalismo, fece cadere il misticismo in generale e la meditazoine in particolare. La Cabbala venne ridotta ad esercizio intellettuale. La meditazione scomparve dalla letteratura dell'ortodossia ebraica. Lo stesso accadde anche nella letteratura chassidica nella quale la meditazione aveva avuto in passato un ruolo centrale.

La meditazione aveva un ruolo centrale nell'esperienza profetica e tale esperienza veniva attivata tramite la meditazione. La Bibbia dice chiaramente che i profeti si servivano del canto e della musica per elevarsi a stati di coscienza superiori, e da una attenta analisi filologica si deduce che alcune parole chiave nella Bibbia si riferiscono a tecniche particolari di meditazione.

"Meditation and the Bible" riguarda questo e contiene analisi delle parole ebraiche.

All'epoca in cui fu scritta la Bibbia (circa 400 a.e.v.), la meditazione era una pratica molto diffusa tra il popolo di Israele. All'epoca un milione di persone praticavano la meditazione. C'erano scuole dirette da profeti che a loro volta erano sotto la direzoine di profeti maggiori. Ma anche individui al di fuori delle scuole di meditazione attingevano esperienze profetiche e visionarie.

La pratica meditativa favorisce le visioni. Ma le scuole di meditazione erano molto severe. Richiedevano una disciplina alimentare rigorosa, il rispetto della Torah e altri precetti che la rendevano una pratica molto ardua.

Per questo gli ebrei cominciarono a volgersi alle pratiche spirituali di altri popoli, che potevano dare esperienze spirituali e profetiche in modo più facile. Le esperienze spirituali sono molto piacevoli, più dell'amore e del sesso, e irretiscono le persone. La letteratura ebraica parla a questo proposito di "sete di idolatria". Questo peicolo si fece attule e concreto con la diaspora: il popolo, non più riunito sarebbe facilmente caduto preda di ciarlatani e di spiritualità estranee, che avrebbero minato la divisione del popolo ebraico.

Per questo la grande assemblea di israele si riunì e stabilì che le tecniche meditative fossero nascoste alla massa. Essa decretà che la "merkhavah", l'"opera del carro" fosse insegnata a non più di un discepolo di provata virtù alla volta.

All'epoca del secondo regno e della erezione del secondo tempio, l'opera del carro fu considerata pericolosa, per le divisioni intestine che sette mistiche avrebbero potuto provocare nell'ebraismo, e fu proposta in alternativa al popolo la "Amidà", una preghiera da recitare tre volte al giorno, sempre nello stesso modo, dalla fanciullezza alla morte, che era in pratica un lungo mantra che poteva elevare il livello di coscienza del praticante.

Nel periodo talmudico e medievale è stato scritto molto sulla meditazione ebraica. Si trova cenno di metodi di meditazoine che non si trovano altrove. Probabilmente i metodi di meditazione ebraici erano i più avanzati al mondo.

Opere fondamentali sulla meditazoine di questo periodo sono il Sepher Yetzirah e il Rabbatai Hekhlaloth. Filosofi come Maimonide discutevano estesamente il rapporto tra meditazione e profezia e stati particolari come il sonno e il sogno. Il modo in cui ne parlano lascia pensare che facesse parte dell'ebraismo. Ma si faceva cenno alle tecniche senza dare le istruzioni per la pratica. Abulafia fu una eccezione che infranse le regole.

Dopo Abulafia fu scritto lo Zohar (1290) e i filosofi ebraici si diedero a studiare principalmente tale testo. Il metodo cabbalistico di studio delle scritture era facilmente interpretabile come intellettuale come mistico, e molti vi videro un ingresso ad un misticismo facile e non arcigno. Ancora con Luria (l'Arì) e la comunità di Safed l'elemento mistico rimase molto importante. Ma a poco a poco il sistema cabbalistico, che è uno dei sistemi intellettuali più complessi mai esistiti, divenne una vera disciplina intellettuale a detrimento del misticismo.

La cabbala fu screditata anche dalla vicenda di Shabbatai Levi, che, dapprima proclamatosi messia scelse di convertirsi all'islam per non finire martirizzato.

Ancora nel primo settecento il primo movimento chassidico, fondato da baal shem tov dava un posto importante alla meditazione, ma fu osteggiato cme contrario all'unità ebraica. Col tempo i seguaci ne fecero una disciplina filosofica o enfatizzarono la disciplina al rebbe (maestro). In molte regioni assunse un tono antimistico.

L'impressione che si trae dalla letteratura ebraica è che non solo la meditazione era praticata dagli ebrei, ma che per molti secoli fu un elemento molto importante dell'ebraismo. Possiamo pertanto concludere affermando che la meditazione è stata parte integrante dell'ebraismo attraverso le varie epoche.

La visualizzazione è una tecnica importante della meditazione ebraica. Dallo stesso capoverso si deduce che la meditazione del tetragramma era pure importante.

Numerosi testi cabbalistici parlano di yichudim o "unificazioni". Nella maggior parte dei casi, il metodo di meditazione degli yichudim consiste nell'immaginare vari nomi di dio e di manipolarne le lettere. Ma si tratta di un metodo molto avanzato e richiede la conoscenza della Cabbalà.

Un esercizio di visualizzazioine del tetragramma è menzionato anche nello shulchan arukh, il codice tradizionale della legge ebraica. Questo metodo serve anche come introduzione a tutta una serie di altre tecniche più avanzate descritte nella Cabbalà. Secondo alcuni testi ebraici si fa riferimento a questo tipo di meditazione nel versetto dei salmi "costantemente ho posto YHVH davanti ai miei occhi (salmi, 16:8). Questo tipo di visualizzazione è utile anche durante la preghiera.

 

 

 

La meditazione nella letteratura ebraica

"kavvanà" indica "concentrazione", “sentimento", "devozione", e deriva dalla radice "mirare", "dirigere lo sguardo". La coscienza mira ad un dato scopo, "coscienza diretta". Se la meditazione è pensiero controllato, kavvanà è il termine più generico per designarla.

La distinzione tra preghiera e meditazione

è sottile nell'ebraismo. Molti elementi del culto sono stati concepiti espressamente come supporti per la meditazione. Quando l'orante segue il culto con kavvanà, lascia che le parole del servizio religioso dirigano la sua coscienza.

Kavvanà indica anche il compiere il rito senza essere distratti da pensieri estranei.

Esistono molte kavvanoth, meditazioni specifiche per riti particolari, in ambito cabbalistico.

la hithbonenuth è la "comprensione di sé": un tipo di meditazione in cui si utilizza la meditazione su oggetti esterni, sulla creazione, per comprendere la propria posizione alla luce della e nella creazione.

La meditazione hitbonenuth può prendere qualsiasi cosa come oggetto di contemplazione: una pietra, una foglia, un fiore, un'idea. Lasciate che l'oggetto riempia il vostro spirito e utilizzatelo come mezzo per il raggiungimento della conoscenza di sé. Esso diventa una specie di apscchio in cui ci vediamo riflessi alla luce della vera Realtà. Usando questo specchio si può vedere il Divino che è in noi. Forse si tratta dello "specchio di profezia", aspaklaria, di cui parla il Talmud. Chi si vede in questo specchio e scopre il divino che è in lui entra in comunicazione con Dio.

Hitbodeduth è il termine più specifico per designare la meditazione e risale al X secolo. Letteralmente significa “isolamento di sé".

Dice Maimonide a proposito dell'hitbodeduth che l'isolamento esteriore, la solitudine fisica, è la porta dell'isolamento interiore, che consiste nell'isolare la mente da ogni altra sensazione e dal pensiero stesso. E' quello che nella maggior parte dei testi classici non ebraici viene definito stato di meditazione. Hitbodeduth designa ogni pratica che porta l'individuo alla conoscenza di quello stato in cui la mente è isolata, sola, vuota di ogni pensiero o sensazione.

Sappiamo che la deprivazione sensoriale può far raggiungere stati di coscienza superiori. La vera meditazione non ne ha bisogno: utilizza una tecnica che permette di bloccare secondo la propria volontà gli stimoli esterni e ogni pensiero estraneo per poter riempire la mente con l'oggetto della meditazione. E' la hithbodeduth, l'isolamento di sé nella meditazione.

Il verbo hagah designa un suono o un pensiero ripetuto come il tubare della colomba o il ruggito del leone, e potrebbe indicare una meditazione nella quale si ripete costantemente un suono o una parola.

Anche se la meditazione mantrica non è la forma più tipica della meditazione ebraica, è però la più semplice. Consiste nel ripetere costantemente una parola o una frase, di norma per una mezz'ora al giorno. E' molto importante praticare la meditazoine mantrica tutti i giorni per almeno un mese perché normalmente occorrono trenta o quaranta giorni perché questa forma di meditazione inizi a dare dei risultati

Nell'Hekhlaloth Rabbatai è detto che un nome di dio abbastanza lungo (in effetti una serie di nomi) va ripetuto 120 volte, senza interruzioni. Anche nelle forme orientali il mantra è ripetuto un numero di volte determinato.

Il mantra serviva come prima tappa dell'opera al carro. Il mantra eleva l'iniziato a uno stato a partire dal quale poteva intraprendere il viaggio di stanza in stanza nei mondi soprannaturali, a uno stato da dove può utilizzare altre tecniche per elevarsi sempre più in alto.

La tecnica gherushin consisteva nel ripetere un versetto della bibbia come un mantra. Questa tecnica non solo elevava ad un livello di coscienza superiore, ma serviva anche per arrivare ad una comprensione più profonda del versetto come se, attraverso la ripetizione, il versetto emanasse il suo significato. Piuttosto che leggerlo o analizzarlo l'iniziato entrava in comunione con esso.

Josef Caro ripetevano un passo (paragrafo o mishnà) della Mishnà, la parte più antica del Talmud, terminata verso l'anno 200. Una magghid, una creatura angelica associata al mishnà gli parlava direttamente.

Anche il talmud dice che "ripetere la propria mishnà cento volte non è come ripeterla cento e una volta"

Pare che Luria adottasse una simile tecnica non intellettuale per capire lo Zohar

 Nachman di Breslav (1772-1811) che parlò molto dell'hitbodeduth diceva che se uno non sa cosa dire basta che ripeta Ribbonò Shel Olàm ("padrone dell'universo"), frase che sin dall'epoca talmudica serviva da introduzione alla preghiera e secondo alcuni maestri risalirebbe ai tempi biblici. Anch'egli considerava il mantra come un mezzo per aprire lo spirito alla conversazione con dio.

Kaplan>La meditazione ebraica 81] Mentre le scuole orientali considerano la meditazione mantrica come un fine in sé, la tradizione ebraica sembra  considerarla soprattutto una preparazione per un'esperienza spirituale più profonda.

Alcuni commentatori ritengono che l'esperienza di Giacobbe si sia verificata mentre egli stava meditando e che pertanto non lottò fisicamente con l'angelo, ma ne ebbe la percezione mentre era a un livello di coscienza superiore.

 

 

 

Cos'è la meditazione?

In senso più generale, la meditazione consiste nel riflettere in maniera controllata: è decidere esattamente la direzione che seguirà il pensiero durante un certo lasso di tempo e canalizzarlo poi in questa direzione.

La meditazione è il pensiero diretto dalla volontà

La meditazione ci insegna i metodi di “pensiero adulto" che ci fanno trascendere le abitudini del pensiero apprese nell'infanzia.

Un utile esercizio è smettere di pensare: prendere coscienza dei nostri pensieri cercando di interromperne il flusso.

La meditazione ha come scopo di elevarci a stati superiori di coscienza

 

 

 

Passi iniziali

  Generiche & Promiscue

Al livello più semplice ci si può sedere mezz'ora per riflettere su una determinata cosa, per esempio su come volete risistemare l'interno della vostra casa. Nell'occhio della mente immaginerete le varie possibilità di disporre i mobili e anche come spostare quelli più pesanti. Durante questa mezz'ora voi avrete meditato sulla sistemazione della vostra casa.

La meditazione è una cosa semplice come meditare sulla sistemazione dei mobili della propria casa. Non richiede un ambiente particolare e neppure che assumiate una determinata posizione del corpo. E' possibile meditare sulla disposizione dei mobili della propria casa mentre ci si aggira per la casa, seduti comodamente in poltrona o mentre si fa un ben bagno caldo. E' in atto uno stato meditativo nel momento in cui, per un periodo di tempo determinato, si pensa a una cosa in particolare invece che lasciare fantasticare la mente.

Ovviamente le cose non sono PROPRIO semplici: perché una meditazione sia effettivamente un esercizio di pensiero controllato, avrete bisogno di una tecnica per sbarazzarvi di tutte le idee che ingerferiscono nella vostra mente.

Si può iniziare anche dal meditare sulla propria vita, ponendocisi una serie di domande fondamentali: Cosa mi aspetto veramente dalla vita? Cos'è che dà un senso alla mia vita? Qual è il senso della vita in generale? Se potessi rivivere la vita, come la vivrei? Esistono degli ideali per i quali sarei pronto a morire? Cos'è che mi renderebbe la persona più felice del mondo? La prima esperienza in tal senso vi sorprenderà: potreste scoprire che non aveva alcuna idea del senso che date alla vostra vita o perfino che non avete mai riflettuto sul senso della vita in generale; potreste arrivare alla conclusione che una sola volta non basta; nel giro di qualche settimana quasi certamente constaterete uno sviluppo in certi aspetti del vostro modo di essere. Potreste decidere allora di rivedere l'impostazione della vostra vita e di apportare cambiamenti radicali alla vostra maniera di vivere. Potreste anche sentirvi più a vostro agio nei rapporti con gli altri, più sicuri del modo in cui impiegate il tempo.

Potreste infine constatare che scoprite continuamente nuove cose sulla vostra personalità e sulle vostre motivazioni; potreste sentire, a questo stadio, il bisogno di meditare due o tre volte la settimana o una volta al giorno

Molte scuole di meditazione suggeriscono o impongono che la meditazione sia un esercizio quotidiano.

Nel momento in cui sentirete il bisogno di meditare con regolarità (es. mezz'ora la settimana) e stabilirete una cadenza fissa alla meditazione settimanale, vi troverete a crearvi una disciplina personale di meditazione.

Per rendere strutturata la meditazione ci si può fare un programma, ad es. stabilendo che ogni giorno, per un periodo di tempo determinato (una settimana o altro) mediterete su un particolare soggetto e passerete a un altro soggetto la settimana seguente. Si può meditare sempre all'interno di un tema: se si medita su come rimettere ordine alla propria vita, si può dedicare una settimana ai rapporti col coniuge, una ai rapporti con i figli, una alla carriera ecc.

Via via che procederete nell'esplorazine di ciò che è veramente importante per voi, è probabile che arriviate a un punto in cui sentite che state affrontando una nuova tappa e che iniziatea interrogarvi non solo sul senso della vostra vita, ma sul senso della vita in generale. A questo stadio avrete scoperto Dio... Ecco due modi in cui è possibile scoprire Dio. In primo luogo riflettete a domande come: "cosa c'è al di là del tempo e dello spazio?"; "in che modo il mondo ha avuto origine? Perché esiste?"; "Cosa c'era prima del tempo?". Riflettendo su queste domande si può arrivare a scoprire Dio nella sua dimensione trascendente. Il secondo modo per scoprire Dio consiste nello scavare sempre più profondamente all'interno di se stessi nella maniera che abbiamo descritto. In questo modo però si scopre Dio nella sua dimensione immanente, dio che è "qui. Questo doppio approccio a Dio è legato al concetto cabbalistico di un Dio che contemporaneamente abbraccia e riempie tutta la creazione.

La maggior parte dei metodi che esporremo in questo libro sono semplici e non presentano pericoli se vengono utilizzati in modo corretto. Sono facili da assimilae e possono favorire una presa di coscienza nuova, permettendo di raggiungere stati di coscienza più elevati.

La meditazione mantrica è una delle più semplici. Anche se la meditazione mantrica non è la forma più tipica della meditazione ebraica, è però la più semplice. Consiste nel ripetere costantemente una parola o una frase, di norma per una mezz'ora al giorno.

  Passi iniziali illustrati attraverso la meditazione mantrica

Anche se la meditazione mantrica non è la forma più tipica della meditazione ebraica, è però la più semplice. Consiste nel ripetere costantemente una parola o una frase, di norma per una mezz'ora al giorno. E' molto importante praticare la meditazoine mantrica tutti i giorni per almeno un mese perché normalmente occorrono trenta o quaranta giorni perché questa forma di meditazione inizi a dare dei risultati

Il mantra eleva l'iniziato a uno stato a partire dal quale poteva intraprendere il viaggio di stanza in stanza nei mondi soprannaturali, a uno stato da dove può utilizzare altre tecniche per elevarsi sempre più in alto.

La meditazione mantrica è una delle forme più semplici e se volete iniziare un programma di meditazione il mantra di Nachman è perfettamente indicato

Non è possibile iniziare un programma di meditazione senza una buona dose di impegno. Perché possa avere degli effetti, è necessario praticare la meditazione quotidianamente, per almeno venti o trenta minuti. Se l'impegno viene rispettato, gli effetti sono cumulativi, mentre se si tralascia di meditare anche per un solo giorno, l'effetto cumulativo viene annullato. Ci vogliono inoltre varie settimane di meditazione mantrica per raggiungere uno stato di coscienza superiore. E' possibile avere anche degli effetti immediati, ma è solo dopo qualche settimana che la sua potenzialità si manifesta nella sua pienezza. Chi è perseverante ottiene effetti stupefacenti.

La meditazione mantrica può dare inconvenienti a chi ha sofferto di turbe nervose. Se una persona non ha un rapporto solido con la realtà esterna, può avere difficoltà a rientrarvi in contatto dopo un'esperienza meditativa profonda. Come certi esercizi fisici sono sconsigliati per chi soffre di problemi cardiaci, allo stesso modo certi esercizi mentali non sono adatti per chi ha sofferto di problemi neurologici. La storia talmudica di ben zomà che perse la ragione dopo un'esperienza meditativa particolarmente intensa, deve servire da avvertimento. E' assolutamente necessario che le persone che hanno dubbi sulla propria stabilità mentale chiedano consiglio a una guida esperta prima di iniziare qualsiasi tecnica di meditazione intensa.

Generalmente i preparativi sono semplici. Scegliete un luogo e un momento adatto in cui non arete né interrotti né disturbati dalla gene, dalle telefonate o dal fumore. Rabbi Nachman diceva che è preferibile riservare un posto particolare alla meditazione, ma questo non sempre è possibile. Scegliete un posto, una sedia, o una stanza dove potete essere soli, la notte, quando tutti gli altri dormono. Rabbi nachman diceva che, quando il clima lo permette, i luoghi più adatti per meditare sono la oresta, le colline o o campi. In realtà il luogo è poco importante purché non siate interrotti. Potete meditare anche a letto, di notte, se la vostra camera un luogo dove non siete disturbati; anche nachman ne parla come di una possibilità alternativa valida. Un altro luogo ecellente è la dinagoga quando è vuota.

Spesso la meditazione è associata alla posizione del loto, ma non dobbiamo dimenticare che per gli orientali è normale sedersi in questa posizione. Per gli occidentali invece il loro non solo è difficile da imparare, ma all'inizio è una posizione particolarmente scomoda. In pratica va ugualmente bene sedersi su una comoda sedia con lo schienale rigido.

In ogni caso questo ha poca importanza in relazione alla meditazione ebraica che non prescrive alcuna posizione particolare. E' vero che nei testi troviamo dei riferimenti alla posizione seduta, ma si tratta solo di un consiglio. Si può scegliere qualsiasi posizine in cui stiamo comodi per un periodo di tempo abbastanza lungo senza muoverci e senza essere presi dai crampi.

Per meditare, sedetevi, chiudete gli occhi dolcemente e rilassatevi completamente. Le mani possono poggiare sulla tavola o sulle ginocchia, ma evitate di chiuderle a pugno o di incrociarle. Se desiderate tenere le mani giunte, posatene una sull'altra.

Prima di iniziare a meditare , preparatevi e restate seduti in silenzio nel luogo scelto al fine di abituarvi a quello spazio e sentirvi a vostro agio. Cercate di rilassarvi completamente e di liberare la mente da ogni influenza esterna. In questo periodo di preparazione, che dovrebbe durare da cinque a dieci minuti, alcuni trovano che sia di aiuto canticchiare una melodia rilassante.Sotto questo aspetto, il vantaggio di meditare sempre nello stesso luogo è evidente, perché si finisce per associare il luogo scelto con la serenità procurata dalla meditazione.

