INTRODUZIONE AL DIRITTO |
Nozioni generali e
fondamentali. Convivenza, coesistenza, cooperazione. Cenni sullo Stato
❍ La coesistenza e la
convivenza
❍ La convivenza
organizzata. Gli organi e gli uffici.
❍ I fenomeni
associativi e la nascita spontanea del diritto
❍ Le società sono
fenomeni associativi in cui la cooperazione non è temporanea ma stabile
❍ Lo Stato
❍ Il potere giudiziario (“i
giudici”)
❍ Il Presidente della
Repubblica
❍ Le autorità
regionali, provinciali e comunali
Le norme giuridiche. L’interpretazione
❍ I vari gruppi di
prescrizioni giuridiche
❍ Il meccanismo di
funzionamento delle norme giuridiche
❍ I vari tipi di sanzioni
negative
❍ Le forme in cui
può essere espressa una prescrizione giuridica
❍ Norme speciali ed
eccezionali
❍ Diritto e morale.
Diritto naturale e diritto positivo.
❍ I significati della
parola “legge”
❍ I significati della
parola “diritto”
Le fonti del diritto. Le branche del diritto
❍ Nozione di “fonte del
diritto”
❍ Atti che creano
prescrizioni giuridiche ma non sono fonti
❍ Come si indica
una legge costituzionale
❍ Le leggi ordinarie del
Parlamento
❍ Come si indica
una legge ordinaria del Parlamento
❍ Le leggi
regionali e gli statuti regionali
❍ Come si indica una
legge regionale
❍ I regolamenti
della Unione Europea. Le direttive della Unione Europea.
❍ L’uso del
termine “decreto” per indicare una fonte
❍ Come si indica un
decreto-legge
❍ Come si indica un
decreto legislativo
❍ I regolamenti: I
soggetti che possono emanarli
❍ La potestà normativa del
Governo
❍ I regolamenti:
La procedura di emanazione
❍ I regolamenti:
Come si indica un regolamento
❍ I regolamenti:
Diversi significati della parola “regolamento”
❍ La pubblicazione
delle fonti del diritto
❍ I vari tipi di
rapporti tra le fonti del diritto
❍ Il rapporto di
gerarchia tra le fonti del diritto: Il rapporto tra fonti superiori e inferiori
❍ Fonti primarie e fonti
secondarie
❍ Il rapporto di
competenza esclusiva tra fonti del diritto
❍ Il rapporto di
competenza ricorrente o ripartita tra fonti del diritto
❍ L’efficacia
della legge nel tempo: retroattività e irretroattività del diritto
❍ Il problema del
fondamento del diritto
❍ Norme imperative,
dispositive, suppletive
❍ Il diritto internazionale
privato.
❍ La procedura di stipulazione
dei trattati internazionali
❍ Fatti, atti, negozi giuridici
❍ Fatti naturali e fatti umani
❍ La
classificazione degli atti giuridici
❍ La classificazione dei negozi
giuridici
Le situazioni giuridiche soggettive in generale.
Il rapporto giuridico. I beni
❍ Gli interessi
considerati dal diritto
❍ Il meccanismo
tipico della norma giuridica (ripasso)
❍ Le situazioni
giuridiche soggettive in generale
❍ Le situazioni
giuridiche possono essere attive o passive
❍ I vari tipi di situazioni
giuridiche attive
❍ I vari tipi di situazioni
giuridiche passive
❍ Il rapporto
giuridico di diritto privato
❍ Gli elementi
costitutivi del rapporto giuridico
❍ I vari significati
del termine “oggetto” nel linguaggio giuridico
❍ Le principali
distinzioni nell’ambito dei diritti soggettivi
❍ I diritti su beni immateriali
❍ I beni
❍ Le principali
distinzioni nell’ambito dei beni: Beni immobili, beni mobili e beni mobili
registrati
❍ Le principali
distinzioni nell’ambito dei beni: Beni fungibili e infungibili
❍ Le principali
distinzioni nell’ambito dei beni: Beni consumabili e inconsumabili
❍ Le principali
distinzioni nell’ambito dei beni: Le pertinenze e i frutti
❍ Vicende del
rapporto giuridico. Acquisto e perdita dei diritti.
❍ La capacità
giuridica e la nozione di soggetto
❍ L’incapacità legale:
Premessa
❍ L’incapacità legale: La
minore età
❍ L’incapacità legale:
L’interdizione
❍ L’incapacità
legale: L’inabilitazione e l’emancipazione
❍ I diritti della personalità:
Premessa
❍ I diritti della personalità:
Il diritto alla vita e all’integrità fisica
❍ I diritti della
personalità: Il diritto all’onore e alla reputazione
❍ I limiti alla
libertà di manifestazione del pensiero
❍ I diritti della
personalità: Il diritto alla riservatezza
❍ I diritti della
personalità: Il diritto al nome e all’immagine
❍ I diritti della
personalità: Il diritto all’identità personale
❍ I diritti della
personalità: Il diritto all’identità sessuale
❍ Domicilio, residenza, dimora
❍ Scomparsa, assenza,
morte presunta
❍ Le
organizzazioni collettive e la nozione di persona giuridica
❍ Le persone
giuridiche e i loro organi
❍ La
classificazione delle organizzazioni collettive private
❍ Le associazioni non
riconosciute
Gli enti pubblici e I loro organi
❍ “Ente” vuol dire
“Persona giuridica”
❍ Cosa si intende per
"ente pubblico"?
❍ Quali sono le
principali categorie di enti pubblici?
❍ I tipi di
persone giuridiche pubbliche: Gli enti pubblici economici
❍ La differenza
tra “organo” e rappresentante”
❍ Sono considerati “organi” anche alcuni uffici che svolgono esclusivamente
attività interna
❍ I gruppi di
organi dello Stato. I “poteri”
❍ Unità operative
e organizzazioni che svolgono esclusivamente attività materiali
❍ Il rapporto tra gli
agenti e l'organo
❍ Il rapporto tra
gli atti del funzionario e la persona giuridica
Tutti gli individui provano dei
bisogni. Un bisogno è una situazione di insoddisfazione e di disagio da cui
l'individuo si libera tenendo determinati comportamenti legati alla propria
sopravvivenza.
Possiamo anche definirlo come
la percezione o sensazione di mancanza di qualcosa che ci è utile o necessario.
Un individuo isolato da tutti
gli altri può avere solo i bisogni detti individuali. I bisogni individuali si
distinguono in bisogni speciali, che non sono necessariamente sentiti da tutti
gli individui, (esempio: bisogno di tatuarsi, di dipingere) e bisogni comuni,
che sono i bisogni fondamentali della natura umana, sentiti necessariamente o
quasi sempre da tutti gli individui (fame, sete,bisogno di vestirsi).
❍ La coesistenza e la convivenza
Nel caso di due o più individui
che vivano nello stesso tempo, anche se magari ciascuno in luoghi diversi si
parla di "coesistenza". Nel caso di due o più individui che vivano
nello stesso tempo e nello stesso luogo, in modo che le attività, i bisogni e
gli interessi dell'uno possono interferire con le attività, i bisogni e gli
interessi dell'altro si parla di "convivenza".
Con la convivenza nascono
quelli che vengono chiamati "conflitti di interessi". Un interesse è
ciò che una persona vuole ottenere, un vantaggio che essa si prefigge come
scopo. Si ha conflitto di interessi quando due o più persone vogliono ottenere
la stessa cosa e il vantaggio di uno non è compatibile con il vantaggio
dell'altro. Ad es. si ha conflitto di interessi tra persone che desiderano
coltivare lo stesso terreno; non si ha conflitto di interessi tra persone che
vogliono godere del medesimo paesaggio o percorrere la stessa strada (se questa
è sufficientemente larga).
I conflitti di interessi
possono essere risolti pacificamente (tramite regole o accordi) o con la forza;
possono essere risolti con il sacrificio totale di un interesse a favore
dell'altro (si parla di "subordinazione di un interesse all'altro":
il genitore si priva del cibo per darlo al figlio) o con parziale sacrificio di
entrambi (il genitore divide il cibo con il figlio).
Con la convivenza e la
cooperazione nascono i "bisogni sociali", che riguardano tutte le
esigenze che nascono dalla presenza dell'altro: bisogno di protezione della
propria persona e dei propri beni dall'aggressione altrui; bisogno di
Tribunali; bisogno di polizia; bisogno di un soggetto che crei regole di
condotta e le faccia rispettare; bisogno di una organizzazione che svolga
compiti comuni (es. costruzione delle strade, istruzione, difesa) ecc.
Nel caso che due o più
individui non si limitino a convivere, ma ciascuno utilizza l’attività degli
altri affinché l’interferenza non solo
non sia dannosa, ma riesca vantaggiosa, si ha la “cooperazione”. Sono esempi di
cooperazione lo scambio, le attività svolte in comune per gli interessi di
tutti (difesa, ordine pubblico, sanità ecc.)
❍ La convivenza organizzata. Gli
organi e gli uffici.
Quando gli individui
attribuiscono ad alcuni di loro dei compiti da svolgere per la soddisfazione di
bisogni comuni o collettivi si dice che “organizzano” la convivenza, o che la
convivenza è “organizzata”.
