DALLE ULTIME LETTERE AI FAMILIARI

 

 

 

 

 

 

 

Mia cara sorella, Qui ci sono magnifici tetti di paglia muscosa dai quali finirò certo per realizzare qualcosa. Gli ultimi giorni a Saint-Rémy ho continuato a lavorare in piena frenesia. Grandi mazzi di fiori, iris viola, immensi bouquets di rose, paesaggi. Ma non sai quanto avrei voluto che tu vedessi gli uliveti, che ora ho portato con me, con la loro varietà di cieli dai diversi toni di giallo, rosa, azzurro.

 

Ho un disegno di una vecchia vigna da cui intendo ricavare un quadro da trenta, e poi uno studio di castagni rosa e uno di castagni bianchi. Ma, se le circostanze me lo consentiranno, spero di fare un po’ di figura. Vaghe immagini di quadri mi si presentano alla mente, occorrerà del tempo per mettere a fuoco la visione, ma a poco a poco verrà

 

Mio caro signor Isaäcson, volevo comunicarle il tentativo che ho intrapreso nel Sud di dipingere degli uliveti... L’effetto prodotto dalla luce del giorno e dal cielo consente di trarre dall’ulivo una moltitudine infinita di soggetti. Quanto a me, ho cercato qualche effetto di contrasto tra le foglie cangianti e i toni del cielo. Talvolta l’insieme è di un azzurro puro che avvolge l’istante in cui dall’albero sboccia una pallida trama di fiori e tutt’intorno volano le grandi mosche blu, le cetonie color smeraldo e miriadi di cicale. Poi, quando le foglie color bronzo assumono tonalità più mature, il cielo risplende e si vena di verde e di arancio, oppure, ad autunno inoltrato, quando prendono vagamente la sfumatura violacea del fico maturo, ecco allora che l’effetto del viola scaturisce vivido in contrasto al biancore del sole immenso nel suo pallido alone color limone chiaro. A volte, dopo un acquazzone, ho visto l’intero cielo tingersi di rosa e arancio chiaro in un effetto che conferiva un senso delicato e una raffinata sfumatura ai grigioverdi argentati. E in mezzo agli alberi c’erano donne, anch’esse rosa, intente nella raccolta.

 

Cara madre, leggendo la vostra lettera sono rimasto colpito dal passaggio in cui dite che durante il vostro soggiorno a Nuenen avete rivisto tutto provando gratitudine per il fatto che una volta vi sia appartenuto e che poi l’abbiate abbandonato, serenamente, lasciandolo agli altri. E tutto è trascorso, sfuggente come immagini riflesse in uno specchio: la vita, il motivo di congedi e partenze, il persistere dell’angoscia, null’altro da comprendere che questo. Per quanto mi riguarda, la mia vita può ben continuare il suo corso solitario. Di coloro ai quali sono stato maggiormente legato ho colto solo immagini in uno specchio. E tuttavia, un fatto reale e tangibile è che oggi il mio lavoro si realizza a un più alto grado di armonia. La pittura basta a se stessa. L’anno scorso mi è capitato di leggere da qualche parte che scrivere un libro o dipingere un quadro è come avere un figlio. Anche se non oso ricondurre al mio caso personale questa affermazione, ho sempre pensato che, delle tre cose, l’ultima fosse la più naturale, la migliore, sempre ammesso che sia così e che le tre cose si equivalgano. E’ per questo che tento del mio meglio e, nonostante il mestiere che svolgo resti giustamente il più incompreso, è il solo che ai miei occhi ricongiunga il passato al presente.

 

Ieri ho dipinto un vasto paesaggio dove si scorgono campi a perdita d’occhio, da un’altura si vedono diversi tipi di vegetazione, un campo verde scuro di patate, strisce di terra fertile e viola tra le superfici regolari, un campo di piselli in fiore che biancheggia accanto, un altro di erba medica dai fiori rosa con la minuscola figura di un uomo che sta falciando, un campo d’erba lunga dalla sfumatura matura color rossiccio e poi grano, pioppi, un’ultima riga di colline azzurre all’orizzonte ai cui piedi passa un treno, lasciandosi dietro un’immensa scia di vapore bianco lungo il verde. Una strada attraversa tutta la tela. A percorrerla è una piccola vettura e, ai bordi, case bianche dai ruvidi tetti rossi. Una leggera pioggia riga l’insieme d’azzurro o di grigio. C’è poi ancora un paesaggio con nulla più di un campo verde di frumento che si estende fino a una villa bianca, circondata da un muro bianco davanti al quale sta un unico albero.

 

Del Sud conservo ancora un tentativo estremo – cipresso con stella – che raffigura un cielo notturno con una luna, priva di bagliore, il cui gracile arco crescente emerge appena dall’ombra  opaca proiettata dalla terra e una stella che, se si vuole, emana un eccesso di luce, luce dolce di rosa e di verde in mezzo al cielo blu oltremare attraversato dalla corsa delle nuvole. In basso, una strada bordata da alte canne gialle e dietro le Basses Alpes blu, una vecchia locanda dalle finestre illuminate d’arancio soffuso e poi un cipresso, altissimo in tutta la sua verticalità, completamente scuro. Sulla strada una vettura trainata da un cavallo bianco e due figure che passeggiano attardandosi nella notte.

 

E’ questo un momento in cui i rapporti tra i mercanti di pittori scomparsi e di artisti viventi sono molto tesi. Ebbene, io nel mio lavoro rischio la vita e il mio senno per metà vi è naufragato – pazienza – ma tu [il fratello], tu non fai parte, per quanto ne sappia, di quei mercanti di uomini e puoi decidere da che parte stare, comportandoti realmente con umanità.