Nel giro di qualche giorno, la calma vi pervaderà nel momento in cui vi sedete in quel luogo e questo rafforza il processo e facilita i progressi.

Supponiamo che utilizziate ribbonò shel olam. Ripetetelo continuamente, lentamente e sottovoce., La regola di meditazine dice che dovrebbe essere detto senza sforzo quanto più sottovoce è possibile. Ma si può anche sussurrarlo o vocalizzarlo a voce bassa, secondo la preferenza di ognuno.

Nella meditazione ebraica non ci sono regole rigide riguardo ala vocalizzazione del mantra. ALcuni trovano più facile mormorarlo ma si può anche articolare le parole con l e labbra, senza emettere il suono. Non è consigliabile invece, almeno per i principianti, ripeterlo solo mentalmente perché i pensieri estranei possono sorgere più facilmente. Non è tanto importante come ripetere il mantra, quanto ripeterlo per il tempo che avete stabilito, che, come abbiamo già detto, generalmente va dai venti ai trenta minuti. Se volete, potete usare un contaminuti silenzioso che vi segnali quando il tempo è scaduto. Questo sistema è preferibile perché controllare l'orologio distrae dalla meditazione. Potete però chiedere id avvertirvi anche a qualcuno che è in casa. Uttavia dopo un po' di tempo lo saprete da soli quando è il momento di interrompere.

All'inizio, mentre recitate il mantra, potete lasciare che la mente vaghi liberamente. Se avete l'intima coscienza che ribbonò... significa "padrone dell'universo" le parole stesse dirigeranno i pensieri nella giusta direzione, qualunque essa sia. Un insegnamento chassidico dice che c'è sempre una ragione per cui i pensieri emergono nella mente durante la meditazione. E' istruttivo anche prestare attenzione alle immagini che emergono nell'occhio della mente mentre state meditando a occhi chiusi. Con la pratica, diventeranno sempre più chiare e diventerà sempre più facile concentrarsi su di esse. Con il tempo, queste immagini diverranno così reali che ne sarete stupiti.

E' importante però non prendere troppo sul serio queste immagini. Può accadere infatti che siano di un realismo tale da sembrare delle vere visioni. Il principiante può essere tentato di dar loro troppa importanza e di credere, per esempo, di aver ricevuto il dono della profezia. E' importante tenere presente che qualsiasi visione possiate avere non è importante e che, eccetto che per persone estremamenteavanzate nella tecnica della meditazione, si tratta di creazioni della mente e nient'altro.

Nella letteratura cabbalistica troviamo avvertimenti in tal senso anche per coloro he hanno una lunga esperienza di meditazine: queste visioni possono essere fallaci o venire dall'Altra Parte. Si considera estremamente pericoloso e nocivo agire in funzione delle immagini viste in stato di meditazione.

Muoversi durante la meditazione mantrica interrompe la concentrazione e deve pertanto essere evitato. Per taluni tuttavia, nei primi tempi, un ondeggiamento moto leggero e lento del tronco, di un centimetro circa per parte, può favorire il rilassamento del corpo.

All'inizio, concentrandovi sulle visioni della mente, potete lasciare che la vostra mente vaghi liberamente. Ma con il tempo dovete imparare a lasciare che le parole del mantra pervadano completamente la vostra mente e cancellino ogni altra sensazione. Questo comporta l'esclusione di ogni pensiero dalla coscienza. Tutta l'attenzione deve essere concentrata sulle parole del mantra, senza lasciar spazio per altri pensieri. Occorre allontanare dolcemente i pensieri e cercare di concentrarsi si nuovo sul mantra.

Alcuni trovano più facile escludere i pensieri estranei recitando molto lentamente il mantra e, come vedremo, la lentezza è la caratteristica anche di altre forme di meditazione. Altri invece preferiscono recitare il mantra rapidamente. L'importante è che ciascuno trovi il proprio ritmo.

Una volta finita la meditazione restate seduti ancora per circa 5 minuti per permettere al vostro spirito di assorbirne gli effetti. Avete bisogno di tempo anche per ridiscendere prima di rientare nella routine quotidiana. Anche in questi momenti, che dovrebbero essere di intimità con Dio. potete canticchiare una dolce melodia.

Se lo desiderate potete usare questi momenti per conversare con Dio. Dopo la meditazione succede di sentirsi più vicini a Dio.

Alcune fonti suggeriscono di annusare spezie o profumi per riprendere il contatto col mondo fisico, altre di fare una colazione molto leggera dopo aver meditato perché, attraverso la berakhà, la benedizione sul cibo, il nutrimento possa elevare tutto il corpo.

  Passi iniziali illustrati attraverso la meditazione di tipo contemplativo

Un'altra forma semplice di meditazione è la contemplazione. Vi abbiamo fatto già cenno parlando dell'hithbonenuth. E' un metodo eccellente di iniziazione alla meditazione, poiché non richiede nessuna esperienza precedente e neppure la conoscenza dell'ebraico o dell'ebraismo. Basta sedersi, concentrarsi su un oggetto, una parola o un'idea e lasciare che l'oggetto della contemplazione pervada la nostra mente. La tecnica è simile a quella della meditazione mantrica, solo che si tratta di un'esperienza visiva e non verbale.

La semplice contemplazione consiste nel fissare un oggetto per un periodo di tempo determinato. Come in tutte le forme di meditazione, ci si deve mettere in una posizione comoda. Non è necessario cercare di impedirsi di sbattere le palpebre poiché potrebbe essere una causa di disagio. Nel guardare l'oggetto di contemplazione si deve essere il più rilassati possibile.

Si può scegliere praticamente qualsiasi oggetto: una pietra, una foglia, un fiore o la pagina di un libro. Sono invece da evitare le immagini, i quadri o le statue perché in questo caso la contemplazoine può rischiare di essere qualcosa di molto vicino all'idolatria.

Come per la meditazione mantrica, sedetevi tranquillamente nel luogo che avete scelto e prendete familiarità con lo spazio che vi circonda. La meditazione deve durare dai venti ai trenta minuti. Quando avrete terminato, restate seduti ancora per cinque o dieci minuti per assorbire gli effetti della meditazione.

  Con quali forme di meditazione iniziare. Combinazione di meditazione mantrica e di contemplazione

Iniziare con la meditazione mantrica o con la contemplazione è questione di preferenza personale, di attitudini visive o verbali. Ambedue le tecniche sono comunque importanti perché mirano a sviluppare aree diverse della mente e dello spirito

Altre forme di meditazioine fanno intervenire il senso del corpo, ma per i principianti tutto sommato generalmente la meditazoine mantrica è la più accessibile.

Contemplazione e meditaione potrebbero essere praticate entrambe. Se si è imparato a concentrarsi con la meditazione mantrica, si può applicare questa tecnica per amplificare la propria capacità di contemplazione. In effetti è molto facile riempire la mente con un'immagine quando, attraverso la meditazione mantrica, si è raggiungo uno stato di coscienza superiore. In questo caso la meditazione mantrica può essere considerata un'eccellente introduzione alla contemplazione. Ad esempio, poiché il mantra "Ribbonò shel olam" dice che dissimulato al di là del mondo c'è un signore, quando si associa la ripetizione del mantra "ribbonò shel olam" alla contemplazine di un oggetto fisico, si può cominciare a vedere il divino nascosto nell'oggetto e l'oggetto stesso diviene n ponte tra il sé e dio. L'oggetto diventa allora un mezzo attraverso cui si può compiere l'esperienza di Dio.

Esistono altri modi per combinare mantra e contemplazione. Si può contemplare la bellezza di un fiore associando alla contemplazione del fiore la ripetizione della parola "bellezza". Se si comprende che il divino nel fiore è la fonte della sua belleza, allora la belleza diventa ance un tramite di unione con dio. Si può contemplare la propria mano ripetendo la parola "forza": la forza della mano cessa di essere un concetto astratto e diviene visibile; possiamo anche dire che riusciamo in modo indicibile a vedere un concetto astratto.

Una volta acquisita la capacità di visualizzazione, esistono altri metodi ancona più avanzati: immaginare che il cielo si apra e di attraversare i sette firmamenti fino al più elevato su cui si visualizza il tetragramma in varie modalità. Questi ultimi esercizi possono portare a livelli spirituali molto elevati e bisogna stare attenti a non prenderli alla leggera. Nella fonti originali è scritto he prima di cimentarsi con queste tecniche è necessario dedicare una giornata intera a prepararsi, recitando i salmi e studiando la Torà. Prima di cominciare la meditazione, ci si deve purificare fisicamente e spiritualmente con un bagno nel mikvé (il bagno rituale) o in un corso d'acqua. SI raccomanda di vestirsi di bianco. E' una visualizzazione pericolosa, che richiede un maestro molto esperto o almeno un compagno di meditazione.

Il Baal Shem Tov raccomanda del resto di avere un compagno in tutti i tipi di meditazione avanzata che, in caso di necessità, aiuti l'altro a ritornare nel mondo reale.

Quando si è imparato a controllare le immagini mentali, il rischio di veder apparire false visioni è molto meno grande. La meditazione diventa totalmente pura e non è turbata da manifestazioni secondarie senza importanza.

E' il metodo che comporta meno rischi. Comunque molti pensano che sia tra le meditazioni ebraiche più efficaci.

La amidà non deve essere detta neppure in presenza di altre persone vestite non decentemente né in un luogo dove ci sia cattivo odore. Idealmente, si deve evitar ogni situaoine in cui si rischi di perdere la concentrazione.

La amidà va recitata con una precisa postura e verso una precisa direzione.

Inchinarsi (es. durante la pronuncia dell'Amidà) contribuisce a farci immergere in uno stato meditativo. Inchinandosi abbastanza rapidamente e raddrizzarsi molto lentamente, "come un serpente" rallenta il ritmo del corpo e fa acquietare la mente, che di conseguenza è più ricettiva alla meditazione.

Eccetto l'inchinarsi (es. durante la recita dell'amidà), occorre evitare ogni altro movimento. Se non riuscite a restare completamente immobili, potre dondolarvi leggermente, ma un dondolio eccessivo tende a nuocere alla concentrazione necessaria alla meditazione.

(Durante la amidà) è altrettanto importante chiudere gli occhi, soprattutto durante la prima benedizione, così da immergersi in uno stato meditativo

La amidà deve essere recitata con calma, a voce molto bassa o sussurrando. La voce deve essere diretta più verso all'interno che verso l'esterno

(parlando dei versetti di lode dello shachrit, il servizio religioso del mattino) con i versetti di lode dobbiamo anche prendere profondamente coscienza del processo attraverso il quale arriviamo a parlare e a pronunciare le parole. Dobbiamo concenararci sulla lingua e le labbra e sentire come articoliamo ogni suono. Questa attenzione rivolta alla parola costituisce di per sé una meditazione contemplativa. Mentre cantiamo le lodi di gloria a Dio dobbiamo anche ascoltare attentamente ogni suono e ogni parola.

 

 

 

Tecniche per sbarazzarsi dei pensieri

Ovviamente le cose non sono PROPRIO semplici: perché una meditazione sia effettivamente un esercizio di pensiero controllato, avrete bisogno di una tecnica per sbarazzarvi di tutte le idee che ingerferiscono nella vostra mente.

Una tecnica per sbarazzarsi delle idee che interferiscono nella mente è semplicemente quella di respingere dolcemente le idee estranee o costringesi a ritrovare il filo del proprio pensiero. IN un caso come nell'altro si mettono in pratica i rudimenti di una vera tecnica di meditazione.

Anche quando nella meditazioine si scopre Dio esiste il problema dei pensieri estranei. Una maniera per attenuarli consiste nel parlare a Dio a voce alta invece che solo con la mente.

(Riferendosi alla meditazione mantrica) All'inizio, concentrandovi sulle visioni della mente, potete lasciare che la vostra mente vaghi liberamente. Ma con il tempo dovete imparare a lasciare che le parole del mantra pervadano completamente la vostra mente e cancellino ogni altra sensazione. Questo comporta l'esclusione di ogni pensiero dalla coscienza. Tutta l'attenzione deve essere concentrata sulle parole del mantra, senza lasciar spazio per altri pensieri. Occorre allontanare dolcemente i pensieri e cercare di concentrarsi si nuovo sul mantra.

Alcuni trovano più facile escludere i pensieri estranei recitando molto lentamente il mantra e, come vedremo, la lentezza è la caratteristica anche di altre forme di meditazione. Altri invece preferiscono recitare il mantra rapidamente. L'importante è che ciascuno trovi il proprio ritmo.

 

 

 

Meditazione e respirazione

Uno degli scopi della meditazione è proprio quello di arrivare al controllo del subconscio. Chi ci riesce raggiunge un alto livello di padronanza di sé, che del resto è un altro degli scopi della meditazione. E' chiaro allora perché tante discipline utilizzino esercizi di respirazione come strumenti di meditazione. Normalmente la respirazione è automatica, sotto il controllo dell'inconscio. A meno che non venga controllata volontariamente, la respirazine riflette lo stato d'animo inconscio. Questa è una delle ragioni per cui la respirazione è uno dei fattori presi in considerazione dalla macchina della verità. Pertanto se lo volete potete controllare abbastanza facilmente la respirazione. La respirazione diviene allora un legame tra il conscio e l'inconscio. Se imparate a concentrarvi sulla respirazione e a controllarla, con il tempo imparerete e controllare anche il vostro inconscio.

 

 

 

Meditazione e inconscio

La mente ha due facce, una sotto il controllo della volontà cosciente e una no: conscio ed inconscio. Uno degli scopi della meditazione è arrivare al controllo dell'inconscio.

Il fantasticare può essere considerato come un punto di confluenza tra conscio e inconscio. Se impariamo a dirigere il nostro fantasticare potremo imparare a controllare anche il nostro inconscio. Lo stesso vale per le immagini che appaiono nell'occhio della mente. Hanno ovviamente origine nell'inconscio. E' estremamente difficile controllarle senza una disciplina rigorosa, ma colui che vi riesce getta un ponte tra il conscio e l'inconscio.

Anche il processo del pensiero è controllato in larga misura dall'inconscio, ma può essere controllato dalla mente cosciente... Gradualmente una parte sempre più importante dell'inconscio diviene accessibile alla parte cosciente il che permette di acquisire a poco a poco il controllo di tutto il processo mentale.

Uno degli scopi della meditazione è proprio quello di arrivare al controllo del subconscio. Chi ci riesce raggiunge un alto livello di padronanza di sé, che del resto è un altro degli scopi della meditazione. E' chiaro allora perché tante discipline utilizzino esercizi di respirazione come strumenti di meditazione. Si direbbe che talvolta le varie parti della mente agiscano indipendentemente. Questo conflitto interiore può essere anche così forte da dare l'impressione di una doppia personalità. E' come se una parte della mente volesse qulacosa e un'altra parte una cosa totalmente diversa. Prendiamo l'esempio della tentazione sessuale. Una parte della mente dice sì in modo prepotente, mentre l'altra solleva obiezioni morali che possono essere altrettanto forti quanto il desiderio. Questa seconda parte della mente può opporsi con una forza pari alla prima e la persona può sentirsi schiacciata in mezzo alle due pressioni. Nella psicologia freudiana classica, si direbbe che si tratta di un conflitto tra l'es e il super io. Nel nostro esempio, l'es dice sì alla tentazione, mentre il super io vi si oppone. E' l'io che viene a fare da arbitro tra queste due voci dell'inconscio. Per quanto lo schema freudiano sia interessante, l'introspezione mostra che il conflitto è in realtà molto più complesso di questa semplice opposizione dell'es e del super-io. Talvolta non sono solo due voci, ma tre, quattro o anche più a inviare segnali discordanti alla mente. Colui che impara a controllare il suo inconscio riesce a poi a evitare in larga misura questi conflitti... Con l'esperienza si impara a pensare ciò che si vuole e quando si vuole. Le pressioni psicologiche dell'inconscio non turbano più e si resta sempre padroni della situazione. Si è dunque padroni di se stessi e non si farà mai ciò che non si vuole veramente fare. Per molte scuole questa padronanza di sé è uno degli scopi prioritari della meditazione.

 

 

 

Avvertimenti e cautele

La maggior parte dei metodi che esporremo in questo libro sono semplici e non presentano pericoli se vengono utilizzati in modo corretto. Sono facili da assimilare e possono favorire una presa di coscienza nuova, permettando di raggiungere stati di coscienza più elevati.

Specie nelle sue forme più avanzate, quando dirige la concentrazione sul "non pensiero" l'esercizio di fare il vuoto mentale può comportare alcuni rischi, e deve essere praticata con la guida di un maestro esperto.

Quando i sensi sono disattivati e ogni sensazione interna o esterna eliminata il senso del divino è rafforzato ed è possibile sperimentare una profonda intimità con Dio. Talvolta la beatitudine raggiunta nel corso di queste esperienze è così totale che può accadere che la persona che la sperimenta non voglie più ritornare a uno stato di coscienza normale, che si perda totalmente nello stato mistico, che ne sia inghiottita. Prima di esplorare questi livelli di coscienza superiori, assicuratevi di avere un mezzo che vi permetta di ridiscendere in modo sicuro. I testi insistono sul fatto che prima di imbarcarsi per le sfere superiori è bene avere un maestro. Se salite e non sapete come ridiscendere o non volete più farlo, il maestro vi aiutarà a farlo con le sue parole. Secondo altre fonti i mistici debbono giurare che dopo la meditazione torneranno alla coscienza normale.

Tutti i testi sulla meditazione ebraica sottolineano che è necessario possedere una disciplina personale molto forte prima di cimentarsi in forme avanzate di meditazione, perché gli stati superiori sono seducenti ed è possibile perdere il senso della realtà. Ma colui che, in linea generale, è padrone delle sue azioni e delle sue emozioni è in grado di mantenere il senso della realtà.

Un detto popolare afferma che la Cabbalà rende folli. L'esplorazione degli aspetti pià esoterici della meditaione cabbalistica può effettivamente presentare dei pericoli per l'equilibrio mentale, soprattutto se viene affrontato senza una preparazione sufficiente.

Le forme di meditazione presentate in questo libro non sono montagne pericolose, somigliano piuttosto a dolci colline la cui cima può essere raggiunta senza pericolo, ma da cui è possibile vedere vasti orizzonti.

Una volta acquisita la capacità di visualizzazione, esistono altri metodi ancona più avanzati: immaginare che il cielo si apra e di attraversare i sette firmamenti fino al più elevato su cui si visualizza il tetragramma in varie modalità. Questi ultimi esercizi possono portare a livelli spirituali molto elevati e bisogna stare attenti a non prenderli alla leggera. Nella fonti originali è scritto he prima di cimentarsi con queste tecniche è necessario dedicare una giornata intera a prepararsi, recitando i salmi e studiando la Torà. Prima di cominciare la meditazione, ci si deve purificare fisicamente e spiritualmente con un bagno nel mikvé (il bagno rituale) o in un corso d'acqua. SI raccomanda di vestirsi di bianco. E' una visualizzazione pericolosa, che richiede un maestro molto esperto o almeno un compagno di meditazione.

Il Baal Shem Tov raccomanda del resto di avere un compagno in tutti i tipi di meditazione avanzata che, in caso di necessità, aiuti l'altro a ritornare nel mondo reale.

La visualizzazione è molto utile perché serve a controllare le visioni che accade spesso di avere nelle forme più profonde di meditazione, e che è consigliabile carriace, anche sostituendole col tetragramma.

Quando si è imparato a controllare le immagini mentali, il rischio di veder apparire false visioni è molto meno grande. La meditazione diventa totalmente pura e non è turbata da manifestazioni secondarie senza importanza.

  Pericoli della visualizzazione del nulla

La visualizzazoine del nulla è molto avanzata e assolutamente non adatta per i principianti. Va praticata sotto la guida di un maestro spirituale e mai da soli. Se l'autore ne parla è perché è molto vicina al metodo della visualizzazione ed è importante per poter comprendere certi aspetti della meditazione e del misticismo ebraico.

C'è il rischio di essere inghiottiti dal nulla e di non essere capaci di riemergere. E' pertanto necessario avere sempre un compagno o un maestro spirituale che possa richiamarci alla realtà oggettiva

Possono essere necessari anni per imparare a visualizzare veramente il nulla. Non è una disciplina facile, ma una volta acquisita, è uno strumento molto potente per la visualizzazione. Il nulla è la più pura delle immagni che sia possibile rappresentare mentalmente.

