LA MORTE DI MOISE' |
Tra le storie dei Padri del deserto, si
racconta quella di Moisé il ladrone. Moisé era un nubiano, un capobanda che per
lungo tempo aveva seminato morte e violenza nella regione del Delta del Nilo.
Fattosi monaco, si mise al servizio dei
Padri, sopportando impassibile la loro diffidenza, il disprezzo che riceveva da
molti di loro per il colore della sua pelle, la curiosità morbosa da parte dei
visitatori.
Tutti i detti di Moisé che ci sono stati
tramandati riguardano l’argomento della morte: considerarsi morto in vita è il
più sicuro rifugio e l’anticipazione più fedele di ciò che attende l’anima, egli
diceva a coloro che a propria volta erano diventati suoi discepoli.
Nel 378 d.C. i goti inflissero ai romani
la sconfitta di Adrianopoli e, ormai inarrestabili e suddivisi in bande
violente, invasero e devastarono le province asiatiche.
Moisé era con un suo giovane discepolo
quando in lontananza si levò la colonna di polvere che segnalava l’arrivo degli
invasori nella valle dei monaci. il discepolo, livido di paura, lo supplicò di fuggire
abbandonando la cella, ma il nubiano scosse la testa. Gli echi di un’altra
violenza, che aveva segnato il suo passato, riaffiorarono nella sua memoria, e
tanti anni di silenziosa espiazione apparvero come un breve istante anteposto alla
sua sentenza di dannazione. Perché aspettare ancora? Ciò che era iniziato nella
violenza terminava per volere di Dio nella violenza. Sedette impassibile
all’ingresso della cella, ingombra di cordami di palma, che lavorava notte e
giorno per guadagnarsi da vivere, e guardò negli occhi gli uomini che entrarono
con spade e scuri. Nessuna luce di perdono divino traspariva dai loro lineamenti
crudeli. Moisé sospirò e chinò il capo.
Alcune ore dopo, il giovane monaco, che
non aveva abbandonato l’anziano, osò emergere, miracolosamente salvo, da dietro
una pila di corde e gettò uno sguardo al suo cadavere.
Come egli continuò a testimoniare fino
alla fine della sua vita, nell’aria sopra il corpo, si materializzò a poco a
poco una foglia di palma splendente, che rimase visibile per tutta la notte, fino
al mattino.
Ancora alla fine della sua vita egli non
riusciva a trattenere le lacrime quando parlava del simbolo che l’Altissimo
aveva voluto inviare come una promessa di perdono per tutti coloro che tentano
di ritrovare la strada perduta verso di Lui.