Kaplan, La meditazione ebraica |
Introduzione
Storia della
meditazione ebraica
La meditazione
nella letteratura ebraica
Cos'è la
meditazione?
Passi iniziali
Tecniche per
sbarazzarsi dei pensieri
Meditazione e
respirazione
Meditazione e
inconscio
Avvertimenti e
cautele
Esperienze e
realizzazioni tipiche dello stato meditativo
Concentrazione
totale/"Stati di attenzione"
Ampliamento
della capacità mnemonica
"Stato di
risoluzione dei problemi"
Percezioni
extrasensoriali
Visione
panoscopica
Visualizzazione
in più dimensioni rispetto alle tre usuali
Sinestesia
Visualizzazione
del nulla
Sviluppo della
sensibilità spirituale
Sintonizzazione
con le grandi verità/risposte sul senso dell'esistenza, lo scopo della vita, la
vera natura della realtà
Sintonizzazione
con le grandi verità>Consapevolezza di sé
Sintonizzazione
con le grandi verità>Presa di coscienza spirituale/Presa di coscienza di Dio
Controllo
dell'inconscio/Padronanza delle emozioni/Discernimento delle emozioni
Classificazioni
della meditazione
Meditazioni
verbali e non verbali
Meditazioni
rivolte all'interiorità o meditazione dirette all'esterno
Meditazioni
strutturate e meditazioni non strutturate
Meditazioni con
supporto e meditazioni senza supporto
Tecniche di
meditazione specifiche (elenco)
Meditazione su
un versetto
Vuoto mentale
Concentrazione
sul "non pensiero"
Yichudim
Riflessione
sulle domande circa un dio trascendente
Meditazione su
un suono
Meditazione
mediante l'odorato
Meditazione
mediante il tatto
Meditazione
mediante il senso cinestesico
Meditazione per
mezzo di una azione rituale o di osservanza
Meditazione
sulle emozioni
Indicatori
degli stati di coscienza meditativi
Classificazione
degli stati di coscienza
Stati di
coscienza ordinari
“Stati di
attenzione"
Stati di
attenzione>Aumento della capacità di memorizzare
Stati di
attenzione>Gli "stati di soluzione dei problemi"
(Maggior
controllo delle) Visualizzazioni
La meditazione
mantrica
La recita
dell’Amidà
La contemplazione
La
contemplazione visiva
La
contemplazione di un oggetto
La meditazione
hithbonenuth
La
contemplazione in generale
La
contemplazione delle stelle
La
contemplazione della fiamma
La meditazione
contemplativa sul colore azzurro
La
contemplazione del Tetragramma e altri tipi di contemplazioni
Combinazione di
meditazione e contemplazione
La visualizzazione
Combinazione di
visualizzazione e contemplazione: La contemplazione del tetragramma
Combinazione di
visualizzazione e contemplazione; La contemplazione dell'Alef
La
visualizzazione del nulla
Conversazione con Dio
La preghiera
"Shemà"
Il servizio
religioso quotidiano come pellegrinaggio spirituale/esperienza di meditazione
Le azioni
quotidiane come mezzo per avvicinarsi a Dio
I precetti
della legge ebraica
La sessualità
nell'ebraismo
I metodi di
autoperfezionamento della scuola del Musar
Introduzione
Gli insegnamenti della Cabbalà ci dicono che l acomprensione
dei livelli spirituali superiori è possibile solo in termini di nulla. Un
insegnamento ebraico assolutamente fondamentale afferma che Dio è creatore di
tute le ocse. Questo concetto è carico di implicazioni: in primis comporta ce
anche concetti basilari come "volontà" o "mente" sono
creazioni di Dio. Del resto, lo Zohar afferma molto chiaramente he Dio non ha
volontà né mente nel senso antropomorfico di questi termini. Dio ha dovuto
prima di tutto creare questi concetti per utilizzarli nella creazione del
mondo. Pretendere il contrario significherebbe sottointendere che la volontà e
la mente sono su un piano di uguaglianza con Dio, il che ovviamente è
impossibile. Anche la logica deve essere considerata come una creazione di Dio.
Se non lo fosse e pretendessimo che Dio fosse vincolato dalla logica,
affermeremmo allora che la logica è superiore a Dio o quanto meno più
fondamentale, ragion per cui, sse Dio è il creatore di tutte le cose, deve
esserlo anche della logica. Possiamo trarre conclusioni importanti: per esempio
che i paradossi che scopriamo in relazione a Dio in realtà sono privi di
conseguenze. I paradossi sono semplicemente idee che rascendono la logica.
Poiché Dio ne è il creatore, egli può utilizzare la logica come crede meglio,
senza esserne minimamente vincolato. Il fatto che Dio abbia creato tutte le
categorie significa che ogni cosa alla quale nel linguaggio umano corrisonde
una parola è necessariamente opera di Dio. Anche la parola "Dio"
corrisponde alla concezine che noi abbiamo di Lui e non alla sua vera essenza.
Dal momento che tutto ciò che è concepibile, ivi comprese tutte le categorie
mentali che la mente può immaginare, è stato creato da dio, ne consegue che
niente di ciò che è concepibile gli può essere associato. Pertanto immaginare
il nulla e comprendere che dietro questo si trova Dio è l'approssimazione
mentale più vicina a cui possiamo arrivare nel rappresentarci Dio. Secondo i
grandi filosofi ebrei , le nostre affermazioni su Dio sono "attributi di
azione" che affermano che Dio "fa", o "attributi
negativi", che affermano ciò che Dio "non è". Possiamo dire che
Dio è buono, amorevole, onnipotente. Ma sono comunque descrizioni di ciò che fa
e di come agisce, non di ciò che è.
Nella nostra mente esistono la categoria delle cose e quella
delle relazioni o stati. Quando poniamo Dio nella categoria delle cose,
parliamo di lui come di un essere. Ma quando lo poniamo nella categoria delle
relazioni, parliamo di lui come di un principio. Così, quando diciamo che
"dio è il creatore dell'universo", parliamo di lui come di un essere.
Quando invece diciamo he "dio è la forz acreatrice dell'universo",
parliamo di lui come un principio. Concepire dio come un principio piuttosto
che come un essere ci è di aiuto sotto molti aspetti. Da un lato arriviamo a
comprendere facilmente che può esistere al di là del tempo e dello spazio pur
riempiendo la totalità del tempo e dello spazio (come "1+1=2" esiste
in ogni luogo e tuttavia in nessun luogo) e dall'altro lato queta idea non si
presta a degenerare in rappresentazioni antropomorfiche. Ma dire che "dio
E' un principio", come si è visto in precedenza, è un enunciato che deve
rimanere in sospeso: dio è il creatore di tutte le categorie, e pertanto non
può essere classificato in nessuna di queste. "Principio" e
"Essere" sono approssimazioni di cui ci serviamo dal momento che la
nostra mente non dispone di categorie nele quali classificare Dio. Forse una terza
categoria intermedia fornirebbe una approssimazoine migliore, ma la mente non
ha a disposizione questo tipo di categoria e pertanto non può ocncepirla. Però,
grazie alla meditazione, possiamo presentire la natura di questa terza
categoria.
Quando affermiamo che Dio è "grande, potente e incute
timore" non intendiamo affatto limitare in alcun modo Dio con questi
aggettivi, ma semplicemente enumeriamo le emozioni e le esperienze che proviamo
nel percorso che ci porta a lui.
Si dice spesso che dio è un essere spirituale. Ma dio è al
disopra della spiritualità allo stesso modo in cui è al disopra della fisicità.
Egli è il creatore del concetto di spiritualità e in quanto creatore della
spiritualità non può esserne limitato.
Il fatto che le diciotto benedizioni dell'AMidà siano spiegate
con le 18 vertebre e che la diciannovesima sia fatta coincidere col coccige
indica che tutte le tradizioni religiose danno importanza alla colonna
vertebrale come canale dell'energia. Seguono elucubrazioni sul fatto che
inchinarsi alla maniera ebraica è nettamente meglio che tenere la colonna
vertebrale nella postura eretta consigliata dal Kundalini yoga.
Il talmud dice che lo shemà ha il potere unico di scacciare
le forze del male. Viene recitato a letto, proprio prima di addormentarsi.
Secondo il Talmud, la notte è infatti il momento in cui le forze del male sono
più forti e lo shemà ha il potere di proteggerci. La ragione è evidente: il
male ha poter solo quando lo crediamo una entità separata da Dio. Se uno pensa
che ci possa essere una forza del male separata da dio, allora può essere
colpito da questa forza. Ma se riconosciamo che anche il male è una creazione
di dio, questo non ha più potere su di noi. Dio stesso, per mezzo del suo
profeta, ha detto: "Io sono colui che forma la luce e crea l'oscurità, che
fa la pace e crea il male, Io, il signore, faccio tutto questo" (Isaia
45:7).
(Parlando del combattimento tra Giacobbe e l'angelo) Quando
una persona si apre alla spiritualità, si apre sia al bene che al male, il che
significa combattere con le forze del benee con quelle del male.
Dire che Dio esiste, che noi esistiamo ma che purtuttavia
noi e lui siamo uno, e un paradosso. Tuttavia non possiamo affermare che la
logica è superiore a Dio. E' vero invece il contrario. Poiché Dio ha creato
ogni cosa, ha creato ance la logica. La logica è uno strumento di Dio ed egli
non può essere limitato. Se dio vuole che qualcuno sia tutt'uno con lui pur
avendone una piena coscienza individuale, ciò gli è possibile. Questo
ragionamento ci psrmette di capire tutti i paradossi teologici. Dio, quando ha
creato il mondo, per molti aspetti si è attenuto alla logica. Poiché ha creato
l'uomo "a sua immagine" l'uomo utilizza questa stessa logica che
presiede alla creazione e pertanto può comprendere la creazione di dio. Ma quando
nella creazione dio decide di trascendere la logica può far,o e all'uomo allora
questo appare come un paradosso. Di fatto il concetto stesso di volontà divina
è un paradosso.
E' interessante la tecnica meditativa dello shemà: Kaplan
fornisce una indicazione del significato delle parole, ed è secondo queste
indicazioni che si deve far risuonare le parole entro di sé durante le pause di
silenzio tra la pronuncia dell'una e dell'altra.
Parlando del sacrificio (korbàn) nell'antica Israele, che
aveva ad oggetto animali e piante, Kaplan dice che l'uomo è per metà animale e
per metà angelo. Il corpo è la sede della sua natura animale, mentre l'anima è
la sede della sua natura angelica. Le parole di Kaplan paiono quasi adombrare
la dottrina del sacrificio mentale o dell'autosacrificio. Korbàn significa
"avvicinamento", e secondo Kaplan “poiché il corpo è il ricettacolo
del divino, anche il corpo e la natura animale debbono essere 'avvicinati' a
Dio"
Secondo i cabalisti i versetti di lode del servizio del
mattino (shachrit) servono a tagliarci fuori dal mondo fisico. Se l'uomo è per
metà animale e per metà angelo, la parola appartiene solamente alla sua natura
angelica.
I tre livelli più bassi dell'anima sono, nell'ordine di
altezza: nefesh, ruach, neshamà. Questi tre livelli dell'anima rappresentano
tre livelli dello spazio interiore. Nelle prime tre parti del servizio
religioso del mattino attraversiamo queste sfere. Il quarto livello dell'anima,
superiore a quello della neshamà, è il chayyà, che letteralmente significa
"forza di vita". Non è più il livello della "mano" o della
"mente" che tiene l'essenza divina, ma è l'essenza divina stessa.
Se dio è uno, lui e la sua volontà devono necessariamente
essere tutt'uno. dio deve essere identico alla sua volontà. D'altra parte le
cose esistono solo perché dio vuole che esistano. se dio volesse che un oggetto
non esistesse, questo cesserebbe semplicemente di esistere. Dio porta
all'esistenza ogni singola cosa attraverso la sua volontà ed è solo per mezzo
della sua volontà che un oggetto continua ad esistere. Questo implica che la
volontà di dio è presente ovunque. Ma se dio è identico alla sua volontà anche
dio deve essere in tutte le cose. Pertanto ogni atto e ogni cosa devono essere
necessariamente compenetrate dall'essenza di dio.
Mettere troppa enfasi sull'immanenza di Dio può portare a
perdere di vista la sua grandezza e ad avere un'eccessiva familiarità nei suoi
confronti. Se riconosciamo che Dio è "Re dell'Universo" evitiamo di
cadere nella tentazione intellettuale del panteismo. Prendiamo coscienza che la
presenza di Dio impregna tutte le cose, ma comprendiamo anche che questo non
significa che dio sia la somma di tutte le cose. La presenza di un re può
estendersi a tutto il suo regno, ma da questo non deriva che il re e il suo
regno siano la stessa cosa.
La tradizione ebraica non incoraggia il celibato. Mosè, il
più grande di tutti i mistici e di tutti i profeti, era sposato, come lo erano
i profeti e i maestri. La sessualità non è considerata una debolezza della carne
o un male necessario, ma un mezzo per avvicinarsi a dio sul piano più intimo
che ci sia.
Storia della meditazione ebraica
Anche se la maggior parte degli autori sembrano aver preso
coscienza dell'esistenza di elementi mistici nell'ebraismo, tuttavia
generalmente limitano la loro analisi ai maestri della Cabbalà e del
Chassidismo. Si tratta di una grave omissione, dal momento che l'ebraismo è una
religione orientale che è poi occidentalizzata, le sue pratiche meditative
potrebbero rappresentare la via più adatta per l'uomo occidentale. Innumerevoli
prove testimoniano che i mistici ebrei ebbero contatti con i maestri del
sufismo e conoscevano anche le scuole indiane.
Nel momento in cui Kaplan iniziò le sue ricerche erano stati
pubblicati pochissimi testi sulla meditazione ebraica e cabbalistica,
ingenerando la falsa convinzione che si trattasse di filoni marginali della
letteratura ebraica.
Quando il puzzle cominciò a comporsi fu chiaro che alcuni
dei maestri più eminenti della grande tradiione ebraica praticavano varie
tecniche di meditazione.
La conversazione orale con Dio a voce alta, il parlare a Dio
a voce alta, è un'antica pratica ebraica, documentata in numerosi testi
importanti. Si tratta di una meditazione verbale, rivolta all'interiorità e non
strutturata
La fenomenologia e la psicologia della meditazione ebraica
non sono particolarmente diverse da quelle degli altri sistemi, lo sono invece
gli scopi e i risultati che si raggiungono.
La meditazione era diffusa tra gli ebrei fino alla fine del XVIII
secolo. Troviamo molti riferimenti alla meditazione nei testi ebraici più
importanti, dall'era biblica fino all'era premoderna. L'illuminismo, col suo
razionalismo, fece cadere il misticismo in generale e la meditazoine in
particolare. La Cabbala venne ridotta ad esercizio intellettuale. La
meditazione scomparve dalla letteratura dell'ortodossia ebraica. Lo stesso
accadde anche nella letteratura chassidica nella quale la meditazione aveva
avuto in passato un ruolo centrale.
La meditazione aveva un ruolo centrale nell'esperienza
profetica e tale esperienza veniva attivata tramite la meditazione. La Bibbia
dice chiaramente che i profeti si servivano del canto e della musica per
elevarsi a stati di coscienza superiori, e da una attenta analisi filologica si
deduce che alcune parole chiave nella Bibbia si riferiscono a tecniche
particolari di meditazione.
"Meditation and the Bible" riguarda questo e
contiene analisi delle parole ebraiche.
All'epoca in cui fu scritta la Bibbia (circa 400 a.e.v.), la
meditazione era una pratica molto diffusa tra il popolo di Israele. All'epoca
un milione di persone praticavano la meditazione. C'erano scuole dirette da
profeti che a loro volta erano sotto la direzoine di profeti maggiori. Ma anche
individui al di fuori delle scuole di meditazione attingevano esperienze
profetiche e visionarie.
La pratica meditativa favorisce le visioni. Ma le scuole di
meditazione erano molto severe. Richiedevano una disciplina alimentare
rigorosa, il rispetto della Torah e altri precetti che la rendevano una pratica
molto ardua.
Per questo gli ebrei cominciarono a volgersi alle pratiche
spirituali di altri popoli, che potevano dare esperienze spirituali e
profetiche in modo più facile. Le esperienze spirituali sono molto piacevoli,
più dell'amore e del sesso, e irretiscono le persone. La letteratura ebraica
parla a questo proposito di "sete di idolatria". Questo peicolo si
fece attule e concreto con la diaspora: il popolo, non più riunito sarebbe
facilmente caduto preda di ciarlatani e di spiritualità estranee, che avrebbero
minato la divisione del popolo ebraico.
Per questo la grande assemblea di israele si riunì e stabilì
che le tecniche meditative fossero nascoste alla massa. Essa decretà che la
"merkhavah", l'"opera del carro" fosse insegnata a non più
di un discepolo di provata virtù alla volta.
All'epoca del secondo regno e della erezione del secondo
tempio, l'opera del carro fu considerata pericolosa, per le divisioni intestine
che sette mistiche avrebbero potuto provocare nell'ebraismo, e fu proposta in
alternativa al popolo la "Amidà", una preghiera da recitare tre volte
al giorno, sempre nello stesso modo, dalla fanciullezza alla morte, che era in
pratica un lungo mantra che poteva elevare il livello di coscienza del
praticante.
Nel periodo talmudico e medievale è stato scritto molto
sulla meditazione ebraica. Si trova cenno di metodi di meditazoine che non si
trovano altrove. Probabilmente i metodi di meditazione ebraici erano i più
avanzati al mondo.
Opere fondamentali sulla meditazoine di questo periodo sono
il Sepher Yetzirah e il Rabbatai Hekhlaloth. Filosofi come Maimonide
discutevano estesamente il rapporto tra meditazione e profezia e stati
particolari come il sonno e il sogno. Il modo in cui ne parlano lascia pensare
che facesse parte dell'ebraismo. Ma si faceva cenno alle tecniche senza dare le
istruzioni per la pratica. Abulafia fu una eccezione che infranse le regole.
Dopo Abulafia fu scritto lo Zohar (1290) e i filosofi
ebraici si diedero a studiare principalmente tale testo. Il metodo cabbalistico
di studio delle scritture era facilmente interpretabile come intellettuale come
mistico, e molti vi videro un ingresso ad un misticismo facile e non arcigno.
Ancora con Luria (l'Arì) e la comunità di Safed l'elemento mistico rimase molto
importante. Ma a poco a poco il sistema cabbalistico, che è uno dei sistemi
intellettuali più complessi mai esistiti, divenne una vera disciplina
intellettuale a detrimento del misticismo.
La cabbala fu screditata anche dalla vicenda di Shabbatai
Levi, che, dapprima proclamatosi messia scelse di convertirsi all'islam per non
finire martirizzato.
Ancora nel primo settecento il primo movimento chassidico,
fondato da baal shem tov dava un posto importante alla meditazione, ma fu
osteggiato cme contrario all'unità ebraica. Col tempo i seguaci ne fecero una
disciplina filosofica o enfatizzarono la disciplina al rebbe (maestro). In
molte regioni assunse un tono antimistico.
L'impressione che si trae dalla letteratura ebraica è che
non solo la meditazione era praticata dagli ebrei, ma che per molti secoli fu
un elemento molto importante dell'ebraismo. Possiamo pertanto concludere
affermando che la meditazione è stata parte integrante dell'ebraismo attraverso
le varie epoche.
La visualizzazione è una tecnica importante della
meditazione ebraica. Dallo stesso capoverso si deduce che la meditazione del
tetragramma era pure importante.
Numerosi testi cabbalistici parlano di yichudim o
"unificazioni". Nella maggior parte dei casi, il metodo di
meditazione degli yichudim consiste nell'immaginare vari nomi di dio e di
manipolarne le lettere. Ma si tratta di un metodo molto avanzato e richiede la
conoscenza della Cabbalà.
Un esercizio di visualizzazioine del tetragramma è
menzionato anche nello shulchan arukh, il codice tradizionale della legge
ebraica. Questo metodo serve anche come introduzione a tutta una serie di altre
tecniche più avanzate descritte nella Cabbalà. Secondo alcuni testi ebraici si
fa riferimento a questo tipo di meditazione nel versetto dei salmi "costantemente
ho posto YHVH davanti ai miei occhi (salmi, 16:8). Questo tipo di
visualizzazione è utile anche durante la preghiera.
La meditazione nella letteratura
ebraica
"kavvanà" indica "concentrazione",
“sentimento", "devozione", e deriva dalla radice "mirare",
"dirigere lo sguardo". La coscienza mira ad un dato scopo,
"coscienza diretta". Se la meditazione è pensiero controllato,
kavvanà è il termine più generico per designarla.
La distinzione tra preghiera e meditazione
è sottile nell'ebraismo. Molti elementi del culto sono stati
concepiti espressamente come supporti per la meditazione. Quando l'orante segue
il culto con kavvanà, lascia che le parole del servizio religioso dirigano la
sua coscienza.
Kavvanà indica anche il compiere il rito senza essere distratti
da pensieri estranei.
Esistono molte kavvanoth, meditazioni specifiche per riti
particolari, in ambito cabbalistico.
la hithbonenuth è la "comprensione di sé": un tipo
di meditazione in cui si utilizza la meditazione su oggetti esterni, sulla creazione,
per comprendere la propria posizione alla luce della e nella creazione.
La meditazione hitbonenuth può prendere qualsiasi cosa come
oggetto di contemplazione: una pietra, una foglia, un fiore, un'idea. Lasciate
che l'oggetto riempia il vostro spirito e utilizzatelo come mezzo per il
raggiungimento della conoscenza di sé. Esso diventa una specie di apscchio in
cui ci vediamo riflessi alla luce della vera Realtà. Usando questo specchio si
può vedere il Divino che è in noi. Forse si tratta dello "specchio di
profezia", aspaklaria, di cui parla il Talmud. Chi si vede in questo
specchio e scopre il divino che è in lui entra in comunicazione con Dio.
Hitbodeduth è il termine più specifico per designare la
meditazione e risale al X secolo. Letteralmente significa “isolamento di
sé".
Dice Maimonide a proposito dell'hitbodeduth che l'isolamento
esteriore, la solitudine fisica, è la porta dell'isolamento interiore, che
consiste nell'isolare la mente da ogni altra sensazione e dal pensiero stesso.
E' quello che nella maggior parte dei testi classici non ebraici viene definito
stato di meditazione. Hitbodeduth designa ogni pratica che porta l'individuo
alla conoscenza di quello stato in cui la mente è isolata, sola, vuota di ogni
pensiero o sensazione.
Sappiamo che la deprivazione sensoriale può far raggiungere
stati di coscienza superiori. La vera meditazione non ne ha bisogno: utilizza
una tecnica che permette di bloccare secondo la propria volontà gli stimoli
esterni e ogni pensiero estraneo per poter riempire la mente con l'oggetto
della meditazione. E' la hithbodeduth, l'isolamento di sé nella meditazione.