Uno degli scopi della meditazione è quello di aiutare a bandire l'ego, cosa molto difficile nella nostra società. Nella vita turbolenta di tutti i giorni, per non essere schiacciati, è necessario avere un forte senso di sé e dei propri scopi. Per molte persone può essere controproducente praticare una disciplina di meditazione che indebolisce l'ego e il senso di sé. Può verificarsi infatti che gli scopi che una persona auspica di raggiungere per mezzo della meditazione siano diametralmente opposti alle sue aspirazioni più profonde. Essendo diretta verso l'interno la conversazione con Dio non presenta questi svantaggi rispetto alla meditazione mantrica o alla contemplazione, anche se, come ogni altro tipo di meditazine, può aiutare a superare l'ego. La conversazione con dio rimpiazza però l'ego con qualche cosa di ancora più forte. Grazie al dialogo con DIo arriviamo a vedere noi stessi in una prospettiva diversa, cominciamo a percepirci come una ramificazione di Dio. Questa forma di meditazione ci rende, per così dire, partecipi del divino. Se dopo averne parlato con dio, i nostri progetti continuano ad apparirci validi, la nostra determinazione ne sarà rafforzata.

Dobbiamo però fare attenzione anche al pericolo contrario. Se una persona non è in grado di annullare il proprio  ego, può diventare ancora più testarda, ostinata e incapace di dialogare con gli altri. Non c'è persona più antipatica di colui che is compomrta come se fosse in comunicazione diretta con Dio.

Conversare con dio, facendoci vedere noi stessi con gli occhi di dio può servire a farci trovare un senso alla nostra vita, come se fossimo in psicoterapia.

Mentre nella psicoterapia la risposta viene dall'esterno, nella meditazione viene dall'interno.

La preghiera-meditazione somiglia ad una auto-terapia e comporta gli stessi rischi. Come nel corso di una terapia può accadere di scoprire problemi profondi che se non vengon orisolti rischiano di procurare gravi sofferenze. In psicoterapia, il teprapeuta è là proprio per aiutare il paziente quando il problema si rivela troppo difficile. Chi pratica la meditazine come auto-terapia, può trovarsi invece in un vicolo cieco dal quale non è più capace di uscire. Pertanto, se utilizzate la preghiera-meditazione come una forma di auto-terapia, è molto importante che vi facciate seguire da una guida che sia in grado di capire cosa sta avvenendo. Senza questo aiuto, i risultati potrebbero rivelarsi più negativi che positivi. La vostra guida deve essere una persona equilibrata e psicologicamente forte che abbia già acquisito una grande esperienza nel guidare

Dopo aver recitato per anni la amidà tre volte al giorno, lo si può fare veramente senza pensarci. Indubbiamente questo comporta il pericolo che lam ente vada alla deriva e si allotani dalle parole, privando la preghiera del suo significato. Molte persone che pregano tutti i giorni hanno infatti difficoltà a concentrarsi su quello che stanno dicendo. Se pertanto nella amidà si vede solo una preghiera, questo problema esiste, ma se la si considera un mantra, l'automatismo naturale della recitazione si trasforma invece in un vantaggio. Le parole agiscono allora come un mantra e, calmando la mente, eliminano ogni pensiero estraneo.

Quando una persona fa l'esperienza di dio c'è sempre il rischio che si tratti di una falza esperienza. La persona può pensare di aver avuto un'esperienza del Divino mentre si tratta di qualcosa di totalmente diverso, ed è per questa ragione che diciamo (nell'Amidà): "Dio nostro e dei nostri padri". L'esperienza di Dio non è qualcosa che inventiamo noi, qualcosa che non ha legami con il passato. Al contrario si tratta di un'esperienza che si integra in una tradizione ancestrale.

(Parlando del combattimento tra Giacobbe e l'angelo) Quando una persona si apre alla spiritualità, si apre sia al bene che al male, il che significa combattere con le forze del benee con quelle del male.

 

 

 

Esperienze e realizzazioni tipiche dello stato meditativo

Concentrazione totale/"Stati di attenzione"

Normalmente, la mente è disunita: mentre si cerca di mettere a fuoco un problema altre parti possono rivolgere attenzione ad altre idee. Per questa ragione noi usiamo solo una parte della nostra mente, mentre un'altra parte vaga o semplicemente resta passiva e può succedere anche che si oppponga strenuamente ai nostri sforzi tesi alla concentrazione.

La concentrazione totale non si applica solo alla soluzione di un problema, ma anche alle esperienze più semplici, come alla contemplazione di un oggetto.

Questo è anche collegato al fatto che immagini mentali continuano ad apparire dinanzi agli occhi aperti come facevano dinansi agli occhi chiusi, solo che per la loro tenuità in confronto con le percezioni del mondo esterno, non ce ne rendiamo conto.

Uno dei grandi obiettivi della meditazione è dunque quello di portare a una maggiore consapevolezza e accrescere le percezioni: più vasta è la parte della mente che si concentra su una determinata esperienza e più questa esperienza sarà intensa.

Esistono due modi per arrivare a questo risultato attraverso la meditazione. Il più semplice consistenel fare silenzio nelle parti della mente che non sono concentrate sull'esperienza in atto. Il secondo modo di amplificare un'esperienza mediante la meditazione consiste nel focalizzare una parte quanto più vasta possibile della mente sull'esperienza stessa.

Sono metodi collegati: quando facciamo silenzio in alcune parti della mente ci concentriamo di più, e quando una parte maggiore della mente si concentra sull'esperienza blocca gli altri stimoli sensori e mentali.

La consapevolezza accresciuta ed aumentata ci porta a una consapevolezza più profonda e più chiara del mondo che ci circonda, si prenderà coscienza di fenomeni che prima erano sfuggiti. E' possibile vedere l'universo intero in un granello di sabbia; diagnosticare le malattie concentrandosi sul battito del polso di una persona in modo che riempia tutto il suo mondo sensoriale; avere percezioni extrasensoriali (purtroppo, nella maggior parte delle esperienze extrasensoriali, i risultati dipendono da fattori così numerosi che è difficile arrivare a conclusioni definitive); sintonizzare lo spirito con certe verità (o Verità con la lettera maiuscola)

Con la meditazione ci si può concentrare ad esempio sulla bellezza di una rosa.

La Bellezza è una delle dieci Sefiroth; esse possono essere concepite come "variatori" che amplificano le esperienze a loro associate. Così, dal momento che la bellezza è una delle dieci Sefiroth possiamo aumentare il volume del recettore corrispondente per intensificarne la percezione.

Ampliamento della capacità mnemonica

Vedi "Stati di coscienza", “Ampliamento capacità mnemonica"

"Stato di risoluzione dei problemi"

Vedi "Stati di coscienza", "Stati di risoluzione dei problemi"

Percezioni extrasensoriali

La consapevolezza accresciuta ed aumentata ci porta a una consapevolezza più profonda e più chiara del mondo che ci circonda, si prenderà coscienza di fenomeni che prima erano sfuggiti. E' possibile vedere l'universo intero in un granello di sabbia; diagnosticare le malattie concentrandosi sul battito del polso di una persona in modo che riempia tutto il suo mondo sensoriale; avere percezioni extrasensoriali (purtroppo, nella maggior parte delle esperienze extrasensoriali, i risultati dipendono da fattori così numerosi che è difficile arrivare a conclusioni definitive); sintonizzare lo spirito con certe verità (o Verità con la lettera maiuscola)

Visione panoscopica

Un altro fenomeno è la visione panoscopica: un oggetto è visto contemporaneamente da tutti i lati

Visualizzazione in più dimensioni rispetto alle tre usuali

In uno stato di coscienza superiore è possibile visualizzare al di là delle tre dimensioni usuali, fino a cinque.

Sinestesia

Un altro fenomeno importante è la sinestesia

Visualizzazione del nulla

Ad un livello molto alto di meditazione può essere visualizzato anche il nulla. Il nulla è in realtà al di là di immagini come il buio o il vuoto: è assenza di ogni cosa, anche del buio e del vuoto. Se volete sapere a cosa somiglia il nulla, pensate a quello che vedete dietro la vostra testa (alcune tecniche consigliano di pensare a cosa si vede dentro la testa). E' possibile trasferire questa percezione, durante la meditazione, nell'occhio della mente. Ci sono esperienze così sottili che possono essere offuscate perfino dalla visualizzazione del buio o del vuoto; lo spirito è invece aperto alle influenze più evanescenti quando è pervaso dall'esperienza del nulla. Una di queste esperienze è quella della spiritualità pura, quando il nulla viene riempito da ciò che proviene dall'En Sof, l'Infinito.

Sviluppo della sensibilità spirituale

Se una regione della mente è particolarmente sensibile alla spiritualità, questa sensibilità può essere volontariamente amplificata e sviluppata con la meditazione.

Sintonizzazione con le grandi verità/risposte sul senso dell'esistenza, lo scopo della vita, la vera natura della realtà

La meditazione ci consente di sintonizzare lo spirito con certe verità (o Verità con la lettera maiuscola). Quando cerchiamo di rispondere a domande fondamentali, come quelle sul senso dell'esistenza, lo scopo della vita, la vera natura della realtà, le risposte che riusciamo a dare restano vaghe e sfuggenti e rimangono talvolta sul limitare della coscienza, troppo deboli pre riuscire a varcare la barriera delle interferenze della mente. Una delle verità più sfuggenti è proprio la conoscenza di se stessi. Normalmente ci vediamo attraverso lo spesso velo dell'io ed è per questa ragione che ci è impossibile percepirci allo stesso modo in cui ci vedono gli altri. Con la meditazione possiamo farlo.

Sintonizzazione con le grandi verità>Consapevolezza di sé

La consapevolezza di sé generata dalla meditazione in certi casi può fortificare anche l'io. Una persona che abbia una cattiva immagine di sé e una sensazione di inadeguatezza può prendere sicurezza, può capire meglio le sue motivazioni, imparare a dirigerle, fare ciò che desidera e non ciò che gli altri si aspettano da lui. Sarà capace di valutare più oggettivamente le sua relazioni con gli altri e imparerà poi a migliorarle.

Sintonizzazione con le grandi verità>Presa di coscienza spirituale/Presa di coscienza di Dio

Uno degli effetti della meditazione è di portare alla presa di coscienza spirituale. Il mondo dei sensi, le idee che nascono spontaneamente nella mente offuscano le sensazioni spirituali. Con la meditazione è possibile mettersi all'ascolto del mondo spirituale a arrivare a una esperienza mistica. Le esperienze più intense furono quelle dei profeti biblici. Essi avevano una esperienza così forte della divinità che potevano utilizzarla per acquisire informazioni. Al suo livello più elevato la meditazione può far sperimentare Dio. Per molte tradizioni religiose, tra cui l'ebraismo, questo è lo scopo ultimo della meditazione.

Via via che procederete nell'esplorazine di ciò che è veramente importante pr voi, è probabile che arriviate a un punto in cui sentite che state affrontando una nuova tappa e che iniziatea interrogarvi non solo sul senso della vostra vita, ma sul senso della vita in generale. A questo stadio avrete scoperto Dio.

Controllo dell'inconscio/Padronanza delle emozioni/Discernimento delle emozioni

Si direbbe che talvolta le varie parti della mente agiscano indipendentemente. Questo conflitto interiore può essere anche così forte da dare l'impressione di una doppia personalità. E' come se una parte della mente volesse qulacosa e un'altra parte una cosa totalmente diversa. Prendiamo l'esempio della tentazione sessuale. Una parte della mente dice sì in modo prepotente, mentre l'altra solleva obiezioni morali che possono essere altrettanto forti quanto il desiderio. Questa seconda parte della mente può opporsi con una forza pari alla prima e la persona può sentirsi schiacciata in mezzo alle due pressioni. Nella psicologia freudiana classica, si direbbe che si tratta di un conflitto tra l'es e il super io. Nel nostro esempio, l'es dice sì alla tentazione, mentre il super io vi si oppone. E' l'io che viene a fare da arbitro tra queste due voci dell'inconscio. Per quanto lo schema freudiano sia interessante, l'introspezione mostra che il conflitto è in realtà molto più complesso di questa semplice opposizione dell'es e del super-io. Talvolta non sono solo due voci, ma tre, quattro o anche più a inviare segnali discordanti alla mente. Colui che impara a controllare il suo inconscio riesce a poi a evitare in larga misura questi conflitti... Con l'esperienza si impara a pensare ciò che si vuole e quando si vuole. Le pressioni psicologiche dell'inconscio non turbano più e si resta sempre padroni della situazione. Si è dunque padroni di se stessi e non si farà mai ciò che non si vuole veramente fare. Per molte scuole questa padronanza di sé è uno degli scopi prioritari della meditazione.

Quando si è perfettamente padrone delle proprie emozioni si è in grado di far emergere una emozione, qualunque essa sia, e di dilatarla a proprio piacere. Invece che essere dominati da passioni come l'amore, il desiderio o la paura, sarete voi a controllarle. Potrete farle emergere per coniugarle insieme illuminando ogni aspetto della vita con tutta una ricca gamma di sentimenti. Il controllo delle vostre emozioni può far conoscere nella vita quotidiana una varietà di sentimenti sconosciuti alla maggior parte della gente.

 

 

 

Classificazioni della meditazione

I modi in cui è possibile interagire con la nostra mente sono limitati e costituiscono le categorie di tutti i sistemi di meditazione. Pertanto chi comprende la meditazione in generale può capire anche la meditazione ebraica.

Le forme di meditazione possono essere classficate come segue:

Meditazioni verbali e non verbali

La meditazione verbale presuppone parole, pensieri o discorsi

  Esempi di meditazione verbale:

·    La conversazione orale a voce alta con Dio

  E' possibile utilizzare facoltà diverse dalla uditiva

Anche se la maggior parte dei metodi di meditazione sono visivi o verbali è tuttavia possibile utilizzare altre facoltà per attivare la meditazione. Si può meditare su un suono, sul verso di un grillo per esempio, sul rumore dell'acqua che scorre o su una nota musicale ripetuta all'infinito. La meditazoine in questo caso non è verbale, ma fa ricorso al senso dell'udito. Allo stesso modo la meditazione può servirsi anche dell'odorato. Sappiamo del resto che esistono delle benedizioni, "berakhot", sui profumi che possono trasformare il piacere di un buon odore in una esperienza meditativa. E lo stesso vale per il tatto.

Si può infine usare il senso cinestesico; si tratta di meditare su un movimento o tutta una serie di movimenti del corpo. E' la tecnica usata dai sufi nelle loro meditazioni danzate, e anche i chassidim la usano spesso quando meditano danzando o dondolandosi lentamente. Ogni azione meditativa può essere ricondotta al senso cinestesico anche se sono coinvolti altri sensi. L'essenziale è di concentrarsi sul gesto e di elevarlo fino a farne na manifestazione di adorazione divina. Un'azione banale come quella di rigovernare può diventare un momento di meditazione. Nell'ebraismo, la meditazione per mezzo di un'azione è particolarmente importante quando è legata all'osservanza dei precetti e dei riti.

La meditazione infine può basarsi sulle nostre stesse emozioni. Ci si può concentrare ad es. sull'emozione dell'amore esattamente come ci si concentra su un fiore o la fiamma di una candela. Contemplerete l'amore che provate per qualcuno e purificherete questa emozione liberandola da ogni interferenza esterna. Questo amore purificato potrà essere poi diretto verso Dio o verso il prossimo. Del resto i comandamenti "Ama Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e tutte le tue forze" (Deuteronomio 6,5) e "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Levitico 19,18) indicano questo percorso. Rivolgendo il nostro spirito verso l'amore per Dio e per il nostro prossimo, diamo un orientamento completamente diverso alla nostra vita.

Meditazioni rivolte all'interiorità o meditazione dirette all'esterno

La meditazione rivolta all'interiorità proviene dall'interno della persona che medita e non è diretta da stimoli esterni

  Esempi di meditazione diretta all'esterno

·    Il modo più semplice di meditazione diretta all'esterno consiste nel fissare un oggetto esterno (un versetto scritto su carta, la fiammella di una  candela, un fiore, un quadro, una pietra o qualsiasi altra cosa) e lasciar vagare i pensieri (meditazione non strutturata). Tuttavia, se usate questo metodo per coinvolgere totalmente la vostra mente e cacciare ogni altro pensiero allora imponete una struttura alla meditazione. La visione dell'oggetto e dei suoi particolari si fa sempre più profonda, cercherete di penetrarne l'essenza e cancellerete dalla mente ogni altro pensiero. Al di là dell'essenza dell'oggetto potrete cerare di vedere il divino nell'oggetto ed usarlo come trampolino per raggingere Dio.

  Esempi di meditazione rivolta all'interiorità:

·    la conversazione orale a voce alta con Dio

Meditazioni strutturate e meditazioni non strutturate

Si ha una meditazione non strutturata quando la persona si siede per meditare senza idee preordinate sulla direzione che prenderà la meditazione.

Nel momento in cui si stabilisce un programma, la meditazione diviene strutturata. Questa struttura può essere flessibile o rigida, a secondo degli obiettivi.

Per esempio potete decidere che ogni giorno, per un periodo di tempo determinato, diciamo una settimana, mediterete su un particolare soggetto e passerete a un altrosoggeto la settimana seguente (es. su come rimettere ordine nella propria vita: prima settimana rapporti col coniuge, seconda settimana rapporti coi figli, terza settimana sulla carriera).

La meditazione programmata è particolarmente efficace per coloro che desiderano perfezionare un'attitudine o uno stile di vita particolare

Un'altra maniera per strutturare maggiormente consiste nel prendere un versetto ella Bibbia come oggetto di meditazione. Il vostro obiettivo sarà sempre di rimettere ordine nella vostra vita, ma tenterete di farlo alla luce di quel versetto della Bibbia che potrà anche servire come base pr na conversazone con Dio.

  Esempi di meditazione non strutturata:

·    La conversazione orale a voce alta con Dio

  Esempi di meditazione strutturata:

·    Potreste strutturare la meditazione semplicemente stabilendo un argomento da cambiare ogni periodo (settimana...), magari all'interno di un argomento più vasto. Ad es., nell'ambito del riordino della propria vita si può meditare per un periodo sui rapporti col coniuge, un altro periodo sui rapporti con i figli, un altro periodo sulla carriera ecc.

Meditazioni con supporto e meditazioni senza supporto

Ci sono tecniche di meditazione che non utilizzano alcun supporto e controllano direttamente il pensiero. Queste tecniche vengono considerate generalmente come le forme più avanzate di meditazione

Meditazioni come quella consistente nell'interrompere il pensiero, dal momento che non usano alcun supporto vengono chiamate "meditazioni non dirette".

  Esempi di meditazione senza supporto:

·    Una di queste tecniche è l'esercizio di interrompere il pensiero (vedi altrove)

Una di queste tecniche consiste nell'esercitarsi a interrompere i pensieri. In pratica sono necessari anni di esercizio intenso per perfezionarla. Dal momento che questa tecnica non usa alcun supporto viene chiamata meditazione non diretta. Nelle sue forme più avanzate può dirigere la concentrazione sul "non pensiero", sul nulla. Comporta tuttavia alcuni rischi e deve essere praticata con la guida di un maestro esperto.

 

La meditazione rivolta all'interno non strutturata è particolarmente utile per fare il bilanio della propria vita, trovarvi un senso. La meditazione strutturata rivolta all'esterno è utilizzata il più sovente per concentrare la riflessione ed avere un'esperienza trascendente.

Esistono modi intellettuali di meditazione. Molte tradizioni li associano alla "via dell'intelletto" e certe forme di meditazione sembrano fatte su misura per indurre stati di coscienza propizi alla soluzione dei problemi. Kaplan avvicina queste forme di meditazione agli "stati di soluzione dei problemi", stati durante i quali la nostra capacità di soluzione dei problemi è molto superiore

|Quando avrete fatto abbastanza progressi sulla via della meditazione ed avrete imparato a concentrarvi, il che può richiedere settimane o anche mesi, imparerete a controllare le visioni dell'occhio della mente. Potrte allora fare apparire un'imagine e osservarla per quanto tempo desiderate. Come vedremo, questa tecnica può costituire di per sé una forma di meditazione.

 

 

 

Tecniche di meditazione specifiche (elenco)

Meditazione su un versetto

  Scelta del versetto

Normalmente si usa un versetto della Bibbia, ma ovviamente qualsiasi massima o insegnamento può servire come base per questo tipo di meditazione

[q] Al limite anche una formula proposizionale può servire come oggetto di meditazione

Il versetto della Bibbia può essere scelto a caso o in relazione con l'oggetto della meditazione...