Quando queste attività
diventano stabili nel tempo si parla di “uffici” e talvolta di “organi”.
Un ufficio o organo è un
insieme di persone e di compiti fissi. Un altro modo di definirlo è “unità
operativa che svolge dei compiti fissi e predeterminati”. Gli
"organi" o "uffici" possono essere visti come
"ruoli" simili a quelli degli attori, che assegnano a determinate
persone dei compiti fissi da svolgere a vantaggio di tutti.
Così, l'Ufficiale giudiziario è
l'organo che nel comune ha il compito di vigilare sulla salute dei residenti;
l'Ufficiale dell'anagrafe è l'organo che ha il compito di mantenere aggiornate
le liste dei cittadini residenti, di annotare nascite, morti, matrimoni e
rilasciare i relativi certificati; il parlamento è l'organo che fa le leggi; il
Tribunale è l'organo che giudica certi tipi di reati ecc.
Gli organi non sono posseduti
solo dallo Stato. Qualsiasi gruppo organizzato di persone (una associazione
calcistica, una società per azioni, un sindacato, un condominio ecc.) ha degli
organi che svolgono le principali funzioni: prendere le decisioni (assemblea),
eseguirle e tenere i rapporti d'affari (amministratore) ecc. Persino in una
classe scolastica si possono creare degli organi: il capoclasse, il tesoriere,
i gruppi che debbono svolgere delle ricerche ecc.
I ruoli più importanti e più
frequenti sono quelli del legislatore (= colui che stabilisce le regole) e
quello del giudice (= colui che risolve le liti), ma vi possono essere
innumerevoli altri organi, con ruoli molto varii: capoclasse, tesoriere,
amministratore, tutore, rappresentante sindacale ecc.
L’insieme degli uffici e organi
creati per rendere possibile la convivenza e la cooperazione prendono il nome
di “istituzioni”
Questa parola ricorre di
frequente nel linguaggio dei mass-media per indicare gli organi e gli uffici
più importanti (Presidente della Repubblica, Parlamento, Tribunali, Pubblica
Amministrazione): "Le brigate rosse attentano alle istituzioni";
"bisogna salvare le istituzioni dalla corruzione"; "Bisogna
avere fiducia nelle istituzioni"; "Le istituzioni democratiche sono
nate dalla lotta contro il fascismo" ecc.
❍ I fenomeni associativi e la nascita spontanea del diritto
Quando più individui convivono
e cooperano secondo determinate regole di condotta si parla di "fenomeno
associativo".
La vita ci offre l'esempio di
innumerevoli fenomeni associativi: la coda presso uno sportello bancario; un
corteo di manifestanti; la folla che è allo stadio; la famiglia; una società
per azioni; lo stesso Stato.
Nel momento in cui più
individui si trovano insieme per un certo tempo, quasi istintivamente gli
uomini creano delle regole comuni di comportamento. Basta osservare le regole
che immediatamente vengono osservate durante la coda ad uno sportello bancario,
o quelle che si creano all'interno di un gruppo di ragazzi, ecc.
I romani dicevano: "Ubi
societas ibi ius, ubi ius ibi societas": "dove c'è un fenomeno
associativo c'è anche diritto ( = insieme di norme); dove c'è diritto c'è anche
un fenomeno associativo"
❍ Le società sono fenomeni associativi in cui la
cooperazione non è temporanea ma stabile
Mentre la coda presso uno
sportello bancario, il corteo di manifestanti, la folla allo stadio sono forme
di convivenza e cooperazione temporanea, una famiglia, una società per azioni,
lo Stato si riferiscono a forme di cooperazione stabile. Si parla allora non
più solo di "fenomeni associativi", ma di "società", per
indicare tali forme di cooperazione stabili, che presentano cioè relazioni permanenti tra i membri.
L'aggettivo
"politico" si riferisce a qualsiasi attività, ideologia, disciplina
di studio, che riguardi la "polis", la società formata dai cittadini,
la sua conservazione, il suo benessere: in altre parole gli interessi generali
della collettività.
Tra i vari tipi di società, le
più importanti sono gli “enti politici”, detti anche "società
politiche", "organizzazioni politiche", "forme
politiche", "società a fini generali", "ordinamenti politici".
Stato, Regione, Provincia e
Comune sono enti politici.
Gli enti politici sono detti
"a fini generali e indeterminati" perché, accanto agli scopi
fondamentali ed irrinunciabili, come la difesa, la giustizia e l'ordine
pubblico, molti altri obiettivi possono essere liberamente assunti da un ente
politico: assistenza sanitaria, istruzione, servizi sociali minimi (trasporti
pubblici, asili nido, mense...), sviluppo della cultura ecc.
Si parla poi ancora di
"ideologia politica", "attività politica", "lotta
politica", "potere politico", ecc. Per "ideologia
politica" si intende l'insieme di idee su come dovrebbe essere
l'organizzazione politica della collettività e su quali valori (libertà,
eguaglianza, benessere materiale, ordine, progresso, famiglia, Stato), debbano
venire prima di altri.
Per "potere
politico", in contrapposizione al potere economico e al potere ideologico
e al potere religioso, si intende il potere di influenzare le scelte politiche
della collettività (ad esempio i sindacati posseggono potere politico nella
misura in cui possono influenzare le scelte del governo o dei partiti).
Il potere politico consiste nel
definire i fini della "polis", nello scegliere perciò fra gli
interessi in gioco quelli prioritari e nello scegliere i modi per farli meglio
valere.
Per "sistema
politico" si intendono tutti i soggetti che organizzano interessi sociali,
che effettuano per ciò stesso mediazioni e compensazioni tra gli interessi
organizzati, che li fanno valere in tutte le sedi, comprese quelle pubbliche
dalle quali possono ottenere appagamento e i rapporti che tra questi soggetti
si instaurano. I partiti, i sindacati, i gruppi di pressione, organi estranei
al potere legislativo come il Presidente della Repubblica e la Corte
costituzionale, fanno parte del sistema politico.
Per "potere
economico" si intende invece il potere che proviene dal possesso della
ricchezza o che consiste nel controllo delle attività economiche.
Per "potere
ideologico" si intende il potere di influenzare tramite idee presentate in
maniera particolarmente convincente, diffuse dai mass-media o in altre forme
attraverso altri strumenti particolarmente efficaci.
Col termine "potere
politico" si indica anche, in un senso del tutto differente, l'autorità
che esercita i poteri sovrani sui cittadini.
Per "lotta politica"
si intende la competizione per la conquista del potere politico.
❍ Lo Stato
La parola "Stato" ha
quattro significati:
● Stato-apparato
E’ l’insieme delle strutture
politiche che esercitano poteri sovrani. In altre parole, è l’insieme degli
enti pubblici che esercitano poteri di imperio (può essere visto anche come il
complesso degli organi di questi enti). Normalmente si ritiene che lo Stato
apparato sia costituito dagli enti pubblici territoriali (Stato, Regioni,
Province, Comuni), perché gli altri enti esercitano solo marginalmente
significativi poteri di imperio
● Stato-comunità
E’ l’insieme di popolo,
territorio e autorità (stato-apparato): una popolazione stanziata su un
territorio e organizzata politicamente.
● Stato-ordinamento
E’ l’insieme delle
organizzazioni pubbliche, centrali e decentrate: in sostanza l’insieme degli
enti pubblici
● Stato
centrale (Stato-persona)
E’ l’organizzazione pubblica
centrale, escluse quelle decentrate
Lo Stato-persona è composto di
tre grandi "poteri": il potere legislativo, il potere esecutivo e il
potere giudiziario.
Lo Stato-persona è un apparato,
cioè un complesso ordinato e stabile di
uomini dotato di mezzi materiali adeguati per esercitare una serie di compiti e
perseguire una serie di obiettivi previamente delimitati.
Nelle seguenti frasi la parola
Stato assume ora l'uno ora l'altro di questi significati:
"Lo Stato, in caso di
mancato pagamento delle tasse, espropria il debitore dei beni e li vende per
ottenere quanto gli è dovuto" (Stato-apparato)
"Lo Stato italiano si
formò nell'ottocento" (Stato-comunità);
"Lo Stato italiano fa
parte della Comunità Europea" (Stato-comunità);
"I soldati difendono lo
Stato" (Stato-comunità);
"Il parlamento è un organo
dello Stato" (Stato-apparato);
"I funzionari dello Stato
sono assunti per concorso" (Stato-apparato).
L'attività di tutti gli organi
dello Stato-apparato è regolata da norme giuridiche primarie o super-primarie,
per evitare soprusi ed ingiustizie. Uno Stato in cui tutte le attività sono
regolate dal diritto si dice "Stato di diritto". Abbiamo visto che il
funzionamento e i poteri degli organi del governo e del potere esecutivo sono
regolati da leggi emanate dal Parlamento. L'elezione, il funzionamento e i
poteri del Parlamento sono a loro volta regolati dalla Costituzione.
Lo Stato-centrale o
Stato-persona, è una persona giuridica.
Le sue caratteristiche
principali sono quindi:
· Sovranità
· Regolamentazione secondo diritto
· Personalità giuridica
Esso è composto di tre grandi
"poteri": il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere
giudiziario, a loro volta composti da numerosi organi.