Il verbo hagah designa un suono o un pensiero ripetuto come
il tubare della colomba o il ruggito del leone, e potrebbe indicare una
meditazione nella quale si ripete costantemente un suono o una parola.
Anche se la meditazione mantrica non è la forma più tipica
della meditazione ebraica, è però la più semplice. Consiste nel ripetere
costantemente una parola o una frase, di norma per una mezz'ora al giorno. E' molto
importante praticare la meditazoine mantrica tutti i giorni per almeno un mese
perché normalmente occorrono trenta o quaranta giorni perché questa forma di
meditazione inizi a dare dei risultati
Nell'Hekhlaloth Rabbatai è detto che un nome di dio abbastanza
lungo (in effetti una serie di nomi) va ripetuto 120 volte, senza interruzioni.
Anche nelle forme orientali il mantra è ripetuto un numero di volte
determinato.
Il mantra serviva come prima tappa dell'opera al carro. Il
mantra eleva l'iniziato a uno stato a partire dal quale poteva intraprendere il
viaggio di stanza in stanza nei mondi soprannaturali, a uno stato da dove può
utilizzare altre tecniche per elevarsi sempre più in alto.
La tecnica gherushin consisteva nel ripetere un versetto
della bibbia come un mantra. Questa tecnica non solo elevava ad un livello di
coscienza superiore, ma serviva anche per arrivare ad una comprensione più
profonda del versetto come se, attraverso la ripetizione, il versetto emanasse
il suo significato. Piuttosto che leggerlo o analizzarlo l'iniziato entrava in
comunione con esso.
Josef Caro ripetevano un passo (paragrafo o mishnà) della
Mishnà, la parte più antica del Talmud, terminata verso l'anno 200. Una
magghid, una creatura angelica associata al mishnà gli parlava direttamente.
Anche il talmud dice che "ripetere la propria mishnà
cento volte non è come ripeterla cento e una volta"
Pare che Luria adottasse una simile tecnica non
intellettuale per capire lo Zohar
Nachman di Breslav
(1772-1811) che parlò molto dell'hitbodeduth diceva che se uno non sa cosa dire
basta che ripeta Ribbonò Shel Olàm ("padrone dell'universo"), frase
che sin dall'epoca talmudica serviva da introduzione alla preghiera e secondo
alcuni maestri risalirebbe ai tempi biblici. Anch'egli considerava il mantra
come un mezzo per aprire lo spirito alla conversazione con dio.
Kaplan>La meditazione ebraica 81] Mentre le scuole
orientali considerano la meditazione mantrica come un fine in sé, la tradizione
ebraica sembra considerarla soprattutto
una preparazione per un'esperienza spirituale più profonda.
Alcuni commentatori ritengono che l'esperienza di Giacobbe
si sia verificata mentre egli stava meditando e che pertanto non lottò
fisicamente con l'angelo, ma ne ebbe la percezione mentre era a un livello di
coscienza superiore.
Cos'è la meditazione?
In senso più generale, la meditazione consiste nel
riflettere in maniera controllata: è decidere esattamente la direzione che
seguirà il pensiero durante un certo lasso di tempo e canalizzarlo poi in questa
direzione.
La meditazione è il pensiero diretto dalla volontà
La meditazione ci insegna i metodi di “pensiero adulto"
che ci fanno trascendere le abitudini del pensiero apprese nell'infanzia.
Un utile esercizio è smettere di pensare: prendere coscienza
dei nostri pensieri cercando di interromperne il flusso.
La meditazione ha come scopo di elevarci a stati superiori
di coscienza
Passi iniziali
● Generiche & Promiscue
Al livello più semplice ci si può sedere
mezz'ora per riflettere su una determinata cosa, per esempio su come volete
risistemare l'interno della vostra casa. Nell'occhio della mente immaginerete
le varie possibilità di disporre i mobili e anche come spostare quelli più
pesanti. Durante questa mezz'ora voi avrete meditato sulla sistemazione della
vostra casa.
La meditazione è una cosa semplice come meditare
sulla sistemazione dei mobili della propria casa. Non richiede un ambiente particolare
e neppure che assumiate una determinata posizione del corpo. E' possibile
meditare sulla disposizione dei mobili della propria casa mentre ci si aggira
per la casa, seduti comodamente in poltrona o mentre si fa un ben bagno caldo.
E' in atto uno stato meditativo nel momento in cui, per un periodo di tempo
determinato, si pensa a una cosa in particolare invece che lasciare
fantasticare la mente.
Ovviamente le cose non sono PROPRIO semplici:
perché una meditazione sia effettivamente un esercizio di pensiero controllato,
avrete bisogno di una tecnica per sbarazzarvi di tutte le idee che
ingerferiscono nella vostra mente.
Si può iniziare anche dal meditare sulla propria
vita, ponendocisi una serie di domande fondamentali: Cosa mi aspetto veramente
dalla vita? Cos'è che dà un senso alla mia vita? Qual è il senso della vita in
generale? Se potessi rivivere la vita, come la vivrei? Esistono degli ideali
per i quali sarei pronto a morire? Cos'è che mi renderebbe la persona più
felice del mondo? La prima esperienza in tal senso vi sorprenderà: potreste
scoprire che non aveva alcuna idea del senso che date alla vostra vita o
perfino che non avete mai riflettuto sul senso della vita in generale; potreste
arrivare alla conclusione che una sola volta non basta; nel giro di qualche
settimana quasi certamente constaterete uno sviluppo in certi aspetti del
vostro modo di essere. Potreste decidere allora di rivedere l'impostazione
della vostra vita e di apportare cambiamenti radicali alla vostra maniera di
vivere. Potreste anche sentirvi più a vostro agio nei rapporti con gli altri,
più sicuri del modo in cui impiegate il tempo.
Potreste infine constatare che scoprite
continuamente nuove cose sulla vostra personalità e sulle vostre motivazioni;
potreste sentire, a questo stadio, il bisogno di meditare due o tre volte la
settimana o una volta al giorno
Molte scuole di meditazione suggeriscono o
impongono che la meditazione sia un esercizio quotidiano.
Nel momento in cui sentirete il bisogno di
meditare con regolarità (es. mezz'ora la settimana) e stabilirete una cadenza
fissa alla meditazione settimanale, vi troverete a crearvi una disciplina
personale di meditazione.
Per rendere strutturata la meditazione ci si può
fare un programma, ad es. stabilendo che ogni giorno, per un periodo di tempo
determinato (una settimana o altro) mediterete su un particolare soggetto e
passerete a un altro soggetto la settimana seguente. Si può meditare sempre
all'interno di un tema: se si medita su come rimettere ordine alla propria
vita, si può dedicare una settimana ai rapporti col coniuge, una ai rapporti
con i figli, una alla carriera ecc.
Via via che procederete nell'esplorazine di ciò
che è veramente importante per voi, è probabile che arriviate a un punto in cui
sentite che state affrontando una nuova tappa e che iniziatea interrogarvi non
solo sul senso della vostra vita, ma sul senso della vita in generale. A questo
stadio avrete scoperto Dio... Ecco due modi in cui è possibile scoprire Dio. In
primo luogo riflettete a domande come: "cosa c'è al di là del tempo e
dello spazio?"; "in che modo il mondo ha avuto origine? Perché
esiste?"; "Cosa c'era prima del tempo?". Riflettendo su queste
domande si può arrivare a scoprire Dio nella sua dimensione trascendente. Il
secondo modo per scoprire Dio consiste nello scavare sempre più profondamente
all'interno di se stessi nella maniera che abbiamo descritto. In questo modo
però si scopre Dio nella sua dimensione immanente, dio che è "qui. Questo
doppio approccio a Dio è legato al concetto cabbalistico di un Dio che
contemporaneamente abbraccia e riempie tutta la creazione.
La maggior parte dei metodi che esporremo in
questo libro sono semplici e non presentano pericoli se vengono utilizzati in
modo corretto. Sono facili da assimilae e possono favorire una presa di
coscienza nuova, permettendo di raggiungere stati di coscienza più elevati.
La meditazione mantrica è una delle più
semplici. Anche se la meditazione mantrica non è la forma più tipica della
meditazione ebraica, è però la più semplice. Consiste nel ripetere
costantemente una parola o una frase, di norma per una mezz'ora al giorno.
● Passi iniziali illustrati attraverso la
meditazione mantrica
Anche se la meditazione mantrica non è la forma
più tipica della meditazione ebraica, è però la più semplice. Consiste nel
ripetere costantemente una parola o una frase, di norma per una mezz'ora al
giorno. E' molto importante praticare la meditazoine mantrica tutti i giorni
per almeno un mese perché normalmente occorrono trenta o quaranta giorni perché
questa forma di meditazione inizi a dare dei risultati
Il mantra eleva l'iniziato a uno stato a partire
dal quale poteva intraprendere il viaggio di stanza in stanza nei mondi
soprannaturali, a uno stato da dove può utilizzare altre tecniche per elevarsi
sempre più in alto.
La meditazione mantrica è una delle forme più
semplici e se volete iniziare un programma di meditazione il mantra di Nachman
è perfettamente indicato
Non è possibile iniziare un programma di
meditazione senza una buona dose di impegno. Perché possa avere degli effetti,
è necessario praticare la meditazione quotidianamente, per almeno venti o
trenta minuti. Se l'impegno viene rispettato, gli effetti sono cumulativi,
mentre se si tralascia di meditare anche per un solo giorno, l'effetto
cumulativo viene annullato. Ci vogliono inoltre varie settimane di meditazione
mantrica per raggiungere uno stato di coscienza superiore. E' possibile avere
anche degli effetti immediati, ma è solo dopo qualche settimana che la sua
potenzialità si manifesta nella sua pienezza. Chi è perseverante ottiene
effetti stupefacenti.
La meditazione mantrica può dare inconvenienti a
chi ha sofferto di turbe nervose. Se una persona non ha un rapporto solido con
la realtà esterna, può avere difficoltà a rientrarvi in contatto dopo
un'esperienza meditativa profonda. Come certi esercizi fisici sono sconsigliati
per chi soffre di problemi cardiaci, allo stesso modo certi esercizi mentali
non sono adatti per chi ha sofferto di problemi neurologici. La storia
talmudica di ben zomà che perse la ragione dopo un'esperienza meditativa
particolarmente intensa, deve servire da avvertimento. E' assolutamente
necessario che le persone che hanno dubbi sulla propria stabilità mentale
chiedano consiglio a una guida esperta prima di iniziare qualsiasi tecnica di
meditazione intensa.
Generalmente i preparativi sono semplici.
Scegliete un luogo e un momento adatto in cui non arete né interrotti né
disturbati dalla gene, dalle telefonate o dal fumore. Rabbi Nachman diceva che
è preferibile riservare un posto particolare alla meditazione, ma questo non
sempre è possibile. Scegliete un posto, una sedia, o una stanza dove potete
essere soli, la notte, quando tutti gli altri dormono. Rabbi nachman diceva
che, quando il clima lo permette, i luoghi più adatti per meditare sono la
oresta, le colline o o campi. In realtà il luogo è poco importante purché non
siate interrotti. Potete meditare anche a letto, di notte, se la vostra camera
un luogo dove non siete disturbati; anche nachman ne parla come di una
possibilità alternativa valida. Un altro luogo ecellente è la dinagoga quando è
vuota.
Spesso la meditazione è associata alla posizione
del loto, ma non dobbiamo dimenticare che per gli orientali è normale sedersi
in questa posizione. Per gli occidentali invece il loro non solo è difficile da
imparare, ma all'inizio è una posizione particolarmente scomoda. In pratica va
ugualmente bene sedersi su una comoda sedia con lo schienale rigido.
In ogni caso questo ha poca importanza in
relazione alla meditazione ebraica che non prescrive alcuna posizione
particolare. E' vero che nei testi troviamo dei riferimenti alla posizione
seduta, ma si tratta solo di un consiglio. Si può scegliere qualsiasi posizine
in cui stiamo comodi per un periodo di tempo abbastanza lungo senza muoverci e
senza essere presi dai crampi.
Per meditare, sedetevi, chiudete gli occhi
dolcemente e rilassatevi completamente. Le mani possono poggiare sulla tavola o
sulle ginocchia, ma evitate di chiuderle a pugno o di incrociarle. Se
desiderate tenere le mani giunte, posatene una sull'altra.
Prima di iniziare a meditare , preparatevi e restate
seduti in silenzio nel luogo scelto al fine di abituarvi a quello spazio e
sentirvi a vostro agio. Cercate di rilassarvi completamente e di liberare la
mente da ogni influenza esterna. In questo periodo di preparazione, che
dovrebbe durare da cinque a dieci minuti, alcuni trovano che sia di aiuto
canticchiare una melodia rilassante.Sotto questo aspetto, il vantaggio di
meditare sempre nello stesso luogo è evidente, perché si finisce per associare
il luogo scelto con la serenità procurata dalla meditazione.
Nel giro di qualche giorno, la calma vi
pervaderà nel momento in cui vi sedete in quel luogo e questo rafforza il
processo e facilita i progressi.
Supponiamo che utilizziate ribbonò shel olam.
Ripetetelo continuamente, lentamente e sottovoce., La regola di meditazine dice
che dovrebbe essere detto senza sforzo quanto più sottovoce è possibile. Ma si
può anche sussurrarlo o vocalizzarlo a voce bassa, secondo la preferenza di
ognuno.
Nella meditazione ebraica non ci sono regole
rigide riguardo ala vocalizzazione del mantra. ALcuni trovano più facile
mormorarlo ma si può anche articolare le parole con l e labbra, senza emettere
il suono. Non è consigliabile invece, almeno per i principianti, ripeterlo solo
mentalmente perché i pensieri estranei possono sorgere più facilmente. Non è
tanto importante come ripetere il mantra, quanto ripeterlo per il tempo che
avete stabilito, che, come abbiamo già detto, generalmente va dai venti ai
trenta minuti. Se volete, potete usare un contaminuti silenzioso che vi segnali
quando il tempo è scaduto. Questo sistema è preferibile perché controllare
l'orologio distrae dalla meditazione. Potete però chiedere id avvertirvi anche
a qualcuno che è in casa. Uttavia dopo un po' di tempo lo saprete da soli
quando è il momento di interrompere.
All'inizio, mentre recitate il mantra, potete
lasciare che la mente vaghi liberamente. Se avete l'intima coscienza che
ribbonò... significa "padrone dell'universo" le parole stesse
dirigeranno i pensieri nella giusta direzione, qualunque essa sia. Un
insegnamento chassidico dice che c'è sempre una ragione per cui i pensieri
emergono nella mente durante la meditazione. E' istruttivo anche prestare
attenzione alle immagini che emergono nell'occhio della mente mentre state
meditando a occhi chiusi. Con la pratica, diventeranno sempre più chiare e
diventerà sempre più facile concentrarsi su di esse. Con il tempo, queste
immagini diverranno così reali che ne sarete stupiti.
E' importante però non prendere troppo sul serio
queste immagini. Può accadere infatti che siano di un realismo tale da sembrare
delle vere visioni. Il principiante può essere tentato di dar loro troppa
importanza e di credere, per esempo, di aver ricevuto il dono della profezia.
E' importante tenere presente che qualsiasi visione possiate avere non è
importante e che, eccetto che per persone estremamenteavanzate nella tecnica
della meditazione, si tratta di creazioni della mente e nient'altro.
Nella letteratura cabbalistica troviamo
avvertimenti in tal senso anche per coloro he hanno una lunga esperienza di
meditazine: queste visioni possono essere fallaci o venire dall'Altra Parte. Si
considera estremamente pericoloso e nocivo agire in funzione delle immagini
viste in stato di meditazione.
Muoversi durante la meditazione mantrica
interrompe la concentrazione e deve pertanto essere evitato. Per taluni
tuttavia, nei primi tempi, un ondeggiamento moto leggero e lento del tronco, di
un centimetro circa per parte, può favorire il rilassamento del corpo.
All'inizio, concentrandovi sulle visioni della
mente, potete lasciare che la vostra mente vaghi liberamente. Ma con il tempo
dovete imparare a lasciare che le parole del mantra pervadano completamente la
vostra mente e cancellino ogni altra sensazione. Questo comporta l'esclusione
di ogni pensiero dalla coscienza. Tutta l'attenzione deve essere concentrata
sulle parole del mantra, senza lasciar spazio per altri pensieri. Occorre
allontanare dolcemente i pensieri e cercare di concentrarsi si nuovo sul
mantra.
Alcuni trovano più facile escludere i pensieri
estranei recitando molto lentamente il mantra e, come vedremo, la lentezza è la
caratteristica anche di altre forme di meditazione. Altri invece preferiscono
recitare il mantra rapidamente. L'importante è che ciascuno trovi il proprio ritmo.
Una volta finita la meditazione restate seduti
ancora per circa 5 minuti per permettere al vostro spirito di assorbirne gli
effetti. Avete bisogno di tempo anche per ridiscendere prima di rientare nella
routine quotidiana. Anche in questi momenti, che dovrebbero essere di intimità
con Dio. potete canticchiare una dolce melodia.
Se lo desiderate potete usare questi momenti per
conversare con Dio. Dopo la meditazione succede di sentirsi più vicini a Dio.
Alcune fonti suggeriscono di annusare spezie o
profumi per riprendere il contatto col mondo fisico, altre di fare una
colazione molto leggera dopo aver meditato perché, attraverso la berakhà, la
benedizione sul cibo, il nutrimento possa elevare tutto il corpo.
● Passi iniziali illustrati attraverso la meditazione
di tipo contemplativo
Un'altra forma semplice di meditazione è la
contemplazione. Vi abbiamo fatto già cenno parlando dell'hithbonenuth. E' un
metodo eccellente di iniziazione alla meditazione, poiché non richiede nessuna
esperienza precedente e neppure la conoscenza dell'ebraico o dell'ebraismo.
Basta sedersi, concentrarsi su un oggetto, una parola o un'idea e lasciare che
l'oggetto della contemplazione pervada la nostra mente. La tecnica è simile a
quella della meditazione mantrica, solo che si tratta di un'esperienza visiva e
non verbale.
La semplice contemplazione consiste nel fissare
un oggetto per un periodo di tempo determinato. Come in tutte le forme di
meditazione, ci si deve mettere in una posizione comoda. Non è necessario
cercare di impedirsi di sbattere le palpebre poiché potrebbe essere una causa
di disagio. Nel guardare l'oggetto di contemplazione si deve essere il più
rilassati possibile.
Si può scegliere praticamente qualsiasi oggetto:
una pietra, una foglia, un fiore o la pagina di un libro. Sono invece da
evitare le immagini, i quadri o le statue perché in questo caso la
contemplazoine può rischiare di essere qualcosa di molto vicino all'idolatria.
Come per la meditazione mantrica, sedetevi
tranquillamente nel luogo che avete scelto e prendete familiarità con lo spazio
che vi circonda. La meditazione deve durare dai venti ai trenta minuti. Quando
avrete terminato, restate seduti ancora per cinque o dieci minuti per assorbire
gli effetti della meditazione.
● Con quali forme di meditazione iniziare.
Combinazione di meditazione mantrica e di contemplazione
Iniziare con la meditazione mantrica o con la
contemplazione è questione di preferenza personale, di attitudini visive o
verbali. Ambedue le tecniche sono comunque importanti perché mirano a
sviluppare aree diverse della mente e dello spirito
Altre forme di meditazioine fanno intervenire il
senso del corpo, ma per i principianti tutto sommato generalmente la
meditazoine mantrica è la più accessibile.
Contemplazione e meditaione potrebbero essere
praticate entrambe. Se si è imparato a concentrarsi con la meditazione
mantrica, si può applicare questa tecnica per amplificare la propria capacità
di contemplazione. In effetti è molto facile riempire la mente con un'immagine
quando, attraverso la meditazione mantrica, si è raggiungo uno stato di
coscienza superiore. In questo caso la meditazione mantrica può essere
considerata un'eccellente introduzione alla contemplazione. Ad esempio, poiché
il mantra "Ribbonò shel olam" dice che dissimulato al di là del mondo
c'è un signore, quando si associa la ripetizione del mantra "ribbonò shel
olam" alla contemplazine di un oggetto fisico, si può cominciare a vedere
il divino nascosto nell'oggetto e l'oggetto stesso diviene n ponte tra il sé e
dio. L'oggetto diventa allora un mezzo attraverso cui si può compiere
l'esperienza di Dio.
Esistono altri modi per combinare mantra e
contemplazione. Si può contemplare la bellezza di un fiore associando alla
contemplazione del fiore la ripetizione della parola "bellezza". Se
si comprende che il divino nel fiore è la fonte della sua belleza, allora la
belleza diventa ance un tramite di unione con dio. Si può contemplare la
propria mano ripetendo la parola "forza": la forza della mano cessa di
essere un concetto astratto e diviene visibile; possiamo anche dire che
riusciamo in modo indicibile a vedere un concetto astratto.
Una volta acquisita la capacità di
visualizzazione, esistono altri metodi ancona più avanzati: immaginare che il
cielo si apra e di attraversare i sette firmamenti fino al più elevato su cui
si visualizza il tetragramma in varie modalità. Questi ultimi esercizi possono
portare a livelli spirituali molto elevati e bisogna stare attenti a non
prenderli alla leggera. Nella fonti originali è scritto he prima di cimentarsi
con queste tecniche è necessario dedicare una giornata intera a prepararsi,
recitando i salmi e studiando la Torà. Prima di cominciare la meditazione, ci
si deve purificare fisicamente e spiritualmente con un bagno nel mikvé (il
bagno rituale) o in un corso d'acqua. SI raccomanda di vestirsi di bianco. E'
una visualizzazione pericolosa, che richiede un maestro molto esperto o almeno
un compagno di meditazione.
Il Baal Shem Tov raccomanda del resto di avere
un compagno in tutti i tipi di meditazione avanzata che, in caso di necessità,
aiuti l'altro a ritornare nel mondo reale.
Quando si è imparato a controllare le immagini
mentali, il rischio di veder apparire false visioni è molto meno grande. La
meditazione diventa totalmente pura e non è turbata da manifestazioni
secondarie senza importanza.
E' il metodo che comporta meno rischi. Comunque
molti pensano che sia tra le meditazioni ebraiche più efficaci.
La amidà non deve essere detta neppure in
presenza di altre persone vestite non decentemente né in un luogo dove ci sia
cattivo odore. Idealmente, si deve evitar ogni situaoine in cui si rischi di
perdere la concentrazione.
La amidà va recitata con una precisa postura e
verso una precisa direzione.
Inchinarsi (es. durante la pronuncia dell'Amidà)
contribuisce a farci immergere in uno stato meditativo. Inchinandosi abbastanza
rapidamente e raddrizzarsi molto lentamente, "come un serpente"
rallenta il ritmo del corpo e fa acquietare la mente, che di conseguenza è più
ricettiva alla meditazione.