L'oggetto della meditazione può essere una frase qualunque, una parola o una citazione. Il grande maestro chassidico Nachman di Breslav usava l'espressione "Padrone dell'Universo".

Nelle tradizioni orientali, le frasi che si ripetono nel corso di una meditazione vengono chiamate mantra, e la tecnica, meditazione mantrica. Uno dei sistemi più conosciuti della meditazione mantrica è la meditazione trascendentale. Poiché le lingue occidentali non hanno un termine generico equivalente, utilizzerò il vocabolo mantra quando richiesto dal contesto.

Il versetto della Bibbia può essere scelto a caso o in relazione con l'oggetto della meditazione... Il vostro obiettivo sarà per es. quello di rimettere ordine nella vostra vita, ma tenterete di farlo alla luce di quel versetto della bibbia che potrà anche servire come base per una conversazione con Dio

La vostra meditazione di un giorno, di una settimana o anche di un mese potrà vertere su questo versetto.

Il versetto può essere usato sia visualmente che verbalmente. Se volete servirvene visualmente come base della meditazione ricopiatelo su un foglio e utilizzatelo per concentare l riflessione. Fissate lo sguardo sul testo senza interruzioni: deve diventare il centro della votra attenzione, escludendo tutto il resto, come se non esistesse niente altro, e lasciateche i vostri pensieri fluiscano liberamente. A un livello più avanzato, potrete servirvi di questo metodo per fare il vuoto nella mente che sarà occupata unicamente dal versetto.

Esistono diversi metodi di meditazione su un versetto:

  Leggere il versetto prima di meditare ed eventualmente impararlo a memoria per poi usarlo come punto di partenza per una meditazione non strutturata. Cominciate col meditare sul versetto, dopodiché vi concentrerete sul soggetto scelto per la meditazoine

  Un altro metodo consiste nel ricopiare il versetto al fine di poterlo rileggere nel corso della meditazione e di riportarvi l'attenzione di tanto in tanto. Questo metodo è efficace se desiderate correlare il versetto a un problema concreto della vostra vita

  Il versetto può infine costituire l'oggetto stesso della meditazione. La vostra meditazione diventa una conversazione con il versetto biblico: riflettete sul versetto, lo studiate da vari punti di vista, ne ricercate le varie interpretazioni possibili, cercate di applicarlo al problema concreto che vi preoccupa. Se il versetto implica un messaggio particolare potrete dedicargli una serie di sedutedi meditazione al fine di integrarlo alla vostra personalità

Qualsiasi massima o insegnamento, anche al di fuori dei versetti biblici, può servire come base per questo tipo di meditazione.

  Meditazione visiva sul versetto

 

  Meditazione verbale su un versetto

Vedi le annotazioni raccolte sotto "meditazione mantrica"

Vuoto mentale

Un utile esercizio è smettere di pensare: prendere coscienza dei nostri pensieri cercando di interromperne il flusso.

Dopo alcuni secondi di questo esercizio le idee cominciano ad insinuarsi nel cervello e poi vi profompono, spesso con la forza di un torrente in piena. Come molte altre discipline anche questa può essere perfezionata. Esercitandovi ad interrompere il flrusso dei pensieri, riuscirete a farlo per periodi sempre più lunghi e infine sarete capacie di interrompere e riprendere i vostri pensieri quando lo vorrete. Tuttavia è più facile a dirsi che a farsi. In pratica sono necessari anni di esercizio intenso per perfezionare questa tecnica. Dal momento che questa meditazione non usa alcun supporto viene chiamata “meditazione non diretta". Nelle sue forme più avanzate può dirigere la concentrazione sul "non pensiero", sul nulla. Comporta tuttavia alcuni rischi e deve essere praticata con la guida di un maestro esperto. La maggior parte dei metodi che esporremo in questo libro sono semplici e non presentano pericoli se vengono utilizzati in modo corretto. Sono facili da assimilare e possono favorire una presa di coscienza nuova, permettando di raggiungere stati di coscienza più elevati.

Concentrazione sul "non pensiero"

L'esercizio di far cessare il pensiero, nelle sue forme più avanzate può dirigere la concentrazione sul “non pensiero", sul nulla. Comporta tuttavia alcuni rischi e deve essere praticata con la guida di un maestro esperto. La maggior parte dei metodi che esporremo in questo libro sono semplici e non presentano pericoli se vengono utilizzati in modo corretto. Sono facili da assimilare e possono favorire una presa di coscienza nuova, permettando di raggiungere stati di coscienza più elevati.

Yichudim

Numerosi testi cabbalistici parlano di yichudim o "unificazioni". Nella maggior parte dei casi, il metodo di meditazione degli yichudim consiste nell'immaginare vari nomi di dio e di manipolarne le lettere. Ma si tratta di un metodo molto avanzato e richiede la conoscenza della Cabbalà.

Anche in questo caso potete utilizzare la contemplazione come introdurzione alla visualizzazione. Se avete difficoltà a visualizzare il Tetragramma, dovrete contemplarlo per molti giorni di seguito, scritto su un foglio di carta. Potrete dediare la prima parte della meditazione a contemplare il nome e la seconda parte a cercare  di visualizzarlo ad occhi chiusi. COn l'esercizio riuscirete infine a visualizzarlo senza dover utilizzare l'immagine scritta.

Quando sarete in grado di visualizzare il nome, potrete utilizare l'esercizio per praticare lo yichud molto semplice che è descritto nel capitolo precedente (segue la descrizione di questo Yichud)

Riflessione sulle domande circa un dio trascendente

Riflettere sulle domande: "cosa c'è al di là del tempo e dello spazio?"; "In che modo il mondo ha avuto origine?"; “Perché il mondo esiste?"; "Cosa c'era prima del tempo?"

Meditazione su un suono

Anche se la maggior parte dei metodi di meditazione sono visivi o verbali è tuttavia possibile utilizzare altre facoltà per attivare la meditazione. Si può meditare su un suono, sul verso di un grillo per esempio, sul rumore dell'acqua che scorre o su una nota musicale ripetuta all'infinito. La meditazoine in questo caso non è verbale, ma fa ricorso al senso dell'udito.

Meditazione mediante l'odorato

Allo stesso modo la meditazione può servirsi anche dell'odorato. Sappiamo del resto che esistono delle benedizioni, "berakhot", sui profumi che possono trasformare il piacere di un buon odore in una esperienza meditativa. E lo stesso vale per il tatto.

Meditazione mediante il tatto

Allo stesso modo la meditazione può servirsi anche dell'odorato. Sappiamo del resto che esistono delle benedizioni, "berakhot", sui profumi che possono trasformare il piacere di un buon odore in una esperienza meditativa. E lo stesso vale per il tatto.

Meditazione mediante il senso cinestesico

Si può infine usare il senso cinestesico; si tratta di meditare su un movimento o tutta una serie di movimenti del corpo. E' la tecnica usata dai sufi nelle loro meditazioni danzate, e anche i chassidim la usano spesso quando meditano danzando o dondolandosi lentamente. Ogni azione meditativa può essere ricondotta al senso cinestesico anche se sono coinvolti altri sensi. L'essenziale è di concentrarsi sul gesto e di elevarlo fino a farne na manifestazione di adorazione divina. Un'azione banale come quella di rigovernare può diventare un momento di meditazione. Nell'ebraismo, la meditazione per mezzo di un'azione è particolarmente importante quando è legata all'osservanza dei precetti e dei riti.

Meditazione per mezzo di una azione rituale o di osservanza

Nell'ebraismo, la meditazione per mezzo di un'azione è particolarmente importante quando è legata all'osservanza dei precetti e dei riti. Molti ebrei e non ebrei vedono i precetti solo come azioni rituali di routine; al contrario numerose fonti ebraiche parlano dei precetti come di strumenti adatti alla meditazione al fine di elevare la coscienza a una percezione più vicina a Dio. Visto da questa ottica, il precetto riveste una grande importanza spirituale.

Meditazione sulle emozioni

La meditazione infine può basarsi sulle nostre stesse emozioni. Ci si può concentrare ad es. sull'emozione dell'amore esattamente come ci si concentra su un fiore o la fiamma di una candela. Contemplerete l'amore che provate per qualcuno e purificherete questa emozione liberandola da ogni interferenza esterna. Questo amore purificato potrà essere poi diretto verso Dio o verso il prossimo. Del resto i comandamenti "Ama Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e tutte le tue forze" (Deuteronomio 6,5) e "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Levitico 19,18) indicano questo percorso. Rivolgendo il nostro spirito verso l'amore per Dio e per il nostro prossimo, diamo un orientamento completamente diverso alla nostra vita.

Indicatori degli stati di coscienza meditativi

Le visioni dell'occhio della mente costituiscono uno ei rari indicatori oggettivi dello stato di meditazione. Saprete di essre arrivati allo stato meditativo quando queste immagini prenderanno una forma più determinata e permanente. Anche se le immagini mentali non sono la sola manifestazione di uno stato di coscienza superiore, costituiscono tuttavia un indizio importante che si presta facilmente a una descrizione soggettiva. Esistono anche altri indicatori che segnalano che una persona è in grado di controllare i propri processi mentali

Classificazione degli stati di coscienza

La meditazione ha come scopo di elevarci a stati superiori di coscienza

Stati di coscienza ordinari

Gli stati di coscienza ordinari sono:

  Veglia

  Sonno non-rem

  Sonno rem

  Stato di veglia in cui ci sentiamo particolarmente lucidi

  Stato di veglia in cui ci sentiamo confusi

“Stati di attenzione"

Stati di attenzione>Aumento della capacità di memorizzare

Già trascritto nei files arte memoria

Ricordo che quando studiavamo in “yeshivà", io e alcuni compagni decidemmo di verificare chi riusciva a studiare a memoria più pagine del Talmud. Per me l'esperienza fu estremamente interessante.La prima pagina mi richiese molti sforzi e molto tempo, probabilmente molte ore, ma via via che andavo avanti, ogni pagina diventava più facile da memorizzare. Dopo una decina di pagine, mi resi conto che riuscivo a imparare a memoria una pgina dopo averla letta tre o quattro volte. Dopo una ventina di pagine, ero capace di farlo leggendola una sola volta. Ciò che era stato estremamente difficile all'inizio, con l'esercizio era diventato relativamente facile, e anche i miei compagni fecero la stessa esperienza.

Tutti sanno che la memoria può essere esercitata. Coloro che devono memorizzare regolarmente un gran numero di informazioni lo fanno con maggiore facilità. Gli attori, per esempio, imparano un copione dopo una o due letture e molti musicisti sono in grado di memorizzare una partitura quasi immediatamente.

Da un punto di vista soggettivo è interessante notare che non avevo l'impressione che la mia memoria fosse migliorata, ma piuttosto che guardassi la pagina che volevo imparare in modo diverso, come se la mia memoria fosse ben aperta e che l'informazione vi accedesse senza ostacoli. Era come se prima ci fosse stata una barriera tra la percezione e la memoria e poi fosse stata abbattuta.

Secondo la logica questo ha un senso poiché se dovessimo ricordare tutto ciò che vediamo o impariamo, la nostra memoria sarebbe rapidamente ingombra di informazioni inutili. La mente possiede dunque una specie di filtro che impedisce di conservare nella memoria le informazioni che non desideriamo conservare. Il problema è che questo filtro talvolta interviene anche quando vogliamo memorizzare qualcosa. Con l'esercizio, possiamo però imparare a disattivare il filtro secondo la nostra volontà.

Difatti, chi ha esercitato la propria memoria si trova in uno "stato di attenzione" completamente diverso quando ha deciso di memorizzare un testo. Si potrebbe dire che è in stato di coscienza diverso.

Stati di attenzione>Gli "stati di soluzione dei problemi"

  Chiunque abbia lavorato ad un problema molto difficile, in particolare di scienze o matematica, sa bene come, a un certo punto, la mente sembri "ancorata" al problema. Risolvere il problema diventa la cosa più importante del mondo e tutte le fibre del nostro essere sembrano tendere alla sua soluzione. QUando il problema viene risolto si trova una gioia immensa, quasi sensuale. Può restare senza mangiare né dormire e non sentire la fatica fino a che non ha trovato la soluzione. In realtà attiva risorse intellettuali di cui non immaginava neppure l'esistenza.

Si può raggiungere uno stato di ancoraggio anche dipingendo una tela. Il fenomeno dell'ancoraggio della coscienza sembra accompagnarsi ad un'aumentata energia fisica. Il polso si accelera, può verificarsi un aumento della traspirazione e perfino che ci sia tremito. In tale stato vengono utilizzate molte più energie che in situazione normale, e nello sforzo creativo, oltre allo spirito, è coinvolto anche il corpo.

  Sembra tuttavia che esista un'altra forma di coscienza connessa alla soluzione dei problemi. Una sera, mentre Kaplan stava facendo il bagno e pensava in modo molto vago al problema con cui stava cimentandosi in quel periodo (un ipercubo penta-dimensionale) all'improvviso ogni aspetto divenne chiaro; poteva visualizzare e capire relazioni estremamente complesse. Quando uscì dal bagno era in possesso di tutte le chiavi per la soluzione del problema.

Si direbbe che la mente possieda due modi che le permettono di risolvere i problemi con facilità particolare. C'è il modo dell'"ancoraggio" durante il quale si constata un'accrescimento dell'energia del corpo e della mente. E c'è l'altro modo, che si manifesta quando la persona è perfettamente rilassata e la mente sembra che lvori da sola sul problema. Il primo modo fa intervenire tutto l'organismo ed è come un'esplosione di adrenalina. Nel secondo modo invece sia il corpo che la mente sono in riposo affinché quest'ultima possa concentrarsi sul problema, come un raggio laser.

La meditazione mantrica può essere utilizzata per rilassare il corpo e indurre un processo di concentrazione fredda (quella del cubo penta-dimensionale)

(Maggior controllo delle) Visualizzazioni

Vedi "Visualizzazione"

Se si presta attenzione alle immagini mentre si recita il mantra si noterà che la pratica mantrica ha reso più vivide, distinte le immagini e il loro controllo risulta aumentato. Vedi per questo "Visualizzazione"

Dal momento che si tratta di un esperimento, non è consigliabile andare troppo lontano in questa direzione senza aver pianificato un corso di meditazione. Questo tipo di esperienza mostra tuttavia molto bene che uno stato di coscienza superiore accresce considerevolmente la capacità di formare immagini mentali e di concentrarsi su di esse... Potrete far apparire immagini e osservarle per quanto tempo desiderate. Come vedremo, questa tecnica può costituire di per sé una forma di meditazione.

 

 

 

La meditazione mantrica

Nella meditazione mantrica il versetto viene ripetuto ininterrottamente per tutta la durata della meditazione. Anche in questo caso la meditazione sarà non strutturata se lasciate che la mente vaghi seguendo le parole che pronunciate, o strutturata se scacciate ogni altro pensiero estraneo alle parole del versetto

Invece che osservare il versetto scritto si può ripeterlo ininterrottamente per tutta la durata della meditazione

La meditazoine sarà non strutturata se si lascia che la mente vaghi seguendo le parole che si pronunciano, o strutturata se si scaccia ogni altro pensiero estraneo alle parole del versetto

In oriente si parla di "meditazione mantrica". La meditazione trascendentale è una meditazione mantrica.

Molti psicologi utilizzano questa tecnica per indurre nei loro pazienti uno stato di rilassamento. Esiste anche una forma di meditazione mantrica che esula da ogni visione mistica ed è concepita unicamente come tecnica terapeutica, la SCM (Standardized Clinical Meditation). Questa tecnica favorisce il rilassamento del corpo e nel contempo aumenta l'attività cerebrale.

La meditazione mantrica può essere utilizzata per rilassare il corpo e indurre la mente in un processo di concentrazione fredda (quella del cubo penta-dimensionale)

 

Il mantra si può usare "una tantum" abbinato alla visualizzazione (come tecnica di misurazione dello stato raggiunto)

Le visioni dell'occhio della mente costituiscono uno ei rari indicatori oggettivi dello stato di meditazione.

Saprete di essere arrivati allo stato meditativo quando queste immagini prenderanno una forma più determinata e permanente. Anche se le immagini mentali non sono la sola manifestazione di uno stato di coscienza superiore, costituiscono tuttavia un indizio importante che si presta facilmente a una descrizione soggettiva. Esistono anche altri indicatori che segnalano che una persona è in grado di controllare i propri processi mentali

 

Arrivati a questo stadio siete in grado di verificare da voi stessi gli effetti della meditazione mantrica. Dal momento che si tratta solo di un'esperienza e non di una vera disciplina di meditazione, il mantra che utilizzate non ha alcuna importanza: potete ripetere una frase senza senso o un verso della vostra poesia preferita o della bibbia o un qualsiasi gruppo di sillabe. Alcuni ripetono semplicemente: "Mi chiamo X", il che va benissimo. Se desiderate un'esperienza più spirituale, potete utilizzare per es. "Padrone dell'Universo" (Rabbi Nachman) o il suo equivalente in ebraico, che vi sarà indicato più avanti. Stando seduti comodamente, ripetete il vostro mantra sperimentale. A questo stadio poco importa se lo fate ad alta voce o in silenzio, canticchiandolo o mormorandolo. Per tutta la durata dell'esercizio, ripetete lentamente le parole che avete scelto. Dopo un po' comincerete a sentirvi molto più distesi e nello stesso tempo più lucidi.

La tappa seguente consiste nel recitare il mantra prestando attenzione alle immagini che si formano nella vostra mente. Esse dovrebbero diventare sempre più vivide via via che il vostro spirito si acquieta e persistere sempre più a lungo. Vi può capitare di vedere immagini bellissime, a volte così fantastiche da lasciarvi stupefatti. Le visioni dell'occhio della mente costituiscono uno dei rari indicatori oggettivi dello stato di meditazione. Saprete di essere arrivati allo stato meditativo quando queste immagini prenderanno una forma più determinata e permanente.

Dal momento che si tratta di un esperimento, non è consigliabile andare troppo lontano in questa direzione senza aver pianificato un corso di meditazione. Questo tipo di esperienza mostra tuttavia molto bene che uno stato di coscienza superiore accresce considerevolmente la capacità di formare immagini mentali e di concentrarsi su di esse... Potrete far apparire immagini e osservarle per quanto tempo desiderate. Come vedremo, questa tecnica può costituire di per sé una forma di meditazione.

"mantra" designa una parola o frase che deve essere ripetuta per un certo lasso di tempo. In molte forme di meditazione orientale la recitazione del mantra costituisce l'esercizio fondamentale

Uno degli effetti fondamentali è il rilassamento del corpo, che a sua volta rende la mente sempre più lucida.

Essendo un eccellente metodo di rilassamento, forme non religiose di meditazione mantrica sono utilizzate da psicologi per indurre rilassamento: ad es. la SCM ("Standardized clinical meditation").

Quando percepiamo un suono ripetuto, come un tic-tac, la mente alla fine non lo registra più.

QUando si ripete abbastanza a lungo un mantra, la mente visi abitua e si diventacapaci di recitarlo snza che la mente cossciente registri le parole. A questo stadio si è acquisita anche la capacità di fare il vuoto mentale mentre si recita il mantra e questo ne fa un eccellente metodo per uotare la mente da tutti i pensieri.

In effetti il mantra non ha necessariamente un rapporto con l'elemento mistico della meditazione, ma serve soprattutto a fare il vuoto mentale.

Tuttavia dal momento che il mantra ha un potere spirituale in se stesso non solo libera la mente dai pensieri estranei, ma eleva coui che medita in uno spazio spirituale particolare. La forma del mantra può rivestire una grande importanza se attraverso la meditaizone si desidera entrare in contatto con la dimensione spirituale.

Anche se la meditazione mantrica non è la forma più tipica della meditazione ebraica, è però la più semplice. Consiste nel ripetere costantemente una parola o una frase, di norma per una mezz'ora al giorno. E' molto importante praticare la meditazoine mantrica tutti i giorni per almeno un mese perché normalmente occorrono trenta o quaranta giorni perché questa forma di meditazione inizi a dare dei risultati

Nell'Hekhlaloth Rabbatai è detto che un nome di dio abbastanza lungo (in effetti una serie di nomi) va ripetuto 120 volte, senza interruzioni. Anche nelle forme orientali il mantra è ripetuto un numero di volte determinato.