Il potere legislativo è formato
dagli organi che hanno il potere di creare norme giuridiche. In passato gli
organi erano due: il re e il parlamento. Nel nostro Stato vi è solo un organo
che può creare le leggi: il Parlamento, composto a sua volta da due organi, la
camera e il senato, che a loro volta sono composti da deputati, senatori,
presidenti della Camera e del Senato, capigruppo ecc.
Il Parlamento è l'organo più
importante per la vita dello Stato. E' formato dalla Camera e dal Senato.
Ciascuno dei 630 deputati della camera e dei 315 senatori viene eletto dai
cittadini ogni cinque anni, a suffragio universale (cioè sono ammessi al voto tutti i maggiorenni, che
siano uomini o donne, sprovvisti o provvisti di titoli di studio ecc.).
Camera e Senato, di comune
accordo, votando ciascuna a maggioranza, votano le leggi che poi sono
promulgate dal Presidente della Repubblica.
Gli organi del potere esecutivo
sono numerosissimi. Al vertice del potere esecutivo c'è il Governo. Ciascuno
dei ministri del governo è a capo di un ministero che a sua volta è costituito
da numerosi organi centrali (direzioni generali, provveditorati generali ecc.)
e periferici (intendenze, uffici locali ecc.) Il potere esecutivo, detto anche
"Pubblica Amministrazione" (abbreviato "P.A.") si occupa
dell'esecuzione delle leggi create dal parlamento: attraverso le forze di
polizia si occupa di controllare l'osservanza delle leggi da parte dei
cittadini, di ricercare i colpevoli di inosservanza, di portarli dai giudici e
di eseguire le sentenze dei giudici. Attraverso altri ministeri si occupa di
controllare il commercio, la circolazione delle merci e in genere le attività
della vita di ogni giorno (controlli bancari, delle dogane ecc.). Attraverso
altri ministeri ancora si occupa di provvedere ai bisogni di istruzione, cure
mediche, assistenza in caso di vecchiaia, invalidità ecc. dei cittadini,
cioè fornisce loro dei "servizi
pubblici", gratuiti o semigratuiti. Anche in questo modo il potere
esecutivo "esegue" i compiti che gli sono stati affidati dal
Parlamento con le leggi (legge sul servizio sanitario nazionale, legge sulla
istruzione obbligatoria ecc.). E' infatti il Parlamento che stabilisce il
numero, i compiti, i poteri degli organi del potere esecutivo (e anche del
potere giudiziario).
Al di sotto dei Ministri e dei
Ministeri, detti "organi centrali" (perché risiedono al
"centro", nella Capitale), si hanno gli "organi periferici"
che da essi dipendono (perché risiedono alla periferia, nei singoli comuni,
nelle singole province o regioni): Intendenze di finanza, Uffici provinciali
delle imposte, Provveditorato provinciale agli studi ecc.)
Presidente del Consiglio,
Ministri, ministeri e organi periferici formano nel loro insieme il
"Potere esecutivo" o "Pubblica Amministrazione".
Tutti gli organi della Pubblica
Amministrazione sono legati tra loro da un rapporto detto di gerarchia, che li
pone su una linea verticale lungo la quale si hanno organi inferiori e
superiori: il Ministro è l'organo superiore del sovrintendente regionale, che a
sua volta è l'organo superiore del provveditore e così via.
Ciascun organo superiore ha il
potere di dare istruzioni all'organo inferiore, di controllarlo, di annullarne
gli atti, di sostituirsi ad esso nello svolgimento di una attività. Questo
rapporto di potere tra superiore e inferiore si chiama appunto "rapporto
gerarchico".
Invece, tra gli organi del
potere legislativo e tra quelli del potere giudiziario non c'è un rapporto tra
superiore e inferiore, ma un rapporto da pari a pari (le due camere del
Parlamento hanno eguali poteri; ogni giudice giudica in piena indipendenza da
altri giudici ecc.).
Il Governo è formato da
Ministri scelti dal Presidente del Consiglio, che riceve l'incarico dal
Presidente della Repubblica. Una volta formato il Governo, questo deve avere
l'approvazione (che si chiama "voto di fiducia") del parlamento.
In qualsiasi momento, anche
dopo il voto di fiducia, il Parlamento può cambiare idea e "votare la
sfiducia" al governo, che è così costretto a dimettersi. In tal caso, il
Presidente della Repubblica dà l'incarico di formare un nuovo governo ad un
altro Presidente del Consiglio. Se nessuno degli incaricati riesce a formare un
governo che incontri la fiducia del Parlamento, al Presidente della Repubblica
non resta che sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni.
Il Presidente del Consiglio può
scegliere i ministri tra i parlamentari, ma anche tra i comuni cittadini. Ogni
ministro è a capo di un ministero, cioè
di un insieme di organi del potere esecutivo che si occupa di curare
determinati interessi della collettività. Abbiamo così i ministeri che si
occupano di mantenere l'ordine e di garantire la difesa e i rapporti con gli
altri stati (Ministero dell'interno, Ministero della difesa, Ministero degli
Esteri, il Ministero di Grazia e Giustizia). Abbiamo i Ministeri che si
occupano della gestione della ricchezza dello Stato e del suo patrimonio
(ministero delle finanze, Ministero del Tesoro, Ministero del bilancio e della
programmazione economica). Molto importanti sono il Ministero delle Finanze,
che si occupa di riscuotere i tributi, e il ministero del Tesoro, che si occupa
di gestire le somme così incassate di effettuare i pagamenti per conto dello
Stato e di trovare il denaro che eventualmente manchi allo Stato attraverso
l'emissione di BOT (buoni ordinari del tesoro) e di altri titoli del debito
pubblico). Abbiamo i ministeri che si occupano dello sviluppo economico e
produttivo (Ministero dell'industria, Ministero del commercio con l'estero).
Abbiamo i ministeri che si occupano del territorio e dell'ambiente (Ministero
dei lavori pubblici, Ministero dei beni culturali e ambientali, Ministero
dell'ambiente). Abbiamo i ministeri che forniscono i servizi pubblici
(Ministero delle Poste, Ministero della pubblica istruzione, Ministero dei
trasporti, Ministero del lavoro, Ministero della sanità).
❍ Il potere giudiziario (“i
giudici”)
Il potere giudiziario è
composto da numerosi organi: Pretori, Tribunali ordinari, Tribunali militari,
Tribunali amministrativi, Tribunale delle acque pubbliche, Corti d'appello,
Corti d'assise, Corti d'assise d'appello, Corte di Cassazione, Consiglio di
Stato, Corte dei Conti ecc. Tutti questi organi sono incaricati di emettere
sentenze che applicano le norme generali ai casi concreti.
I giudici non sono sottoposti
ai ministri, vengono scelti per concorso pubblico e la loro assunzione, la loro
retribuzione, la loro carriera è gestita da organi indipendenti dal potere
politico, il più importante dei quali è il Consiglio Superiore della
Magistratura, i cui membri vengono eletti in parte dal Parlamento, in parte
dagli stessi giudici. Il Consiglio superiore della Magistratura è presieduto
dal Presidente della Repubblica.
❍ Il Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica
non appartiene a nessuno dei tre poteri, ma ha una funzione di rappresentanza
del Paese e di controllo e di garanzia: che tutte le attività degli organi
pubblici rispettino la Costituzione e non mettano in pericolo la democrazia.
Convoca, presiede o nomina una parte dei membri di molti importanti organi
costituzionali. Inoltre rappresenta l'Italia ufficialmente mediante viaggi
all'estero, ricevimento dei rappresentanti diplomatici ecc.
❍ Le autorità regionali, provinciali e comunali
Accanto allo Stato-apparato vi
sono altre autorità che governano la vita dei cittadini: le regioni, le
province e i comuni
Anche la parola
"Regione" (o "Provincia" o "Comune") ha i due
tipi di significato che si sono visti per lo stato:
Nel primo significato
"Regione" significa "Comunità di persone residente in un
determinato territorio, retto da un insieme di norme giuridiche proprie oltre
che da quelle statali, e sottoposto, oltre che all'autorità dello Stato, ad una
propria autorità, eletta dalla Comunità"
Nel secondo significato
"Regione" significa "Autorità che, insieme allo stato, si
spartisce la sovranità sulla comunità regionale, e a cui i cittadini residenti
nella regione debbono ubbidire"
Lo stesso duplice significato
hanno le parole "Provincia" e "Comune": così la parola
"Provincia" può indicare una popolazione su un territorio (come nella
frase "La Provincia di Torino è molto popolosa") o un apparato,
cioè un insieme di uffici (come nella
frase "La Provincia ha emanato delle disposizioni severe contro i danni
ambientali")
Tutti e tre gli apparati che
funzionano da autorità nella Regione, nella Provincia o nel Comune, hanno una
notevole somiglianza con lo Stato: sono composti da organi eletti dai cittadini
(Consiglio regionali, provinciali e comunali) che hanno potere di emanare norme
giuridiche. Hanno organi, simili al Governo statale, che si occupano di
eseguire le leggi e i regolamenti (giunta regionale, giunta provinciale e
giunta comunale), ma non organi giudicanti. Possono avere dei corpi di polizia
locale (vigili urbani, guardie forestali ecc.).