Eccetto l'inchinarsi (es. durante la recita
dell'amidà), occorre evitare ogni altro movimento. Se non riuscite a restare
completamente immobili, potre dondolarvi leggermente, ma un dondolio eccessivo
tende a nuocere alla concentrazione necessaria alla meditazione.
(Durante la amidà) è altrettanto importante
chiudere gli occhi, soprattutto durante la prima benedizione, così da
immergersi in uno stato meditativo
La amidà deve essere recitata con calma, a voce
molto bassa o sussurrando. La voce deve essere diretta più verso all'interno
che verso l'esterno
(parlando dei versetti di lode dello shachrit,
il servizio religioso del mattino) con i versetti di lode dobbiamo anche
prendere profondamente coscienza del processo attraverso il quale arriviamo a
parlare e a pronunciare le parole. Dobbiamo concenararci sulla lingua e le
labbra e sentire come articoliamo ogni suono. Questa attenzione rivolta alla
parola costituisce di per sé una meditazione contemplativa. Mentre cantiamo le
lodi di gloria a Dio dobbiamo anche ascoltare attentamente ogni suono e ogni
parola.
Tecniche per sbarazzarsi dei pensieri
Ovviamente le cose non sono PROPRIO semplici: perché una
meditazione sia effettivamente un esercizio di pensiero controllato, avrete
bisogno di una tecnica per sbarazzarvi di tutte le idee che ingerferiscono
nella vostra mente.
Una tecnica per sbarazzarsi delle idee che interferiscono
nella mente è semplicemente quella di respingere dolcemente le idee estranee o
costringesi a ritrovare il filo del proprio pensiero. IN un caso come
nell'altro si mettono in pratica i rudimenti di una vera tecnica di
meditazione.
Anche quando nella meditazioine si scopre Dio esiste il
problema dei pensieri estranei. Una maniera per attenuarli consiste nel parlare
a Dio a voce alta invece che solo con la mente.
(Riferendosi alla meditazione mantrica) All'inizio,
concentrandovi sulle visioni della mente, potete lasciare che la vostra mente
vaghi liberamente. Ma con il tempo dovete imparare a lasciare che le parole del
mantra pervadano completamente la vostra mente e cancellino ogni altra
sensazione. Questo comporta l'esclusione di ogni pensiero dalla coscienza.
Tutta l'attenzione deve essere concentrata sulle parole del mantra, senza
lasciar spazio per altri pensieri. Occorre allontanare dolcemente i pensieri e
cercare di concentrarsi si nuovo sul mantra.
Alcuni trovano più facile escludere i pensieri estranei
recitando molto lentamente il mantra e, come vedremo, la lentezza è la
caratteristica anche di altre forme di meditazione. Altri invece preferiscono
recitare il mantra rapidamente. L'importante è che ciascuno trovi il proprio
ritmo.
Meditazione e respirazione
Uno degli scopi della meditazione è proprio quello di
arrivare al controllo del subconscio. Chi ci riesce raggiunge un alto livello
di padronanza di sé, che del resto è un altro degli scopi della meditazione. E'
chiaro allora perché tante discipline utilizzino esercizi di respirazione come
strumenti di meditazione. Normalmente la respirazione è automatica, sotto il
controllo dell'inconscio. A meno che non venga controllata volontariamente, la
respirazine riflette lo stato d'animo inconscio. Questa è una delle ragioni per
cui la respirazione è uno dei fattori presi in considerazione dalla macchina
della verità. Pertanto se lo volete potete controllare abbastanza facilmente la
respirazione. La respirazione diviene allora un legame tra il conscio e
l'inconscio. Se imparate a concentrarvi sulla respirazione e a controllarla,
con il tempo imparerete e controllare anche il vostro inconscio.
Meditazione e inconscio
La mente ha due facce, una sotto il controllo della volontà
cosciente e una no: conscio ed inconscio. Uno degli scopi della meditazione è
arrivare al controllo dell'inconscio.
Il fantasticare può essere considerato come un punto di
confluenza tra conscio e inconscio. Se impariamo a dirigere il nostro
fantasticare potremo imparare a controllare anche il nostro inconscio. Lo
stesso vale per le immagini che appaiono nell'occhio della mente. Hanno
ovviamente origine nell'inconscio. E' estremamente difficile controllarle senza
una disciplina rigorosa, ma colui che vi riesce getta un ponte tra il conscio e
l'inconscio.
Anche il processo del pensiero è controllato in larga misura
dall'inconscio, ma può essere controllato dalla mente cosciente... Gradualmente
una parte sempre più importante dell'inconscio diviene accessibile alla parte
cosciente il che permette di acquisire a poco a poco il controllo di tutto il
processo mentale.
Uno degli scopi della meditazione è proprio quello di
arrivare al controllo del subconscio. Chi ci riesce raggiunge un alto livello
di padronanza di sé, che del resto è un altro degli scopi della meditazione. E'
chiaro allora perché tante discipline utilizzino esercizi di respirazione come
strumenti di meditazione. Si direbbe che talvolta le varie parti della mente
agiscano indipendentemente. Questo conflitto interiore può essere anche così
forte da dare l'impressione di una doppia personalità. E' come se una parte
della mente volesse qulacosa e un'altra parte una cosa totalmente diversa.
Prendiamo l'esempio della tentazione sessuale. Una parte della mente dice sì in
modo prepotente, mentre l'altra solleva obiezioni morali che possono essere
altrettanto forti quanto il desiderio. Questa seconda parte della mente può
opporsi con una forza pari alla prima e la persona può sentirsi schiacciata in
mezzo alle due pressioni. Nella psicologia freudiana classica, si direbbe che
si tratta di un conflitto tra l'es e il super io. Nel nostro esempio, l'es dice
sì alla tentazione, mentre il super io vi si oppone. E' l'io che viene a fare
da arbitro tra queste due voci dell'inconscio. Per quanto lo schema freudiano
sia interessante, l'introspezione mostra che il conflitto è in realtà molto più
complesso di questa semplice opposizione dell'es e del super-io. Talvolta non
sono solo due voci, ma tre, quattro o anche più a inviare segnali discordanti
alla mente. Colui che impara a controllare il suo inconscio riesce a poi a
evitare in larga misura questi conflitti... Con l'esperienza si impara a
pensare ciò che si vuole e quando si vuole. Le pressioni psicologiche
dell'inconscio non turbano più e si resta sempre padroni della situazione. Si è
dunque padroni di se stessi e non si farà mai ciò che non si vuole veramente
fare. Per molte scuole questa padronanza di sé è uno degli scopi prioritari
della meditazione.
Avvertimenti e cautele
La maggior parte dei metodi che esporremo in questo libro
sono semplici e non presentano pericoli se vengono utilizzati in modo corretto.
Sono facili da assimilare e possono favorire una presa di coscienza nuova,
permettando di raggiungere stati di coscienza più elevati.
Specie nelle sue forme più avanzate, quando dirige la
concentrazione sul "non pensiero" l'esercizio di fare il vuoto
mentale può comportare alcuni rischi, e deve essere praticata con la guida di
un maestro esperto.
Quando i sensi sono disattivati e ogni sensazione interna o
esterna eliminata il senso del divino è rafforzato ed è possibile sperimentare
una profonda intimità con Dio. Talvolta la beatitudine raggiunta nel corso di
queste esperienze è così totale che può accadere che la persona che la
sperimenta non voglie più ritornare a uno stato di coscienza normale, che si
perda totalmente nello stato mistico, che ne sia inghiottita. Prima di
esplorare questi livelli di coscienza superiori, assicuratevi di avere un mezzo
che vi permetta di ridiscendere in modo sicuro. I testi insistono sul fatto che
prima di imbarcarsi per le sfere superiori è bene avere un maestro. Se salite e
non sapete come ridiscendere o non volete più farlo, il maestro vi aiutarà a
farlo con le sue parole. Secondo altre fonti i mistici debbono giurare che dopo
la meditazione torneranno alla coscienza normale.
Tutti i testi sulla meditazione ebraica sottolineano che è
necessario possedere una disciplina personale molto forte prima di cimentarsi
in forme avanzate di meditazione, perché gli stati superiori sono seducenti ed
è possibile perdere il senso della realtà. Ma colui che, in linea generale, è padrone
delle sue azioni e delle sue emozioni è in grado di mantenere il senso della
realtà.
Un detto popolare afferma che la Cabbalà rende folli.
L'esplorazione degli aspetti pià esoterici della meditaione cabbalistica può
effettivamente presentare dei pericoli per l'equilibrio mentale, soprattutto se
viene affrontato senza una preparazione sufficiente.
Le forme di meditazione presentate in questo libro non sono
montagne pericolose, somigliano piuttosto a dolci colline la cui cima può
essere raggiunta senza pericolo, ma da cui è possibile vedere vasti orizzonti.
Una volta acquisita la capacità di visualizzazione, esistono
altri metodi ancona più avanzati: immaginare che il cielo si apra e di
attraversare i sette firmamenti fino al più elevato su cui si visualizza il
tetragramma in varie modalità. Questi ultimi esercizi possono portare a livelli
spirituali molto elevati e bisogna stare attenti a non prenderli alla leggera.
Nella fonti originali è scritto he prima di cimentarsi con queste tecniche è
necessario dedicare una giornata intera a prepararsi, recitando i salmi e
studiando la Torà. Prima di cominciare la meditazione, ci si deve purificare
fisicamente e spiritualmente con un bagno nel mikvé (il bagno rituale) o in un
corso d'acqua. SI raccomanda di vestirsi di bianco. E' una visualizzazione
pericolosa, che richiede un maestro molto esperto o almeno un compagno di
meditazione.
Il Baal Shem Tov raccomanda del resto di avere un compagno
in tutti i tipi di meditazione avanzata che, in caso di necessità, aiuti
l'altro a ritornare nel mondo reale.
La visualizzazione è molto utile perché serve a controllare
le visioni che accade spesso di avere nelle forme più profonde di meditazione,
e che è consigliabile carriace, anche sostituendole col tetragramma.
Quando si è imparato a controllare le immagini mentali, il
rischio di veder apparire false visioni è molto meno grande. La meditazione
diventa totalmente pura e non è turbata da manifestazioni secondarie senza
importanza.
● Pericoli della visualizzazione del nulla
La visualizzazoine del nulla è molto avanzata e
assolutamente non adatta per i principianti. Va praticata sotto la guida di un
maestro spirituale e mai da soli. Se l'autore ne parla è perché è molto vicina
al metodo della visualizzazione ed è importante per poter comprendere certi
aspetti della meditazione e del misticismo ebraico.
C'è il rischio di essere inghiottiti dal nulla e
di non essere capaci di riemergere. E' pertanto necessario avere sempre un
compagno o un maestro spirituale che possa richiamarci alla realtà oggettiva
Possono essere necessari anni per imparare a
visualizzare veramente il nulla. Non è una disciplina facile, ma una volta
acquisita, è uno strumento molto potente per la visualizzazione. Il nulla è la
più pura delle immagni che sia possibile rappresentare mentalmente.
Uno degli scopi della meditazione è quello di aiutare a
bandire l'ego, cosa molto difficile nella nostra società. Nella vita turbolenta
di tutti i giorni, per non essere schiacciati, è necessario avere un forte
senso di sé e dei propri scopi. Per molte persone può essere controproducente
praticare una disciplina di meditazione che indebolisce l'ego e il senso di sé.
Può verificarsi infatti che gli scopi che una persona auspica di raggiungere
per mezzo della meditazione siano diametralmente opposti alle sue aspirazioni
più profonde. Essendo diretta verso l'interno la conversazione con Dio non
presenta questi svantaggi rispetto alla meditazione mantrica o alla
contemplazione, anche se, come ogni altro tipo di meditazine, può aiutare a
superare l'ego. La conversazione con dio rimpiazza però l'ego con qualche cosa
di ancora più forte. Grazie al dialogo con DIo arriviamo a vedere noi stessi in
una prospettiva diversa, cominciamo a percepirci come una ramificazione di Dio.
Questa forma di meditazione ci rende, per così dire, partecipi del divino. Se
dopo averne parlato con dio, i nostri progetti continuano ad apparirci validi,
la nostra determinazione ne sarà rafforzata.
Dobbiamo però fare attenzione anche al pericolo contrario.
Se una persona non è in grado di annullare il proprio ego, può diventare ancora più testarda,
ostinata e incapace di dialogare con gli altri. Non c'è persona più antipatica
di colui che is compomrta come se fosse in comunicazione diretta con Dio.
Conversare con dio, facendoci vedere noi stessi con gli
occhi di dio può servire a farci trovare un senso alla nostra vita, come se
fossimo in psicoterapia.
Mentre nella psicoterapia la risposta viene dall'esterno,
nella meditazione viene dall'interno.
La preghiera-meditazione somiglia ad una auto-terapia e
comporta gli stessi rischi. Come nel corso di una terapia può accadere di
scoprire problemi profondi che se non vengon orisolti rischiano di procurare
gravi sofferenze. In psicoterapia, il teprapeuta è là proprio per aiutare il
paziente quando il problema si rivela troppo difficile. Chi pratica la
meditazine come auto-terapia, può trovarsi invece in un vicolo cieco dal quale
non è più capace di uscire. Pertanto, se utilizzate la preghiera-meditazione
come una forma di auto-terapia, è molto importante che vi facciate seguire da
una guida che sia in grado di capire cosa sta avvenendo. Senza questo aiuto, i
risultati potrebbero rivelarsi più negativi che positivi. La vostra guida deve
essere una persona equilibrata e psicologicamente forte che abbia già acquisito
una grande esperienza nel guidare
Dopo aver recitato per anni la amidà tre volte al giorno, lo
si può fare veramente senza pensarci. Indubbiamente questo comporta il pericolo
che lam ente vada alla deriva e si allotani dalle parole, privando la preghiera
del suo significato. Molte persone che pregano tutti i giorni hanno infatti
difficoltà a concentrarsi su quello che stanno dicendo. Se pertanto nella amidà
si vede solo una preghiera, questo problema esiste, ma se la si considera un
mantra, l'automatismo naturale della recitazione si trasforma invece in un
vantaggio. Le parole agiscono allora come un mantra e, calmando la mente,
eliminano ogni pensiero estraneo.
Quando una persona fa l'esperienza di dio c'è sempre il
rischio che si tratti di una falza esperienza. La persona può pensare di aver
avuto un'esperienza del Divino mentre si tratta di qualcosa di totalmente
diverso, ed è per questa ragione che diciamo (nell'Amidà): "Dio nostro e
dei nostri padri". L'esperienza di Dio non è qualcosa che inventiamo noi,
qualcosa che non ha legami con il passato. Al contrario si tratta di
un'esperienza che si integra in una tradizione ancestrale.
(Parlando del combattimento tra Giacobbe e l'angelo) Quando
una persona si apre alla spiritualità, si apre sia al bene che al male, il che
significa combattere con le forze del benee con quelle del male.
Esperienze e realizzazioni tipiche
dello stato meditativo
Concentrazione
totale/"Stati di attenzione"
Normalmente, la mente è disunita: mentre si
cerca di mettere a fuoco un problema altre parti possono rivolgere attenzione
ad altre idee. Per questa ragione noi usiamo solo una parte della nostra mente,
mentre un'altra parte vaga o semplicemente resta passiva e può succedere anche
che si oppponga strenuamente ai nostri sforzi tesi alla concentrazione.
La concentrazione totale non si applica solo
alla soluzione di un problema, ma anche alle esperienze più semplici, come alla
contemplazione di un oggetto.
Questo è anche collegato al fatto che immagini
mentali continuano ad apparire dinanzi agli occhi aperti come facevano dinansi
agli occhi chiusi, solo che per la loro tenuità in confronto con le percezioni
del mondo esterno, non ce ne rendiamo conto.
Uno dei grandi obiettivi della meditazione è
dunque quello di portare a una maggiore consapevolezza e accrescere le
percezioni: più vasta è la parte della mente che si concentra su una
determinata esperienza e più questa esperienza sarà intensa.
Esistono due modi per arrivare a questo
risultato attraverso la meditazione. Il più semplice consistenel fare silenzio
nelle parti della mente che non sono concentrate sull'esperienza in atto. Il
secondo modo di amplificare un'esperienza mediante la meditazione consiste nel
focalizzare una parte quanto più vasta possibile della mente sull'esperienza
stessa.
Sono metodi collegati: quando facciamo silenzio
in alcune parti della mente ci concentriamo di più, e quando una parte maggiore
della mente si concentra sull'esperienza blocca gli altri stimoli sensori e
mentali.
La consapevolezza accresciuta ed aumentata ci
porta a una consapevolezza più profonda e più chiara del mondo che ci circonda,
si prenderà coscienza di fenomeni che prima erano sfuggiti. E' possibile vedere
l'universo intero in un granello di sabbia; diagnosticare le malattie
concentrandosi sul battito del polso di una persona in modo che riempia tutto
il suo mondo sensoriale; avere percezioni extrasensoriali (purtroppo, nella
maggior parte delle esperienze extrasensoriali, i risultati dipendono da
fattori così numerosi che è difficile arrivare a conclusioni definitive);
sintonizzare lo spirito con certe verità (o Verità con la lettera maiuscola)
Con la meditazione ci si può concentrare ad
esempio sulla bellezza di una rosa.
La Bellezza è una delle dieci Sefiroth; esse
possono essere concepite come "variatori" che amplificano le
esperienze a loro associate. Così, dal momento che la bellezza è una delle
dieci Sefiroth possiamo aumentare il volume del recettore corrispondente per
intensificarne la percezione.
Ampliamento
della capacità mnemonica
Vedi "Stati di coscienza", “Ampliamento
capacità mnemonica"
"Stato di
risoluzione dei problemi"
Vedi "Stati di coscienza", "Stati
di risoluzione dei problemi"
Percezioni
extrasensoriali
La consapevolezza accresciuta ed aumentata ci
porta a una consapevolezza più profonda e più chiara del mondo che ci circonda,
si prenderà coscienza di fenomeni che prima erano sfuggiti. E' possibile vedere
l'universo intero in un granello di sabbia; diagnosticare le malattie
concentrandosi sul battito del polso di una persona in modo che riempia tutto
il suo mondo sensoriale; avere percezioni extrasensoriali (purtroppo, nella
maggior parte delle esperienze extrasensoriali, i risultati dipendono da
fattori così numerosi che è difficile arrivare a conclusioni definitive);
sintonizzare lo spirito con certe verità (o Verità con la lettera maiuscola)
Visione
panoscopica
Un altro fenomeno è la visione panoscopica: un
oggetto è visto contemporaneamente da tutti i lati
Visualizzazione
in più dimensioni rispetto alle tre usuali
In uno stato di coscienza superiore è possibile
visualizzare al di là delle tre dimensioni usuali, fino a cinque.
Sinestesia
Un altro fenomeno importante è la sinestesia
Visualizzazione
del nulla
Ad un livello molto alto di meditazione può
essere visualizzato anche il nulla. Il nulla è in realtà al di là di immagini
come il buio o il vuoto: è assenza di ogni cosa, anche del buio e del vuoto. Se
volete sapere a cosa somiglia il nulla, pensate a quello che vedete dietro la
vostra testa (alcune tecniche consigliano di pensare a cosa si vede dentro la
testa). E' possibile trasferire questa percezione, durante la meditazione,
nell'occhio della mente. Ci sono esperienze così sottili che possono essere
offuscate perfino dalla visualizzazione del buio o del vuoto; lo spirito è
invece aperto alle influenze più evanescenti quando è pervaso dall'esperienza
del nulla. Una di queste esperienze è quella della spiritualità pura, quando il
nulla viene riempito da ciò che proviene dall'En Sof, l'Infinito.
Sviluppo della
sensibilità spirituale
Se una regione della mente è particolarmente
sensibile alla spiritualità, questa sensibilità può essere volontariamente
amplificata e sviluppata con la meditazione.
Sintonizzazione
con le grandi verità/risposte sul senso dell'esistenza, lo scopo della vita, la
vera natura della realtà
La meditazione ci consente di sintonizzare lo
spirito con certe verità (o Verità con la lettera maiuscola). Quando cerchiamo
di rispondere a domande fondamentali, come quelle sul senso dell'esistenza, lo
scopo della vita, la vera natura della realtà, le risposte che riusciamo a dare
restano vaghe e sfuggenti e rimangono talvolta sul limitare della coscienza,
troppo deboli pre riuscire a varcare la barriera delle interferenze della
mente. Una delle verità più sfuggenti è proprio la conoscenza di se stessi.
Normalmente ci vediamo attraverso lo spesso velo dell'io ed è per questa
ragione che ci è impossibile percepirci allo stesso modo in cui ci vedono gli
altri. Con la meditazione possiamo farlo.
Sintonizzazione
con le grandi verità>Consapevolezza di sé
La consapevolezza di sé generata dalla
meditazione in certi casi può fortificare anche l'io. Una persona che abbia una
cattiva immagine di sé e una sensazione di inadeguatezza può prendere
sicurezza, può capire meglio le sue motivazioni, imparare a dirigerle, fare ciò
che desidera e non ciò che gli altri si aspettano da lui. Sarà capace di
valutare più oggettivamente le sua relazioni con gli altri e imparerà poi a
migliorarle.
Sintonizzazione
con le grandi verità>Presa di coscienza spirituale/Presa di coscienza di Dio
Uno degli effetti della meditazione è di portare
alla presa di coscienza spirituale. Il mondo dei sensi, le idee che nascono
spontaneamente nella mente offuscano le sensazioni spirituali. Con la
meditazione è possibile mettersi all'ascolto del mondo spirituale a arrivare a
una esperienza mistica. Le esperienze più intense furono quelle dei profeti
biblici. Essi avevano una esperienza così forte della divinità che potevano
utilizzarla per acquisire informazioni. Al suo livello più elevato la
meditazione può far sperimentare Dio. Per molte tradizioni religiose, tra cui
l'ebraismo, questo è lo scopo ultimo della meditazione.
Via via che procederete nell'esplorazine di ciò
che è veramente importante pr voi, è probabile che arriviate a un punto in cui
sentite che state affrontando una nuova tappa e che iniziatea interrogarvi non
solo sul senso della vostra vita, ma sul senso della vita in generale. A questo
stadio avrete scoperto Dio.