Il mantra serviva come prima tappa dell'opera al carro. Il mantra eleva l'iniziato a uno stato a partire dal quale poteva intraprendere il viaggio di stanza in stanza nei mondi soprannaturali, a uno stato da dove può utilizzare altre tecniche per elevarsi sempre più in alto.

La tecnica gherushin consisteva nel ripetere un versetto della bibbia come un mantra. Questa tecnica non solo elevava ad un livello di coscienza superiore, ma serviva anche per arrivare ad una comprensione più profonda del versetto come se, attraverso la ripetizione, il versetto emanasse il suo significato.

Piuttosto che leggerlo o analizzarlo l'iniziato entrava in comunione con esso.

Josef Caro ripetevano un passo (paragrafo o mishnà) della Mishnà, la parte più antica del Talmud, terminata verso l'anno 200. Una magghid, una creatura angelica associata al mishnà gli parlava direttamente.

Anche il talmud dice che "ripetere la propria mishnà cento volte non è come ripeterla cento e una volta"

Pare che Luria adottasse una simile tecnica non intellettuale per capire lo Zohar

Nachman di Breslav (1772-1811) che parlò molto dell'hitbodeduth diceva che se uno non sa cosa dire basta che ripeta

Ribbonò Shel Olàm ("padrone dell'universo"), frase che sin dall'epoca talmudica serviva da introduzione alla preghiera e secondo alcuni maestri risalirebbe ai tempi biblici. Anch'egli considerava il mantra come un mezzo per aprire lo spirito alla conversazione con dio.

La meditazione mantrica è una delle forme più semplici e se volete iniziare un programma di meditazione il mantra di

Nachman è perfettamente indicato

Non è possibile iniziare un programma di meditazione senza una buona dose di impegno. Perché possa avere degli effetti, è necessario praticare la meditazione quotidianamente, per almeno venti o trenta minuti. Se l'impegno viene rispettato, gli effetti sono cumulativi, mentre se si tralascia di meditare anche per un solo giorno, l'effetto cumulativo viene annullato. Ci vogliono inoltre varie settimane di meditazione mantrica per raggiungere uno stato di coscienza superiore. E' possibile avere anche degli effetti immediati, ma è solo dopo qualche settimana che la sua potenzialità si manifesta nella sua pienezza. Chi è perseverante ottiene effetti stupefacenti.

La meditazione mantrica può dare inconvenienti a chi ha sofferto di turbe nervose. Se una persona non ha un rapporto solido con la realtà esterna, può avere difficoltà a rientrarvi in contatto dopo un'esperienza meditativa profonda. Come certi esercizi fisici sono sconsigliati per chi soffre di problemi cardiaci, allo stesso modo certi esercizi mentali non sono adatti per chi ha sofferto di problemi neurologici.

La storia talmudica di ben zomà che perse la ragione dopo un'esperienza meditativa particolarmente intensa, deve servire da avvertimento. E' assolutamente necessario che le persone che hanno dubbi sulla propria stabilità mentale chiedano consiglio a una guida esperta prima di iniziare qualsiasi tecnica di meditazione intensa.

Generalmente i preparativi sono semplici.

Scegliete un luogo e un momento adatto in cui non sarete né interrotti né disturbati dalla gene, dalle telefonate o dal fumore. Rabbi Nachman diceva che è preferibile riservare un posto particolare alla meditazione, ma questo non sempre è possibile. Scegliete un posto, una sedia, o una stanza dove potete essere soli, la notte, quando tutti gli altri dormono. Rabbi nachman diceva che, quando il clima lo permette, i luoghi più adatti per meditare sono la oresta, le colline o o campi. In realtà il luogo è poco importante purché non siate interrotti. Potete meditare anche a letto, di notte, se la vostra camera un luogo dove non siete disturbati; anche nachman ne parla come di una possibilità alternativa valida. Un altro luogo ecellente è la dinagoga quando è vuota.

Spesso la meditazione è associata alla posizione del loto, ma non dobbiamo dimenticare che per gli orientali è normale sedersi in questa posizione. Per gli occidentali invece il loro non solo è difficile da imparare, ma all'inizio è una posizione particolarmente scomoda. In pratica va ugualmente bene sedersi su una comoda sedia con lo schienale rigido.

In ogni caso questo ha poca importanza in relazione alla meditazione ebraica che non prescrive alcuna posizione particolare. E' vero che nei testi troviamo dei riferimenti alla posizione seduta, ma si tratta solo di un consiglio. Si può scegliere qualsiasi posizine in cui stiamo comodi per un periodo di tempo abbastanza lungo senza muoverci e senza essere presi dai crampi.

Per meditare, sedetevi, chiudete gli occhi dolcemente e rilassatevi completamente. Le mani possono poggiare sulla tavola o sulle ginocchia, ma evitate di chiuderle a pugno o di incrociarle. Se desiderate tenere le mani giunte, posatene una sull'altra.

Prima di iniziare a meditare , preparatevi e restate seduti in silenzio nel luogo scelto al fine di abituarvi a quello spazio e sentirvi a vostro agio. Cercate di rilassarvi completamente e di liberare la mente da ogni influenza esterna. In questo periodo di preparazione, che dovrebbe durare da cinque a dieci minuti, alcuni trovano che sia di aiuto canticchiare una melodia rilassante.Sotto questo aspetto, il vantaggio di meditare sempre nello stesso luogo è evidente, perché si finisce per associare il luogo scelto con la serenità procurata dalla meditazione.

Nel giro di qualche giorno, la calma vi pervaderà nel momento in cui vi sedete in quel luogo e questo rafforza il processo e facilita i progressi.

Supponiamo che utilizziate ribbonò shel olam. Ripetetelo continuamente, lentamente e sottovoce., La regola di meditazine dice che dovrebbe essere detto senza sforzo quanto più sottovoce è possibile. Ma si può anche sussurrarlo o vocalizzarlo a voce bassa, secondo la preferenza di ognuno.

Nella meditazione ebraica non ci sono regole rigide riguardo ala covalizzazione del mantra. ALcuni trovano più facile mormorarlo ma si può anche articolare le parole con l e labbra, senza emettere il suono. Non è consigliabile invece, almeno per i principianti, ripeterlo solo mentalmente perché i pensieri estranei possono sorgere più facilmente. Non è tanto importante come ripetere il mantra, quanto ripeterlo per il tempo che avete stabilito, che, come abbiamo già detto, generalmente va dai venti ai trenta minuti. Se volete, potete usare un contaminuti silenzioso che vi segnali quando il tempo è scaduto. Questo sistema è preferibile perché controllare l'orologio distrae dalla meditazione. Potete però chiedere id avvertirvi anche a qualcuno che è in casa. Uttavia dopo un po' di tempo lo saprete da soli quando è il momento di interrompere.

All'inizio, mentre recitate il mantra, potete lasciare che la mente vaghi liberamente. Se avete l'intima coscienza che ribbonò... significa "padrone dell'universo" le parole stesse dirigeranno i pensieri nella giusta direzione, qualunque essa sia. Un insegnamento chassidico dice che c'è sempre una ragione per cui i pensieri emergono nella mente durante la meditazione. E' istruttivo anche prestare attenzione alle immagini che emergono nell'occhio della mente mentre state meditando a occhi chiusi. Con la pratica, diventeranno sempre più chiare e diventerà sempre più facile concentrarsi su di esse. Con il tempo, queste immagini diverranno così reali che ne sarete stupiti.

E' importante però non prendere troppo sul serio queste immagini. Può accadere infatti che siano di un realismo tale da sembrare delle vere visioni. Il principiante può essere tentato di dar loro troppa importanza e di credere, per esempo, di aver ricevuto il dono della profezia. E' importante tenere presente che qualsiasi visione possiate avere non è importante e che, eccetto che per persone estremamenteavanzate nella tecnica della meditazione, si tratta di creazioni della mente e nient'altro.

Nella letteratura cabbalistica troviamo avvertimenti in tal senso anche per coloro he hanno una lunga esperienza di meditazine: queste visioni possono essere fallaci o venire dall'Altra Parte.

Si considera estremamente pericoloso e nocivo agire in funzione delle immagini viste in stato di meditazione.

Muoversi durante la meditazione mantrica interrompe la concentrazione e deve pertanto essere evitato. Per taluni tuttavia, nei primi tempi, un ondeggiamento moto leggero e lento del tronco, di un centimetro circa per parte, può favorire il rilassamento del corpo.

All'inizio, concentrandovi sulle visioni della mente, potete lasciare che la vostra mente vaghi liberamente. Ma con il tempo dovete imparare a lasciare che le parole del mantra pervadano completamente la vostra mente e cancellino ogni altra sensazione. Questo comporta l'esclusione di ogni pensiero dalla coscienza. Tutta l'attenzione deve essere concentrata sulle parole del mantra, senza lasciar spazio per altri pensieri. Occorre allontanare dolcemente i pensieri e cercare di concentrarsi si nuovo sul mantra.

Alcuni trovano più facile escludere i pensieri estranei recitando molto lentamente il mantra e, come vedremo, la lentezza è la caratteristica anche di altre forme di meditazione. Altri invece preferiscono recitare il mantra rapidamente. L'importante è che ciascuno trovi il proprio ritmo.

Una volta finita la meditazione restate seduti ancora per circa 5 minuti per permettere al vostro spirito di assorbirne gli effetti. Avete bisogno di tempo anche per ridiscendere prima di rientare nella routine quotidiana.

Anche in questi momenti, che dovrebbero essere di intimità con Dio. potete canticchiare una dolce melodia.

Se lo desiderate potete usare questi momenti per conversare con Dio. Dopo la meditazione succede di sentirsi più vicini a Dio.

Alcune fonti suggeriscono di annusare spezie o profumi per riprendere il contatto col mondo fisico, altre di fare una colazione molto leggera dopo aver meditato perché, attraverso la berakhà, la benedizione sul cibo, il nutrimento possa elevare tutto il corpo.

Mentre le scuole orientali considerano la meditazione mantrica come un fine in sé, la tradizione ebraica sembra  considerarla soprattutto una preparazione per un'esperienza spirituale più profonda.

 

Il significato delle parole "Ribbonò shel Olam"

Mentre "Universo" viene dal latino “unus" e "versus", cioè "volto in uno" e nel suo senso profano l'univeso è percepito come il grande fattore unificantedella creazione, in ebraico “olam" ("universo") significa "dissimulazione". Nella visione ebraica l'universo è dunque ciò che dissimula il divino. "Ribbonò shel olam" dice quindi che dissimulato al di là del mondo c'è un signore.

 

La tecnica di controllo delle immagini

Un'importante tecnica della meditazione ebraica è quella di imparare a controllare le immagini che ci appaiono quando chiudiamo gli occhi per fissarle nell'occhio della mente.

Un modo semplice è chiudere gli occhi e cercare di visualizzare ad es. la lettera A o quella Alef. Chiudete gli occhi e rilassatevi, lasciando che le immagini nell'occhio della mente si rallentino. Se avete già pratica della meditazione mantrica, potete utilizzarla per rilassarvi. Le immagini diverranno pià facilmente controllabili dopo pochi minuti. QUando il vostro campo visivo si è stabilizzato inizierete a visualizzare la alef. IN precedenza potete anche contemplare una alef scritta su un foglio per fissarne meglio l'immagine nella mente. Chiudete poi gli occhi e tentate di visualizzare la letter.

Tentate divederla ad occhi chiusi esattamente come la vedreste ad occhi aperti. All'inizio l'esercizio può rivelarsi molto difficile perché le immagini dell'occhio della mente sono difficili da controlare e se non lo avete mai fatto prima, la prima volta vi sarà praticamente impossibile. Il nome dell'oggetto che cercate di visualizzare può esservi digrande aiuto.

Potete ad es. ripetere di tanto in tanto la parola "alef" o ripeterla anche come se fosse un mantra. Questo non solo rilassa il campo visivo, ma fissa la mente sulla lettera alef. La ripetiszione mantrica della parola alef faciliterà l'apparizione della lettera nell'occhio della mente.

 

 

 

La recita dell’Amidà

I primi santi recitavano la amidà a una parola ogni sette secondi. Recitare tutta la amidà a questo ritmo presuppone una grande padronanza delle tecniche di meditazione. Ma non è difficile tenere questo ritmo per i primi cinque minuti (40 parole: l'inizio dell'amidà). Questo ritmo ha come effetto di acquietare considerevolmente la mente che entra in uno stato meditativo molto diverso da quelli procurati dalla normale meditazione mantrica o dalla ocntemplazione poiché le parole recitate definiscono punto per punto la meditazione.

Ci sono due modi fondamentali per ritmare la recitazione delle parole. Potete dilatare ogni parola quanto più possibile e poi fermarvi un attimo per compenetrarvi del suo significato oppure pronunciare normalmente la paorola e poi aspettare settesecondi prima di diere la seguente.

Mentre state recitando una parola e durante il silenzio che la segue, pensate solamente al suo significato.

Lasciate che le parole penetrino nella vostra interiorità; apritevi per sentire e vedere il loro significato. Durante le pause ce le separano, la mente fa silenzio in attesa della parola seguente e si vuota di igni altro pensiero. Dopo aver recitato così la prima benedizione il resto della amidà seguirà spontaneamente e non avrete alcuna difficoltà a dire tutta la preghiera sentendovi vicini a Dio, liberi da ogni pensiero estraneo. Alcuni trovano di grande aiuto associare la visulizzazione alla recitazione della amidà. Per esempio una luce perfettamente bianca durante la prima benedizione; o le lettere del tetragramma; o il nulla.

La tradizione (ebraica) insegna che ogni preghiera deve essere composta da tre elementi: adorazoine, richiesta e ringraziamento, presenti in questa sequenza. La Amidà rispetta questa struttura

Gli ebrei ortodossi seguono tre servizi quotidiani, in cui pregano dio dicendo la tefillà: shachrit, mattino, minchà, pomeriggio, maariv o arvit, sera.

Nelle feste e nel giorno di shabbat c'è anche il musaf recitato la mattina dopo la lettura della Torà.

Si può utilizzare la prima parte della

Amidà ai fini della meditazione. L'ebraico è una lingua investita d per sé di un'immensa carica spirituale. L'Amidà fu scritta circa 2500 anni fa dalla

Knesseth ha-ghedolà, la Grande Assemblea che riuniva le più grandi personalità del popolo ebraico disperso da Nabucodonosor e che stabilì anche il testo canonico della Bibbia.

Dal momento che la Amidà fu concepita come una preghiera di meditazione bisogna ripeterla il più spesso possibile.

E' la ragione per la quale fu stabilito che si doveve recitare tre volte al giorno. Come abbiamo già detto, una delle ragioni dell'efficacia del mantra è che con la ripetizione incessante delle parole che lo compongono la mente finisce per entrare in consonanza con esse. Si possono allora recitare automaticamente, senza fare particolari sforzi pe concentrarsi. La mente non pensa più a dire le parole, ma si lascia impregnare dal loro significato. Lo stesso vale per la preghiera detta tutti i giorni. Non solo con il tempo si imparano a memoria le parole, ma si impara anche a farlo automaticamente.

Dopo aver recitato per anni la amidà tre volte al giorno, lo si può fare veramente senza pensarci. Indubbiamente questo comporta il pericolo che lam ente vada alla deriva e si allotani dalle parole, privando la preghiera del suo significato. Molte persone che pregano tutti i giorni hanno infatti difficoltà a concentrarsi su quello che stanno dicendo. Se pertanto nella amidà si vede solo una preghiera, questo problema esiste, ma se la si considera un mantra, l'automatismo naturale della recitazione si trasforma invece in un vantaggio. Le parole agiscono allora come un mantra e, calmando la mente, eliminano ogni pensiero estraneo.

Naturalmente questo non significa che non si debba pensare alle parole della amidà, ma che la maniera in cui si pensa alle parole diventa totalmente diversa. Invee di avere un approccio strettamente intellettuale, le parole risuonano nella mente, come se inviassero il loro messaggio in maniera non verbale.

La amidà deve essere recitata dall'inizio alla fine senza interruzioni.

Alcuni maestri dicono che tutta la amidà dovrebbe essere recitata a memoria

La amidà deve essee detta in ore stabilite.

Prima di ognuno dei tre servizi religiosi

è necessario lavarsi le mani

Per recitare la amidà è necessario essere vestiti decentemente e gli uomini devono avere sulla testa il cappello o la kippà. Non deve essere detta neppure in presenza di altre persone vestite non decentemente né in un luogo dove ci sia cattivo odore. Idealmente, si deve evitar ogni situaoine in cui si rischi di perdere la concentrazione.

La amidà va recitata con una precisa postura e verso una precisa direzione.

Pronunciando certe parole dell'amidà si debbono fare certi gesti. Inchinarsi contribuisce a farci immergere in uno stato meditativo. Inchinandosi abbastanza rapidamente e raddrizzarsi molto lentamente, "come un serpente" rallenta il ritmo del corpo e fa acquietare la mente, che di conseguenza è più ricettiva alla meditazione.

Eccetto l'inchinarsi, occorre evitare ogni altro movimento. Se non riuscite a restare completamente immobili, potre dondolarvi leggermente, ma un dondolio eccessivo tende a nuocere alla concentrazione necessaria alla meditazione.

E' altrettanto importante chiudere gli occhi, soprattutto durante la prima benedizione, così da immergersi in uno stato meditativo

La amidà deve essere recitata con calma, a voce molto bassa o sussurrando. La voce deve essere diretta più verso all'interno che verso l'esterno.

I primi santi recitavano la amidà a una parola ogni sette secondi. Recitare tutta la amidà a questo ritmo presuppone una grande padronanza delle tecniche di meditazione. Ma non è difficile tenere questo ritmo per i primi cinque minuti (40 parole: l'inizio dell'amidà). Questo ritmo ha come effetto di acquietare considerevolmente la mente che entra in uno stato meditativo molto diverso da quelli procurati dalla normale meditazione mantrica o dalla ocntemplazione poiché le parole recitate definiscono punto per punto la meditazione.

Ci sono due modi fondamentali per ritmare la recitazione delle parole. Potete dilatare ogni parola quanto più possibile e poi fermarvi un attimo per compenetrarvi del suo significato oppure pronunciare normalmente la paorola e poi aspettare settesecondi prima di diere la seguente.

Mentre state recitando una parola e durante il silenzio che la segue, pensate solamente al suo significato.

Lasciate che le parole penetrino nella vostra interiorità; apritevi per sentire e vedere il loro significato. Durante le pause ce le separano, la mente fa silenzio in attesa della parola seguente e si vuota di igni altro pensiero. Dopo aver recitato così la prima benedizione il resto della amidà seguirà spontaneamente e non avrete alcuna difficoltà a dire tutta la preghiera sentendovi vicini a Dio, liberi da ogni pensiero estraneo. Alcuni trovano di grande aiuto associare la visulizzazione alla recitazione della amidà. Per esempio una luce perfettamente bianca durante la prima benedizione; o le lettere del tetragramma; o il nulla.

Un'altra possibilità è concentrarsi sulle immagini spontanee che scaturiscono dall'immaginario.

Col tempo si arriva a comprendere che la tecnica più potente è quella di utilizzare le parola della amidà e nient'altro. QUando queste compenetrano totalmente lo spirito si diventa impermeabili a ogni altro pensiero. Le parole ci avvicinano a Dio e fanno sì che il nostro spirito si riempia completamente del divino.

La amidà può farci sperimentare la spiritualità più profonda

Commento, parola per parola, della prima parte della Amidà

Quando proclamiamo che Dio è "benedetto" diciamo che la sua presenza immanente è la fonte di tutte le benedizioni, il che implica che è molto vicino a noi.

Quando diciamo che Dio è grande, dobbiamo concentrarci sui concetti di grandezza e immensità. Pensiamo la cosa più grande che siamo in grado di concepire, poi andiamo ancora oltre e cerchiamo di immaginare la dimensione della terra e poi quella del sole, quella del sistema solare, della nostra galassia, dell'universo intero. Poi riflettiamo sul fatto che tutto questo è infinitamente piccolo paragonato alla grandezza di dio e che in rapporto a lui l'universo intero è solo un granello di polvere.

Se non riuscite a pronunciare tutte le parole dell'Amidà distanziate di sette secondi, fatelo almeno con le ultime 4 parole della prima parte: "Re, Mano soccorrevole, Salvatore e Scudo".

La tradizione (ebraica) insegna che ogni preghiera deve essere composta da tre elementi: adorazoine, richiesta e ringraziamento, presenti in questa sequenza. La Amidà rispetta questa struttura.