Le regioni possono creare leggi
di valore pari a quelle del parlamento, cioè
norme primarie (ma solo in materie di interesse regionale: turismo,
navigazione locale, caccia e pesca ecc.).
Regioni, Province e Comuni
possono creare anche norme secondarie simili a quelle create dal Governo o dai
Ministri. Si possono avere Regolamenti regionali, provinciali e comunali in
materie di interesse locale. Regioni, Province, Comuni hanno quindi,
esattamente come lo Stato, degli organi che producono norme giuridiche.
Regioni, Province e Comuni sono
regolati dalla Costituzione e da leggi apposite del Parlamento, ma possono
completare la propria organizzazione creando essi stessi una parte delle
proprie norme di funzionamento tramite gli "Statuti".
E' evidente che le
"regole" sono importanti per la convivenza e la cooperazione. Una
regola non è altro che il modello, la descrizione di un comportamento che un
individuo deve o può tenere. Per indicare le regole di comportamento si usa
anche la parola "prescrizioni". A voler essere precisi, non si devono
confondere le "regole" o "prescrizioni"con i
"comandi". Le prescrizioni possono essere espresse in forma di
comandi ("fai questo", "devi fare questo"), ma anche di
divieti ("non fare questo", "è vietato fare questo"), di permessi
("puoi fare questo", "è permesso fare questo", "hai
diritto di fare questo") o di regole organizzative ("La Corte
Costituzionale è composta di quindici giudici").
Si parla di prescrizioni per
indicare regole di condotta, giuridiche o non giuridiche. Vi sono molti tipi di
"prescrizioni": prescrizioni tecniche (che non sono obbligatorie, ma
vengono seguite perché assicurano un certo risultato, ad es. le regole della
medicina), prescrizioni morali (che ci provengono da Dio o dalla nostra coscienza),
prescrizioni del costume o del galateo, prescrizioni giuridiche
Vi sono molti tipi di
"prescrizioni". Tutta la nostra vita si svolge seguendo delle
"prescrizioni", cioè delle ben
precise regole. Nel momento in cui ci vestiamo seguiamo la regola di mettere
prima la biancheria intima poi i vestiti più esterni; nel momento in cui
prepariamo il pasto seguiamo precise regole di cucina; nel momento in cui saliamo
sull'autobus che ci porta a scuola seguiamo precise regole (cenno al
conducente, salita e presentazione della tessera o del biglietto ecc.); nel
momento in cui parliamo con gli amici seguiamo le innumerevoli regole della
grammatica e della sintassi; in classe seguiamo altre precise regole per
parlare con l'insegnante, con i compagni, per andare in bagno, per chiedere in
prestito una penna, ecc.
Esistono dunque vari tipi di
prescrizioni:
● Prescrizioni
del costume
Altre prescrizioni provengono
dall'ambiente in cui viviamo: sono le prescrizioni del costume o del galateo
("lascia il posto sui mezzi pubblici alle persone anziane";
"saluta tu per primo la persona più anziana"; "mantieni fede
alle promesse"; "non bestemmiare"; "non dir male del
prossimo in sua assenza... e possibilmente neanche in sua presenza",
"Non ubriacarti pubblicamente", "non gridare quando sei con
altre persone", "non fare rumori che disturbino il vicino"
ecc.).
● Prescrizioni
morali
Altre prescrizioni sono
definite "morali" perché ci provengono da Dio o dalla nostra
coscienza, e noi le osserviamo solo se siamo intimamente convinti della loro
bontà, a differenza ad esempio delle leggi dello Stato, che ci provengono
dall'esterno. Così la prescrizione "ama il tuo prossimo", "non
desiderare la donna d'altri" ecc. sono prescrizioni morali.
● Prescrizioni
tecniche
Molte prescrizioni sono
definite "tecniche", perché non sono obbligatorie, ma vengono seguite
perché assicurano un certo risultato. Così, le prescrizioni del medico, le
regole per la medicazione delle ferite, le regole per cucinare i cibi vanno
seguite se si vuole ottenere la guarigione, la preparazione del cibo, ecc. ma
non sono obbligatorie.
● Prescrizioni
giuridiche
Le prescrizioni giuridiche
hanno in comune il fatto che provengono dalla autorità che nel gruppo detiene
la sovranità (cioè non riconosce altri sopra di sé e detiene il supremo potere
di comando su tutti gli altri soggetti) e che minaccia delle sanzioni a chi non
le osserva. Questa autorità può essere lo stesso popolo (si pensi alle
consuetudini dei pastori, degli ateniesi dell'antichità ecc.) o un soggetto che
sia investito di un apposito potere. Le prescrizioni, insomma, provengono
sempre dallo Stato o da una autorità dello Stato. Le prescrizioni giuridiche
hanno in comune lo scopo di influenzare i comportamenti dei cittadini al fine
di coordinarli evitando conflitti violenti di interessi
Le prescrizioni giuridiche
hanno certe qualità o caratteri o caratteristiche che mancano alle prescrizioni
non giuridiche (morali, sociali, tecniche).
Questi caratteri sono:
● IMPERATIVITA':
La forma della prescrizione giuridica, a differenza da quella della
prescrizione tecnica, è quella del comando senza condizioni: "devi fare
questo" anziché: "devi fare questo se vuoi guarire,
cucinare,fabbricare... ecc."
● INTERSOGGETTIVITA':
Le prescrizioni giuridiche sono destinate a risolvere conflitti tra due o più
persone che convivono. Se vi è una sola persona o non vi è convivenza le
prescrizioni giuridiche, a differenza di quelle morali e di quelle tecniche,
sono inutili e senza senso. Ad esempio Adamo prima della creazione di Eva non
aveva bisogno di prescrizioni giuridiche sulla proprietà (non c'erano altri a
spartirsi la terra) né sul matrimonio (non era ancora stata creata la donna),
ma aveva bisogno di prescrizioni su come curarsi, e aveva ricevuto da Dio delle
prescrizioni morali ("non toccare l'albero della conoscenza";
"non avrai altro dio al di fuori di me" ecc.).
● COATTIVITA':
Le prescrizioni giuridiche sono le uniche la cui esecuzione sia garantita da
una sanzione (= punizione, conseguenza sfavorevole) stabilita da altre regole.
Così, la prescrizione di pagare il proprio debito è garantita dalla minaccia
della sanzione consistente nel privare il debitore dei suoi beni; la
prescrizione di non rubare è garantita dalla sanzione della prigione ecc.
Tra le sanzioni, le più
importanti sono quelle che consistono nell'uso della forza (incarcerazione,
espropriazione e vendita dei beni, distruzione della casa abusiva ecc.). E' la
minaccia dell'uso della forza che spesso convince le persone ad obbedire. Non
bisogna però credere che le prescrizioni giuridiche, per funzionare, abbiano
bisogno dell'uso continuo della forza: le condanne penali, le espropriazioni
ecc. sono solo le misure estreme, a cui si ricorre (fortunatamente di rado)
quando tutti gli altri mezzi di persuasione (minaccia dell'uso della forza;
disapprovazione sociale; regole morali;persuasione mediante ragionamento) sono
fallite.
❍ I vari gruppi di prescrizioni giuridiche
Vi sono vari tipi di
prescrizioni giuridiche:
● Prescrizioni
del potere legislativo (“leggi”)
Abbiamo in primo luogo le
prescrizioni del potere legislativo: Costituzione, leggi del Parlamento, leggi
delle Regioni, Regolamenti del governo o dei Ministri, Regolamenti Regionali,
provinciali, comunali.
● Prescrizioni
del potere esecutivo (“provvedimenti”)
· Gli ordini (dei poliziotti, dell'ufficiale
sanitario)
· I permessi (del prefetto che concede il
porto d'armi, del sindaco che concede le licenze edilizie commerciali)
· Le punizioni o "sanzioni" (ad es.
del vigile urbano)
· Le ammissioni (ammissione ad un concorso,
ammissione al prestito per la prima casa, ammissione tra coloro che hanno
diritto di case popolari)
· Gli esoneri (dalle tasse scolastiche, dal
servizio militare)
· gli espropri
· Gli incentivi (premi alle imprese che si
trasferiscono nel Mezzogiorno)...
● Prescrizioni
del potere giudiziario (“sentenze”)
· Sentenze dei giudici
· Decreti dei giudici
· Ordinanze dei giudici
● Prescrizioni
che i privati danno a se stessi (“regole dell’autonomia privata”)
· Promesse giuridicamente valide (ad es.
quella di donare una cosa)
· Regole dei contratti che ci impegniamo a
rispettare
● Prescrizioni
che si formano spontaneamente (“consuetudini”)
Abbiamo poi le prescrizioni che
ci vengono dalle consuetudini che sono considerate obbligatorie: consuetudini
commerciali, consuetudini nei rapporti tra proprietari della terra e contadini
ecc. Nell'antica Roma quasi tutte le prescrizioni giuridiche si erano formate
per consuetudine, e la vita veniva regolata quasi completamente dalla
consuetudine. Oggi la situazione si è capovolta: quasi tutti i rapporti sono
regolati da una legge dell'autorità e le consuetudini sono ammesse solo quando
non contraddicono la legge (consuetudini "secundum legem") o quando
regolino un rapporto non regolato dalla legge (consuetudini "praeter legem").