Controllo
dell'inconscio/Padronanza delle emozioni/Discernimento delle emozioni
Si direbbe che talvolta le varie parti della
mente agiscano indipendentemente. Questo conflitto interiore può essere anche
così forte da dare l'impressione di una doppia personalità. E' come se una
parte della mente volesse qulacosa e un'altra parte una cosa totalmente
diversa. Prendiamo l'esempio della tentazione sessuale. Una parte della mente
dice sì in modo prepotente, mentre l'altra solleva obiezioni morali che possono
essere altrettanto forti quanto il desiderio. Questa seconda parte della mente
può opporsi con una forza pari alla prima e la persona può sentirsi schiacciata
in mezzo alle due pressioni. Nella psicologia freudiana classica, si direbbe
che si tratta di un conflitto tra l'es e il super io. Nel nostro esempio, l'es
dice sì alla tentazione, mentre il super io vi si oppone. E' l'io che viene a
fare da arbitro tra queste due voci dell'inconscio. Per quanto lo schema
freudiano sia interessante, l'introspezione mostra che il conflitto è in realtà
molto più complesso di questa semplice opposizione dell'es e del super-io.
Talvolta non sono solo due voci, ma tre, quattro o anche più a inviare segnali
discordanti alla mente. Colui che impara a controllare il suo inconscio riesce
a poi a evitare in larga misura questi conflitti... Con l'esperienza si impara
a pensare ciò che si vuole e quando si vuole. Le pressioni psicologiche
dell'inconscio non turbano più e si resta sempre padroni della situazione. Si è
dunque padroni di se stessi e non si farà mai ciò che non si vuole veramente
fare. Per molte scuole questa padronanza di sé è uno degli scopi prioritari
della meditazione.
Quando si è perfettamente padrone delle proprie
emozioni si è in grado di far emergere una emozione, qualunque essa sia, e di
dilatarla a proprio piacere. Invece che essere dominati da passioni come
l'amore, il desiderio o la paura, sarete voi a controllarle. Potrete farle
emergere per coniugarle insieme illuminando ogni aspetto della vita con tutta
una ricca gamma di sentimenti. Il controllo delle vostre emozioni può far
conoscere nella vita quotidiana una varietà di sentimenti sconosciuti alla
maggior parte della gente.
Classificazioni della meditazione
I modi in cui è possibile interagire con la nostra mente
sono limitati e costituiscono le categorie di tutti i sistemi di meditazione.
Pertanto chi comprende la meditazione in generale può capire anche la
meditazione ebraica.
Le forme di meditazione possono essere classficate come
segue:
Meditazioni
verbali e non verbali
La meditazione verbale presuppone parole,
pensieri o discorsi
● Esempi di meditazione verbale:
· La conversazione orale a voce alta con Dio
● E' possibile utilizzare facoltà diverse dalla
uditiva
Anche se la maggior parte dei metodi di
meditazione sono visivi o verbali è tuttavia possibile utilizzare altre facoltà
per attivare la meditazione. Si può meditare su un suono, sul verso di un
grillo per esempio, sul rumore dell'acqua che scorre o su una nota musicale
ripetuta all'infinito. La meditazoine in questo caso non è verbale, ma fa
ricorso al senso dell'udito. Allo stesso modo la meditazione può servirsi anche
dell'odorato. Sappiamo del resto che esistono delle benedizioni, "berakhot",
sui profumi che possono trasformare il piacere di un buon odore in una
esperienza meditativa. E lo stesso vale per il tatto.
Si può infine usare il senso cinestesico; si
tratta di meditare su un movimento o tutta una serie di movimenti del corpo. E'
la tecnica usata dai sufi nelle loro meditazioni danzate, e anche i chassidim
la usano spesso quando meditano danzando o dondolandosi lentamente. Ogni azione
meditativa può essere ricondotta al senso cinestesico anche se sono coinvolti
altri sensi. L'essenziale è di concentrarsi sul gesto e di elevarlo fino a
farne na manifestazione di adorazione divina. Un'azione banale come quella di
rigovernare può diventare un momento di meditazione. Nell'ebraismo, la
meditazione per mezzo di un'azione è particolarmente importante quando è legata
all'osservanza dei precetti e dei riti.
La meditazione infine può basarsi sulle nostre
stesse emozioni. Ci si può concentrare ad es. sull'emozione dell'amore
esattamente come ci si concentra su un fiore o la fiamma di una candela.
Contemplerete l'amore che provate per qualcuno e purificherete questa emozione
liberandola da ogni interferenza esterna. Questo amore purificato potrà essere
poi diretto verso Dio o verso il prossimo. Del resto i comandamenti "Ama
Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e tutte le tue forze"
(Deuteronomio 6,5) e "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Levitico
19,18) indicano questo percorso. Rivolgendo il nostro spirito verso l'amore per
Dio e per il nostro prossimo, diamo un orientamento completamente diverso alla
nostra vita.
Meditazioni
rivolte all'interiorità o meditazione dirette all'esterno
La meditazione rivolta all'interiorità proviene
dall'interno della persona che medita e non è diretta da stimoli esterni
● Esempi di meditazione diretta all'esterno
· Il modo più semplice di meditazione diretta all'esterno consiste
nel fissare un oggetto esterno (un versetto scritto su carta, la fiammella di
una candela, un fiore, un quadro, una
pietra o qualsiasi altra cosa) e lasciar vagare i pensieri (meditazione non
strutturata). Tuttavia, se usate questo metodo per coinvolgere totalmente la
vostra mente e cacciare ogni altro pensiero allora imponete una struttura alla
meditazione. La visione dell'oggetto e dei suoi particolari si fa sempre più profonda,
cercherete di penetrarne l'essenza e cancellerete dalla mente ogni altro
pensiero. Al di là dell'essenza dell'oggetto potrete cerare di vedere il divino
nell'oggetto ed usarlo come trampolino per raggingere Dio.
● Esempi di meditazione rivolta all'interiorità:
· la conversazione orale a voce alta con Dio
Meditazioni
strutturate e meditazioni non strutturate
Si ha una meditazione non strutturata quando la
persona si siede per meditare senza idee preordinate sulla direzione che
prenderà la meditazione.
Nel momento in cui si stabilisce un programma,
la meditazione diviene strutturata. Questa struttura può essere flessibile o
rigida, a secondo degli obiettivi.
Per esempio potete decidere che ogni giorno, per
un periodo di tempo determinato, diciamo una settimana, mediterete su un
particolare soggetto e passerete a un altrosoggeto la settimana seguente (es.
su come rimettere ordine nella propria vita: prima settimana rapporti col
coniuge, seconda settimana rapporti coi figli, terza settimana sulla carriera).
La meditazione programmata è particolarmente
efficace per coloro che desiderano perfezionare un'attitudine o uno stile di
vita particolare
Un'altra maniera per strutturare maggiormente
consiste nel prendere un versetto ella Bibbia come oggetto di meditazione. Il
vostro obiettivo sarà sempre di rimettere ordine nella vostra vita, ma
tenterete di farlo alla luce di quel versetto della Bibbia che potrà anche
servire come base pr na conversazone con Dio.
● Esempi di meditazione non strutturata:
· La conversazione orale a voce alta con Dio
● Esempi di meditazione strutturata:
· Potreste strutturare la meditazione semplicemente stabilendo un
argomento da cambiare ogni periodo (settimana...), magari all'interno di un
argomento più vasto. Ad es., nell'ambito del riordino della propria vita si può
meditare per un periodo sui rapporti col coniuge, un altro periodo sui rapporti
con i figli, un altro periodo sulla carriera ecc.
Meditazioni con
supporto e meditazioni senza supporto
Ci sono tecniche di meditazione che non
utilizzano alcun supporto e controllano direttamente il pensiero. Queste
tecniche vengono considerate generalmente come le forme più avanzate di
meditazione
Meditazioni come quella consistente nell'interrompere
il pensiero, dal momento che non usano alcun supporto vengono chiamate
"meditazioni non dirette".
● Esempi di meditazione senza supporto:
· Una di queste tecniche è l'esercizio di interrompere il pensiero
(vedi altrove)
Una di queste tecniche consiste nell'esercitarsi
a interrompere i pensieri. In pratica sono necessari anni di esercizio intenso
per perfezionarla. Dal momento che questa tecnica non usa alcun supporto viene
chiamata meditazione non diretta. Nelle sue forme più avanzate può dirigere la
concentrazione sul "non pensiero", sul nulla. Comporta tuttavia
alcuni rischi e deve essere praticata con la guida di un maestro esperto.
La meditazione rivolta all'interno non strutturata è
particolarmente utile per fare il bilanio della propria vita, trovarvi un
senso. La meditazione strutturata rivolta all'esterno è utilizzata il più
sovente per concentrare la riflessione ed avere un'esperienza trascendente.
Esistono modi intellettuali di meditazione. Molte tradizioni
li associano alla "via dell'intelletto" e certe forme di meditazione
sembrano fatte su misura per indurre stati di coscienza propizi alla soluzione
dei problemi. Kaplan avvicina queste forme di meditazione agli "stati di
soluzione dei problemi", stati durante i quali la nostra capacità di
soluzione dei problemi è molto superiore
|Quando avrete fatto abbastanza progressi sulla via della
meditazione ed avrete imparato a concentrarvi, il che può richiedere settimane
o anche mesi, imparerete a controllare le visioni dell'occhio della mente.
Potrte allora fare apparire un'imagine e osservarla per quanto tempo
desiderate. Come vedremo, questa tecnica può costituire di per sé una forma di
meditazione.
Tecniche di meditazione specifiche
(elenco)
Meditazione su
un versetto
● Scelta del versetto
Normalmente si usa un versetto della Bibbia, ma
ovviamente qualsiasi massima o insegnamento può servire come base per questo
tipo di meditazione
[q] Al limite anche una formula proposizionale
può servire come oggetto di meditazione
Il versetto della Bibbia può essere scelto a
caso o in relazione con l'oggetto della meditazione...
L'oggetto della meditazione può essere una frase
qualunque, una parola o una citazione. Il grande maestro chassidico Nachman di
Breslav usava l'espressione "Padrone dell'Universo".
Nelle tradizioni orientali, le frasi che si
ripetono nel corso di una meditazione vengono chiamate mantra, e la tecnica,
meditazione mantrica. Uno dei sistemi più conosciuti della meditazione mantrica
è la meditazione trascendentale. Poiché le lingue occidentali non hanno un
termine generico equivalente, utilizzerò il vocabolo mantra quando richiesto
dal contesto.
Il versetto della Bibbia può essere scelto a
caso o in relazione con l'oggetto della meditazione... Il vostro obiettivo sarà
per es. quello di rimettere ordine nella vostra vita, ma tenterete di farlo
alla luce di quel versetto della bibbia che potrà anche servire come base per
una conversazione con Dio
La vostra meditazione di un giorno, di una
settimana o anche di un mese potrà vertere su questo versetto.
Il versetto può essere usato sia visualmente che
verbalmente. Se volete servirvene visualmente come base della meditazione
ricopiatelo su un foglio e utilizzatelo per concentare l riflessione. Fissate
lo sguardo sul testo senza interruzioni: deve diventare il centro della votra
attenzione, escludendo tutto il resto, come se non esistesse niente altro, e
lasciateche i vostri pensieri fluiscano liberamente. A un livello più avanzato,
potrete servirvi di questo metodo per fare il vuoto nella mente che sarà
occupata unicamente dal versetto.
Esistono diversi metodi di meditazione su un
versetto:
● Leggere il versetto prima di meditare ed
eventualmente impararlo a memoria per poi usarlo come punto di partenza per una
meditazione non strutturata. Cominciate col meditare sul versetto, dopodiché vi
concentrerete sul soggetto scelto per la meditazoine
● Un altro metodo consiste nel ricopiare il
versetto al fine di poterlo rileggere nel corso della meditazione e di
riportarvi l'attenzione di tanto in tanto. Questo metodo è efficace se
desiderate correlare il versetto a un problema concreto della vostra vita
● Il versetto può infine costituire l'oggetto
stesso della meditazione. La vostra meditazione diventa una conversazione con
il versetto biblico: riflettete sul versetto, lo studiate da vari punti di
vista, ne ricercate le varie interpretazioni possibili, cercate di applicarlo
al problema concreto che vi preoccupa. Se il versetto implica un messaggio
particolare potrete dedicargli una serie di sedutedi meditazione al fine di
integrarlo alla vostra personalità
Qualsiasi massima o insegnamento, anche al di
fuori dei versetti biblici, può servire come base per questo tipo di
meditazione.
● Meditazione visiva sul versetto
● Meditazione verbale su un versetto
Vedi le annotazioni raccolte sotto
"meditazione mantrica"
Vuoto mentale
Un utile esercizio è smettere di pensare:
prendere coscienza dei nostri pensieri cercando di interromperne il flusso.
Dopo alcuni secondi di questo esercizio le idee
cominciano ad insinuarsi nel cervello e poi vi profompono, spesso con la forza
di un torrente in piena. Come molte altre discipline anche questa può essere
perfezionata. Esercitandovi ad interrompere il flrusso dei pensieri, riuscirete
a farlo per periodi sempre più lunghi e infine sarete capacie di interrompere e
riprendere i vostri pensieri quando lo vorrete. Tuttavia è più facile a dirsi
che a farsi. In pratica sono necessari anni di esercizio intenso per
perfezionare questa tecnica. Dal momento che questa meditazione non usa alcun
supporto viene chiamata “meditazione non diretta". Nelle sue forme più
avanzate può dirigere la concentrazione sul "non pensiero", sul
nulla. Comporta tuttavia alcuni rischi e deve essere praticata con la guida di
un maestro esperto. La maggior parte dei metodi che esporremo in questo libro
sono semplici e non presentano pericoli se vengono utilizzati in modo corretto.
Sono facili da assimilare e possono favorire una presa di coscienza nuova,
permettando di raggiungere stati di coscienza più elevati.
Concentrazione
sul "non pensiero"
L'esercizio di far cessare il pensiero, nelle
sue forme più avanzate può dirigere la concentrazione sul “non pensiero",
sul nulla. Comporta tuttavia alcuni rischi e deve essere praticata con la guida
di un maestro esperto. La maggior parte dei metodi che esporremo in questo
libro sono semplici e non presentano pericoli se vengono utilizzati in modo
corretto. Sono facili da assimilare e possono favorire una presa di coscienza
nuova, permettando di raggiungere stati di coscienza più elevati.
Yichudim
Numerosi testi cabbalistici parlano di yichudim
o "unificazioni". Nella maggior parte dei casi, il metodo di
meditazione degli yichudim consiste nell'immaginare vari nomi di dio e di
manipolarne le lettere. Ma si tratta di un metodo molto avanzato e richiede la
conoscenza della Cabbalà.
Anche in questo caso potete utilizzare la
contemplazione come introdurzione alla visualizzazione. Se avete difficoltà a visualizzare
il Tetragramma, dovrete contemplarlo per molti giorni di seguito, scritto su un
foglio di carta. Potrete dediare la prima parte della meditazione a contemplare
il nome e la seconda parte a cercare di
visualizzarlo ad occhi chiusi. COn l'esercizio riuscirete infine a
visualizzarlo senza dover utilizzare l'immagine scritta.
Quando sarete in grado di visualizzare il nome,
potrete utilizare l'esercizio per praticare lo yichud molto semplice che è
descritto nel capitolo precedente (segue la descrizione di questo Yichud)
Riflessione
sulle domande circa un dio trascendente
Riflettere sulle domande: "cosa c'è al di
là del tempo e dello spazio?"; "In che modo il mondo ha avuto
origine?"; “Perché il mondo esiste?"; "Cosa c'era prima del
tempo?"
Meditazione su
un suono
Anche se la maggior parte dei metodi di
meditazione sono visivi o verbali è tuttavia possibile utilizzare altre facoltà
per attivare la meditazione. Si può meditare su un suono, sul verso di un
grillo per esempio, sul rumore dell'acqua che scorre o su una nota musicale
ripetuta all'infinito. La meditazoine in questo caso non è verbale, ma fa
ricorso al senso dell'udito.
Meditazione
mediante l'odorato
Allo stesso modo la meditazione può servirsi
anche dell'odorato. Sappiamo del resto che esistono delle benedizioni,
"berakhot", sui profumi che possono trasformare il piacere di un buon
odore in una esperienza meditativa. E lo stesso vale per il tatto.
Meditazione
mediante il tatto
Allo stesso modo la meditazione può servirsi
anche dell'odorato. Sappiamo del resto che esistono delle benedizioni,
"berakhot", sui profumi che possono trasformare il piacere di un buon
odore in una esperienza meditativa. E lo stesso vale per il tatto.
Meditazione
mediante il senso cinestesico
Si può infine usare il senso cinestesico; si
tratta di meditare su un movimento o tutta una serie di movimenti del corpo. E'
la tecnica usata dai sufi nelle loro meditazioni danzate, e anche i chassidim
la usano spesso quando meditano danzando o dondolandosi lentamente. Ogni azione
meditativa può essere ricondotta al senso cinestesico anche se sono coinvolti
altri sensi. L'essenziale è di concentrarsi sul gesto e di elevarlo fino a
farne na manifestazione di adorazione divina. Un'azione banale come quella di
rigovernare può diventare un momento di meditazione. Nell'ebraismo, la
meditazione per mezzo di un'azione è particolarmente importante quando è legata
all'osservanza dei precetti e dei riti.
Meditazione per
mezzo di una azione rituale o di osservanza
Nell'ebraismo, la meditazione per mezzo di
un'azione è particolarmente importante quando è legata all'osservanza dei
precetti e dei riti. Molti ebrei e non ebrei vedono i precetti solo come azioni
rituali di routine; al contrario numerose fonti ebraiche parlano dei precetti
come di strumenti adatti alla meditazione al fine di elevare la coscienza a una
percezione più vicina a Dio. Visto da questa ottica, il precetto riveste una
grande importanza spirituale.
Meditazione
sulle emozioni
La meditazione infine può basarsi sulle nostre
stesse emozioni. Ci si può concentrare ad es. sull'emozione dell'amore
esattamente come ci si concentra su un fiore o la fiamma di una candela.
Contemplerete l'amore che provate per qualcuno e purificherete questa emozione
liberandola da ogni interferenza esterna. Questo amore purificato potrà essere
poi diretto verso Dio o verso il prossimo. Del resto i comandamenti "Ama
Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e tutte le tue forze"
(Deuteronomio 6,5) e "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Levitico
19,18) indicano questo percorso. Rivolgendo il nostro spirito verso l'amore per
Dio e per il nostro prossimo, diamo un orientamento completamente diverso alla
nostra vita.
Indicatori
degli stati di coscienza meditativi
Le visioni dell'occhio della mente costituiscono
uno ei rari indicatori oggettivi dello stato di meditazione. Saprete di essre
arrivati allo stato meditativo quando queste immagini prenderanno una forma più
determinata e permanente. Anche se le immagini mentali non sono la sola
manifestazione di uno stato di coscienza superiore, costituiscono tuttavia un
indizio importante che si presta facilmente a una descrizione soggettiva.
Esistono anche altri indicatori che segnalano che una persona è in grado di
controllare i propri processi mentali
Classificazione
degli stati di coscienza
La meditazione ha come scopo di elevarci a stati
superiori di coscienza
Stati di
coscienza ordinari
Gli stati di coscienza ordinari sono:
● Veglia
● Sonno non-rem
● Sonno rem
● Stato di veglia in cui ci sentiamo
particolarmente lucidi
● Stato di veglia in cui ci sentiamo confusi
“Stati di
attenzione"
Stati di
attenzione>Aumento della capacità di memorizzare
Già trascritto nei files arte memoria
Ricordo che quando studiavamo in “yeshivà",
io e alcuni compagni decidemmo di verificare chi riusciva a studiare a memoria
più pagine del Talmud. Per me l'esperienza fu estremamente interessante.La
prima pagina mi richiese molti sforzi e molto tempo, probabilmente molte ore,
ma via via che andavo avanti, ogni pagina diventava più facile da memorizzare.
Dopo una decina di pagine, mi resi conto che riuscivo a imparare a memoria una
pgina dopo averla letta tre o quattro volte. Dopo una ventina di pagine, ero
capace di farlo leggendola una sola volta. Ciò che era stato estremamente
difficile all'inizio, con l'esercizio era diventato relativamente facile, e
anche i miei compagni fecero la stessa esperienza.
Tutti sanno che la memoria può essere
esercitata. Coloro che devono memorizzare regolarmente un gran numero di
informazioni lo fanno con maggiore facilità. Gli attori, per esempio, imparano
un copione dopo una o due letture e molti musicisti sono in grado di
memorizzare una partitura quasi immediatamente.
Da un punto di vista soggettivo è interessante
notare che non avevo l'impressione che la mia memoria fosse migliorata, ma
piuttosto che guardassi la pagina che volevo imparare in modo diverso, come se
la mia memoria fosse ben aperta e che l'informazione vi accedesse senza
ostacoli. Era come se prima ci fosse stata una barriera tra la percezione e la
memoria e poi fosse stata abbattuta.
Secondo la logica questo ha un senso poiché se
dovessimo ricordare tutto ciò che vediamo o impariamo, la nostra memoria sarebbe
rapidamente ingombra di informazioni inutili. La mente possiede dunque una
specie di filtro che impedisce di conservare nella memoria le informazioni che
non desideriamo conservare. Il problema è che questo filtro talvolta interviene
anche quando vogliamo memorizzare qualcosa. Con l'esercizio, possiamo però
imparare a disattivare il filtro secondo la nostra volontà.
Difatti, chi ha esercitato la propria memoria si
trova in uno "stato di attenzione" completamente diverso quando ha
deciso di memorizzare un testo. Si potrebbe dire che è in stato di coscienza
diverso.
Stati di
attenzione>Gli "stati di soluzione dei problemi"
● Chiunque abbia lavorato ad un problema molto
difficile, in particolare di scienze o matematica, sa bene come, a un certo
punto, la mente sembri "ancorata" al problema. Risolvere il problema
diventa la cosa più importante del mondo e tutte le fibre del nostro essere
sembrano tendere alla sua soluzione. QUando il problema viene risolto si trova
una gioia immensa, quasi sensuale. Può restare senza mangiare né dormire e non
sentire la fatica fino a che non ha trovato la soluzione. In realtà attiva
risorse intellettuali di cui non immaginava neppure l'esistenza.
Si può raggiungere uno stato di ancoraggio anche
dipingendo una tela. Il fenomeno dell'ancoraggio della coscienza sembra
accompagnarsi ad un'aumentata energia fisica. Il polso si accelera, può
verificarsi un aumento della traspirazione e perfino che ci sia tremito. In
tale stato vengono utilizzate molte più energie che in situazione normale, e
nello sforzo creativo, oltre allo spirito, è coinvolto anche il corpo.
● Sembra tuttavia che esista un'altra forma di
coscienza connessa alla soluzione dei problemi. Una sera, mentre Kaplan stava
facendo il bagno e pensava in modo molto vago al problema con cui stava
cimentandosi in quel periodo (un ipercubo penta-dimensionale) all'improvviso
ogni aspetto divenne chiaro; poteva visualizzare e capire relazioni
estremamente complesse. Quando uscì dal bagno era in possesso di tutte le
chiavi per la soluzione del problema.