 

 

 

La contemplazione visiva

  Il versetto può essere usato sia visualmente che verbalmente

"Contemplazione visiva": ricopiato su un foglio, deve essere fissato senza interruzioni e diventare il centro della attenzione, escludendo tutto il resto, come se non esistesse nient'altro, e al contempo i pensieri sono lasciati liberi di fluire liberamente.

A un livello più avanzato la contemplazione visiva può servire per fare il vuoto nella mente, che sarà occupata unicamente dal versetto. Ci si può concentrare anche su altri oggetti esterni: la fiammella di una candela, un fiore, un quadro, una pietra o qualsiasi altra cosa.

  La meditazione su un versetto (vedi) fatta concentrandosi completamente su un versetto scritto è una contemplazione o meditazione visiva.

  Forse la "Contemplazione di un oggetto" non è altro che la “Contemplazione visiva".

  Essa può essere strutturata o no. Il modo più semplice consiste nel fissare l'oggetto e lasciar vagare i pensieri. Si tratta di una meditazione non strutturata. Si tratta in questo caso di una meditazione non strutturata. Tuttavia se usate questo metodo per coinvolgere totalmente la vostra mente e cacciare ogni altro pensiero, allora imponete una struttura alla meditazione.

  Quando contemplate un oggetto, lo guardate osservando i minimi particolari. Via via che passa il tempo, i dettagli più insignificanti diventano importanti. La visione dell'oggetto si fa sempre più profonda, cercherete di penetrarne l'essenza e cancellerete dalla mente ogni altro pensiero. Al di là dell'essenza dell'oggetto, potrete cercare di vedere il divino nell'oggetto ed usarlo come trampolino per raggiungere Dio

 

La contemplazione di un oggetto

Vedi anche la parte “Esperienze e realizzazioni tipiche di uno stato meditativo", “Concentrazione totale” (esempio della rosa)

Metodo 1: fare silenzio nella parte della mente non interessata dalla contemplazione

Metodo 2: focalizzare la parte più vasta possibile della mente sull'esperienza

 

La meditazione hithbonenuth

La hithbonenuth è la "comprensione di sé": un tipo di meditazione in cui si utilizza la meditazione su oggetti esterni, sulla creazione, per comprendere la propria posizione alla luce della e nella creazione

La meditazione hitbonenuth può prendere qualsiasi cosa come oggetto di contemplazione: una pietra, una foglia, un fiore, un'idea. Lasciate che l'oggetto riempia il vostro spirito e utilizzatelo come mezzo per il raggiungimento della conoscenza di sé. Esso diventa una specie di apscchio in cui ci vediamo riflessi alla luce della vera Realtà. Usando questo specchio si può vedere il Divino che è in noi. Forse si tratta dello "specchio di profezia", aspaklaria, di cui parla il Talmud. Chi si vede in questo specchio e scopre il divino che è in lui entra in comunicazione con Dio.

 

La contemplazione in generale

Un'altra forma semplice di meditazione è la contemplazione. Vi abbiamo fatto già cenno parlando dell'hithbonenuth. E' un metodo eccellente di iniziazione alla meditazione, poiché non richiede nessuna esperienza precedente e neppure la conoscenza dell'ebraico o dell'ebraismo. Basta sedersi, concentrarsi su un oggetto, una parola o un'idea e lasciare che l'oggetto della contemplazione pervada la nostra mente. La tecnica è simile a quella della meditazione mantrica, solo che si tratta di un'esperienza visiva e non verbale.

La semplice contemplazione consiste nel fissare un oggetto per un periodo di tempo determinato. Come in tutte le forme di meditazione, ci si deve mettere in una posizione comoda. Non è necessario cercare di impedirsi di sbattere le palpebre poiché potrebbe essere una causa di disagio. Nel guardare l'oggetto di contemplazione si deve essere il più rilassati possibile.

Si può scegliere praticamente qualsiasi oggetto: una pietra, una foglia, un fiore o la pagina di un libro. Sono invece da evitare le immagini, i quadri o le statue perché in questo caso la contemplazoine può rischiare di essere qualcosa di molto vicino all'idolatria. Se lo desiderate potete scegliere un oggetto diverso ogni volta, ma allora gli effetti non sono cumulativi: è preferibile usare lo stesso oggetto per trenta-quaranta giorni.

L'oggetto è solo un supporto, e non è importante in sé. Bisogna fare attenzione a non trasformarlo in oggetto di devozione, anche allorché si prende coscienza della presenza divina nell'oggetto. Per evitare questi pericoli è meglio scegliere oggetti menzionati nella letteratura ebraica classica.

Parecchi oggetti sono menzionati nella letteratura ebraica, specie cabbalistica.

Come per la meditazione mantrica, sedetevi tranquillamente nel luogo che avete scelto e prendete familiarità con lo spazio che vi circonda. La meditazione deve durare dai venti ai trenta minuti. Quando avrete terminato, restate seduti ancora per cinque o dieci minuti per assorbire gli effetti della meditazione.

La visualizzazione è un'iniziazione eccellente a questa tecnica [q: o volevasi dire il contrario?] perché quando si è imparato a guardare correttamente un oggetto, si può poi imparare a ontrollare la visione. La contemplazione incide l'immagine dell'oggetto nell'immaginario da cui noi possiamo poi evocarlo senza che sia necessaria la sua presenza reale.

Meditazione non strutturata: fissate l'oggetto e lasciate che la vostra mente vaghi liberamente. La contemplazione focalizza la mente, ma il pensiero resta lbero. Potete pensare a come riorganizzare la vostra esistenza, al senso della vita o a qualunque altra cosa importante per voi. Più che essere il fine della vostra meditazione, la contemplazione è un accessorio che facilita una meditazione non strutturata.

Con l'esperienza si impara a riempire la mente con l'immagine dell'oggetto contemplato e a escludere ogni altro pensiero. Il modo di allontanare i pensieri è lo stesso che nella meditaizone mantrica: quando un pensiero emerge nella vostra mente, allontanatelo dolcemente e concenratevi conmpletamente sull'oggetto della contemplazione. All'inizio è necessario fare uno sforzo cosciente per libeare la mente, ma dopo un certo tempo, l'oggetto contemplato iventa il cnetro dell'attenzione e tutto il resto sembra svanire. L'esperienza di guardare l'oggeto assume una intensità sconosciuta è come se nel mondo non esistesse nient'altro oltre a voi e l'oggetto della contemplazione. Quando si ragginge questo stadio, ogni dettaglio dell'oggetto assume importanza n e stesso. Se, per esempio, si contempla una foglia, ogni nervatura diventa significativa. Si scoprono strutturee armonie che non avevamo notato e ogni dettaglio si incide profondamente nella nostra coscienza.

 

 

 

La contemplazione delle stelle

Lo zohar consiglia le stelle indicando un versetto di Isaia: "Levate i vostri occhi in alto e guardate: chi ha creato tutto questo? Chi fa uscire una per una, numerandole, le schiere celesti, chiamando ciascuna con il suo nome, sicché nessuna ne manchi?".

Guardare le stelle (o qualsiasi altra cosa) e domandarsi chi ne è l'autore fa trovare Dio.

La contemplazione delle stelle va unita al vuoto mentale e praticata nella forma della meditazione. "Ribbonò shel olàm" può aiutare ad eliminare i pensieri estranei

 

 

 

La contemplazione della fiamma

Lo Zohar menziona la ocntemplazoine di una candela o una lampada a olio. Molti sistemi di meditazione utilizzano la candela ma nele fonti ebraiche viene preferita una piccola lampada a olio d'oliva con lo stoppino di lino. Questa lampada ricorda il grande candelabro (menorò) che era nel tempio di gerusalemme eche d'altronde dserviva probabilmente come oggetto di contemplazione. L'olio di oliva produce una fiamma particolarmente bianca, che attira la contemplazione.

Naturalmente se non aveta una lampada a olio potete utilizzare una candela perché quello che è fondamentale è la fiamma.

E' necessario porsi in una stanza oscura in cui la candela sia la sola fonte di luce presente e sia posta in modo tale che non illumini i muri. Utilizzerete la tecnica contemplativa abituale per lasiare che la fiamma pervada la mente. Prenderete allora coscienza dei suoi colori: il bianco, il giallo e il rosso. Ogni colore e le sue sfumature assumeranno significato e prenderete coscienza del calore e dell'energia emanati dalla fiamma. Arriverete ad un livello in cui è possibile vedere concretamente queste energie astratte. La tappa successiva consiste nel concnetrarsi sull'osurità che circonda la fiamma. Il nero della stanza sarà allora profondo e palpabile. Lo percepirete come una specie di nero vellutato da cui si irradiano le tenebre, analogo alla “lampada di tenebre". Quando la meditazione si fa pià profonda, si comincia a scoprire un alone azzurro.

Intorno al buio che si estende fino a una certa distanza dalla fiamma, vedrete un azzurro purissimo e di una bellezza incomparabile. Secondo lo

Zohar questo azzurro è una rivelazione spirituale. Si dice che sia possibile avere visioni all'interno dell'alone azzurro: forse il "pavimento di zaffiro o il trono di zaffiro di famose visioni bibliche allude a questo. L'azzurro è pertanto associato alla profezia e alle visioni

Nei testi cabbalistici questo azzurro è visto col "terzo occhio", mentale o spirituale.

La maditazione sulla fiamma è importante perché ci fa conoscere il "fuoco nero", che ha un ruolo fondamentale anche in altre forme di meditazione ebraica. Inoltre si impara a vedere, oltre che la fiamma azzurra, l'aura (tzelem) in generale: una aureola azzurra che compare intorno ale persone e agli oggetti. Si può iniziare contemplando la propria mano davanti a un muro bianco o un cielo azzurro. SI percepirà una zona di colore diversa sia dall'oggetto che dallo sfondo. L'aura si può leggere per ricavarne ad es. informazioni sul livello spirituale di una persona.

La letteratura dello Zohar insegna che quando si contempla la fiamma di una candela o di una lampada a olio, dobbiamo prendere coscienza dei suoi cinque colori: il bianco, il giallo, il rosso, il nero e l'azurro. Questi cnque colori si vedono qando si ragginge una contemplazoine prodfonda della fiamma.

A un livello intellettuale questo è poco comprensibile: il nero può essere visto solo come assenza di fiamma e l'azzurro non è normalmente presente "all'esterno" (dove lo Zohar dice si veda) della fiamma di una lampada o candela. Ma lo Zohar dice che l'azzurro che si vede in tal modo rappresenta la Shekhinà, la Presenza Divina.

 

 

 

La meditazione contemplativa sul colore azzurro

La frangia dello scialle da preghiera era tinta di azzurro con tintura di porpora, estratta dal mollusco. Il talmud ne fa oggetto di meditazione contemplativa: "la frangia è azzurra; l'azzurro è il colore del mare; il mare è il colore del cielo; e il cielo è il coloredel trono di gloria".

Dapprima si lascia la mente riempirsi del colore del filo dello scialle, e poi si medita sulle associazioni proposte dal testo

 

 

 

La contemplazione del Tetragramma e altri tipi di contemplazioni

E' un'altra forma di contemplazione relativamente semplice e diretta e fornisce un legame diretto col divino.

E' proibito pronunciare il tetragramma in qualsiasi modo.

Scrivere il nome du un foglio visibile e utilizzarlo come qualsiasi altro oggetto di contemplazione.

La contemplazione del tetragrammaton può essere accompagnata dal mantra "ribbonò..." che è di grande aito

Affinché questo tipo di meditazione esprima il suo pieno significato, è necessario conoscere il simbolismo delle quattro lettere che formano il nome di Dio, e cioè uod, he, vav, he.

Simbolismo delle quattro lettere che formano il nome di Dio.

Il nero dell'inchiostro e il bianco della carta si fanno più intensi, fino a che si vedrà il nome scritto con “fuoco nero su fuoco bianco". Dopo un certo periodo di pratica di questo tipo di meditazione, il "fuoco" comincia a "marchiare" il nome di Dio nella mente, cosicché diventa facile visualizzarlo senza aver bisognodi vederlo scritto sul foglio di carta. Si utilizza allora il metodo della visualizazione un'altra tecnica importante della meditazione ebraica.

Un esercizio di visualizzazioine del tetragramma è menzionato anche nello shulchan arukh, il codice  tradizionale della legge ebraica. Questo metodo serve anche come introduzione a tutta una serie di altre tecniche più avanzate descritte nella Cabbalà. Secondo alcuni testi ebraici si fa riferimento a questo tipo di meditazione nel versetto dei salmi "costantemente ho posto YHVH davanti ai miei occhi (salmi, 16:8). Questo tipo di visualizzazione è utile anche durante la preghiera.

Anche in questo caso potete utilizzare la contemplazione come introdurzione alla visualizzazione. Se avete difficoltà a visualizzare il Tetragramma, dovrete contemplarlo per molti giorni di seguito, scritto su un foglio di carta. Potrete dediare la prima parte della meditazione a contemplare il nome e la seconda parte a cercare  di visualizzarlo ad occhi chiusi. COn l'esercizio riuscirete infine a visualizzarlo senza dover utilizzare l'immagine scritta.

Quando sarete in grado di visualizzare il nome, potrete utilizare l'esercizio per praticare lo yichud molto semplice che è descritto nel capitolo precedente (segue la descrizione di questo Yichud)

Il nome di Dio è una parola che parla della sua essenza e della sua relazione con la creazione, un mezzo importante per focalizzre la nostra coscienza di dio.

 

 

Numerosi testi cabbalistici parlano di yichudim o "unificazioni". Nella maggior parte dei casi, il metodo di meditazione degli yichudim consiste nell'immaginare vari nomi di dio e di manipolarne le lettere. Ma si tratta di un metodo molto avanzato e richiede la conoscenza della Cabbalà.

 

 

 

Combinazione di meditazione e contemplazione

Unione di contemplazione e meditazione

Contemplazione e meditazione potrebbero essere praticate entrambe. Se si è imparato a concentrarsi con la meditazione mantrica, si può applicare questa tecnica per amplificare la propria capacità di contemplazione. In effetti è molto facile riempire la mente con un'immagine quando, attraverso la meditazione mantrica, si è raggiungo uno stato di coscienza superiore. In questo caso la meditazione mantrica può essere considerata un'eccellente introduzione alla contemplazione. Ad esempio, poiché il mantra "Ribbonò shel olam" dice che dissimulato al di là del mondo c'è un signore, quando si associa la ripetizione del mantra "ribbonò shel olam" alla contemplazine di un oggetto fisico, si può cominciare a vedere il divino nascosto nell'oggetto e l'oggetto stesso diviene n ponte tra il sé e dio. L'oggetto diventa allora un mezzo attraverso cui si può compiere l'esperienza di Dio

Quando si associa la ripetizione del mantra "ribbonò shel olam" alla contemplazine di un oggetto fisico, si può cominciare a vedere il divino nascosto nell'oggetto e l'oggetto stesso diviene n ponte tra il sé e dio. L'oggetto diventa allora un mezzo attraverso cui si può compiere l'esperienza di Dio.

Esistono altri modi per combinare mantra e contemplazione. Si può contemplare la bellezza di un fiore associando alla contemplazione del fiore la ripetizione della parola "bellezza". Se si comprende che il divino nel fiore è la fonte della sua belleza, allora la belleza diventa ance un tramite di unione con dio. Si può contemplare la propria mano ripetendo la parola "forza": la forza della mano cessa di essere un concetto astratto e diviene visibile; possiamo anche dire che riusciamo in modo indicibile a vedere un concetto astratto.

La contemplazione del tetragrammaton può essere accompagnata dal mantra "ribbonò..." che è di grande aito

 

 

 

La  visualizzazione

Come vedremo, questa tecnica può costituire di per sé una forma di meditazione

Esiste un altro modo per cercare di controllare la mente: cercare di controllare le immagini mentali che si presentano caleidoscopicamente alla mente. La "visualizzazione" è una tecnica di meditazione che consiste nell'evocare un'immagine nella mente e tentare di mantenervela fissa. Nella meditazione ebraica questa tecnica è conosciuta come l'"incidere". L'immagine è fissata nella mente come se vi fosse incisa, così che possiamo guardarla con l'occhio della mente tanto a lungo quanto vogliamo. Ma questa tecnica richiede una disciplina rigorosa.

Dopo la chiusura degli occhi, col rilassamento, i lucori si dissolvono in immagini caleidoscopiche. Una immagine sfoca in un'altra. E' quasi impossibile concentrarsi su queste immagini: spariscono nel momento in cui si tenta di coglierle. Ora cercate di controllarle visualizzando nella vostra immaginazione la lettera A. Non riuscirete a fissarla che qualche istante, a meno che non pratichiate questa tecnica già da qualche tempo.

Praticando la visualizzazione ci si rende presto conto che immagini mentali continuano ad apparire dinanzi agli occhi aperti come facevano dinanzi agli occhi chiusi, solo che per la loro tenuità in confronto con le percezioni del mondo esterno, non ce ne rendiamo conto.

Cominciate col rilassarvi completamente.

Poi chiudete gli occhi. All'inizio nell'occhio della mente vedrete lucori e immagini che si muovono in rapida successione, ma dopo uno o due minuti, queste immagini inizieranno a fondersi come in un caleidoscopio.

Coll'aumentare del grado di rilassamento, le immagini muteranno sempre più lentamente e alla fine si fisseranno nell'occhio della mente abbastanza a lungo perché possiate metterle a fuoco. Concentratevi sulle immagini, e se altri pensieri fanno irruzione nella vostra mente, allontanateli. Tentate di mantenere la concentrazione esclusivamente sulle immagini che emergono nell'occhio della mente. Vi renderete conto che gradualmente sarete in grado di trattenere una immagine per un certo tempo. Le prime volte che fate questo esercizio, che deve durare almeno venti o trenta minuti, cercate di concentrarvi e di rilassarvi sulle immagini dell'occhio della mente. La vostra capacità di trattenere le immagini aumenterà gradualmente. Se a questo punto si recita il mantra prestando attenzione alle immagini che si formano nella propria mente, esse dovrebbero diventare sempre più vivide via via che il vostro spirito si acquieta e persistere sempre più a lungo. Vi può capitare di vedere immagini bellissime, a voltè così fantastiche da lasciarvi stupefatti. Le visioni dell'occhio dela mente costituiscono uno dei rari indicatori oggettivi dello stato di meditazione. Esistono anche altri indicatori che segnalano che una persona è in grado di controllare i propri processi mentali.

Le visioni dell'occhio dela mente costituiscono uno dei rari indicatori oggettivi dello stato di meditazione.

Esistono anche altri indicatori che segnalano che una persona è in grado di controllare i propri processi mentali.

Dal momento che si tratta di un esperimento, non è consigliabile andare troppo lontano in questa direzione senza aver pianificato un corso di meditazione. Questo tipo di esperienza mostra tuttavia molto bene che uno stato di coscienza superiore accresce considerevolmente la capacità di formare immagini mentali e di concentrarsi su di esse...Come vedremo, questa tecnica può costituire di per sé una forma di meditazione.

|Quando avrete fatto abbastanza progressi sulla via della meditazione ed avrete imparato a concentrarvi, il che può richiedere settimane o anche mesi, imparerete a controllare le visioni dell'occhio della mente. Potrte allora fare apparire un'imagine e osservarla per quanto tempo desiderate. Come vedremo, questa tecnica può costituire di per sé una forma di meditazione.

A poco a poco imparerete a evocare visualizzazioin sempre più complesse. All'inizio queste visualizzazioni mentali sono semplici: lettere, oggetti, luoghi, persone. Quello che vediamo non è molto diverso da quello che percepiamo con la vista, per quanto sia necessaria un'esperienza considerevole per essere in grado di formare immagini mentali concrete e palpabili come quelle reali. Con l'esercizio, queste immagini diventano più reali di quelle che vediamo con gli occhi.

Quanto più si progredisce nel controllo della mente, tanto più aumenta il controllo su ciò che si vede con l'occhio della mente. Quando una persona diventa esperta nella visualizzazione, è capace di vedere con l'occhio della mente quello che non può vedere con la vista, come ad es. la "lampada di tenebre" (Un'importante tecnica della meditazione ebraica è quella di imparare a controllare le immagini che ci appaiono quando chiudiamo gli occhi per fissarle nell'occhio della mente.