Alle prescrizioni che
provengono dal potere esecutivo si dà il nome di provvedimenti. Alle
prescrizioni che provengono dal potere giudiziario si dà il nome di sentenze.
Alle prescrizioni che i privati si danno da sé si dà il nome di regole
dell’autonomia privata. Alle prescrizioni giuridiche che provengono dal potere
legislativo si dà il nome di norme giuridiche.
Si parla di
"violazione", "inosservanza", "trasgressione" di
una prescrizione giuridica o di una norma giuridica ogni volta una persona non
tiene il comportamento che la norma gli dice di tenere.
Le norme giuridiche sono le
prescrizioni giuridiche più importanti, sulle quali tutte le altre in un certo
senso si basano. L'insieme delle prescrizioni del potere legislativo, cioè le norme giuridiche, formano quell'insieme di
regole che si chiama ordinamento giuridico, o "legge" o
"diritto".
Le norme giuridiche hanno il
carattere della generalità, dell’astrattezza e della novità. Noi tutti siamo in
grado di immaginare cosa ordinerà un vigile in una certa situazione, cosa
stabilirà il giudice in una certa lite, come risponderà un funzionario alla
richiesta di un certificato. Infatti, tutte queste persone non creano regole
nuove, ma si limitano a rifarsi, ad adattare al caso particolare delle regole
generali che già esistono. La prescrizione giuridica di un vigile, di un
prefetto, di un giudice, non aggiunge perciò nuove regole a quelle esistenti.
Invece la prescrizione giuridica del potere esecutivo (= la norma giuridica)
costituisce una regola nuova, che si va ad aggiungere alle altre esistenti o
che va a modificarle. E' questo che noi chiamiamo "novità" della
norma giuridica. Ogni norma giuridica è un comando nuovo: o perché regola
materie che prima non erano regolate; o perché cambia regole precedenti.
All’interno dell’ordinamento
giuridico si distinguono norme super-primarie (sono le norme di rango
costituzionale), norme primarie (la legge e gli atti aventi forza di legge) e
norme secondarie o sub-primarie (regolamenti ed atti equiparati). La importante
differenza tra norme primarie e secondarie risiede nel fatto che il giudice
ordinario deve applicare le norme primarie senza poterle contestare, mentre può
disapplicare o addirittura annullare (giudice amministrativo) le norme
secondarie.
Le norme giuridiche, cioè le prescrizioni giuridiche create dal potere legislativo,
hanno delle caratteristiche molto precise. Alcune di queste caratteristiche
permettono di distinguerle con sicurezza dalle altre prescrizioni giuridiche:
● INTERCONNESSIONE:
le norme giuridiche sono collegate l'una all'altra in almeno tre modi:
· vi sono norme che si applicano in caso di
violazione di altre norme e che formano catene anche molto lunghe. Ad esempio,
la violazione della norma che obbliga il debitore al pagamento del debito fa
intervenire la norma che obbliga il debitore in ritardo col pagamento a pagare
i danni; la violazione della norma di pagare i danni e il debito fa intervenire
la norma che prevede la espropriazione e la vendita dei beni; la violazione
della norma che prevede la espropriazione e la vendita (il soggetto si oppone
all'ingresso in casa dell'ufficiale giudiziario) fa intervenire la norma che
prevede la prigione per resistenza a pubblico ufficiale; la evasione dalla
prigione fa intervenire la norma sul reato di evasione ecc.
· la validità di una norma dipende sempre da
un'altra norma. Ad esempio la validità della norma che ci vieta di usare il
clacson in città deriva dalla validità della norma del parlamento che ha
autorizzato il governo ad emanare il codice della strada; la validità della
norma del parlamento che ha autorizzato il governo ad emanare il codice della
strada deriva dalla validità della norma della Costituzione che autorizza il
Parlamento a fare leggi su qualsiasi materia ecc.
· non è possibile in pratica interpretare una
norma senza l'aiuto di numerose altre. Ad esempio la norma che dice "ai
figli legittimi spetta un terzo dell'eredità" richiede la conoscenza della
norma che dice "sono figli legittimi quelli nati dopo 180 giorni dalla
celebrazione del matrimonio ed entro 300 giorni dal suo annullamento"; per
capire quest'ultima, occorre conoscere gli articoli che parlano della
celebrazione del matrimonio... e così via.
● CERTEZZA
O IDENTITA' O INDEFORMABILITA': Mentre chiunque può interpretare liberamente le
prescrizioni tecniche e quelle morali, le norme giuridiche possono essere
validamente interpretate solo dal giudice, il quale deve seguire delle precise
regole descritte nel codice civile. Se le norme giuridiche potessero essere
interpretate da ciascuno come gli fa più comodo, o da ciascun giudice come
meglio crede, non ci sarebbero più regole certe, e non potrebbe nascere una
coesistenza pacifica, perché si moltiplicherebbero ben presto le liti e l'uso
della forza. Per poter funzionare tra due contendenti, una regola deve poter
essere interpretata sempre allo stesso modo. Se una regola fosse interpretata
da soggetti diversi o da giudici diversi in modo diverso, non solo non si
avrebbe certezza del diritto, ma neanche giustizia: una persona sarebbe trattata
in modo diverso da un'altra, pur trovandosi nella stessa situazione.
Un concetto collegato a quello
della certezza del diritto è quello della certezza della sanzione, o almeno
della ragionevole probabilità che una sanzione sia applicata. Se il rischio di
essere scoperti è basso, le violazioni saranno frequenti. A meno che i
cittadini non osservino la norma spontaneamente, per convinzione, tradizione o
altro.
● GENERALITA’:
generali sono quelle che non si rivolgono a questo o quell'individuo
particolare, ma che si rivolgono a tutti gli individui che si trovano nella
stessa situazione. Così, il codice civile non dice: "Caio deve rispettare
il contratto di vendita" o "tizio deve rispettare il contratto di
vendita", ma: "il venditore (che può essere Tizio, Caio, o chiunque
altro si trovi a vendere) deve rispettare il contratto di vendita". In
questo modo si creano regole che non cambiano da un individuo all'altro e che
perciò sono certe e giuste.
● ASTRATTEZZA:
astratte sono quelle che non si riferiscono a questa o a quella situazione
particolare, ma che regolano tutte le situazioni di un certo tipo. Così, il
codice civile non dice: "nel caso di morte di Tizio i parenti ereditano i
suoi beni" o: "nel caso di morte di Caio i parenti ereditano i suoi
beni", ma: "in caso di morte di una persona (che può essere la morte
di Tizio, la morte di Caio, ecc.) i parenti ereditano i suoi beni". Anche
in questo caso si ottengono norme che non cambiano da un caso all'altro, e
perciò sono certe e giuste. Le altre prescrizioni giuridiche sono particolari e
concrete: si rivolgono cioè a questa o
quella persona che si trova in questa o quella situazione determinata (si pensi
ai provvedimenti amministrativi).
● NOVITA'
Noi tutti siamo in grado di immaginare cosa ordinerà un vigile in una certa
situazione, cosa stabilirà il giudice in una certa lite, come risponderà un
funzionario alla richiesta di un certificato. Infatti, tutte queste persone non
creano regole nuove, ma si limitano a rifarsi, ad adattare al caso particolare
delle regole generali che già esistono. La prescrizione giuridica di un vigile,
di un prefetto, di un giudice, non aggiunge perciò nuove regole a quelle
esistenti. Invece la prescrizione giuridica del potere esecutivo (= la norma
giuridica) costituisce una regola nuova, che si va ad aggiungere alle altre
esistenti o che va a modificarle. E' questo che noi chiamiamo
"novità" della norma giuridica. Ogni norma giuridica è un comando nuovo:
o perché regola materie che prima non erano regolate; o perché cambia regole
precedenti.
● COERCIBILITA’
La coercibilità è la
possibilità che i singoli siano costretti a subire materialmente le conseguenze
negative previste per il caso di violazione del diritto
Ad esempio un soggetto che ha
compiuto un reato viene condannato a una pena detentiva. Siccome è improbabile
che si presenti spontaneamente in carcere, la polizia ce lo condurrà con la
forza.