Si direbbe che la mente possieda due modi che le
permettono di risolvere i problemi con facilità particolare. C'è il modo
dell'"ancoraggio" durante il quale si constata un'accrescimento
dell'energia del corpo e della mente. E c'è l'altro modo, che si manifesta
quando la persona è perfettamente rilassata e la mente sembra che lvori da sola
sul problema. Il primo modo fa intervenire tutto l'organismo ed è come
un'esplosione di adrenalina. Nel secondo modo invece sia il corpo che la mente
sono in riposo affinché quest'ultima possa concentrarsi sul problema, come un raggio
laser.
La meditazione mantrica può essere utilizzata
per rilassare il corpo e indurre un processo di concentrazione fredda (quella
del cubo penta-dimensionale)
(Maggior
controllo delle) Visualizzazioni
Vedi "Visualizzazione"
Se si presta attenzione alle immagini mentre si
recita il mantra si noterà che la pratica mantrica ha reso più vivide, distinte
le immagini e il loro controllo risulta aumentato. Vedi per questo
"Visualizzazione"
Dal momento che si tratta di un esperimento, non
è consigliabile andare troppo lontano in questa direzione senza aver
pianificato un corso di meditazione. Questo tipo di esperienza mostra tuttavia
molto bene che uno stato di coscienza superiore accresce considerevolmente la
capacità di formare immagini mentali e di concentrarsi su di esse... Potrete
far apparire immagini e osservarle per quanto tempo desiderate. Come vedremo,
questa tecnica può costituire di per sé una forma di meditazione.
La meditazione mantrica
Nella meditazione mantrica il versetto viene ripetuto ininterrottamente
per tutta la durata della meditazione. Anche in questo caso la meditazione sarà
non strutturata se lasciate che la mente vaghi seguendo le parole che
pronunciate, o strutturata se scacciate ogni altro pensiero estraneo alle
parole del versetto
Invece che osservare il versetto scritto si può ripeterlo
ininterrottamente per tutta la durata della meditazione
La meditazoine sarà non strutturata se si lascia che la
mente vaghi seguendo le parole che si pronunciano, o strutturata se si scaccia
ogni altro pensiero estraneo alle parole del versetto
In oriente si parla di "meditazione mantrica". La
meditazione trascendentale è una meditazione mantrica.
Molti psicologi utilizzano questa tecnica per indurre nei
loro pazienti uno stato di rilassamento. Esiste anche una forma di meditazione
mantrica che esula da ogni visione mistica ed è concepita unicamente come
tecnica terapeutica, la SCM (Standardized Clinical Meditation). Questa tecnica
favorisce il rilassamento del corpo e nel contempo aumenta l'attività
cerebrale.
La meditazione mantrica può essere utilizzata per rilassare
il corpo e indurre la mente in un processo di concentrazione fredda (quella del
cubo penta-dimensionale)
Il mantra si può usare
"una tantum" abbinato alla visualizzazione (come tecnica di
misurazione dello stato raggiunto)
Le visioni dell'occhio della mente costituiscono uno ei rari
indicatori oggettivi dello stato di meditazione.
Saprete di essere arrivati allo stato meditativo quando
queste immagini prenderanno una forma più determinata e permanente. Anche se le
immagini mentali non sono la sola manifestazione di uno stato di coscienza
superiore, costituiscono tuttavia un indizio importante che si presta
facilmente a una descrizione soggettiva. Esistono anche altri indicatori che segnalano
che una persona è in grado di controllare i propri processi mentali
Arrivati a questo stadio siete in grado di verificare da voi
stessi gli effetti della meditazione mantrica. Dal momento che si tratta solo
di un'esperienza e non di una vera disciplina di meditazione, il mantra che
utilizzate non ha alcuna importanza: potete ripetere una frase senza senso o un
verso della vostra poesia preferita o della bibbia o un qualsiasi gruppo di
sillabe. Alcuni ripetono semplicemente: "Mi chiamo X", il che va
benissimo. Se desiderate un'esperienza più spirituale, potete utilizzare per
es. "Padrone dell'Universo" (Rabbi Nachman) o il suo equivalente in
ebraico, che vi sarà indicato più avanti. Stando seduti comodamente, ripetete
il vostro mantra sperimentale. A questo stadio poco importa se lo fate ad alta
voce o in silenzio, canticchiandolo o mormorandolo. Per tutta la durata
dell'esercizio, ripetete lentamente le parole che avete scelto. Dopo un po'
comincerete a sentirvi molto più distesi e nello stesso tempo più lucidi.
La tappa seguente consiste nel recitare il mantra prestando
attenzione alle immagini che si formano nella vostra mente. Esse dovrebbero
diventare sempre più vivide via via che il vostro spirito si acquieta e
persistere sempre più a lungo. Vi può capitare di vedere immagini bellissime, a
volte così fantastiche da lasciarvi stupefatti. Le visioni dell'occhio della
mente costituiscono uno dei rari indicatori oggettivi dello stato di
meditazione. Saprete di essere arrivati allo stato meditativo quando queste
immagini prenderanno una forma più determinata e permanente.
Dal momento che si tratta di un esperimento, non è
consigliabile andare troppo lontano in questa direzione senza aver pianificato
un corso di meditazione. Questo tipo di esperienza mostra tuttavia molto bene
che uno stato di coscienza superiore accresce considerevolmente la capacità di
formare immagini mentali e di concentrarsi su di esse... Potrete far apparire
immagini e osservarle per quanto tempo desiderate. Come vedremo, questa tecnica
può costituire di per sé una forma di meditazione.
"mantra" designa una parola o frase che deve
essere ripetuta per un certo lasso di tempo. In molte forme di meditazione
orientale la recitazione del mantra costituisce l'esercizio fondamentale
Uno degli effetti fondamentali è il rilassamento del corpo,
che a sua volta rende la mente sempre più lucida.
Essendo un eccellente metodo di rilassamento, forme non
religiose di meditazione mantrica sono utilizzate da psicologi per indurre
rilassamento: ad es. la SCM ("Standardized clinical meditation").
Quando percepiamo un suono ripetuto, come un tic-tac, la
mente alla fine non lo registra più.
QUando si ripete abbastanza a lungo un mantra, la mente visi
abitua e si diventacapaci di recitarlo snza che la mente cossciente registri le
parole. A questo stadio si è acquisita anche la capacità di fare il vuoto
mentale mentre si recita il mantra e questo ne fa un eccellente metodo per
uotare la mente da tutti i pensieri.
In effetti il mantra non ha necessariamente un rapporto con
l'elemento mistico della meditazione, ma serve soprattutto a fare il vuoto
mentale.
Tuttavia dal momento che il mantra ha un potere spirituale
in se stesso non solo libera la mente dai pensieri estranei, ma eleva coui che
medita in uno spazio spirituale particolare. La forma del mantra può rivestire
una grande importanza se attraverso la meditaizone si desidera entrare in
contatto con la dimensione spirituale.
Anche se la meditazione mantrica non è la forma più tipica
della meditazione ebraica, è però la più semplice. Consiste nel ripetere
costantemente una parola o una frase, di norma per una mezz'ora al giorno. E'
molto importante praticare la meditazoine mantrica tutti i giorni per almeno un
mese perché normalmente occorrono trenta o quaranta giorni perché questa forma
di meditazione inizi a dare dei risultati
Nell'Hekhlaloth Rabbatai è detto che un nome di dio
abbastanza lungo (in effetti una serie di nomi) va ripetuto 120 volte, senza
interruzioni. Anche nelle forme orientali il mantra è ripetuto un numero di
volte determinato.
Il mantra serviva come prima tappa dell'opera al carro. Il
mantra eleva l'iniziato a uno stato a partire dal quale poteva intraprendere il
viaggio di stanza in stanza nei mondi soprannaturali, a uno stato da dove può utilizzare
altre tecniche per elevarsi sempre più in alto.
La tecnica gherushin consisteva nel ripetere un versetto
della bibbia come un mantra. Questa tecnica non solo elevava ad un livello di
coscienza superiore, ma serviva anche per arrivare ad una comprensione più
profonda del versetto come se, attraverso la ripetizione, il versetto emanasse
il suo significato.
Piuttosto che leggerlo o analizzarlo l'iniziato entrava in
comunione con esso.
Josef Caro ripetevano un passo (paragrafo o mishnà) della
Mishnà, la parte più antica del Talmud, terminata verso l'anno 200. Una
magghid, una creatura angelica associata al mishnà gli parlava direttamente.
Anche il talmud dice che "ripetere la propria mishnà
cento volte non è come ripeterla cento e una volta"
Pare che Luria adottasse una simile tecnica non
intellettuale per capire lo Zohar
Nachman di Breslav (1772-1811) che parlò molto
dell'hitbodeduth diceva che se uno non sa cosa dire basta che ripeta
Ribbonò Shel Olàm ("padrone dell'universo"), frase
che sin dall'epoca talmudica serviva da introduzione alla preghiera e secondo
alcuni maestri risalirebbe ai tempi biblici. Anch'egli considerava il mantra
come un mezzo per aprire lo spirito alla conversazione con dio.
La meditazione mantrica è una delle forme più semplici e se
volete iniziare un programma di meditazione il mantra di
Nachman è perfettamente indicato
Non è possibile iniziare un programma di meditazione senza
una buona dose di impegno. Perché possa avere degli effetti, è necessario
praticare la meditazione quotidianamente, per almeno venti o trenta minuti. Se
l'impegno viene rispettato, gli effetti sono cumulativi, mentre se si tralascia
di meditare anche per un solo giorno, l'effetto cumulativo viene annullato. Ci
vogliono inoltre varie settimane di meditazione mantrica per raggiungere uno
stato di coscienza superiore. E' possibile avere anche degli effetti immediati,
ma è solo dopo qualche settimana che la sua potenzialità si manifesta nella sua
pienezza. Chi è perseverante ottiene effetti stupefacenti.
La meditazione mantrica può dare inconvenienti a chi ha
sofferto di turbe nervose. Se una persona non ha un rapporto solido con la
realtà esterna, può avere difficoltà a rientrarvi in contatto dopo
un'esperienza meditativa profonda. Come certi esercizi fisici sono sconsigliati
per chi soffre di problemi cardiaci, allo stesso modo certi esercizi mentali
non sono adatti per chi ha sofferto di problemi neurologici.
La storia talmudica di ben zomà che perse la ragione dopo
un'esperienza meditativa particolarmente intensa, deve servire da avvertimento.
E' assolutamente necessario che le persone che hanno dubbi sulla propria
stabilità mentale chiedano consiglio a una guida esperta prima di iniziare
qualsiasi tecnica di meditazione intensa.
Generalmente i preparativi sono semplici.
Scegliete un luogo e un momento adatto in cui non sarete né
interrotti né disturbati dalla gene, dalle telefonate o dal fumore. Rabbi
Nachman diceva che è preferibile riservare un posto particolare alla
meditazione, ma questo non sempre è possibile. Scegliete un posto, una sedia, o
una stanza dove potete essere soli, la notte, quando tutti gli altri dormono.
Rabbi nachman diceva che, quando il clima lo permette, i luoghi più adatti per
meditare sono la oresta, le colline o o campi. In realtà il luogo è poco
importante purché non siate interrotti. Potete meditare anche a letto, di
notte, se la vostra camera un luogo dove non siete disturbati; anche nachman ne
parla come di una possibilità alternativa valida. Un altro luogo ecellente è la
dinagoga quando è vuota.
Spesso la meditazione è associata alla posizione del loto,
ma non dobbiamo dimenticare che per gli orientali è normale sedersi in questa
posizione. Per gli occidentali invece il loro non solo è difficile da imparare,
ma all'inizio è una posizione particolarmente scomoda. In pratica va ugualmente
bene sedersi su una comoda sedia con lo schienale rigido.
In ogni caso questo ha poca importanza in relazione alla
meditazione ebraica che non prescrive alcuna posizione particolare. E' vero che
nei testi troviamo dei riferimenti alla posizione seduta, ma si tratta solo di
un consiglio. Si può scegliere qualsiasi posizine in cui stiamo comodi per un
periodo di tempo abbastanza lungo senza muoverci e senza essere presi dai
crampi.
Per meditare, sedetevi, chiudete gli occhi dolcemente e
rilassatevi completamente. Le mani possono poggiare sulla tavola o sulle
ginocchia, ma evitate di chiuderle a pugno o di incrociarle. Se desiderate
tenere le mani giunte, posatene una sull'altra.
Prima di iniziare a meditare , preparatevi e restate seduti
in silenzio nel luogo scelto al fine di abituarvi a quello spazio e sentirvi a
vostro agio. Cercate di rilassarvi completamente e di liberare la mente da ogni
influenza esterna. In questo periodo di preparazione, che dovrebbe durare da
cinque a dieci minuti, alcuni trovano che sia di aiuto canticchiare una melodia
rilassante.Sotto questo aspetto, il vantaggio di meditare sempre nello stesso
luogo è evidente, perché si finisce per associare il luogo scelto con la serenità
procurata dalla meditazione.
Nel giro di qualche giorno, la calma vi pervaderà nel
momento in cui vi sedete in quel luogo e questo rafforza il processo e facilita
i progressi.
Supponiamo che utilizziate ribbonò shel olam. Ripetetelo
continuamente, lentamente e sottovoce., La regola di meditazine dice che
dovrebbe essere detto senza sforzo quanto più sottovoce è possibile. Ma si può
anche sussurrarlo o vocalizzarlo a voce bassa, secondo la preferenza di ognuno.
Nella meditazione ebraica non ci sono regole rigide riguardo
ala covalizzazione del mantra. ALcuni trovano più facile mormorarlo ma si può
anche articolare le parole con l e labbra, senza emettere il suono. Non è
consigliabile invece, almeno per i principianti, ripeterlo solo mentalmente
perché i pensieri estranei possono sorgere più facilmente. Non è tanto
importante come ripetere il mantra, quanto ripeterlo per il tempo che avete
stabilito, che, come abbiamo già detto, generalmente va dai venti ai trenta
minuti. Se volete, potete usare un contaminuti silenzioso che vi segnali quando
il tempo è scaduto. Questo sistema è preferibile perché controllare l'orologio
distrae dalla meditazione. Potete però chiedere id avvertirvi anche a qualcuno
che è in casa. Uttavia dopo un po' di tempo lo saprete da soli quando è il
momento di interrompere.
All'inizio, mentre recitate il mantra, potete lasciare che
la mente vaghi liberamente. Se avete l'intima coscienza che ribbonò...
significa "padrone dell'universo" le parole stesse dirigeranno i
pensieri nella giusta direzione, qualunque essa sia. Un insegnamento chassidico
dice che c'è sempre una ragione per cui i pensieri emergono nella mente durante
la meditazione. E' istruttivo anche prestare attenzione alle immagini che
emergono nell'occhio della mente mentre state meditando a occhi chiusi. Con la
pratica, diventeranno sempre più chiare e diventerà sempre più facile
concentrarsi su di esse. Con il tempo, queste immagini diverranno così reali
che ne sarete stupiti.
E' importante però non prendere troppo sul serio queste
immagini. Può accadere infatti che siano di un realismo tale da sembrare delle
vere visioni. Il principiante può essere tentato di dar loro troppa importanza
e di credere, per esempo, di aver ricevuto il dono della profezia. E'
importante tenere presente che qualsiasi visione possiate avere non è
importante e che, eccetto che per persone estremamenteavanzate nella tecnica
della meditazione, si tratta di creazioni della mente e nient'altro.
Nella letteratura cabbalistica troviamo avvertimenti in tal
senso anche per coloro he hanno una lunga esperienza di meditazine: queste
visioni possono essere fallaci o venire dall'Altra Parte.
Si considera estremamente pericoloso e nocivo agire in
funzione delle immagini viste in stato di meditazione.
Muoversi durante la meditazione mantrica interrompe la
concentrazione e deve pertanto essere evitato. Per taluni tuttavia, nei primi
tempi, un ondeggiamento moto leggero e lento del tronco, di un centimetro circa
per parte, può favorire il rilassamento del corpo.
All'inizio, concentrandovi sulle visioni della mente, potete
lasciare che la vostra mente vaghi liberamente. Ma con il tempo dovete imparare
a lasciare che le parole del mantra pervadano completamente la vostra mente e
cancellino ogni altra sensazione. Questo comporta l'esclusione di ogni pensiero
dalla coscienza. Tutta l'attenzione deve essere concentrata sulle parole del
mantra, senza lasciar spazio per altri pensieri. Occorre allontanare dolcemente
i pensieri e cercare di concentrarsi si nuovo sul mantra.
Alcuni trovano più facile escludere i pensieri estranei
recitando molto lentamente il mantra e, come vedremo, la lentezza è la
caratteristica anche di altre forme di meditazione. Altri invece preferiscono
recitare il mantra rapidamente. L'importante è che ciascuno trovi il proprio
ritmo.
Una volta finita la meditazione restate seduti ancora per
circa 5 minuti per permettere al vostro spirito di assorbirne gli effetti.
Avete bisogno di tempo anche per ridiscendere prima di rientare nella routine
quotidiana.
Anche in questi momenti, che dovrebbero essere di intimità
con Dio. potete canticchiare una dolce melodia.
Se lo desiderate potete usare questi momenti per conversare
con Dio. Dopo la meditazione succede di sentirsi più vicini a Dio.
Alcune fonti suggeriscono di annusare spezie o profumi per
riprendere il contatto col mondo fisico, altre di fare una colazione molto
leggera dopo aver meditato perché, attraverso la berakhà, la benedizione sul
cibo, il nutrimento possa elevare tutto il corpo.
Mentre le scuole orientali considerano la meditazione
mantrica come un fine in sé, la tradizione ebraica sembra considerarla soprattutto una preparazione per
un'esperienza spirituale più profonda.
Il significato delle parole "Ribbonò shel Olam"
Mentre "Universo" viene dal latino “unus" e
"versus", cioè "volto in uno" e nel suo senso profano
l'univeso è percepito come il grande fattore unificantedella creazione, in
ebraico “olam" ("universo") significa
"dissimulazione". Nella visione ebraica l'universo è dunque ciò che
dissimula il divino. "Ribbonò shel olam" dice quindi che dissimulato
al di là del mondo c'è un signore.
La tecnica di controllo delle immagini
Un'importante tecnica della meditazione ebraica è quella di
imparare a controllare le immagini che ci appaiono quando chiudiamo gli occhi
per fissarle nell'occhio della mente.
Un modo semplice è chiudere gli occhi e cercare di
visualizzare ad es. la lettera A o quella Alef. Chiudete gli occhi e
rilassatevi, lasciando che le immagini nell'occhio della mente si rallentino.
Se avete già pratica della meditazione mantrica, potete utilizzarla per
rilassarvi. Le immagini diverranno pià facilmente controllabili dopo pochi
minuti. QUando il vostro campo visivo si è stabilizzato inizierete a
visualizzare la alef. IN precedenza potete anche contemplare una alef scritta
su un foglio per fissarne meglio l'immagine nella mente. Chiudete poi gli occhi
e tentate di visualizzare la letter.
Tentate divederla ad occhi chiusi esattamente come la
vedreste ad occhi aperti. All'inizio l'esercizio può rivelarsi molto difficile
perché le immagini dell'occhio della mente sono difficili da controlare e se
non lo avete mai fatto prima, la prima volta vi sarà praticamente impossibile.
Il nome dell'oggetto che cercate di visualizzare può esservi digrande aiuto.
Potete ad es. ripetere di tanto in tanto la parola
"alef" o ripeterla anche come se fosse un mantra. Questo non solo
rilassa il campo visivo, ma fissa la mente sulla lettera alef. La ripetiszione
mantrica della parola alef faciliterà l'apparizione della lettera nell'occhio
della mente.
La recita dell’Amidà
I primi santi recitavano la amidà a una parola ogni sette
secondi. Recitare tutta la amidà a questo ritmo presuppone una grande
padronanza delle tecniche di meditazione. Ma non è difficile tenere questo
ritmo per i primi cinque minuti (40 parole: l'inizio dell'amidà). Questo ritmo
ha come effetto di acquietare considerevolmente la mente che entra in uno stato
meditativo molto diverso da quelli procurati dalla normale meditazione mantrica
o dalla ocntemplazione poiché le parole recitate definiscono punto per punto la
meditazione.
Ci sono due modi fondamentali per ritmare la recitazione
delle parole. Potete dilatare ogni parola quanto più possibile e poi fermarvi
un attimo per compenetrarvi del suo significato oppure pronunciare normalmente
la paorola e poi aspettare settesecondi prima di diere la seguente.
Mentre state recitando una parola e durante il silenzio che
la segue, pensate solamente al suo significato.
Lasciate che le parole penetrino nella vostra interiorità;
apritevi per sentire e vedere il loro significato. Durante le pause ce le
separano, la mente fa silenzio in attesa della parola seguente e si vuota di
igni altro pensiero. Dopo aver recitato così la prima benedizione il resto
della amidà seguirà spontaneamente e non avrete alcuna difficoltà a dire tutta
la preghiera sentendovi vicini a Dio, liberi da ogni pensiero estraneo. Alcuni
trovano di grande aiuto associare la visulizzazione alla recitazione della
amidà. Per esempio una luce perfettamente bianca durante la prima benedizione;
o le lettere del tetragramma; o il nulla.
La tradizione (ebraica) insegna che ogni preghiera deve
essere composta da tre elementi: adorazoine, richiesta e ringraziamento,
presenti in questa sequenza. La Amidà rispetta questa struttura
Gli ebrei ortodossi seguono tre servizi quotidiani, in cui
pregano dio dicendo la tefillà: shachrit, mattino, minchà, pomeriggio, maariv o
arvit, sera.
Nelle feste e nel giorno di shabbat c'è anche il musaf
recitato la mattina dopo la lettura della Torà.
Si può utilizzare la prima parte della
Amidà ai fini della meditazione. L'ebraico è una lingua
investita d per sé di un'immensa carica spirituale. L'Amidà fu scritta circa
2500 anni fa dalla
Knesseth ha-ghedolà, la Grande Assemblea che riuniva le più
grandi personalità del popolo ebraico disperso da Nabucodonosor e che stabilì
anche il testo canonico della Bibbia.
Dal momento che la Amidà fu concepita come una preghiera di
meditazione bisogna ripeterla il più spesso possibile.
E' la ragione per la quale fu stabilito che si doveve
recitare tre volte al giorno. Come abbiamo già detto, una delle ragioni
dell'efficacia del mantra è che con la ripetizione incessante delle parole che
lo compongono la mente finisce per entrare in consonanza con esse. Si possono
allora recitare automaticamente, senza fare particolari sforzi pe concentrarsi.
La mente non pensa più a dire le parole, ma si lascia impregnare dal loro
significato. Lo stesso vale per la preghiera detta tutti i giorni. Non solo con
il tempo si imparano a memoria le parole, ma si impara anche a farlo
automaticamente.