Un modo semplice è chiudere gli occhi e cercare di visualizzare ad es. la lettera A o quella Alef. Chiudete gli occhi e rilassatevi, lasciando che le immagini nell'occhio della mente si rallentino. Se avete già pratica della meditazione mantrica, potete tilizarla per rilassarvi. Le immagini diverranno pià facilmente controllabili dopo pochi minuti. QUando il vostro campo visivo si è stabilizzato inizierete a visualizzare la alef. IN precedenza potete anche contemplare una alef scritta su un foglio per fissarne meglio l'immagine nella mente. Chiudete poi gli occhi e tentate di visualizzare la letter.

Tentate divederla ad occhi chiusi esattamente come la vedreste ad occhi aperti. All'inizio l'esercizio può rivelarsi molto difficile perché le immagini dell'occhio della mente sono difficili da controlare e se non lo avete mai fatto prima, la prima volta vi sarà praticamente impossibile. Il nome dell'oggetto che cercate di visualizzare può esservi digrande aiuto.

Potete ad es. ripetere di tanto in tanto la parola "alef" o ripeterla anche come se fosse un mantra. QUesto non solo rilassa il campo visivo, ma fissa la mente sulla lettera alef. La ripetiszione mantrica della parola alef faciliterà l'apparizione della lettera nell'occhio della mente.

 

Combinazione di visualizzazione e contemplazione: La contemplazione del tetragramma

Nella meditazione del tetragramma, il nero dell'inchiostro e il bianco della carta si fanno più intensi, fino a che si vedrà il nome scritto con "fuoco nero su fuoco bianco". Dopo un certo periodo di pratica di questo tipo di meditazione, il "fuoco" comincia a "marchiare" il nome di Dio nella mente, cosicché diventa facile visualizzarlo senza aver bisognodi vederlo scritto sul foglio di carta. Si utilizza allora il metodo della visualizazione un'altra tecnica importante della meditazione ebraica.

Anche in questo caso potete utilizzare la contemplazione come introdurzione alla visualizzazione. Se avete difficoltà a visualizzare il Tetragramma, dovrete contemplarlo per molti giorni di seguito, scritto su un foglio di carta. Potrete dediare la prima parte della meditazione a contemplare il nome e la seconda parte a cercare  di visualizzarlo ad occhi chiusi. COn l'esercizio riuscirete infine a visualizzarlo senza dover utilizzare l'immagine scritta.

Quando sarete in grado di visualizzare il nome, potrete utilizare l'esercizio per praticare lo yichud molto semplice che è descritto nel capitolo precedente (segue la descrizione di questo Yichud)

 

 

 

Combinazione di visualizzazione e contemplazione; La contemplazione dell'Alef

Un altro modo per facilitare l'esercizio della visualizzazione consiste nell'iniziare con una meditazione contemplativa. Se desiderate visualizzare la alef, iniziate con il contemplare per circa venti minuti, per alcuni giorni, la lettera scritta su un foglio. Fisserete così la sua immagine nell avostra mente e vi sarà molto più facile farla apparire nel vostro campo visivo quando avete gli occhi chiusi.

Se il mantra e la contemplazoine non danno risultati, dividete l'esercizio in due parti: nella prima userate la contemplazione, nella seconda la visualizzazione. Riservate il primo quarto d'ora alla contemplazione ad occhi aperti della alef e passate poi l'altro quarto d'ora a tentare di visualizzarla ad occhi chiusi

Un'importante tecnica della meditazione ebraica è quella di imparare a controllare le immagini che ci appaiono quando chiudiamo gli occhi per fissarle nell'occhio della mente.

Un modo semplice è chiudere gli occhi e cercare di visualizzare ad es. la lettera A o quella Alef. Chiudete gli occhi e rilassatevi, lasciando che le immagini nell'occhio della mente si rallentino. Se avete già pratica della meditazione mantrica, potete tilizarla per rilassarvi. Le immagini diverranno pià facilmente controllabili dopo pochi minuti. QUando il vostro campo visivo si è stabilizzato inizierete a visualizzare la alef. IN precedenza potete anche contemplare una alef scritta su un foglio per fissarne meglio l'immagine nella mente. Chiudete poi gli occhi e tentate di visualizzare la letter. T>entate divederla ad occhi chiusi esattamente come la vedreste ad occhi aperti. All'inizio l'esercizio può rivelarsi molto difficile perché le immagini dell'occhio della mente sono difficili da controlare e se non lo avete mai fatto prima, la prima volta vi sarà praticamente impossibile. Il nome dell'oggetto che cercate di visualizzare può esservi digrande aiuto. Potete ad es. ripetere di tanto in tanto la parola "alef" o ripeterla anche come se fosse un mantra. QUesto non solo rilassa il campo visivo, ma fissa la mente sulla lettera alef. La ripetiszione mantrica della parola alef faciliterà l'apparizione della lettera nell'occhio della mente.

Un altro modo per facilitare l'esercizio della visualizzazione consiste nell'iniziare con una meditazione contemplativa. Se desiderate visualizzare la alef, iniziate con il contemplare per circa venti minuti, per alcuni giorni, la lettera scritta su un foglio. Fisserete così la sua immagine nell avostra mente e vi sarà molto più facile farla apparire nel vostro campo visivo quando avete gli occhi chiusi.

Se il mantra e la contemplazoine non danno risultati, dividete l'esercizio in due parti: nella prima userate la contemplazione, nella seconda la visualizzazione. Riservate il primo quarto d'ora alla contemplazione ad occhi aperti della alef e passate poi l'altro quarto d'ora a tentare di visualizzarla ad occhi chiusi

I risultati variano da persona a persona.

Alcuni vi riescono subito, mentre altri devono lavorare per settimane per riuscire a mentenere fissa l'immagine almeno per qualche secondo. Tuttavia con la pazienza e la perseveranza ci possono riuscire praticamente tutti.

Come ogni altra immagine, essa tende a dissolversi in altre immagini, ma con il tempo si finisce per acquisire la capacità di mantenere fissa sempre più a lungo un'imagine chiara, e questo è il segno di un progresso significativo nel controllo dei processi mentali.

Questa capacità di fissare un'immagine nell'occhio ella mente è descritta ampliamente nei testi cabbalistici che parlano della meditazione. Il sefer yetzirah menziona due metodi di rappresentazione mentale delle lettere: la chakikà, l'"incisione", e la “chatzivà", il "taglio"; ambedue sono tecniche importanti per chi desidera visualizzare le lettere. Come abbiamo già visto nel capitolo precedente, le  lettere del0'alfabeto ebraico sono viste come canali delle forze dela creazione e costituiscono un mezzo esrremamente efficace per attrarre l'energia spirituale. L'"incisione" eil "taglio" sono comunque utili anche performe meno esoteriche di meditazione. L'"incisione" consistenel fissare un'immagine nella mente in modo che non ondeggi né si muova. L'immagine “incisa" resta nella mente anche quando emergono altre immagini, proprio come se vi fosse incisa. Una volta che si acquisisce questa tecnica, si è in grado di visualizzare l'immagine voluta fino dall'inizio della meditazione, come per riflesso.

Anche se l'immagine è chiara e stabile, “incisa nella mente", generalmente è circondata da altre immagini e la tappa seguente consiste nell'isolarla. Se, per esempio, volete visualizzare la lettera alef, dovete cercare di allontanare ogni altra immagine che emerge nell'occhio della mente. Questo procedimento è conosciuto con il nome di chatzivà, il "taglio", in analogia con la pietra che viene tagliata nella roccia. Il processo consistenell'ndividuare la pietra desiderata e poi separarla dalle altre. Si tratta di attuare lo stesso procedimento a livello menale: eliminare tutte le immagini estranee che circondano quella desiderata.

Esistono parecchi modi di "tagliar via" le immagini estranee. Una di queste consiste nel rimpiazare ogni immagine, eccetto la alef, con il bianco puro. Concentratevi sulla alef e lasciate che pervada tutta la vostra mente. Poi, gradualmente, "tagliate via" tutte le immagini che circondano la alef e sostituitele con il fuoco bianco.

Immaginate che questo fuoco bruci tutte le altre immagini. Iniziate con una fiammellina sopra la alef e immaginate che bruci una piccola parte delle immagini estranee. Lasciate poi che la fiammella si espanda sempre di più intorno alla alef e consumi le altre immagini. Alla fine resterà solo la lettera alef, scrita con fuoco nero su fuoco bianco.

In generale, unatecnica di visualizzazione come questa è molto valida e può essere usata in altre forme di meditazione ebraica.

Una volta acquisita la capacità di visualizzazione, esistono altri metodi ancona più avanzati: immaginare che il cielo si apra e di attraversare i sette firmamenti fino al più elevato su cui si visualizza il tetragramma in varie modalità. Questi ultimi esercizi possono portare a livelli spirituali molto elevati e bisogna stare attenti a non prenderli alla leggera. Nella fonti originali è scritto he prima di cimentarsi con queste tecniche è necessario dedicare una giornata intera a prepararsi, recitando i salmi e studiando la Torà. Prima di cominciare la meditazione, ci si deve purificare fisicamente e spiritualmente con un bagno nel mikvé (il bagno rituale) o in un corso d'acqua. SI raccomanda di vestirsi di bianco. E' una visualizzazione pericolosa, che richiede un maestro molto esperto o almeno un compagno di meditazione.

Il Baal Shem Tov raccomanda del resto di avere un compagno in tutti i tipi di meditazione avanzata che, in caso di necessità, aiuti l'altro a ritornare nel mondo reale.

La visualizzazione è molto utile perché serve a controllare le visioni che accade spesso di avere nelle forme più profonde di meditazione, e che è consigliabile cacciare, anche sostituendole col tetragramma.

Quando si è imparato a controllare le immagini mentali, il rischio di veder apparire false visioni è molto meno grande. La meditazione diventa totalmente pura e non è turbata da manifestazioni secondarie senza importanza.

 

 

 

La visualizzazione del nulla

Ad un livello molto alto di meditazione può essere visualizzato anche il nulla. Il nulla è in realtà al di là di immagini come il buio o il vuoto: è assenza di ogni cosa, anche del buio e del vuoto. Se volete sapere a cosa somiglia il nulla, pensate a quello che vedete dietro la vostra testa (alcune tecniche consigliano di pensare a cosa si vede dentro la testa). E' possibile trasferire questa percezione, durante la meditazione, nell'occhio della mente. Ci sono esperienze così sottili che possono essere offuscate perfino dalla visualizzazione del buio o del vuoto; lo spirito è invece aperto alle influenze più evanescenti quando è pervaso dall'esperienza del nulla. Una di queste esperienze è quella della spiritualità pura, quando il nulla viene riempito da ciò che proviene dall'En

Sof, l'Infinito.

La visualizzazoine del nulla è molto avanzata e assolutamente non adatta per i principianti. Va praticata sotto la guida di un maestro spirituale e mai da soli. Se l'autore ne parla è perché è molto vicina al metodo della visualizzazione ed è importante per poter comprendere certi aspetti della meditazione e del misticismo ebraico.

C'è il rischio di essere inghiottiti dal nulla e di non essere capaci di riemergere. E' pertanto necessario avere sempre un compagno o un maestro spirituale che possa richiamarci alla realtà oggettiva

Possono essere necessari anni per imparare a visualizzare veramente il nulla. Non è una disciplina facile, ma una volta acquisita, è uno strumento molto potente per la visualizzazione. Il nulla è la più pura delle immagni che sia possibile rappresentare mentalmente.

Uno spazio nero e vuoto non è il nulla.

La visualizzazione successiva èuno spazio vuoto e trasparente, senza alcun colore di fondo.

Per riuscire a visualizzare il nulla si deve tentare di contemplare ciò che è dietro la testa o, secondo altri testi, nella testa.

La visualizzazione del nulla è utilizzata negli esercizi più avanzati di meditazione. Se si visualizza il nulla e contemporaneamente si fa il vuoto mentale, la mente torna vergine, un vuoto assoluto perfettamente sensibile, aperto alle esperienza più sublimi. Questa pertanto è una tecnica molto importante per sperimentare la spiritualità pura. A questo livello i minimi pensieri sono così amplificati che provocano veri terremoti. E' quindi necessario farli tacere: forse è questo il vento di tempesta o "spirito tempestoso" che deve dapprima affrontare Ezechiele.

Quando il profeta cerca di elevarsi ancora oltre si trova di fronte ad una cortina di nuvole: ottundimento e ciusura del pensiero, opacità dello spirito che impedisce di vedere o di sentire qualsiasi cosa. L'ultima barriera è il "fuoco che si sprigiona" e rappresenta l'ammirazoine e il timore che il profeta prova la prima volta che penetra nel regno della spiritualità. IN tutta la bibbia il fuoco è la metafora della vergogna e del timore.

La meditazione sul nulla può aprire le porte della profezia.

La meditazione sul nulla serve a capire qual è il proprio vero sé: che non è il corpo, né la mente, né l'anima, ma il nulla in ciascuno di noi.

Una tecnica descritta nella letteratura cabbalistica consiste nel "ritagliare" le lettere "YHVH" sostituendo la carta col nulla.

Una tecnica ancora più avanzata consiste nel vedere le lettere del tetragramma dietro il nulla.

 

 

 

Conversazione  con Dio

La conversazione orale con Dio a voce alta, il parlare a Dio a voce alta, è un'antica pratica ebraica, documentata in numerosi testi importanti. Si tratta di una meditazione verbale, rivolta all'interiorità e non strutturata

E' il metodo che comporta meno rischi.

Comunque molti pensano che sia tra le meditazioni ebraiche più efficaci.

Ci si può rivolgere a Dio con la preghiera o con la meditazione. Si potrebbe pensare che il confine tra preghiera e meditazione è molto labile, esiste invece una differenza importante. Quando parliamo a Dio perché ci sentiamo spinti a farlo è preghiera. Quando invece si tratta di una pratica regolare e ogni giorno un periodo del proprio tempo è riservato alla conversazione con Dio allora è meditazione. Come abbiamo già visto, la meditazione consiste nel pensare in modo controllato per cui una riflessione che si esprime sotto forma di conversazione con Dio è comunque un'esperienza di meditazione. E' in quest'ottica che Rabbi Nachman prescrive di riservare ogni giorno un periodo di tempo fisso per parlare con Dio, in particolare raccomanda di dedicarvi circa un'ora ogni sera. Nella società in cui viviamo, per molti è più facile limitare la conversazione a venti-trenta minuti. L'essenziale è di praticare l'esercizio tutti i giorni, alla stessa ora.

Rabbi Nachman dice che se si persevera abbastanza a lungo,si finisce per trovare qualcosa da dirgli, e se la difficoltà permane, raccomanda di iniziare la conversazione ripetendo la frase "Padrone dell'universo". Quando si ripete questa frase si deve pensare che ci stiamo rivolgendo a Dio e i pensieri finiranno per aprirsi e si troveranon altri modi per esprimersi.

Se non si riesce neanche col mantra,

Rabbi Nachman dice di fare proprio di questa difficoltà l'oggetto della conversazione.

Potete utilizzare come punto di partenza anche il sentimento di lontananza e di estraneazione ch provate nei confronti di Dio.

Non è necessario variare la conversazione: potete parlare con Dio delle stesse cose giorno dopo giorno.

Via via che la conversazione diventa più facile e rilassata, l'esperienza si fa più profonda. Ben presto diventa una potente tecnica di meditazoine che può facilmente elevarvi a stati di coscienza superiori in cui la presenza divina è palpabile.

Uno degli scopi della meditazione è quello di aiutare a bandire l'ego, cosa molto difficile nella nostra società.

Nella vita turbolenta di tutti i giorni, per non essere schiacciati, è necessario avere un forte senso di sé e dei propri scopi. Per molte persone può essere controproducente praticare una disciplina di meditazione che indebolisce l'ego e il senso di sé. Può verificarsi infatti che gli scopi che una persona auspica di raggiungere per mezzo della meditazione siano diametralmente opposti alle sue aspirazioni più profonde. Essendo diretta verso l'interno la conversazione con Dio non presenta questi svantaggi rispetto alla meditazione mantrica o alla contemplazione, anche se, come ogni altro tipo di meditazine, può aiutare a superare l'ego. La conversazione con dio rimpiazza però l'ego con qualche cosa di ancora più forte. Grazie al dialogo con DIo arriviamo a vedere noi stessi in una prospettiva diversa, cominciamo a percepirci come una ramificazione di Dio. Questa forma di meditazione ci rende, per così dire, partecipi del divino. Se dopo averne parlato con dio, i nostri progetti continuano ad apparirci validi, la nostra determinazione ne sarà rafforzata.

Dobbiamo però fare attenzione anche al pericolo contrario. Se una persona non è in grado di annullare il proprio  ego, può diventare ancora più testarda, ostinata e incapace di dialogare con gli altri. Non c'è persona più antipatica di colui che is compomrta come se fosse in comunicazione diretta con Dio.

Conversare con dio, facendoci vedere noi stessi con gli occhi di dio può servire a farci trovare un senso alla nostra vita, come se fossimo in psicoterapia.

Mentre nella psicoterapia la risposta viene dall'esterno, nella meditazione viene dall'interno.

La preghiera-meditazione somiglia ad una auto-terapia e comporta gli stessi rischi. Come nel corso di una terapia può accadere di scoprire problemi profondi che se non vengon orisolti rischiano di procurare gravi sofferenze. In psicoterapia, il teprapeuta è là proprio per aiutare il paziente quando il problema si rivela troppo difficile. Chi pratica la meditazine come auto-terapia, può trovarsi invece in un vicolo cieco dal quale non è più capace di uscire. Pertanto, se utilizzate la preghiera-meditazione come una forma di auto-terapia, è molto importante che vi facciate seguire da una guida che sia in grado di capire cosa sta avvenendo. Senza questo aiuto, i risultati potrebbero rivelarsi più negativi che positivi. La vostra guida deve essere una persona equilibrata e psicologicamente forte che abbia già acquisito una grande esperienza nel guidare

 

 

 

La preghiera "Shemà"

La preghiera ebraica più importante è lo

Shemà, tratto dalla Torà, che lo vuole recitato due volte al giorno

Lo shemà non può essere usato come mantra: essendo una preghiera di unificazione la torà ammonisce a recitarlo una sola volta.

Il talmud dice che lo shemà ha il potere unico di scacciare le forze del male. Viene recitato a letto, proprio prima di addormentarsi. Secondo il Talmud, la notte è infatti il momento in cui le forze del male sono più forti e lo shemà ha il potere di proteggerci. La ragione è evidente: il male ha poter solo quando lo crediamo una entità separata da Dio. Se uno pensa che ci possa essere una forza del male separata da dio, allora può essere colpito da questa forza. Ma se riconosciamo che anche il male è una creazione di dio, questo non ha più potere su di noi. Dio stesso, per mezzo del suo profeta, ha detto: "Io sono colui che forma la luce e crea l'oscurità, che fa la pace e crea il male, Io, il signore, faccio tutto questo" (Isaia 45:7).

Il testo della shemà indica chiaramente che in origine fu concepito come una meditazione.

Lo scemà, anziché come una preghiera o una professione di fede, può essere una meditazione, se pronunciamo le parole molto lentamente, dopo esserci preparati spiritualmente (quindici-venti secondi a parola e più). Durante i silenzi che separano le parole, lasciate che il significato di ogni parola penetri nel profondo del vostro essere

Si può utilizzare lo shemà come meditazoine sia durante i servizi religiosi quotidiani sia da solo. E' tuttavia preferibile farlo durante il servizio religioso, in particolare quello del mattino.

Poiché lo shemà è preceduto da due preghiere o benedizioni (come le chiama il Talmud), la mente dapprima medita sull'immensità del mondo astronomico e prende coscienza che nella sua totalità l'universo concorre al compimento della colontà divina. Proseguendo, la mente trascende il mondo astronomico per giungere nel regno della spiritualità, nel mondo degli angeli ai quali ci uniamo nelle lodi  quotidiane che rivolgono a dio. Fin qui la prima benedizione. Con la seconda benedizione meditiamo sull'amore di dio e poi passiamo allo shemà.

Le lettere "shin" e "mem" dello shemà hanno un notevole valore intrinseco. In molte scuole di meditazione il suono della lettera m viene usato per indurre tranquillità e pace interiore.

Questo suono sembra avere il potere di indurre proprio quell'armonia che si ricerca nella meditazione.