Qual è l'importanza di
classificare una prescrizione come norma giuridica o meno? Alle norme (e non
alle altre prescrizioni giuridiche) si applicano alcuni principi:
● "Ignorantia
legis non excusat"
● "Jura
novit curia"
● Vengono
applicate le regole sull'interpretazione
● La
violazione delle norme legittima la ricorribilità per Cassazione
Il diritto vigente in Italia
come nei paesi dell’Europa continentale ha i seguenti caratteri:
● E’
diritto scritto
● E’
diritto prodotto da autorità pubbliche attraverso i loro organi e non diritto
consuetudinario
● E’
completo, nel senso che forma un insieme di regole che disciplinano tutti i
casi e i fatti rilevanti nella nostra società (nell’antichità le regole scritte
erano molto poche, e si doveva ricorrere non di rado alla consuetudine e alla
sapienza degli anziani o “prudentes”)
● E’
diritto (almeno le norme di rango più elevato) parlamentare, cioè creato da
organi rappresentativi dei cittadini
● E’
diritto di natura legislativa e non diritto giurisprudenziale: è emanato cioè
da appositi organi legislativi distinti dal potere giudiziario, che non ha il
potere di creare norme. Nel sistema italiano, i giudici sono “soggetti solo alla
legge” (art. 101 Cost.) e non alle precedenti decisioni dei loro colleghi
● E’
coerente: non vi sono norme contraddittorie. Eventuali conflitti sono risolti
eliminando una delle norme o interpretando le norme in conflitto in modo da
eliminarne il contrasto
● E’
ordinato: le norme sono collegate tra loro: gerarchicamente (esistono norme
superiori e norme inferiori che da esse traggono legittimità); attraverso il
meccanismo della sanzione (esistono norme che prevedono una regola e norme che
stabiliscono la sanzione per la violazione di quella regola); attraverso il
meccanismo del processo e della interpretazione (esistono norme che si occupano
dei procedimenti per interpretare le altre norme e dei procedimenti per
dichiarare qual è la giusta interpretazione per il caso singolo); attraverso la
regolazione della produzione del diritto (esistono norme che regolano la
produzione di norme, e sono dette “norme sulla produzione” e norme che
stabiliscono diritti ed obblighi per i cittadini e sono dette “norme di produzione
del diritto”)
Il diritto consuetudinario è
quello che si forma lentamente e spontaneamente nel corso dei secoli. Le
società regolate dal diritto consuetudinario erano quelle anteriori alla
Rivoluzione Francese. La consuetudine è tipica di società statiche e
tradizionali, che cambiavano poco o nulla nel corso dei secoli. Oggi le società
sono soggette a cambiamenti rapidissimi, e il diritto consuetudinario non è più
in grado di regolare il loro funzionamento.
Il diritto giurisprudenziale
(che nei paesi anglosassoni prende il nome di “common law”) non nasce da un
atto del legislatore ma dalla decisione di un giudice: la soluzione di un caso
deve nascere in concreto, dalla discussione delle buone ragioni dei litiganti.
Esso è basato sulla regola del “precedente vincolante” (detta anche regola
dello “stare decisis” = “attenersi alle decisioni già pronunciate”): i giudici,
nella decisione, dovevano attenersi alle sentenze che avessero già risolto casi
analoghi (chiamati “precedenti”). Questo sistema può sembrare rigido, ma in
realtà gli organi giudiziari più elevati non sono vincolati dai precedenti dei
giudici inferiori e neanche dai propri e inoltre, di fronte alla varietà dei
casi c’è spesso la possibilità di dimostrare che il caso che si deve decidere è
diverso da quello precedente. In questo modo i “precedenti” possono essere
adeguati alla varietà dei casi della vita.
La quantità e il tipo di azioni
che il diritto sottrae alle motivazioni individuali e regola con norme
uniformi, non è sempre la stessa. Essa dipende da fattori storici e politici,
che cambiano e seconda dei tempi e dei luoghi
In generale, il minimo di
diritto (in pratica la difesa nazionale e la tutela dell’ordine pubblico) fu
l’aspirazione del liberalismo del secolo scorso; il massimo di diritto per regolare
ogni aspetto della vita dell’uomo è il traguardo delle società totalitarie.
Il diritto nella società
democratica attuale è in una posizione complessa. Ad esso infatti si chiede di
rispettare la libertà degli individui a anche di promuoverla e proteggerla. Ciò
significa che la tutela dell’ordine pubblico è indispensabile ma non basta.
Infatti devono essere sottoposte a regole giuridiche anche tutte quelle
attività (soprattutto economiche) che possono creare privilegi a vantaggio di
pochi e ingiustizie a danno di molti.
❍ Il meccanismo di funzionamento delle norme giuridiche
Molte norme giuridiche sono
nella forma "se... allora..." (esempio: "Se una persona uccide
un'altra persona sarà incarcerata")
Queste norme sono composte di
due parti:
Una parte chiamata
"fattispecie", che contiene la descrizione di un fatto (ad esempio:
"mancato pagamento da parte del debitore")
Una parte chiamata
"sanzione", che stabilisce la conseguenza collegata al verificarsi
della fattispecie (ad esempio: "obbligo del debitore di risarcire i danni
provocati al creditore col proprio mancato pagamento")
L'effetto che una norma
giuridica prevede nella sanzione consiste sempre e solo nella nascita o nella
modificazione o nella estinzione di una situazione giuridica soggettiva attiva
o passiva per uno o più soggetti.
Esempio di fattispecie: assenza
del professore per malattia
Esempio di sanzione collegata a
tale fattispecie:
· Nascita di un obbligo di segnalazione e di
un obbligo di giustificazione (invio del certificato medico) da parte del
professore
· Nascita del diritto del professore a
rimanere a casa a curarsi;
· Nascita dell'obbligo del Preside di
sostituire il professore;
· Nascita dell'obbligo della segreteria di
annotare il numero di giorni di assenza.
Il meccanismo di funzionamento
delle norme giuridiche è sempre lo stesso: la norma stabilisce che al
verificarsi di un dato fatto (chiamato "fatto giuridico") si
verifichi una delle seguenti conseguenze:
· nascita di una situazione giuridica
soggettiva nuova (es. nascita di un diritto);
· estinzione di una situazione giuridica
soggettiva già esistente (es. estinzione di un diritto);
· trasformazione di una situazione giuridica
esistente (es. un diritto di proprietà si trasforma in un diritto di
usufrutto).
❍ I vari tipi di sanzioni negative
Il termine “sanzione” è
frequentemente usato nel senso più ristretto di “sanzione negativa”. Per evitare
la violazione delle norme giuridiche, è il diritto stesso a occuparsi di tale
caso, prevedendo che si producano certi effetti negativi per coloro che le
hanno violate. Queste conseguenze negative si denominano sanzioni e sono
anch’esse stabilite da norme giuridiche
. Le sanzioni servono a scoraggiare quanti intendono agire diversamente da quel
che il diritto prescrive: servono quindi a renderlo obbligatorio.
Le sanzioni sono di vari tipi:
● Sanzioni
penali
Nel diritto penale per i reati
sono previste pene detentive (che consistono nella privazione della libertà) e
pene pecuniarie (che comportano un pagamento, cioè una privazione di beni)
oltre a pene, dette accessorie, che si aggiungono alle precedenti in
determinati casi
● Sanzioni
amministrative
Nel diritto amministrativo il
cittadino che viola i suoi doveri sarà obbligato a pagare multe o ammende.
Contro il pubblico dipendente che viola i suoi doveri (per esempio risulta
assente ingiustificato dal lavoro) potranno essere adottate sanzioni disciplinari
(riduzione dello stipendio, destituzione ecc.)
● Sanzioni
tributarie
Nel diritto tributario il
contribuente che non paga le tasse dovrà pagare
in più delle sovrattasse (e, nei casi più gravi, incorrerà anche in sanzioni penali)
● Sanzioni
civili
Nel diritto privato la
violazione dei diritti altrui attraverso un atto illecito comporta
fondamentalmente l’obbligo del risarcimento del danno (ad esempio, nel caso di
un tamponamento automobilistico, l’investitore che ha guidato con imprudenza
deve risarcire la vittima del danno provocato). Le sanzioni di questo tipo
tendono però, più che a punire, a riparare le violazioni del diritto e ad
evitare che chi agisce contro il diritto possa trarre vantaggi dai propri atti
● Può
essere considerata una specie di sanzione anche l’invalidità che è prevista nel
caso in cui si compiano degli atti violando determinate prescrizioni
giuridiche. L’effetto negativo consiste nella impossibilità di raggiungere lo
scopo che ci si riprometteva compiendo quel certo atto
Una persona desidera acquistare
un bene (una casa, un quadro d’autore, ecc.) che il proprietario non vuol
vendere. Quella persona allora formula minacce contro di lui o la sua famiglia
per spaventarlo e così convincerlo. Però una regola giuridica stabilisce che i
contratti sono invalidi quando il consenso è stato estorto con la violenza.
Quindi quella persona (oltre a rispondere del reato di estorsione) non riuscirà
a ottenere la proprietà del bene.
Un elettore va a votare ma non
segue le regole stabilite (per esempio non usa la scheda apposita ma un
qualunque pezzo di carta): il suo voto è invalido e quindi non ha valore
La legge, invece di minacciare
effetti negativi, può proporre premi a coloro che si comporteranno secondo le
indicazioni del diritto. Ad esempio per indurre gli imprenditori a effettuare
investimenti o assunzioni di lavoratori si promettono loro degli incentivi
(finanziamenti agevolati, diminuzioni delle imposte, ecc.). Dal campo economico
questa tecnica è passata ad altri settori per la verità più delicati. Ad
esempio, per indurre gli imputati di reati mafiosi a collaborare con il
giudice, si promette loro uno sconto di pena se denunciano coloro che fanno
parte dell’organizzazione criminale.
Nei casi in cui è prevista una
pena o una sanzione il dovere di obbedire alla norma è assoluto.
Nei casi in cui è prevista
l’invalidità c’è un dovere meno intenso.