Dopo aver recitato per anni la amidà tre volte al giorno, lo
si può fare veramente senza pensarci. Indubbiamente questo comporta il pericolo
che lam ente vada alla deriva e si allotani dalle parole, privando la preghiera
del suo significato. Molte persone che pregano tutti i giorni hanno infatti
difficoltà a concentrarsi su quello che stanno dicendo. Se pertanto nella amidà
si vede solo una preghiera, questo problema esiste, ma se la si considera un
mantra, l'automatismo naturale della recitazione si trasforma invece in un
vantaggio. Le parole agiscono allora come un mantra e, calmando la mente,
eliminano ogni pensiero estraneo.
Naturalmente questo non significa che non si debba pensare
alle parole della amidà, ma che la maniera in cui si pensa alle parole diventa
totalmente diversa. Invee di avere un approccio strettamente intellettuale, le
parole risuonano nella mente, come se inviassero il loro messaggio in maniera
non verbale.
La amidà deve essere recitata dall'inizio alla fine senza
interruzioni.
Alcuni maestri dicono che tutta la amidà dovrebbe essere
recitata a memoria
La amidà deve essee detta in ore stabilite.
Prima di ognuno dei tre servizi religiosi
è necessario lavarsi le mani
Per recitare la amidà è necessario essere vestiti
decentemente e gli uomini devono avere sulla testa il cappello o la kippà. Non
deve essere detta neppure in presenza di altre persone vestite non decentemente
né in un luogo dove ci sia cattivo odore. Idealmente, si deve evitar ogni
situaoine in cui si rischi di perdere la concentrazione.
La amidà va recitata con una precisa postura e verso una
precisa direzione.
Pronunciando certe parole dell'amidà si debbono fare certi
gesti. Inchinarsi contribuisce a farci immergere in uno stato meditativo.
Inchinandosi abbastanza rapidamente e raddrizzarsi molto lentamente, "come
un serpente" rallenta il ritmo del corpo e fa acquietare la mente, che di
conseguenza è più ricettiva alla meditazione.
Eccetto l'inchinarsi, occorre evitare ogni altro movimento.
Se non riuscite a restare completamente immobili, potre dondolarvi leggermente,
ma un dondolio eccessivo tende a nuocere alla concentrazione necessaria alla
meditazione.
E' altrettanto importante chiudere gli occhi, soprattutto
durante la prima benedizione, così da immergersi in uno stato meditativo
La amidà deve essere recitata con calma, a voce molto bassa
o sussurrando. La voce deve essere diretta più verso all'interno che verso
l'esterno.
I primi santi recitavano la amidà a una parola ogni sette
secondi. Recitare tutta la amidà a questo ritmo presuppone una grande
padronanza delle tecniche di meditazione. Ma non è difficile tenere questo
ritmo per i primi cinque minuti (40 parole: l'inizio dell'amidà). Questo ritmo
ha come effetto di acquietare considerevolmente la mente che entra in uno stato
meditativo molto diverso da quelli procurati dalla normale meditazione mantrica
o dalla ocntemplazione poiché le parole recitate definiscono punto per punto la
meditazione.
Ci sono due modi fondamentali per ritmare la recitazione
delle parole. Potete dilatare ogni parola quanto più possibile e poi fermarvi
un attimo per compenetrarvi del suo significato oppure pronunciare normalmente
la paorola e poi aspettare settesecondi prima di diere la seguente.
Mentre state recitando una parola e durante il silenzio che
la segue, pensate solamente al suo significato.
Lasciate che le parole penetrino nella vostra interiorità;
apritevi per sentire e vedere il loro significato. Durante le pause ce le
separano, la mente fa silenzio in attesa della parola seguente e si vuota di
igni altro pensiero. Dopo aver recitato così la prima benedizione il resto
della amidà seguirà spontaneamente e non avrete alcuna difficoltà a dire tutta
la preghiera sentendovi vicini a Dio, liberi da ogni pensiero estraneo. Alcuni
trovano di grande aiuto associare la visulizzazione alla recitazione della
amidà. Per esempio una luce perfettamente bianca durante la prima benedizione;
o le lettere del tetragramma; o il nulla.
Un'altra possibilità è concentrarsi sulle immagini spontanee
che scaturiscono dall'immaginario.
Col tempo si arriva a comprendere che la tecnica più potente
è quella di utilizzare le parola della amidà e nient'altro. QUando queste
compenetrano totalmente lo spirito si diventa impermeabili a ogni altro
pensiero. Le parole ci avvicinano a Dio e fanno sì che il nostro spirito si
riempia completamente del divino.
La amidà può farci sperimentare la spiritualità più profonda
Commento, parola per parola, della prima parte della Amidà
Quando proclamiamo che Dio è "benedetto" diciamo
che la sua presenza immanente è la fonte di tutte le benedizioni, il che
implica che è molto vicino a noi.
Quando diciamo che Dio è grande, dobbiamo concentrarci sui
concetti di grandezza e immensità. Pensiamo la cosa più grande che siamo in
grado di concepire, poi andiamo ancora oltre e cerchiamo di immaginare la
dimensione della terra e poi quella del sole, quella del sistema solare, della
nostra galassia, dell'universo intero. Poi riflettiamo sul fatto che tutto
questo è infinitamente piccolo paragonato alla grandezza di dio e che in
rapporto a lui l'universo intero è solo un granello di polvere.
Se non riuscite a pronunciare tutte le parole dell'Amidà
distanziate di sette secondi, fatelo almeno con le ultime 4 parole della prima
parte: "Re, Mano soccorrevole, Salvatore e Scudo".
La tradizione (ebraica) insegna che ogni preghiera deve
essere composta da tre elementi: adorazoine, richiesta e ringraziamento,
presenti in questa sequenza. La Amidà rispetta questa struttura.
La contemplazione visiva
● Il versetto può essere usato sia visualmente
che verbalmente
"Contemplazione visiva": ricopiato su
un foglio, deve essere fissato senza interruzioni e diventare il centro della
attenzione, escludendo tutto il resto, come se non esistesse nient'altro, e al
contempo i pensieri sono lasciati liberi di fluire liberamente.
A un livello più avanzato la contemplazione
visiva può servire per fare il vuoto nella mente, che sarà occupata unicamente
dal versetto. Ci si può concentrare anche su altri oggetti esterni: la
fiammella di una candela, un fiore, un quadro, una pietra o qualsiasi altra
cosa.
● La meditazione su un versetto (vedi) fatta
concentrandosi completamente su un versetto scritto è una contemplazione o
meditazione visiva.
● Forse la "Contemplazione di un
oggetto" non è altro che la “Contemplazione visiva".
● Essa può essere strutturata o no. Il modo più
semplice consiste nel fissare l'oggetto e lasciar vagare i pensieri. Si tratta
di una meditazione non strutturata. Si tratta in questo caso di una meditazione
non strutturata. Tuttavia se usate questo metodo per coinvolgere totalmente la vostra
mente e cacciare ogni altro pensiero, allora imponete una struttura alla
meditazione.
● Quando contemplate un oggetto, lo guardate
osservando i minimi particolari. Via via che passa il tempo, i dettagli più
insignificanti diventano importanti. La visione dell'oggetto si fa sempre più
profonda, cercherete di penetrarne l'essenza e cancellerete dalla mente ogni
altro pensiero. Al di là dell'essenza dell'oggetto, potrete cercare di vedere
il divino nell'oggetto ed usarlo come trampolino per raggiungere Dio
La contemplazione di un oggetto
Vedi anche la parte “Esperienze e realizzazioni tipiche di
uno stato meditativo", “Concentrazione totale” (esempio della rosa)
Metodo 1: fare silenzio nella parte della mente non
interessata dalla contemplazione
Metodo 2: focalizzare la parte più vasta possibile della
mente sull'esperienza
La meditazione hithbonenuth
La hithbonenuth è la "comprensione di sé": un tipo
di meditazione in cui si utilizza la meditazione su oggetti esterni, sulla
creazione, per comprendere la propria posizione alla luce della e nella
creazione
La meditazione hitbonenuth può prendere qualsiasi cosa come
oggetto di contemplazione: una pietra, una foglia, un fiore, un'idea. Lasciate
che l'oggetto riempia il vostro spirito e utilizzatelo come mezzo per il
raggiungimento della conoscenza di sé. Esso diventa una specie di apscchio in
cui ci vediamo riflessi alla luce della vera Realtà. Usando questo specchio si
può vedere il Divino che è in noi. Forse si tratta dello "specchio di
profezia", aspaklaria, di cui parla il Talmud. Chi si vede in questo
specchio e scopre il divino che è in lui entra in comunicazione con Dio.
La contemplazione in generale
Un'altra forma semplice di meditazione è la contemplazione.
Vi abbiamo fatto già cenno parlando dell'hithbonenuth. E' un metodo eccellente
di iniziazione alla meditazione, poiché non richiede nessuna esperienza
precedente e neppure la conoscenza dell'ebraico o dell'ebraismo. Basta sedersi,
concentrarsi su un oggetto, una parola o un'idea e lasciare che l'oggetto della
contemplazione pervada la nostra mente. La tecnica è simile a quella della meditazione
mantrica, solo che si tratta di un'esperienza visiva e non verbale.
La semplice contemplazione consiste nel fissare un oggetto
per un periodo di tempo determinato. Come in tutte le forme di meditazione, ci
si deve mettere in una posizione comoda. Non è necessario cercare di impedirsi
di sbattere le palpebre poiché potrebbe essere una causa di disagio. Nel
guardare l'oggetto di contemplazione si deve essere il più rilassati possibile.
Si può scegliere praticamente qualsiasi oggetto: una pietra,
una foglia, un fiore o la pagina di un libro. Sono invece da evitare le
immagini, i quadri o le statue perché in questo caso la contemplazoine può
rischiare di essere qualcosa di molto vicino all'idolatria. Se lo desiderate
potete scegliere un oggetto diverso ogni volta, ma allora gli effetti non sono
cumulativi: è preferibile usare lo stesso oggetto per trenta-quaranta giorni.
L'oggetto è solo un supporto, e non è importante in sé.
Bisogna fare attenzione a non trasformarlo in oggetto di devozione, anche
allorché si prende coscienza della presenza divina nell'oggetto. Per evitare
questi pericoli è meglio scegliere oggetti menzionati nella letteratura ebraica
classica.
Parecchi oggetti sono menzionati nella letteratura ebraica,
specie cabbalistica.
Come per la meditazione mantrica, sedetevi tranquillamente
nel luogo che avete scelto e prendete familiarità con lo spazio che vi
circonda. La meditazione deve durare dai venti ai trenta minuti. Quando avrete
terminato, restate seduti ancora per cinque o dieci minuti per assorbire gli
effetti della meditazione.
La visualizzazione è un'iniziazione eccellente a questa
tecnica [q: o volevasi dire il contrario?] perché quando si è imparato a
guardare correttamente un oggetto, si può poi imparare a ontrollare la visione.
La contemplazione incide l'immagine dell'oggetto nell'immaginario da cui noi
possiamo poi evocarlo senza che sia necessaria la sua presenza reale.
Meditazione non strutturata: fissate l'oggetto e lasciate
che la vostra mente vaghi liberamente. La contemplazione focalizza la mente, ma
il pensiero resta lbero. Potete pensare a come riorganizzare la vostra
esistenza, al senso della vita o a qualunque altra cosa importante per voi. Più
che essere il fine della vostra meditazione, la contemplazione è un accessorio
che facilita una meditazione non strutturata.
Con l'esperienza si impara a riempire la mente con
l'immagine dell'oggetto contemplato e a escludere ogni altro pensiero. Il modo
di allontanare i pensieri è lo stesso che nella meditaizone mantrica: quando un
pensiero emerge nella vostra mente, allontanatelo dolcemente e concenratevi
conmpletamente sull'oggetto della contemplazione. All'inizio è necessario fare
uno sforzo cosciente per libeare la mente, ma dopo un certo tempo, l'oggetto
contemplato iventa il cnetro dell'attenzione e tutto il resto sembra svanire.
L'esperienza di guardare l'oggeto assume una intensità sconosciuta è come se
nel mondo non esistesse nient'altro oltre a voi e l'oggetto della
contemplazione. Quando si ragginge questo stadio, ogni dettaglio dell'oggetto
assume importanza n e stesso. Se, per esempio, si contempla una foglia, ogni
nervatura diventa significativa. Si scoprono strutturee armonie che non avevamo
notato e ogni dettaglio si incide profondamente nella nostra coscienza.
La contemplazione delle stelle
Lo zohar consiglia le stelle indicando un versetto di Isaia:
"Levate i vostri occhi in alto e guardate: chi ha creato tutto questo? Chi
fa uscire una per una, numerandole, le schiere celesti, chiamando ciascuna con
il suo nome, sicché nessuna ne manchi?".
Guardare le stelle (o qualsiasi altra cosa) e domandarsi chi
ne è l'autore fa trovare Dio.
La contemplazione delle stelle va unita al vuoto mentale e
praticata nella forma della meditazione. "Ribbonò shel olàm" può
aiutare ad eliminare i pensieri estranei
La contemplazione della fiamma
Lo Zohar menziona la ocntemplazoine di una candela o una
lampada a olio. Molti sistemi di meditazione utilizzano la candela ma nele
fonti ebraiche viene preferita una piccola lampada a olio d'oliva con lo
stoppino di lino. Questa lampada ricorda il grande candelabro (menorò) che era
nel tempio di gerusalemme eche d'altronde dserviva probabilmente come oggetto
di contemplazione. L'olio di oliva produce una fiamma particolarmente bianca,
che attira la contemplazione.
Naturalmente se non aveta una lampada a olio potete
utilizzare una candela perché quello che è fondamentale è la fiamma.
E' necessario porsi in una stanza oscura in cui la candela
sia la sola fonte di luce presente e sia posta in modo tale che non illumini i
muri. Utilizzerete la tecnica contemplativa abituale per lasiare che la fiamma
pervada la mente. Prenderete allora coscienza dei suoi colori: il bianco, il
giallo e il rosso. Ogni colore e le sue sfumature assumeranno significato e prenderete
coscienza del calore e dell'energia emanati dalla fiamma. Arriverete ad un
livello in cui è possibile vedere concretamente queste energie astratte. La
tappa successiva consiste nel concnetrarsi sull'osurità che circonda la fiamma.
Il nero della stanza sarà allora profondo e palpabile. Lo percepirete come una
specie di nero vellutato da cui si irradiano le tenebre, analogo alla “lampada
di tenebre". Quando la meditazione si fa pià profonda, si comincia a
scoprire un alone azzurro.
Intorno al buio che si estende fino a una certa distanza
dalla fiamma, vedrete un azzurro purissimo e di una bellezza incomparabile.
Secondo lo
Zohar questo azzurro è una rivelazione spirituale. Si dice
che sia possibile avere visioni all'interno dell'alone azzurro: forse il "pavimento
di zaffiro o il trono di zaffiro di famose visioni bibliche allude a questo.
L'azzurro è pertanto associato alla profezia e alle visioni
Nei testi cabbalistici questo azzurro è visto col
"terzo occhio", mentale o spirituale.
La maditazione sulla fiamma è importante perché ci fa
conoscere il "fuoco nero", che ha un ruolo fondamentale anche in
altre forme di meditazione ebraica. Inoltre si impara a vedere, oltre che la
fiamma azzurra, l'aura (tzelem) in generale: una aureola azzurra che compare
intorno ale persone e agli oggetti. Si può iniziare contemplando la propria
mano davanti a un muro bianco o un cielo azzurro. SI percepirà una zona di
colore diversa sia dall'oggetto che dallo sfondo. L'aura si può leggere per
ricavarne ad es. informazioni sul livello spirituale di una persona.
La letteratura dello Zohar insegna che quando si contempla
la fiamma di una candela o di una lampada a olio, dobbiamo prendere coscienza
dei suoi cinque colori: il bianco, il giallo, il rosso, il nero e l'azurro.
Questi cnque colori si vedono qando si ragginge una contemplazoine prodfonda
della fiamma.
A un livello intellettuale questo è poco comprensibile: il
nero può essere visto solo come assenza di fiamma e l'azzurro non è normalmente
presente "all'esterno" (dove lo Zohar dice si veda) della fiamma di
una lampada o candela. Ma lo Zohar dice che l'azzurro che si vede in tal modo
rappresenta la Shekhinà, la Presenza Divina.
La meditazione contemplativa sul colore
azzurro
La frangia dello scialle da preghiera era tinta di azzurro
con tintura di porpora, estratta dal mollusco. Il talmud ne fa oggetto di
meditazione contemplativa: "la frangia è azzurra; l'azzurro è il colore
del mare; il mare è il colore del cielo; e il cielo è il coloredel trono di
gloria".
Dapprima si lascia la mente riempirsi del colore del filo
dello scialle, e poi si medita sulle associazioni proposte dal testo
La contemplazione del Tetragramma e
altri tipi di contemplazioni
E' un'altra forma di contemplazione relativamente semplice e
diretta e fornisce un legame diretto col divino.
E' proibito pronunciare il tetragramma in qualsiasi modo.
Scrivere il nome du un foglio visibile e utilizzarlo come
qualsiasi altro oggetto di contemplazione.
La contemplazione del tetragrammaton può essere accompagnata
dal mantra "ribbonò..." che è di grande aito
Affinché questo tipo di meditazione esprima il suo pieno
significato, è necessario conoscere il simbolismo delle quattro lettere che
formano il nome di Dio, e cioè uod, he, vav, he.
Simbolismo delle quattro lettere che formano il nome di Dio.
Il nero dell'inchiostro e il bianco della carta si fanno più
intensi, fino a che si vedrà il nome scritto con “fuoco nero su fuoco
bianco". Dopo un certo periodo di pratica di questo tipo di meditazione,
il "fuoco" comincia a "marchiare" il nome di Dio nella
mente, cosicché diventa facile visualizzarlo senza aver bisognodi vederlo
scritto sul foglio di carta. Si utilizza allora il metodo della visualizazione
un'altra tecnica importante della meditazione ebraica.
Un esercizio di visualizzazioine del tetragramma è
menzionato anche nello shulchan arukh, il codice tradizionale della legge ebraica. Questo
metodo serve anche come introduzione a tutta una serie di altre tecniche più
avanzate descritte nella Cabbalà. Secondo alcuni testi ebraici si fa
riferimento a questo tipo di meditazione nel versetto dei salmi
"costantemente ho posto YHVH davanti ai miei occhi (salmi, 16:8). Questo
tipo di visualizzazione è utile anche durante la preghiera.
Anche in questo caso potete utilizzare la contemplazione
come introdurzione alla visualizzazione. Se avete difficoltà a visualizzare il
Tetragramma, dovrete contemplarlo per molti giorni di seguito, scritto su un
foglio di carta. Potrete dediare la prima parte della meditazione a contemplare
il nome e la seconda parte a cercare di
visualizzarlo ad occhi chiusi. COn l'esercizio riuscirete infine a
visualizzarlo senza dover utilizzare l'immagine scritta.
Quando sarete in grado di visualizzare il nome, potrete
utilizare l'esercizio per praticare lo yichud molto semplice che è descritto
nel capitolo precedente (segue la descrizione di questo Yichud)
Il nome di Dio è una parola che parla della sua essenza e
della sua relazione con la creazione, un mezzo importante per focalizzre la
nostra coscienza di dio.
Numerosi testi cabbalistici parlano di yichudim o
"unificazioni". Nella maggior parte dei casi, il metodo di
meditazione degli yichudim consiste nell'immaginare vari nomi di dio e di
manipolarne le lettere. Ma si tratta di un metodo molto avanzato e richiede la
conoscenza della Cabbalà.
Combinazione di meditazione e
contemplazione
Unione di contemplazione e meditazione
Contemplazione e meditazione potrebbero essere praticate
entrambe. Se si è imparato a concentrarsi con la meditazione mantrica, si può
applicare questa tecnica per amplificare la propria capacità di contemplazione.
In effetti è molto facile riempire la mente con un'immagine quando, attraverso
la meditazione mantrica, si è raggiungo uno stato di coscienza superiore. In
questo caso la meditazione mantrica può essere considerata un'eccellente
introduzione alla contemplazione. Ad esempio, poiché il mantra "Ribbonò
shel olam" dice che dissimulato al di là del mondo c'è un signore, quando
si associa la ripetizione del mantra "ribbonò shel olam" alla
contemplazine di un oggetto fisico, si può cominciare a vedere il divino
nascosto nell'oggetto e l'oggetto stesso diviene n ponte tra il sé e dio.
L'oggetto diventa allora un mezzo attraverso cui si può compiere l'esperienza
di Dio
Quando si associa la ripetizione del mantra "ribbonò
shel olam" alla contemplazine di un oggetto fisico, si può cominciare a
vedere il divino nascosto nell'oggetto e l'oggetto stesso diviene n ponte tra
il sé e dio. L'oggetto diventa allora un mezzo attraverso cui si può compiere
l'esperienza di Dio.
Esistono altri modi per combinare mantra e contemplazione.
Si può contemplare la bellezza di un fiore associando alla contemplazione del
fiore la ripetizione della parola "bellezza". Se si comprende che il
divino nel fiore è la fonte della sua belleza, allora la belleza diventa ance
un tramite di unione con dio. Si può contemplare la propria mano ripetendo la
parola "forza": la forza della mano cessa di essere un concetto
astratto e diviene visibile; possiamo anche dire che riusciamo in modo
indicibile a vedere un concetto astratto.
La contemplazione del tetragrammaton può essere accompagnata
dal mantra "ribbonò..." che è di grande aito
La
visualizzazione
Come vedremo, questa tecnica può costituire di per sé una
forma di meditazione
Esiste un altro modo per cercare di controllare la mente:
cercare di controllare le immagini mentali che si presentano
caleidoscopicamente alla mente. La "visualizzazione" è una tecnica di
meditazione che consiste nell'evocare un'immagine nella mente e tentare di
mantenervela fissa. Nella meditazione ebraica questa tecnica è conosciuta come
l'"incidere". L'immagine è fissata nella mente come se vi fosse
incisa, così che possiamo guardarla con l'occhio della mente tanto a lungo
quanto vogliamo. Ma questa tecnica richiede una disciplina rigorosa.
Dopo la chiusura degli occhi, col rilassamento, i lucori si
dissolvono in immagini caleidoscopiche. Una immagine sfoca in un'altra. E'
quasi impossibile concentrarsi su queste immagini: spariscono nel momento in
cui si tenta di coglierle. Ora cercate di controllarle visualizzando nella
vostra immaginazione la lettera A. Non riuscirete a fissarla che qualche
istante, a meno che non pratichiate questa tecnica già da qualche tempo.
Praticando la visualizzazione ci si rende presto conto che
immagini mentali continuano ad apparire dinanzi agli occhi aperti come facevano
dinanzi agli occhi chiusi, solo che per la loro tenuità in confronto con le
percezioni del mondo esterno, non ce ne rendiamo conto.