 

Uso dei suoni di "Shemà" per entrare in stato meditativo

Un esercizio di cui parlano i commentari sul Sefer Yetzirà si è rivelato estremamente utile per arrivare rapidamente a uno stato meditativo. Questo esercizio consiste nel ripetere alternativamente il suono della shin e quello della mem. Iniziate con il pronunciare il primo suono durante una espira<ione normale, oi inspirate e quindi espirando pronunciate il suono della mem. Le inspirazioni e le espirazioni devono avere la stessa lunghezza. L'inspirazione è silenziosa e rappresenta la terza "lettera madre", la alef, che è muta. Questa tecnica di meditazione porta progressivamente ad una sintonia ocn il suono "mmm". Con un pò di pratica, si arriva a uno stato meditativo salmodiando semplicemente il suono "mmm".

 

 

 

Il servizio religioso quotidiano come pellegrinaggio spirituale/esperienza di meditazione

IL primo livello della meditazione è quello dell'azione: la "mano" che dio ci dona per ricevere la sua energia è il corpo che egli creò a sua immagine

Il secondo livello della meditazione è quello della parola. Al liello della parola prendiamo coscienza di essere entrati in comunicazione con il Divino.

Il terzo livello della meditazione è quello del pensiero attraverso il cui potere percepiamo quello che possiamo cogliere del Divino.

C'è poi il livello meditativo superiore al pensiero che è l'esperienza del nulla. E' l'esperienza ineffabile del divino stesso. E' l'esperienza che raggingiamo solo quando ogni altro pensiero è assente ed entriamo nel regno della pura esperienza che è al di là del pensiero.

Emerge pertanto in modo chiaro che il servizio religioso quotidiano è molto più di una semplice serie di preghiere.

Si tratta in effetti di un pellegrinaggio spirituale che ci eleva da un livello spirituale al seguente e ci porta a una intimità sempre maggiore con il divino. E' una esperienza quotidiana di meditazione che può avere profondi effetti nella spiritualità di ogni singolo individuo.

 

 

 

Le azioni quotidiane come mezzo per avvicinarsi a Dio

Uno degli insegnamenti fondamentali dell'ebraismo è che l'uomo può sentire la presenza di Dio in tutto quello che fa. Una persona può dedicare a Dio qualunque cosa faccia e tramutarla in un atto di devozione. L'azione più banale può diventare un legame col divino.

Quando laviamo i piatti possiamo pensare che i piatti sranno puliti per il prossimo pasto che sarà consumato dalla famiglia, che potrà così avere la forza necessria per affrontare la giornata che l'aspetta e forse per acquisire una coscienza più profonda di Dio tramite la benedizione sul cibo.

Lavare i piatti può essere così visto, almeno indirettamente, come un mezzo per avvicinarsi a Dio in modo diverso. L'atto stesso può essere visto come un'esperienza esaltante. Immaginate di preparare un pranzo per la persona che amate di più al mondo. Immaginate che non si tratti di un pranzo normale ma di una festa che commemora una data importante della vostra vita. Ovviamente nella preparazione di questo pranzo, metterete tutto l'amore che provate per questa persona, affinché tutto sia perfetto. Immaginate ora di lavare i piatti che serviranno per questo pranzo. Naturalmente volete che i piatti siano perfettamente puliti e splendenti. Se dio è uno, lui e la sua volontà devono necessariamente essere tutt'uno. dio deve essere identico alla sua volontà.

D'altra parte le cose esistono solo perché dio vuole che esistano. se dio volesse che un oggetto non esistesse, questo cesserebbe semplicemente di esistere. Dio porta all'esistenza ogni singola cosa attraverso la sua volontà ed è solo per mezzo della sua volontà che un oggetto continua ad esistere.

Questo implica che la volontà di dio è presente ovunque. Ma se dio è identico alla sua volontà anche dio deve essere in tutte le cose. Pertanto ogni atto e ogni cosa devono essere necessariamente compenetrate dall'essenza di dio.

Supponiamo che stiate lavando i piatti. Concentratevi su quello che state facendo e alontanate ogni altro pensiero affinché quello che state facendo occupi totalmente la vostra mente. Cercate di essere totalmente coscienti di cosa statefacendo: per voi non esiste nient'altro al mondo. Concentratevi sul piatto che state lavando e riflettete sul fatto che questo piatto è un'espressoine della volontà di dio e della sua essenza. Anche se nascosta, in quel piatto c'è una scintilla del divino. E c'è una scintilla del divino anche nell'acqua con la quale lo state lavando.

I maestri insegnano che quando una persona mangia, deve concentrarsi totalmente sul cibo e sull'atto del mangiare, senza pensare ad altro. Deve avere presente nolter che anche il gusto del cibo è un'espressione del divino e che mangiando assorbe nel suo corpo questa scintilla. Mentre mangia, la persona deve avere anche l'intenzione di dedicare al servizio di dio l'energia ottenuta attraverso il cibo. Quando una persona si comporta così è come se il cibo che mangia fosse sacrificato sul grande altare del tempio di gerusalemme.

L'azione del mangiare può dunque diventare una forma di meditazione e un mezzo per avvicinarsi a dio. E' per questo che è stato ordinato di recitare una benedizione prima di ogni pasto.

La benedizione sul cibo deve essere recitata molto lentamente, con la mente sgombra da ogni altro pensiero. In questo caso la benedizione sul cibo può essere una meditazione molto potente.

L'ebraismo ha precetti alimentari, ma la disciplina più importante è quella delle benedizioni. QUando recitiamo una benedizione prima di mangiare, l'azione stessa del mangiare diventa un percorso spirituale. Attraverso la benedizione, l'azione del mangiare diventa un esercizio di contemplazione. Allo stesso modo in cui possiamo contemplare un fiore o una melodia, possiamo contemplare l'atto del mangiare. Apriamo completamente il nostro spirito all'esperienza della masticazione degli alimenti e riempiamo la nosra coscienza con il loro gusto e la loro consistenza. Poi, mangiando lentamente, prendiamo coscienza delle minime variazioni del gusto. Quando una persona mangia nel giusto stato di coscienza, gli è sufficiente una quantità di cibo minore. L'organismo, nella sua saggezza, determina la quantità di cibo di cui abbiamo bisogno e non ne desideriamo altro perché in questo caso non mangiamo per compulsione o per nervosismo.

Lavorare, mangiare, vestirsi, qualsiasi azione può tramutarsi in un atto di devozione e colui che segue questa disciplina arriverà a vedere Dio in ogni aspetto della vita.

 

 

 

I precetti della legge ebraica

Nella prima parte della formula di benedizione associata ad un precetto, simile per tutti, è detto che "Dio ci ha sentificato con i suoi precetti": i precetti sono un mezzo mediante il quale dio santifica le nostre vite e ci eleva al disopra delle cose di questo mondo. Prendiamo coscienza che i precetti costituiscono un mezzo particolar che dio ci ha dato per conoscere il divino. QUando osserviamo un rito, dobbiamo dunque vedervi l'espressione del nostro desiderio di avicinarci a dio.

Viene insegnato che la Torà contiene 613 precetti, ma molti riguardano i sacerdoti o occasioni particolari.

Fondamentalmente la pratica dell'ebraismo è definita da una cinquantina di precetti che ne costituiscono la struttura: è la loro osservanza che fa di una persona un'ebreo osservante.

Accanto ai comandamenti della Torà propriamente detta ci sono numerosi riti e costumi che sono diventati parte integrante dell'ebraismo.

Fu stabilito che doveva essere detta una benedizione prima di osservare molti precetti e molti riti. Ogni benedizione proclama l'immanenza di dio. Ma i precetti che vengono da dio esprimono la sua volontà. Poiché Dio è identico alla sua volontà (almeno al nostro livello di comprensione), ne deriva che egli è presente nei suoi comandamenti. Colui che osserva un rito prescritto da un comandamento si trova dunque nella posizione di poter stabilire un legame diretto con Dio.

Il semplice fatto di fare quello che l'essere amato desidera è un atto d'amore in sé.

Poiché si tratta di comandamenti di dio sono l'espressione fedele e unica della sua volontà. Questa espressione della volontà divina è da tutti i punti di vista altrettanto reale dell'atto di volontà pe mezzo del quale Dio ha creato l'universo. Un comandamento è altrettanto reale di un oggetto fisico. Se meditiamo su questo aspetto, l'osservanza dei precetti diviene qualcosa di reale e palpabile, un atto totalmente compenetrato dal divino.

Quando osservate un precetto, cercate di meditare sul fatto che questo precetto è espressione della volontà di dio. In uno stato di meditazione profonda sentirete concretamente la volontà di dio nell'atto che state compiendo e comprenderete che dio e la sua volontà sono tutt'uno. Oltre alla benedizione che precede un precetto, i grandi maestri del misticismo ebraico raccomandano un'altra meditazione: "Io faccio questo per l'unificazione del santo, benedetto egli sia, lui e la sua shekhinà

(divina presenza), con rispetto e amore, in nome di tutto israele".

Dio è assolutamente trascendente ("Santo" esprime proprio questo), ma possiamo conoscerlo ugualmente nella sua immanenza. Lo Zohar dice che "il Santo e la Torà sono uno": i precetti sono il mezzo con cui dio si volge verso di noi dall'alto della sua trascendenza.

I precetti hanno la funzione di legame tra dio e gli uomini.

La parola ebraica per "divina presenza" è

Shekhinà. Il concetto di shekhinà è fondamentale nell'ebraismo. Quando dio permette che la sua shekhinà riposi in un luogo è come se ci tendesse una mano attraverso la quale possiamo ricevere l'esperienza del divino. Quando recitiamo "Io faccio questo per l'unificazione del Santo, benedetto egli sia lui e la sua shekhinà" dobbiamo ricordarci di essere ricettacoli del divino, cercare di sentire nella profondità del nostro animo quel gran vuoto che aspira a essere colmato e che può essere riempito solo dall'essenza di dio.

Allo stesso tempo dobbiamo avere coscienza della presena di dio intorno a noi. Dobbiamo ricordarci che dio è sempre pronto a tenderci la mano, che ha bisogno di un segno da parte nostra, di un nostro atto. I precetti adempiono questafunzoine ed è per loro tramiteche l'essenza di dio permea il nostro essere. Quando osserviamo un precetto o adempiamo un rito, dobbiamo avere coscienza che attiriamo su di noi la luce del divino.

 

 

 

La sessualità nell'ebraismo

La tradizione ebraica non incoraggia il celibato. Mosè, il più grande di tutti i mistici e di tutti i profeti, era sposato, come lo erano i profeti e i maestri. La sessualità non è considerata una debolezza della carne o un male necessario, ma un mezzo per avvicinarsi a dio sul piano più intimo che ci sia. Il

Talmud interpreta Esodo 21:10 come un precetto divino secondo il quale l'uomo e la donna devono avere rapporti sessuali regolari.

Nei momenti di intimità, l'uomo, espressione dell'aspetto maschile del divino, può sentirsi in comunicazione profonda con l'aspetto femminile del divino, e la donna, inversamente, in comunicazione profonda con l'aspetto maschile del divino. Allora, attraverso la loro unione lui e lei possono sentire che creano una "immagine di Dio".

Per giungere a questo livello, durante l'atto sessuale, è molto importante evitare ogni immagine o pensiero estraneo. E' necessario astenersi dal pensare a qualsiasi altra persona del seso opposto che non sia quella con la quale siamo in comunicazione. Come in ogni altra meditazione che comporta un'azione, è necessario concentrarsi totalmente sull'atto, scacciando ogni altro pensiero. Il talmud e la cabbalà danno molte indicazioni su come accrescere gli aspetti meditativi dell'atto sessuale.

Quando un uomo e una donna provano piacere uno dell'altra possono vivere il piacere anche come una esperienza di meditazione. Questo decuplicherà la gioia della loro esperienza. Se percepiscono il piacere come un dono di Dio, vi troveranno una gioia immensa che li riempirà di un sentimento di riconoscenza. A un livello più profondo potrà succedere loro di percepire la scintilla del Divino nel piacere che si eleva così fino alla sua sorgente originaria. Per una coppia animata da queste intenzioni, l'atto sessuale diventa qualcosa di sacro. Il Talmud interpreta

Esodo 21:10 come un precetto divino secondo il quale l'uomo e la donna devono avere rapporti sessuali regolari. Pertanto, durante l'atto sessuale, uomo e donna possono meditare anche sul fatto che stanno adempiendo un precetto di

Dio. Vanno rispettate le regole della purità familiare. L'applicazione di tecniche meditative all'atto sessuale accresce immensamente il piacere. Il tipo di meditazione di una coppia che desidera concepire un figlio è un po' diverso, dal momento che se marito e moglie raggingono un certo livello di concsapevolezza, i loro pensieri durante l'atto sessuale possono avere un'influenza importante sul bambino che sarà concepito.

 

 

 

I metodi di autoperfezionamento della scuola del Musar

Uno dei più importanti filoni della meditazione ebraica è legato alla scuola del Musar, fondata da Yisrael

Salanter (1810-1883). Il musar, l'autoperfezionamento, è sempre stato un elemento importante dell'ebraismo; alcuni testi su questo argomento risalgono al X secolo. La peculiarità della scuola Musar fu tuttavia di avere come obiettivo primario proprio la ricerca dell'autoperfezionamento, del miglioramento spirituale, etico e morale durante tutta la vita.

Il Musar non riteneva sufficiente fare l'esperienza del divino, ma sosteneva che era necessario avere il miglio rapporto possibie con gli altri. La collera, l'odio, il desiderio di rivalsa, la calunnia, la gelosia, erano visti come cattivi sentimenti che rischiavano di compromettere lo sviluppo spirituale. Veniva insegnato agli adepti a prendere consapevolezza dei propri difetti e ad adottare una disciplina personale per superarli ad uno ad uno.

Il Musar era anche nato in opposizione allo chassidismo che, in certe cerchie considerava il maestro come il paradigma delluomo santo e ritenevano di vivere la santità della loro vita attraverso di lui, come una sorta di procura.

Esiste una vasta letteratura del musar in ebraico. Alcune delle opere più importanti, come Messillath Yesharim (il sentiero della rettitudine) e Orchoth Tzaddikim (Le vie dei giusti) di Moshe Hayim Luzzatto sono state tradotte in inglese.

La prima tappa della disciplina del musar consiste nell'abituarsi a leggere quotidianamente una lezione tratta dalle opere classiche del Musar che verte su come perfezionare la qualità etica, morale e religiosa della propria vita. Dopo la lettura si deve contemplare quanto si è letto e vedere in che modo si rapporta alla propria vita. Solo in seguito, quando il discepolo ha fatto progressi sufficienti, la riflessione si tramuta in meditazione. Dopo aver letto la lezione vi si medita per venti-trenta minuti. Si tratta di una forma semplice di meditazione, simile a quella da usare per rimettere ordine nella propria vita. Essa consiste nel considerare un aspetto particolare della nostra vita e vedere con quali mezzi possiamo migliorarla. I pensieri estranei vanno dolcemente allontanati.

Maestri come Baal Shem Tov sostenevano invece che è necessario prestarvi attenzione perché talvolta possono indicarci la direzione da seguire. Quello che si può fare è annotare mentalmente questi pensieri e analizzarli dopo la meditazione per vedere in che modo possono essere utili per realizzare i propri obbiettivi.

La disciplina di perfezionamento personale non si limita necessariamente alle questioni morali. Le scuole del Musar vedono nel proprio metodo un mezzo per realizzare la completezza dell'essere umano, ed esso può pertanto essere utile anche per combattere la timidezza, l'indecisione o l'apatia, tanto per fare un esempio.

La seconda tappa della disciplina del Musar consiste nel ripetere come un mantra il concetto sul quale si sta meditando. SUpponiamo per esempio che abbiate l'abitudine di dire male degli altri e vogliate liberarvi da questo difetto. Dovete allora prendere coscienza che la maldicenza nuoce agli altri, che è moralmente condannabile e che è proibita dalla Torà: "Non andrai a calunniare la gente tra il tuo popolo" (Levitico 19:16).

Per liberarsi da questo vizio, secondo il metodo del Musar, ogni giorno, per venti o trenta minuti si deve ripetere come un mantra il versetto biblico: "Non andrai a calunniare la gente tra il tuo popolo". In questo modo il messaggio del versetto viene assimilato e si acquisisce una padronanza di sé che permette di non abbandonarsi più alla maldicenza.

Rabbi Nachman di Breslav insegnava invece a rivolgersi alle varie parti del corpo. Quando una persona desidera modificare un suo modo di essere, deve rivolgersi alla parte del corpo che concorre in modo attivo a quel modo di essere; il risultato finale sarà un cambiamento del modo di essere stesso. Nell'esempio di prima, il metodo di Rabbi Nachman consisterebbe nel parlare alla propria lingua per dirle di non essere più maldicente. Praticato quotidianamente per un periodo determinato di tempo, anche questo metodo può essere una forma di meditazione efficace.

Supponiamo che vogliate dimagrire. Le tecniche del Musar e altri esercizi di meditazione possono esservi di grande aiuto. Potete semplicemente ripetere come un mantra la frase "voglio dimagrire". Potete parlare al vostro corpo e dirgli che volete essere più snelli. Potete usare anche na tecnica legata all'immaginazione visualizzando la vostra immagine come vorreste che fosse e provando ad avere la sensazione di come vi sentireste dopo aver perso peso. Progressivamente l'immagine che avete di voi comincerà a cambiare. Potete parlare alla vostra bocca e dirle di mangiare di meno e al vostro stomaco per dirgli di essere meno vorace.

Sole o combinate, queste tecniche possono aiutarvi a liberarvi di abitudini ormai radicate.

Sono moltissimi i consigli che le scuole del Musar danno per rendere più efficace il programma di autoperfezionamento.

Il primo è di non cercare di cambiare troppe cose alla volta, come dice il Talmud: "Chi troppo vuole, nulla stringe". E' meglio riuscire a fare piccoli cambiamenti che fallire per volerne ottenere di troppo grandi. Quando si è capaci di fare piccoli cambiamenti nella propria vita, è più facile riuscire a fare quelli grandi. Il successo genera successo. Il fallimento ne genera un altro.

Se un fumatore decide di smettere di fumare per sempre, dopo una settimana comincia a dirsi che non può stare per tutta la vita senza fumare e ricade nel vizio. L'insuccesso renderà ancora più difficile il secondo tentativo che farà. Dopo un certo numero di insuccessi, probabilmente rinuncerà definitivamente a smettere di fumare, persuaso di essere impotente nei confronti del vizio.

Secondo il metodo del Musar, invece, il fumatore deve stabilire di rinunciare a fumare pre un periodo di tempo determinato, per esempio un mese, finito il quale deciderà se vuol continuare o meno. La chiave del successo è proprio questa. Durante questo mese il nostro fumatore non deve dirsi che non fumerà mai più una sigaretta, che dovrà continuare a lottare per anni e anni. L'astinenza diventa tollerabile perché è limitata nel tempo. Il punto fondamentale è che alla fine dei trenta giorni il fumatore è libero di ricominciare a fumare o meno. Se ricomincia a fumare, non deve dirsi che ha fallito; al contrario può dire a se stesso che è riuscito a non fumare per un mese e può servirsi di questo successo come di un trampolino per continuare a decidere di non fumare pre un altro mese, alla fine del quale molto probabilmente constaterò che la sua voglia di fumare è molto meno forte. Ovviamente al termine di ogni periodo di trenta giorni può decidere di non ricominciarea fumare. Se è riuscito a resistere per un mese, il mese seguente sarà ancora più facile. Affrontando un periodo alla volta, il nostro fumatore riuscirà ad annullare progressivamente la propria voglia di fumare fino a farla scomparire. Vi riuscirà con ancora più facilità se durante il periodo di astinenza utilizzerà una delle tecniche di meditazione del musar di cui abbiamo già parlato. Per esempio, per rafforzare la sua volontà, potrà ripetere come un mantra la frase "Voglio smettere di fumare", o usare altre tecniche. Utilizzare questi periodi di trenta giorni è uno strumento molto potente nello sviluppo spirituale. Spesso è più facile eliminare un vizio morale che decidere di non fumare o di mangiare di meno perché in questi ultimi due casi oltre allo spirito è coinvolto anche il corpo. Un periodo di trenta giorni spesso è sufficiente per eliminare una cattiva abitudine morale. Nell'arco di alcuni anni è possibile modificare un numero considerevole di modi di essere sbagliati e progredire costantemente sulla via del perfezionamento spirituale e morale. E' possibile arrivare ad essere la persona che si desidera essere. Ciò che importa non è tanto quello che siamo oggi, ma quello che vogliamo essere domani. Per ci decide di consacrare la propria vita all'autoperfezionamento non ci sono praticamente limiti ai livelli che è possibile raggiungere.