La norma dice: “se vuoi compiere un atto valido (contratto, voto ecc.) devi
comportarti in questo modo”
❍ Le forme in cui può essere espressa una prescrizione
giuridica
Non si devono confondere le
regole o prescrizioni con i "comandi". Le prescrizioni possono essere
espresse in molte forme, non necessariamente di comando:
· Comandi ("fai questo", "devi
fare questo")
· Divieti ("non fare questo",
"è vietato fare questo")
· Permessi ("puoi fare questo",
"è permesso fare questo", "hai diritto di fare questo")
· Ipotesi ("Se farai questo, allora
accadrà quest'altro")
· Norme di struttura ("I deputati sono
seicentotrenta")
· Norme di qualificazione ("E' figlio
legittimo chi è nato da genitori legalmente sposati")
· Principi ("L'Italia è una Repubblica
fondata sul lavoro")
· Attribuzione di poteri ("Il Questore
può ordinare ad un corteo di sciogliersi")
Le prescrizioni giuridiche
hanno in comune il fatto che provengono dalla autorità che detiene il potere
sovrano, e che minaccia delle sanzioni a chi non le osserva. Questa autorità
può essere lo stesso popolo (si pensi alle consuetudini dei pastori, degli
ateniesi dell'antichità ecc.) o un soggetto che sia investito di un apposito
potere. Le prescrizioni, insomma, provengono sempre dallo Stato o da una
autorità dello Stato.
Le prescrizioni giuridiche
hanno in comune lo scopo di influenzare i comportamenti dei cittadini al fine
di coordinarli evitando conflitti violenti di interessi
❍ Norme speciali ed eccezionali
La generalità porta con sé
l’uniformità di trattamento e quindi l’uguaglianza di tutti di fronte alle
norme giuridiche
L’astrattezza comporta la
stabilità del diritto nel tempo (fino a quando quella norma giuridica non sarà
sostituita da un’altra)
La generalità può talora cedere
il passo a norme speciali che riguardano non tutti ma solo alcuni tra gli
appartenenti alla società. Le norme speciali servono quando occorra una
differenziazione di trattamento. L’esigenza di distinguere è frequente
nell’attuale momento storico, in cui il diritto è divenuto uno strumento di
riforma sociale. Esso serve per realizzare una maggior giustizia nella società,
per favorire i più deboli e limitare il potere dei più potenti.
Ad esempio, nel diritto del
lavoro, la legge non tratta allo stesso modo lavoratori e datori di lavoro.
Essa distingue la posizione degli uni e degli altri perché si propone di
sostenere i più deboli (i lavoratori che vivono dello stipendio o del salario
ricevuto, di fronte ai più forti (i datori di lavoro che presumibilmente hanno
maggiori risorse.
Lo stesso avviene in materia di
affitto della abitazioni, nei rapporti tra proprietari e inquilini, ecc.
In questi casi la generalità
non scompare ma viene per così dire, a suddividersi, sempre però in base a criteri
obiettivi. All’interno delle categorie così individuate (per esempio datori di
lavoro e lavoratori) continuerà a operare
l’uniformità di trattamento e cioè il principio della generalità. Quindi
ciò che il diritto del lavoro stabilisce per i datori di lavoro si applicherà a
tutti i datori, ciò che stabilisce per i lavoratori a tutti i lavoratori.
Anche l’astrattezza delle norme
giuridiche può subire delle attenuazioni. Ciò accade nei momenti di emergenza,
quando si emanano norme giuridiche eccezionali, destinate cioè a valere in una
concreta situazione storica e a scomparire non appena quella situazione è
superata. E’ però un brutto segno se si emanano norme eccezionali di frequente:
ciò significa che la vita sociale procede più rapidamente del diritto e che
questo deve rimediare a situazioni di fatto non previste, che si sono
sviluppate in assenza di regole giuridiche.
Sono esempi di norme
eccezionali tutte quelle con le quali
vengono “sanati” comportamenti contrari al diritto: le amnistie che cancellano
certi reati; i condoni fiscali che permettono a chi ha evaso le imposte di
mettersi in regola pagando meno del dovuto; i condoni edilizi che, a pagamento,
regolarizzano le costruzioni abusive, ecc.
Altri esempi sono rappresentati
dalle norme dettate di tempo in tempo per combatter con particolare efficacia
il terrorismo oppure la mafia e le altre organizzazioni criminali. Tali norme
eccezionali sono ammissibili se servono per affrontare e risolvere situazioni
di emergenza, quindi se operano per un tempo limitato
Sono norme eccezionali quelle
destinate a regolare situazioni temporanee, e quindi che rimangono in vigore
per un tempo limitato.
Le norme giuridiche sono le
prescrizioni giuridiche più importanti, sulle quali tutte le altre in un certo
senso si basano. L'insieme delle prescrizioni del potere legislativo, cioè le norme giuridiche, formano quell'insieme di
regole che si chiama "ordinamento giuridico", o "legge" o
"diritto".
❍ Diritto e morale. Diritto naturale e diritto positivo.
Le norme del diritto possono
contrastare col sentimento morale. E’ il caso del diritto ingiusto, nel quale
si pone il problema della disobbedienza (spesso si parla a questo proposito di
disobbedienza civile). Si crea allora un conflitto tra il dovere giuridico e il
dovere morale, tra cui i singoli debbono scegliere.
Nel concetto di disobbedienza
civile o resistenza al diritto ingiusto è compresa l’assunzione a viso aperto
delle conseguenze dei propri atti. Si tratta perciò di comportamenti
responsabili (e molto rispettabili anche da parte di chi non li condivide),
tenuti con l’intenzione di testimoniare i valori in cui si crede o di
richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica allo scopo di promuovere una
presa di coscienza che porti al mutamento della legge.
Secondo il positivismo
giuridico non c’è altro diritto che quello posto dallo stato con le sue leggi.
Pertanto lo stato nel creare il diritto è onnipotente, poiché non incontra
alcun limite.
Secondo il giusnaturalismo
invece, esiste un diritto più alto di quello scritto dagli uomini nelle leggi:
un diritto corrispondente all’idea di giustizia e di morale che il diritto
stabilito dagli uomini deve rispettare.
Secondo il giusnaturalismo, se
c’è contrasto tra diritto naturale e il diritto positivo occorre obbedire al
primo e disobbedire al secondo. Il diritto naturale rappresenta quindi un
limite all’onnipotenza del legislatore e un fattore di trasformazione del
diritto positivo. Al diritto naturale si
sono sempre appellati infatti, coloro che hanno cercato di rendere più giusto
il diritto del loro tempo. In particolare, nel 1600 il diritto naturale fu
un’arma formidabile nella lotta contro gli arbitri del sovrano assoluto. I
teorici del diritto naturale asserirono che esistevano dei diritti naturali
della persona che anche il sovrano doveva rispettare.
Quali siano i contenuti del
diritto naturale è da sempre oggetto di discussione. Al di là dei diritti
fondamentali della persona, ad esempio, i liberali considerano la proprietà un
diritto naturale, mentre i socialisti lo considerano il massimo
dell’immoralità.
❍ I significati della parola
“legge”
La parola “legge” può avere
diversi significati
● In
frasi come: "la legge (= l'insieme delle norme giuridiche) è uguale per
tutti"; "Il diritto degli antichi romani (= l'insieme delle norme
giuridiche degli antichi romani) veniva osservato in tutto il
Mediterraneo"; "L'ordinamento giuridico italiano (= l'insieme delle
norme giuridiche italiane) non conosce la pena di morte" le parole
"legge", "diritto" e "ordinamento" significano
"insieme di norme giuridiche", cioè
"insieme di regole di condotta".
● In
frasi come “la legge n. 234 del 3 luglio 1990 regola la materia degli appalti”
la parola “legge” indica un insieme di norme, che però non sono l’intero
ordinamento
● In
frasi come “la legge del Parlamento prevale sui regolamenti del Governo” la
parola “legge” significa “fonte del diritto”, cioè “atto che crea norme
giuridiche” o, come anche si dice, “fonte di produzione” del diritto
● In
frasi come “devo leggere la legge per vedere quali sono i miei diritti” la
parola “legge” significa “documento contenente il testo delle norme”, o, come
anche si dice “fonte di cognizione” del diritto
❍ I significati della parola
“diritto”
La
parola “diritto” può assumere diversi significati
● La
parola "diritto" significa "giusta (cioè legittima) pretesa", nelle frasi:
"Ho diritto di manifestare la mia opinione", "I genitori debbono
riconoscere i diritti dei figli" ecc.
● La
parola “diritto” può indicare l’intero ordinamento giuridico (“il diritto dei
romani si diffuse in tutto il mediterraneo”)
● In
frasi come “il diritto penale italiano non prevede la pena di morte” la parola
“diritto” indica un complesso di norme meno vasto dell’ordinamento giudico (in
questo caso l’insieme delle norme del codice penale)
Si dice che il giudice applica
le norme giuridiche al caso che ha davanti,emettendo una sentenza. Per poter
far questo egli deve compiere tre distinte operazioni.