Cominciate col rilassarvi completamente.
Poi chiudete gli occhi. All'inizio nell'occhio della mente
vedrete lucori e immagini che si muovono in rapida successione, ma dopo uno o
due minuti, queste immagini inizieranno a fondersi come in un caleidoscopio.
Coll'aumentare del grado di rilassamento, le immagini
muteranno sempre più lentamente e alla fine si fisseranno nell'occhio della
mente abbastanza a lungo perché possiate metterle a fuoco. Concentratevi sulle
immagini, e se altri pensieri fanno irruzione nella vostra mente,
allontanateli. Tentate di mantenere la concentrazione esclusivamente sulle
immagini che emergono nell'occhio della mente. Vi renderete conto che
gradualmente sarete in grado di trattenere una immagine per un certo tempo. Le
prime volte che fate questo esercizio, che deve durare almeno venti o trenta
minuti, cercate di concentrarvi e di rilassarvi sulle immagini dell'occhio
della mente. La vostra capacità di trattenere le immagini aumenterà
gradualmente. Se a questo punto si recita il mantra prestando attenzione alle
immagini che si formano nella propria mente, esse dovrebbero diventare sempre
più vivide via via che il vostro spirito si acquieta e persistere sempre più a
lungo. Vi può capitare di vedere immagini bellissime, a voltè così fantastiche
da lasciarvi stupefatti. Le visioni dell'occhio dela mente costituiscono uno
dei rari indicatori oggettivi dello stato di meditazione. Esistono anche altri
indicatori che segnalano che una persona è in grado di controllare i propri
processi mentali.
Le visioni dell'occhio dela mente costituiscono uno dei rari
indicatori oggettivi dello stato di meditazione.
Esistono anche altri indicatori che segnalano che una
persona è in grado di controllare i propri processi mentali.
Dal momento che si tratta di un esperimento, non è
consigliabile andare troppo lontano in questa direzione senza aver pianificato
un corso di meditazione. Questo tipo di esperienza mostra tuttavia molto bene
che uno stato di coscienza superiore accresce considerevolmente la capacità di
formare immagini mentali e di concentrarsi su di esse...Come vedremo, questa
tecnica può costituire di per sé una forma di meditazione.
|Quando avrete fatto abbastanza progressi sulla via della
meditazione ed avrete imparato a concentrarvi, il che può richiedere settimane
o anche mesi, imparerete a controllare le visioni dell'occhio della mente.
Potrte allora fare apparire un'imagine e osservarla per quanto tempo
desiderate. Come vedremo, questa tecnica può costituire di per sé una forma di
meditazione.
A poco a poco imparerete a evocare visualizzazioin sempre
più complesse. All'inizio queste visualizzazioni mentali sono semplici:
lettere, oggetti, luoghi, persone. Quello che vediamo non è molto diverso da
quello che percepiamo con la vista, per quanto sia necessaria un'esperienza
considerevole per essere in grado di formare immagini mentali concrete e
palpabili come quelle reali. Con l'esercizio, queste immagini diventano più
reali di quelle che vediamo con gli occhi.
Quanto più si progredisce nel controllo della mente, tanto
più aumenta il controllo su ciò che si vede con l'occhio della mente. Quando
una persona diventa esperta nella visualizzazione, è capace di vedere con
l'occhio della mente quello che non può vedere con la vista, come ad es. la
"lampada di tenebre" (Un'importante tecnica della meditazione ebraica
è quella di imparare a controllare le immagini che ci appaiono quando chiudiamo
gli occhi per fissarle nell'occhio della mente.
Un modo semplice è chiudere gli occhi e cercare di
visualizzare ad es. la lettera A o quella Alef. Chiudete gli occhi e
rilassatevi, lasciando che le immagini nell'occhio della mente si rallentino.
Se avete già pratica della meditazione mantrica, potete tilizarla per
rilassarvi. Le immagini diverranno pià facilmente controllabili dopo pochi
minuti. QUando il vostro campo visivo si è stabilizzato inizierete a
visualizzare la alef. IN precedenza potete anche contemplare una alef scritta
su un foglio per fissarne meglio l'immagine nella mente. Chiudete poi gli occhi
e tentate di visualizzare la letter.
Tentate divederla ad occhi chiusi esattamente come la
vedreste ad occhi aperti. All'inizio l'esercizio può rivelarsi molto difficile
perché le immagini dell'occhio della mente sono difficili da controlare e se
non lo avete mai fatto prima, la prima volta vi sarà praticamente impossibile.
Il nome dell'oggetto che cercate di visualizzare può esservi digrande aiuto.
Potete ad es. ripetere di tanto in tanto la parola
"alef" o ripeterla anche come se fosse un mantra. QUesto non solo
rilassa il campo visivo, ma fissa la mente sulla lettera alef. La ripetiszione
mantrica della parola alef faciliterà l'apparizione della lettera nell'occhio
della mente.
Combinazione di visualizzazione e
contemplazione: La contemplazione del tetragramma
Nella meditazione del tetragramma, il nero dell'inchiostro e
il bianco della carta si fanno più intensi, fino a che si vedrà il nome scritto
con "fuoco nero su fuoco bianco". Dopo un certo periodo di pratica di
questo tipo di meditazione, il "fuoco" comincia a "marchiare"
il nome di Dio nella mente, cosicché diventa facile visualizzarlo senza aver
bisognodi vederlo scritto sul foglio di carta. Si utilizza allora il metodo
della visualizazione un'altra tecnica importante della meditazione ebraica.
Anche in questo caso potete utilizzare la contemplazione
come introdurzione alla visualizzazione. Se avete difficoltà a visualizzare il
Tetragramma, dovrete contemplarlo per molti giorni di seguito, scritto su un
foglio di carta. Potrete dediare la prima parte della meditazione a contemplare
il nome e la seconda parte a cercare di
visualizzarlo ad occhi chiusi. COn l'esercizio riuscirete infine a
visualizzarlo senza dover utilizzare l'immagine scritta.
Quando sarete in grado di visualizzare il nome, potrete
utilizare l'esercizio per praticare lo yichud molto semplice che è descritto
nel capitolo precedente (segue la descrizione di questo Yichud)
Combinazione di visualizzazione e
contemplazione; La contemplazione dell'Alef
Un altro modo per facilitare l'esercizio della visualizzazione
consiste nell'iniziare con una meditazione contemplativa. Se desiderate
visualizzare la alef, iniziate con il contemplare per circa venti minuti, per
alcuni giorni, la lettera scritta su un foglio. Fisserete così la sua immagine
nell avostra mente e vi sarà molto più facile farla apparire nel vostro campo
visivo quando avete gli occhi chiusi.
Se il mantra e la contemplazoine non danno risultati,
dividete l'esercizio in due parti: nella prima userate la contemplazione, nella
seconda la visualizzazione. Riservate il primo quarto d'ora alla contemplazione
ad occhi aperti della alef e passate poi l'altro quarto d'ora a tentare di
visualizzarla ad occhi chiusi
Un'importante tecnica della meditazione ebraica è quella di
imparare a controllare le immagini che ci appaiono quando chiudiamo gli occhi
per fissarle nell'occhio della mente.
Un modo semplice è chiudere gli occhi e cercare di
visualizzare ad es. la lettera A o quella Alef. Chiudete gli occhi e
rilassatevi, lasciando che le immagini nell'occhio della mente si rallentino.
Se avete già pratica della meditazione mantrica, potete tilizarla per
rilassarvi. Le immagini diverranno pià facilmente controllabili dopo pochi
minuti. QUando il vostro campo visivo si è stabilizzato inizierete a
visualizzare la alef. IN precedenza potete anche contemplare una alef scritta
su un foglio per fissarne meglio l'immagine nella mente. Chiudete poi gli occhi
e tentate di visualizzare la letter. T>entate divederla ad occhi chiusi
esattamente come la vedreste ad occhi aperti. All'inizio l'esercizio può
rivelarsi molto difficile perché le immagini dell'occhio della mente sono
difficili da controlare e se non lo avete mai fatto prima, la prima volta vi
sarà praticamente impossibile. Il nome dell'oggetto che cercate di visualizzare
può esservi digrande aiuto. Potete ad es. ripetere di tanto in tanto la parola
"alef" o ripeterla anche come se fosse un mantra. QUesto non solo
rilassa il campo visivo, ma fissa la mente sulla lettera alef. La ripetiszione
mantrica della parola alef faciliterà l'apparizione della lettera nell'occhio
della mente.
Un altro modo per facilitare l'esercizio della
visualizzazione consiste nell'iniziare con una meditazione contemplativa. Se
desiderate visualizzare la alef, iniziate con il contemplare per circa venti
minuti, per alcuni giorni, la lettera scritta su un foglio. Fisserete così la
sua immagine nell avostra mente e vi sarà molto più facile farla apparire nel
vostro campo visivo quando avete gli occhi chiusi.
Se il mantra e la contemplazoine non danno risultati,
dividete l'esercizio in due parti: nella prima userate la contemplazione, nella
seconda la visualizzazione. Riservate il primo quarto d'ora alla contemplazione
ad occhi aperti della alef e passate poi l'altro quarto d'ora a tentare di
visualizzarla ad occhi chiusi
I risultati variano da persona a persona.
Alcuni vi riescono subito, mentre altri devono lavorare per
settimane per riuscire a mentenere fissa l'immagine almeno per qualche secondo.
Tuttavia con la pazienza e la perseveranza ci possono riuscire praticamente
tutti.
Come ogni altra immagine, essa tende a dissolversi in altre
immagini, ma con il tempo si finisce per acquisire la capacità di mantenere
fissa sempre più a lungo un'imagine chiara, e questo è il segno di un progresso
significativo nel controllo dei processi mentali.
Questa capacità di fissare un'immagine nell'occhio ella
mente è descritta ampliamente nei testi cabbalistici che parlano della
meditazione. Il sefer yetzirah menziona due metodi di rappresentazione mentale
delle lettere: la chakikà, l'"incisione", e la “chatzivà", il
"taglio"; ambedue sono tecniche importanti per chi desidera
visualizzare le lettere. Come abbiamo già visto nel capitolo precedente,
le lettere del0'alfabeto ebraico sono
viste come canali delle forze dela creazione e costituiscono un mezzo
esrremamente efficace per attrarre l'energia spirituale.
L'"incisione" eil "taglio" sono comunque utili anche
performe meno esoteriche di meditazione. L'"incisione" consistenel
fissare un'immagine nella mente in modo che non ondeggi né si muova. L'immagine
“incisa" resta nella mente anche quando emergono altre immagini, proprio
come se vi fosse incisa. Una volta che si acquisisce questa tecnica, si è in
grado di visualizzare l'immagine voluta fino dall'inizio della meditazione,
come per riflesso.
Anche se l'immagine è chiara e stabile, “incisa nella
mente", generalmente è circondata da altre immagini e la tappa seguente
consiste nell'isolarla. Se, per esempio, volete visualizzare la lettera alef,
dovete cercare di allontanare ogni altra immagine che emerge nell'occhio della
mente. Questo procedimento è conosciuto con il nome di chatzivà, il
"taglio", in analogia con la pietra che viene tagliata nella roccia.
Il processo consistenell'ndividuare la pietra desiderata e poi separarla dalle
altre. Si tratta di attuare lo stesso procedimento a livello menale: eliminare
tutte le immagini estranee che circondano quella desiderata.
Esistono parecchi modi di "tagliar via" le
immagini estranee. Una di queste consiste nel rimpiazare ogni immagine, eccetto
la alef, con il bianco puro. Concentratevi sulla alef e lasciate che pervada
tutta la vostra mente. Poi, gradualmente, "tagliate via" tutte le
immagini che circondano la alef e sostituitele con il fuoco bianco.
Immaginate che questo fuoco bruci tutte le altre immagini.
Iniziate con una fiammellina sopra la alef e immaginate che bruci una piccola
parte delle immagini estranee. Lasciate poi che la fiammella si espanda sempre
di più intorno alla alef e consumi le altre immagini. Alla fine resterà solo la
lettera alef, scrita con fuoco nero su fuoco bianco.
In generale, unatecnica di visualizzazione come questa è
molto valida e può essere usata in altre forme di meditazione ebraica.
Una volta acquisita la capacità di visualizzazione, esistono
altri metodi ancona più avanzati: immaginare che il cielo si apra e di
attraversare i sette firmamenti fino al più elevato su cui si visualizza il
tetragramma in varie modalità. Questi ultimi esercizi possono portare a livelli
spirituali molto elevati e bisogna stare attenti a non prenderli alla leggera.
Nella fonti originali è scritto he prima di cimentarsi con queste tecniche è
necessario dedicare una giornata intera a prepararsi, recitando i salmi e
studiando la Torà. Prima di cominciare la meditazione, ci si deve purificare
fisicamente e spiritualmente con un bagno nel mikvé (il bagno rituale) o in un
corso d'acqua. SI raccomanda di vestirsi di bianco. E' una visualizzazione
pericolosa, che richiede un maestro molto esperto o almeno un compagno di meditazione.
Il Baal Shem Tov raccomanda del resto di avere un compagno
in tutti i tipi di meditazione avanzata che, in caso di necessità, aiuti
l'altro a ritornare nel mondo reale.
La visualizzazione è molto utile perché serve a controllare
le visioni che accade spesso di avere nelle forme più profonde di meditazione,
e che è consigliabile cacciare, anche sostituendole col tetragramma.
Quando si è imparato a controllare le immagini mentali, il
rischio di veder apparire false visioni è molto meno grande. La meditazione
diventa totalmente pura e non è turbata da manifestazioni secondarie senza
importanza.
La visualizzazione del nulla
Ad un livello molto alto di meditazione può essere
visualizzato anche il nulla. Il nulla è in realtà al di là di immagini come il
buio o il vuoto: è assenza di ogni cosa, anche del buio e del vuoto. Se volete
sapere a cosa somiglia il nulla, pensate a quello che vedete dietro la vostra
testa (alcune tecniche consigliano di pensare a cosa si vede dentro la testa).
E' possibile trasferire questa percezione, durante la meditazione, nell'occhio
della mente. Ci sono esperienze così sottili che possono essere offuscate
perfino dalla visualizzazione del buio o del vuoto; lo spirito è invece aperto
alle influenze più evanescenti quando è pervaso dall'esperienza del nulla. Una
di queste esperienze è quella della spiritualità pura, quando il nulla viene
riempito da ciò che proviene dall'En
Sof, l'Infinito.
La visualizzazoine del nulla è molto avanzata e
assolutamente non adatta per i principianti. Va praticata sotto la guida di un
maestro spirituale e mai da soli. Se l'autore ne parla è perché è molto vicina
al metodo della visualizzazione ed è importante per poter comprendere certi
aspetti della meditazione e del misticismo ebraico.
C'è il rischio di essere inghiottiti dal nulla e di non
essere capaci di riemergere. E' pertanto necessario avere sempre un compagno o
un maestro spirituale che possa richiamarci alla realtà oggettiva
Possono essere necessari anni per imparare a visualizzare
veramente il nulla. Non è una disciplina facile, ma una volta acquisita, è uno
strumento molto potente per la visualizzazione. Il nulla è la più pura delle
immagni che sia possibile rappresentare mentalmente.
Uno spazio nero e vuoto non è il nulla.
La visualizzazione successiva èuno spazio vuoto e
trasparente, senza alcun colore di fondo.
Per riuscire a visualizzare il nulla si deve tentare di
contemplare ciò che è dietro la testa o, secondo altri testi, nella testa.
La visualizzazione del nulla è utilizzata negli esercizi più
avanzati di meditazione. Se si visualizza il nulla e contemporaneamente si fa
il vuoto mentale, la mente torna vergine, un vuoto assoluto perfettamente
sensibile, aperto alle esperienza più sublimi. Questa pertanto è una tecnica
molto importante per sperimentare la spiritualità pura. A questo livello i
minimi pensieri sono così amplificati che provocano veri terremoti. E' quindi
necessario farli tacere: forse è questo il vento di tempesta o "spirito
tempestoso" che deve dapprima affrontare Ezechiele.
Quando il profeta cerca di elevarsi ancora oltre si trova di
fronte ad una cortina di nuvole: ottundimento e ciusura del pensiero, opacità
dello spirito che impedisce di vedere o di sentire qualsiasi cosa. L'ultima
barriera è il "fuoco che si sprigiona" e rappresenta l'ammirazoine e
il timore che il profeta prova la prima volta che penetra nel regno della
spiritualità. IN tutta la bibbia il fuoco è la metafora della vergogna e del
timore.
La meditazione sul nulla può aprire le porte della profezia.
La meditazione sul nulla serve a capire qual è il proprio
vero sé: che non è il corpo, né la mente, né l'anima, ma il nulla in ciascuno
di noi.
Una tecnica descritta nella letteratura cabbalistica
consiste nel "ritagliare" le lettere "YHVH" sostituendo la
carta col nulla.
Una tecnica ancora più avanzata consiste nel vedere le
lettere del tetragramma dietro il nulla.
Conversazione con Dio
La conversazione orale con Dio a voce alta, il parlare a Dio
a voce alta, è un'antica pratica ebraica, documentata in numerosi testi
importanti. Si tratta di una meditazione verbale, rivolta all'interiorità e non
strutturata
E' il metodo che comporta meno rischi.
Comunque molti pensano che sia tra le meditazioni ebraiche
più efficaci.
Ci si può rivolgere a Dio con la preghiera o con la
meditazione. Si potrebbe pensare che il confine tra preghiera e meditazione è
molto labile, esiste invece una differenza importante. Quando parliamo a Dio
perché ci sentiamo spinti a farlo è preghiera. Quando invece si tratta di una pratica
regolare e ogni giorno un periodo del proprio tempo è riservato alla
conversazione con Dio allora è meditazione. Come abbiamo già visto, la
meditazione consiste nel pensare in modo controllato per cui una riflessione
che si esprime sotto forma di conversazione con Dio è comunque un'esperienza di
meditazione. E' in quest'ottica che Rabbi Nachman prescrive di riservare ogni
giorno un periodo di tempo fisso per parlare con Dio, in particolare raccomanda
di dedicarvi circa un'ora ogni sera. Nella società in cui viviamo, per molti è
più facile limitare la conversazione a venti-trenta minuti. L'essenziale è di
praticare l'esercizio tutti i giorni, alla stessa ora.
Rabbi Nachman dice che se si persevera abbastanza a lungo,si
finisce per trovare qualcosa da dirgli, e se la difficoltà permane, raccomanda
di iniziare la conversazione ripetendo la frase "Padrone
dell'universo". Quando si ripete questa frase si deve pensare che ci
stiamo rivolgendo a Dio e i pensieri finiranno per aprirsi e si troveranon
altri modi per esprimersi.
Se non si riesce neanche col mantra,
Rabbi Nachman dice di fare proprio di questa difficoltà
l'oggetto della conversazione.
Potete utilizzare come punto di partenza anche il sentimento
di lontananza e di estraneazione ch provate nei confronti di Dio.
Non è necessario variare la conversazione: potete parlare
con Dio delle stesse cose giorno dopo giorno.
Via via che la conversazione diventa più facile e rilassata,
l'esperienza si fa più profonda. Ben presto diventa una potente tecnica di meditazoine
che può facilmente elevarvi a stati di coscienza superiori in cui la presenza
divina è palpabile.
Uno degli scopi della meditazione è quello di aiutare a
bandire l'ego, cosa molto difficile nella nostra società.
Nella vita turbolenta di tutti i giorni, per non essere
schiacciati, è necessario avere un forte senso di sé e dei propri scopi. Per
molte persone può essere controproducente praticare una disciplina di
meditazione che indebolisce l'ego e il senso di sé. Può verificarsi infatti che
gli scopi che una persona auspica di raggiungere per mezzo della meditazione
siano diametralmente opposti alle sue aspirazioni più profonde. Essendo diretta
verso l'interno la conversazione con Dio non presenta questi svantaggi rispetto
alla meditazione mantrica o alla contemplazione, anche se, come ogni altro tipo
di meditazine, può aiutare a superare l'ego. La conversazione con dio rimpiazza
però l'ego con qualche cosa di ancora più forte. Grazie al dialogo con DIo
arriviamo a vedere noi stessi in una prospettiva diversa, cominciamo a
percepirci come una ramificazione di Dio. Questa forma di meditazione ci rende,
per così dire, partecipi del divino. Se dopo averne parlato con dio, i nostri
progetti continuano ad apparirci validi, la nostra determinazione ne sarà rafforzata.
Dobbiamo però fare attenzione anche al pericolo contrario.
Se una persona non è in grado di annullare il proprio ego, può diventare ancora più testarda,
ostinata e incapace di dialogare con gli altri. Non c'è persona più antipatica
di colui che is compomrta come se fosse in comunicazione diretta con Dio.
Conversare con dio, facendoci vedere noi stessi con gli
occhi di dio può servire a farci trovare un senso alla nostra vita, come se
fossimo in psicoterapia.
Mentre nella psicoterapia la risposta viene dall'esterno,
nella meditazione viene dall'interno.
La preghiera-meditazione somiglia ad una auto-terapia e
comporta gli stessi rischi. Come nel corso di una terapia può accadere di
scoprire problemi profondi che se non vengon orisolti rischiano di procurare
gravi sofferenze. In psicoterapia, il teprapeuta è là proprio per aiutare il
paziente quando il problema si rivela troppo difficile. Chi pratica la
meditazine come auto-terapia, può trovarsi invece in un vicolo cieco dal quale
non è più capace di uscire. Pertanto, se utilizzate la preghiera-meditazione
come una forma di auto-terapia, è molto importante che vi facciate seguire da
una guida che sia in grado di capire cosa sta avvenendo. Senza questo aiuto, i
risultati potrebbero rivelarsi più negativi che positivi. La vostra guida deve
essere una persona equilibrata e psicologicamente forte che abbia già acquisito
una grande esperienza nel guidare
La preghiera "Shemà"
La preghiera ebraica più importante è lo
Shemà, tratto dalla Torà, che lo vuole recitato due volte al
giorno
Lo shemà non può essere usato come mantra: essendo una
preghiera di unificazione la torà ammonisce a recitarlo una sola volta.
Il talmud dice che lo shemà ha il potere unico di scacciare
le forze del male. Viene recitato a letto, proprio prima di addormentarsi.
Secondo il Talmud, la notte è infatti il momento in cui le forze del male sono
più forti e lo shemà ha il potere di proteggerci. La ragione è evidente: il
male ha poter solo quando lo crediamo una entità separata da Dio. Se uno pensa
che ci possa essere una forza del male separata da dio, allora può essere
colpito da questa forza. Ma se riconosciamo che anche il male è una creazione
di dio, questo non ha più potere su di noi. Dio stesso, per mezzo del suo
profeta, ha detto: "Io sono colui che forma la luce e crea l'oscurità, che
fa la pace e crea il male, Io, il signore, faccio tutto questo" (Isaia
45:7).
Il testo della shemà indica chiaramente che in origine fu
concepito come una meditazione.
Lo scemà, anziché come una preghiera o una professione di
fede, può essere una meditazione, se pronunciamo le parole molto lentamente,
dopo esserci preparati spiritualmente (quindici-venti secondi a parola e più).
Durante i silenzi che separano le parole, lasciate che il significato di ogni
parola penetri nel profondo del vostro essere
Si può utilizzare lo shemà come meditazoine sia durante i
servizi religiosi quotidiani sia da solo. E' tuttavia preferibile farlo durante
il servizio religioso, in particolare quello del mattino.
Poiché lo shemà è preceduto da due preghiere o benedizioni
(come le chiama il Talmud), la mente dapprima medita sull'immensità del mondo
astronomico e prende coscienza che nella sua totalità l'universo concorre al
compimento della colontà divina. Proseguendo, la mente trascende il mondo
astronomico per giungere nel regno della spiritualità, nel mondo degli angeli
ai quali ci uniamo nelle lodi quotidiane
che rivolgono a dio. Fin qui la prima benedizione. Con la seconda benedizione
meditiamo sull'amore di dio e poi passiamo allo shemà.
Le lettere "shin" e "mem" dello shemà
hanno un notevole valore intrinseco. In molte scuole di meditazione il suono
della lettera m viene usato per indurre tranquillità e pace interiore.
Questo suono sembra avere il potere di indurre proprio
quell'armonia che si ricerca nella meditazione.
Uso dei suoni di "Shemà" per entrare in stato
meditativo
Un esercizio di cui parlano i commentari sul Sefer Yetzirà
si è rivelato estremamente utile per arrivare rapidamente a uno stato
meditativo. Questo esercizio consiste nel ripetere alternativamente il suono
della shin e quello della mem. Iniziate con il pronunciare il primo suono
durante una espira<ione normale, oi inspirate e quindi espirando pronunciate
il suono della mem. Le inspirazioni e le espirazioni devono avere la stessa
lunghezza. L'inspirazione è silenziosa e rappresenta la terza "lettera
madre", la alef, che è muta. Questa tecnica di meditazione porta
progressivamente ad una sintonia ocn il suono "mmm". Con un pò di
pratica, si arriva a uno stato meditativo salmodiando semplicemente il suono
"mmm".
Il servizio religioso quotidiano come
pellegrinaggio spirituale/esperienza di meditazione
IL primo livello della meditazione è quello dell'azione: la
"mano" che dio ci dona per ricevere la sua energia è il corpo che
egli creò a sua immagine
Il secondo livello della meditazione è quello della parola.
Al liello della parola prendiamo coscienza di essere entrati in comunicazione
con il Divino.
Il terzo livello della meditazione è quello del pensiero
attraverso il cui potere percepiamo quello che possiamo cogliere del Divino.
C'è poi il livello meditativo superiore al pensiero che è
l'esperienza del nulla. E' l'esperienza ineffabile del divino stesso. E'
l'esperienza che raggingiamo solo quando ogni altro pensiero è assente ed
entriamo nel regno della pura esperienza che è al di là del pensiero.
Emerge pertanto in modo chiaro che il servizio religioso
quotidiano è molto più di una semplice serie di preghiere.
Si tratta in effetti di un pellegrinaggio spirituale che ci
eleva da un livello spirituale al seguente e ci porta a una intimità sempre
maggiore con il divino. E' una esperienza quotidiana di meditazione che può
avere profondi effetti nella spiritualità di ogni singolo individuo.
Le azioni quotidiane come mezzo per
avvicinarsi a Dio
Uno degli insegnamenti fondamentali dell'ebraismo è che
l'uomo può sentire la presenza di Dio in tutto quello che fa. Una persona può
dedicare a Dio qualunque cosa faccia e tramutarla in un atto di devozione. L'azione
più banale può diventare un legame col divino.
Quando laviamo i piatti possiamo pensare che i piatti sranno
puliti per il prossimo pasto che sarà consumato dalla famiglia, che potrà così
avere la forza necessria per affrontare la giornata che l'aspetta e forse per
acquisire una coscienza più profonda di Dio tramite la benedizione sul cibo.
Lavare i piatti può essere così visto, almeno
indirettamente, come un mezzo per avvicinarsi a Dio in modo diverso. L'atto
stesso può essere visto come un'esperienza esaltante. Immaginate di preparare
un pranzo per la persona che amate di più al mondo. Immaginate che non si
tratti di un pranzo normale ma di una festa che commemora una data importante
della vostra vita. Ovviamente nella preparazione di questo pranzo, metterete
tutto l'amore che provate per questa persona, affinché tutto sia perfetto.
Immaginate ora di lavare i piatti che serviranno per questo pranzo.
Naturalmente volete che i piatti siano perfettamente puliti e splendenti. Se
dio è uno, lui e la sua volontà devono necessariamente essere tutt'uno. dio
deve essere identico alla sua volontà.
D'altra parte le cose esistono solo perché dio vuole che
esistano. se dio volesse che un oggetto non esistesse, questo cesserebbe
semplicemente di esistere. Dio porta all'esistenza ogni singola cosa attraverso
la sua volontà ed è solo per mezzo della sua volontà che un oggetto continua ad
esistere.
Questo implica che la volontà di dio è presente ovunque. Ma
se dio è identico alla sua volontà anche dio deve essere in tutte le cose.
Pertanto ogni atto e ogni cosa devono essere necessariamente compenetrate
dall'essenza di dio.
Supponiamo che stiate lavando i piatti. Concentratevi su
quello che state facendo e alontanate ogni altro pensiero affinché quello che
state facendo occupi totalmente la vostra mente. Cercate di essere totalmente
coscienti di cosa statefacendo: per voi non esiste nient'altro al mondo.
Concentratevi sul piatto che state lavando e riflettete sul fatto che questo
piatto è un'espressoine della volontà di dio e della sua essenza. Anche se
nascosta, in quel piatto c'è una scintilla del divino. E c'è una scintilla del
divino anche nell'acqua con la quale lo state lavando.
I maestri insegnano che quando una persona mangia, deve
concentrarsi totalmente sul cibo e sull'atto del mangiare, senza pensare ad
altro. Deve avere presente nolter che anche il gusto del cibo è un'espressione
del divino e che mangiando assorbe nel suo corpo questa scintilla. Mentre
mangia, la persona deve avere anche l'intenzione di dedicare al servizio di dio
l'energia ottenuta attraverso il cibo. Quando una persona si comporta così è
come se il cibo che mangia fosse sacrificato sul grande altare del tempio di
gerusalemme.
L'azione del mangiare può dunque diventare una forma di
meditazione e un mezzo per avvicinarsi a dio. E' per questo che è stato
ordinato di recitare una benedizione prima di ogni pasto.
La benedizione sul cibo deve essere recitata molto
lentamente, con la mente sgombra da ogni altro pensiero. In questo caso la
benedizione sul cibo può essere una meditazione molto potente.
L'ebraismo ha precetti alimentari, ma la disciplina più
importante è quella delle benedizioni. QUando recitiamo una benedizione prima
di mangiare, l'azione stessa del mangiare diventa un percorso spirituale.
Attraverso la benedizione, l'azione del mangiare diventa un esercizio di
contemplazione. Allo stesso modo in cui possiamo contemplare un fiore o una
melodia, possiamo contemplare l'atto del mangiare. Apriamo completamente il
nostro spirito all'esperienza della masticazione degli alimenti e riempiamo la
nosra coscienza con il loro gusto e la loro consistenza. Poi, mangiando
lentamente, prendiamo coscienza delle minime variazioni del gusto. Quando una
persona mangia nel giusto stato di coscienza, gli è sufficiente una quantità di
cibo minore. L'organismo, nella sua saggezza, determina la quantità di cibo di
cui abbiamo bisogno e non ne desideriamo altro perché in questo caso non
mangiamo per compulsione o per nervosismo.
Lavorare, mangiare, vestirsi, qualsiasi azione può
tramutarsi in un atto di devozione e colui che segue questa disciplina arriverà
a vedere Dio in ogni aspetto della vita.
I precetti della legge ebraica
Nella prima parte della formula di benedizione associata ad
un precetto, simile per tutti, è detto che "Dio ci ha sentificato con i
suoi precetti": i precetti sono un mezzo mediante il quale dio santifica
le nostre vite e ci eleva al disopra delle cose di questo mondo. Prendiamo
coscienza che i precetti costituiscono un mezzo particolar che dio ci ha dato
per conoscere il divino. QUando osserviamo un rito, dobbiamo dunque vedervi
l'espressione del nostro desiderio di avicinarci a dio.
Viene insegnato che la Torà contiene 613 precetti, ma molti
riguardano i sacerdoti o occasioni particolari.
Fondamentalmente la pratica dell'ebraismo è definita da una
cinquantina di precetti che ne costituiscono la struttura: è la loro osservanza
che fa di una persona un'ebreo osservante.
Accanto ai comandamenti della Torà propriamente detta ci
sono numerosi riti e costumi che sono diventati parte integrante dell'ebraismo.
Fu stabilito che doveva essere detta una benedizione prima
di osservare molti precetti e molti riti. Ogni benedizione proclama l'immanenza
di dio. Ma i precetti che vengono da dio esprimono la sua volontà. Poiché Dio è
identico alla sua volontà (almeno al nostro livello di comprensione), ne deriva
che egli è presente nei suoi comandamenti. Colui che osserva un rito prescritto
da un comandamento si trova dunque nella posizione di poter stabilire un legame
diretto con Dio.
Il semplice fatto di fare quello che l'essere amato desidera
è un atto d'amore in sé.
Poiché si tratta di comandamenti di dio sono l'espressione
fedele e unica della sua volontà. Questa espressione della volontà divina è da
tutti i punti di vista altrettanto reale dell'atto di volontà pe mezzo del
quale Dio ha creato l'universo. Un comandamento è altrettanto reale di un
oggetto fisico. Se meditiamo su questo aspetto, l'osservanza dei precetti
diviene qualcosa di reale e palpabile, un atto totalmente compenetrato dal
divino.
Quando osservate un precetto, cercate di meditare sul fatto
che questo precetto è espressione della volontà di dio. In uno stato di
meditazione profonda sentirete concretamente la volontà di dio nell'atto che state
compiendo e comprenderete che dio e la sua volontà sono tutt'uno. Oltre alla
benedizione che precede un precetto, i grandi maestri del misticismo ebraico
raccomandano un'altra meditazione: "Io faccio questo per l'unificazione
del santo, benedetto egli sia, lui e la sua shekhinà
(divina presenza), con rispetto e amore, in nome di tutto
israele".
Dio è assolutamente trascendente ("Santo" esprime
proprio questo), ma possiamo conoscerlo ugualmente nella sua immanenza. Lo
Zohar dice che "il Santo e la Torà sono uno": i precetti sono il
mezzo con cui dio si volge verso di noi dall'alto della sua trascendenza.
I precetti hanno la funzione di legame tra dio e gli uomini.
La parola ebraica per "divina presenza" è
Shekhinà. Il concetto di shekhinà è fondamentale
nell'ebraismo. Quando dio permette che la sua shekhinà riposi in un luogo è
come se ci tendesse una mano attraverso la quale possiamo ricevere l'esperienza
del divino. Quando recitiamo "Io faccio questo per l'unificazione del
Santo, benedetto egli sia lui e la sua shekhinà" dobbiamo ricordarci di
essere ricettacoli del divino, cercare di sentire nella profondità del nostro
animo quel gran vuoto che aspira a essere colmato e che può essere riempito
solo dall'essenza di dio.
Allo stesso tempo dobbiamo avere coscienza della presena di
dio intorno a noi. Dobbiamo ricordarci che dio è sempre pronto a tenderci la
mano, che ha bisogno di un segno da parte nostra, di un nostro atto. I precetti
adempiono questafunzoine ed è per loro tramiteche l'essenza di dio permea il
nostro essere. Quando osserviamo un precetto o adempiamo un rito, dobbiamo
avere coscienza che attiriamo su di noi la luce del divino.
La sessualità nell'ebraismo
La tradizione ebraica non incoraggia il celibato. Mosè, il
più grande di tutti i mistici e di tutti i profeti, era sposato, come lo erano
i profeti e i maestri. La sessualità non è considerata una debolezza della
carne o un male necessario, ma un mezzo per avvicinarsi a dio sul piano più
intimo che ci sia. Il
Talmud interpreta Esodo 21:10 come un precetto divino
secondo il quale l'uomo e la donna devono avere rapporti sessuali regolari.
Nei momenti di intimità, l'uomo, espressione dell'aspetto
maschile del divino, può sentirsi in comunicazione profonda con l'aspetto
femminile del divino, e la donna, inversamente, in comunicazione profonda con
l'aspetto maschile del divino. Allora, attraverso la loro unione lui e lei
possono sentire che creano una "immagine di Dio".
Per giungere a questo livello, durante l'atto sessuale, è
molto importante evitare ogni immagine o pensiero estraneo. E' necessario
astenersi dal pensare a qualsiasi altra persona del seso opposto che non sia
quella con la quale siamo in comunicazione. Come in ogni altra meditazione che
comporta un'azione, è necessario concentrarsi totalmente sull'atto, scacciando
ogni altro pensiero. Il talmud e la cabbalà danno molte indicazioni su come
accrescere gli aspetti meditativi dell'atto sessuale.
Quando un uomo e una donna provano piacere uno dell'altra
possono vivere il piacere anche come una esperienza di meditazione. Questo
decuplicherà la gioia della loro esperienza. Se percepiscono il piacere come un
dono di Dio, vi troveranno una gioia immensa che li riempirà di un sentimento
di riconoscenza. A un livello più profondo potrà succedere loro di percepire la
scintilla del Divino nel piacere che si eleva così fino alla sua sorgente
originaria. Per una coppia animata da queste intenzioni, l'atto sessuale
diventa qualcosa di sacro. Il Talmud interpreta
Esodo 21:10 come un precetto divino secondo il quale l'uomo
e la donna devono avere rapporti sessuali regolari. Pertanto, durante l'atto
sessuale, uomo e donna possono meditare anche sul fatto che stanno adempiendo
un precetto di
Dio. Vanno rispettate le regole della purità familiare.
L'applicazione di tecniche meditative all'atto sessuale accresce immensamente
il piacere. Il tipo di meditazione di una coppia che desidera concepire un
figlio è un po' diverso, dal momento che se marito e moglie raggingono un certo
livello di concsapevolezza, i loro pensieri durante l'atto sessuale possono
avere un'influenza importante sul bambino che sarà concepito.
I metodi di autoperfezionamento della
scuola del Musar
Uno dei più importanti filoni della meditazione ebraica è
legato alla scuola del Musar, fondata da Yisrael
Salanter (1810-1883). Il musar, l'autoperfezionamento, è
sempre stato un elemento importante dell'ebraismo; alcuni testi su questo
argomento risalgono al X secolo. La peculiarità della scuola Musar fu tuttavia
di avere come obiettivo primario proprio la ricerca dell'autoperfezionamento,
del miglioramento spirituale, etico e morale durante tutta la vita.
Il Musar non riteneva sufficiente fare l'esperienza del
divino, ma sosteneva che era necessario avere il miglio rapporto possibie con
gli altri. La collera, l'odio, il desiderio di rivalsa, la calunnia, la
gelosia, erano visti come cattivi sentimenti che rischiavano di compromettere
lo sviluppo spirituale. Veniva insegnato agli adepti a prendere consapevolezza
dei propri difetti e ad adottare una disciplina personale per superarli ad uno
ad uno.
Il Musar era anche nato in opposizione allo chassidismo che,
in certe cerchie considerava il maestro come il paradigma delluomo santo e
ritenevano di vivere la santità della loro vita attraverso di lui, come una
sorta di procura.
Esiste una vasta letteratura del musar in ebraico. Alcune
delle opere più importanti, come Messillath Yesharim (il sentiero della
rettitudine) e Orchoth Tzaddikim (Le vie dei giusti) di Moshe Hayim Luzzatto
sono state tradotte in inglese.
La prima tappa della disciplina del musar consiste
nell'abituarsi a leggere quotidianamente una lezione tratta dalle opere
classiche del Musar che verte su come perfezionare la qualità etica, morale e
religiosa della propria vita. Dopo la lettura si deve contemplare quanto si è
letto e vedere in che modo si rapporta alla propria vita. Solo in seguito,
quando il discepolo ha fatto progressi sufficienti, la riflessione si tramuta
in meditazione. Dopo aver letto la lezione vi si medita per venti-trenta
minuti. Si tratta di una forma semplice di meditazione, simile a quella da
usare per rimettere ordine nella propria vita. Essa consiste nel considerare un
aspetto particolare della nostra vita e vedere con quali mezzi possiamo
migliorarla. I pensieri estranei vanno dolcemente allontanati.
Maestri come Baal Shem Tov sostenevano invece che è
necessario prestarvi attenzione perché talvolta possono indicarci la direzione
da seguire. Quello che si può fare è annotare mentalmente questi pensieri e
analizzarli dopo la meditazione per vedere in che modo possono essere utili per
realizzare i propri obbiettivi.
La disciplina di perfezionamento personale non si limita
necessariamente alle questioni morali. Le scuole del Musar vedono nel proprio
metodo un mezzo per realizzare la completezza dell'essere umano, ed esso può
pertanto essere utile anche per combattere la timidezza, l'indecisione o
l'apatia, tanto per fare un esempio.
La seconda tappa della disciplina del Musar consiste nel
ripetere come un mantra il concetto sul quale si sta meditando. SUpponiamo per
esempio che abbiate l'abitudine di dire male degli altri e vogliate liberarvi
da questo difetto. Dovete allora prendere coscienza che la maldicenza nuoce
agli altri, che è moralmente condannabile e che è proibita dalla Torà:
"Non andrai a calunniare la gente tra il tuo popolo" (Levitico
19:16).
Per liberarsi da questo vizio, secondo il metodo del Musar,
ogni giorno, per venti o trenta minuti si deve ripetere come un mantra il
versetto biblico: "Non andrai a calunniare la gente tra il tuo
popolo". In questo modo il messaggio del versetto viene assimilato e si
acquisisce una padronanza di sé che permette di non abbandonarsi più alla
maldicenza.
Rabbi Nachman di Breslav insegnava invece a rivolgersi alle
varie parti del corpo. Quando una persona desidera modificare un suo modo di
essere, deve rivolgersi alla parte del corpo che concorre in modo attivo a quel
modo di essere; il risultato finale sarà un cambiamento del modo di essere
stesso. Nell'esempio di prima, il metodo di Rabbi Nachman consisterebbe nel
parlare alla propria lingua per dirle di non essere più maldicente. Praticato
quotidianamente per un periodo determinato di tempo, anche questo metodo può
essere una forma di meditazione efficace.
Supponiamo che vogliate dimagrire. Le tecniche del Musar e
altri esercizi di meditazione possono esservi di grande aiuto. Potete
semplicemente ripetere come un mantra la frase "voglio dimagrire".
Potete parlare al vostro corpo e dirgli che volete essere più snelli. Potete
usare anche na tecnica legata all'immaginazione visualizzando la vostra
immagine come vorreste che fosse e provando ad avere la sensazione di come vi
sentireste dopo aver perso peso. Progressivamente l'immagine che avete di voi
comincerà a cambiare. Potete parlare alla vostra bocca e dirle di mangiare di
meno e al vostro stomaco per dirgli di essere meno vorace.
Sole o combinate, queste tecniche possono aiutarvi a
liberarvi di abitudini ormai radicate.
Sono moltissimi i consigli che le scuole del Musar danno per
rendere più efficace il programma di autoperfezionamento.
Il primo è di non cercare di cambiare troppe cose alla
volta, come dice il Talmud: "Chi troppo vuole, nulla stringe". E'
meglio riuscire a fare piccoli cambiamenti che fallire per volerne ottenere di
troppo grandi. Quando si è capaci di fare piccoli cambiamenti nella propria
vita, è più facile riuscire a fare quelli grandi. Il successo genera successo.
Il fallimento ne genera un altro.
Se un fumatore decide di smettere di fumare per sempre, dopo
una settimana comincia a dirsi che non può stare per tutta la vita senza fumare
e ricade nel vizio. L'insuccesso renderà ancora più difficile il secondo
tentativo che farà. Dopo un certo numero di insuccessi, probabilmente rinuncerà
definitivamente a smettere di fumare, persuaso di essere impotente nei
confronti del vizio.
Secondo il metodo del Musar, invece, il fumatore deve
stabilire di rinunciare a fumare pre un periodo di tempo determinato, per
esempio un mese, finito il quale deciderà se vuol continuare o meno. La chiave
del successo è proprio questa. Durante questo mese il nostro fumatore non deve
dirsi che non fumerà mai più una sigaretta, che dovrà continuare a lottare per
anni e anni. L'astinenza diventa tollerabile perché è limitata nel tempo. Il
punto fondamentale è che alla fine dei trenta giorni il fumatore è libero di
ricominciare a fumare o meno. Se ricomincia a fumare, non deve dirsi che ha
fallito; al contrario può dire a se stesso che è riuscito a non fumare per un
mese e può servirsi di questo successo come di un trampolino per continuare a
decidere di non fumare pre un altro mese, alla fine del quale molto
probabilmente constaterò che la sua voglia di fumare è molto meno forte.
Ovviamente al termine di ogni periodo di trenta giorni può decidere di non
ricominciarea fumare. Se è riuscito a resistere per un mese, il mese seguente
sarà ancora più facile. Affrontando un periodo alla volta, il nostro fumatore
riuscirà ad annullare progressivamente la propria voglia di fumare fino a farla
scomparire. Vi riuscirà con ancora più facilità se durante il periodo di
astinenza utilizzerà una delle tecniche di meditazione del musar di cui abbiamo
già parlato. Per esempio, per rafforzare la sua volontà, potrà ripetere come un
mantra la frase "Voglio smettere di fumare", o usare altre tecniche.
Utilizzare questi periodi di trenta giorni è uno strumento molto potente nello
sviluppo spirituale. Spesso è più facile eliminare un vizio morale che decidere
di non fumare o di mangiare di meno perché in questi ultimi due casi oltre allo
spirito è coinvolto anche il corpo. Un periodo di trenta giorni spesso è
sufficiente per eliminare una cattiva abitudine morale. Nell'arco di alcuni
anni è possibile modificare un numero considerevole di modi di essere sbagliati
e progredire costantemente sulla via del perfezionamento spirituale e morale.
E' possibile arrivare ad essere la persona che si desidera essere. Ciò che
importa non è tanto quello che siamo oggi, ma quello che vogliamo essere
domani. Per ci decide di consacrare la propria vita all'autoperfezionamento non
ci sono praticamente limiti ai livelli che è possibile raggiungere.