● La
prima operazione è quella della ricostruzione dei fatti. Il giudice stabilisce
come si sono svolti i fatti sentendo i testimoni, valutando le prove, prendendo
visione dei documenti. In questa prima fase egli agisce come uno storico: cerca
di ricostruire come si sono svolti fatti del passato.
● La
seconda operazione è quella della ricerca della regola da applicare. Il giudice
deve trovare la norma giuridica da applicare ai fatti che ha ricostruito. Per
far questo egli deve anzitutto leggere il testo delle norme che si occupano di
quella particolare materia (codice civile, codice penale, raccolta delle leggi
amministrative) e interpretarlo, cioè
dare ad esso un significato.
Questa è la fase della interpretazione
delle norme.
Successivamente egli confronta
le fattispecie astratta delle norme che ha interpretato con la fattispecie
concreta (il fatto che ha ricostruito) e trova la norma che descrive
esattamente quel fatto.
Si dice “fattispecie astratta”
la descrizione, contenuta nella legge, di un fatto
Si dice “fattispecie concreta”
il fatto effettivamente accaduto, che il giudice deve giudicare
Questa è la fase della individuazione
della norma rilevante.
● La
terza operazione consiste nel collegare al caso la conseguenza prevista dalla
norma giuridica pronunciando la sentenza. Questa è la fase della applicazione
della norma.
Ci occuperemo qui di seguito
dei problemi della INTERPRETAZIONE.
Dare un significato alle parole
di cui sono composte le norme non è sempre facile. Facciamo un esempio. Nel
diritto italiano il furto viene vietato attraverso la seguente disposizione:
"chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la
detiene, al fine di trarne profitto, è punito con la reclusione fino a tre anni
e con la multa da lire 60.000 a 1.000.000" (articolo 624 del codice
penale). In base a questa disposizione possono essere considerati come
"furti" e quindi puniti a norma dell'art. 624 del codice penale
soltanto quei comportamenti che rientrano in quella definizione. In apparenza
la definizione è chiara e non ha bisogno di particolari spiegazioni: se una
persona penetra abusivamente nel mio appartamento e mi ruba l'impianto stereo è
abbastanza evidente che ci troviamo di fronte a un caso concreto che
corrisponde a quello descritto dalla legge, ossia a un furto. Ma si possono
verificare casi particolari in cui l'applicazione di quella norma può suscitare
dubbi. Osserviamo questi tre casi: 1) un bambino di 5 anni porta via un
giocattolo a un suo compagno di giochi; 2) una persona allaccia abusivamente il
suo impianto elettrico al contatore del vicino sottraendogli l'energia
elettrica; 3) il cassiere di una banca sottrae alla cassa, che egli stesso
maneggia, alcuni milioni di lire. Questi fatti sono da considerare come furti? Tutto
dipende dal significato che si attribuisce alle parole usate dal legislatore
nell'art. 624. Per quanto riguarda il primo esempio occorre decidere il
significato della parola "chiunque": essa comprende anche i bambini?
Per il secondo esempio occorre decidere il significato della parola "cosa
mobile": essa comprende anche l'energia elettrica? Per il terzo esempio
occorre decidere il significato dell'espressione "sottraendola a chi la
detiene": se detenere significa possedere, sicuramente il cassiere può
essere accusato di furto perché quel denaro non apparteneva a lui ma alla
banca, ma se detenere significa avere la disponibilità materiale della cosa, il
cassiere non può essere accusato di furto, perché egli aveva già la diretta
disponibilità del denaro che ha sottratto (ma può essere eventualmente accusato
di un altro reato).
Qualsiasi norma, per quanto sia
formulata in modo chiaro e univoco, può presentare incertezze di fronte alla
molteplicità dei casi concreti. Non è quindi possibile applicare una norma se
prima non la si interpreta, ossia se non si definisce esattamente il suo
significato.
Secondo l’art. 12 delle
Disposizioni sulla legge in generale, “Nell’applicare la legge non si può ad
essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio
delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del
legislatore”
Vediamo quindi che il
legislatore indica due tipi di interpretazione:
● Interpretazione
letterale (“l'interprete deve basarsi innanzi tutto sul "significato
proprio delle parole secondo la connessione di esse")
● Interpretazione
basata sull’intenzione del legislatore o teleologica (l’interpretazione deve basarsi
"sull'intenzione del legislatore")
L'interpretazione letterale
consiste nel comprendere il significato delle parole e delle frasi, muniti di
dizionario e vedere se si riesce a dare loro un senso. Per poter interpretare
letteralmente una norma è indispensabile conoscere il linguaggio giuridico, che
è un linguaggio tecnico, in cui le parole della lingua italiana assumono un
significato più preciso e talvolta differente che nell'ordinaria conversazione,
e sono anche presenti parole non usate normalmente nella lingua corrente. Per
esempio le parole: "parente", "affine",
"impresa", "bene", "errore",
"violenza", "possesso" e moltissime altre hanno nel
linguaggio giuridico un significato tecnico rigoroso che non va confuso con il
significato usuale di questi termini. Esistono poi termini che il linguaggio
corrente non usa, o usa molto raramente, come "obbligazione",
"usucapione", "rescissione", "impugnazione",
"delibazione", "gravame" ecc. Occorre inoltre tenere conto
delle regole della grammatica e della sintassi,dei segni di punteggiatura ecc.
Si confrontino ad es. queste due diverse frasi: "I ragazzi che non
conoscevano Paolo lo hanno trovato simpatico" e "I ragazzi,che non
conoscevano Paolo, lo hanno trovato simpatico". Nel primo caso si vuol dire
che solo una parte dei ragazzi (quelli che non lo conoscevano ancora) ha trovato
Paolo simpatico; nel secondo caso si vuol dire che tutti i ragazzi (nessuno dei
quali lo conosceva) hanno trovato Paolo simpatico.
Per l'interpretazione letterale
non è sufficiente conoscere il linguaggio giuridico, ma occorre anche
utilizzare eventualmente le altre norme che stabiliscono il significato dei
termini che si leggono. Per esempio, l'art. 566 del codice civile stabilisce
che "al padre e alla madre succedono i figli legittimi e naturali in parti
eguali". Per stabilire cosa il codice intenda per "figli
legittimi" occorre leggere l'art. 231, che stabilisce che il figlio
legittimo è quello concepito durante il matrimonio. Per capire cosa intenda il
codice con "concepito durante il matrimonio" si dovrà poi andare a
leggere l'art. 232 e così di seguito.
Ogni norma nasce con uno scopo,
cioè mira a un risultato concreto. Secondo l’art. 12 delle Disposizioni occorre
badare all’intenzione del legislatore. Esistono due nozioni di “intenzione del
legislatore”: a) intenzione effettiva dei soggetti che hanno approvato la legge
(intenzione soggettiva); b) intenzione che muoverebbe il legislatore se la
legge venisse approvata nel momento in cui la si deve applicare (intenzione
oggettiva)
In genere si accoglie la
seconda nozione, e si ricerca l’intenzione oggettiva del legislatore.
Si parla di interpretazione
basata sull’intenzione del legislatore o teleologica
Facciamo un esempio di
interpretazione teleologica. Se una norma dice che "debbono essere messi in
quarantena e vaccinati tutti i cittadini che hanno pericolose malattie
contagiose" non c'è dubbio che occorre estendere il significato della
parola "cittadini" fino a comprendervi tutte le persone, anche prive
di cittadinanza, che soggiornano in Italia, perché lo scopo della norma è
evidentemente quello di evitare il diffondersi di epidemie pericolose, e non si
può raggiungere tale scopo se non applicandola anche a non-cittadini.
Ma non basta ricostruire la
funzione originaria della norma ai tempi in cui fu emanata. L’interprete deve
piuttosto chiedersi a che cosa può servire una certa norma OGGI.
Facciamo un esempio in cui la ratio attuale è diversa dalla ratio
originaria Il divieto di sciopero nei pubblici servizi era una norma che
nell’ordinamento fascista serviva ad assicurare il massimo della produzione e
della ricchezza per la collettività, reprimendo (insieme alla analoga norma
sullo sciopero nel settore privato) qualsiasi tentativo di interruzione della
produzione di beni e servizi. Oggi, essa serve a tutelare i diritti
fondamentali degli individui (si pensi a cosa succederebbe nel caso di sciopero
della polizia) e a far sì che un minimo di servizi pubblici essenziali non
venga mai meno. Si dice che l’interprete cerca la ratio attuale della norma.
Facciamo un altro esempio in
cui la ratio attuale è diversa dalla ratio
originaria. In Italia esiste un monopolio pubblico della radio (e
televisione) nato sotto il fascismo. L'intenzione del legislatore fascista era
di fare della radio uno strumento di propaganda per la diffusone delle idee del
regime e di "fascistizzazione" della popolazione. Con la nuova
Costituzione, basata sui principi di libertà,pluralismo ideologico e culturale,
ecc. ci si è chiesti se il monopolio statale avesse ancora ragione d'essere. Se
si fosse interpretata la norma secondo l'intenzione originaria certamente no.
Invece, ci si è liberati da essa e si è ricercata una ragione attuale della
norma. Allora, si è riposto che il monopolio serve come garanzia che l'informazione
non cada nelle mani di pochi privati. Si è così convertita l'intenzione
iniziale in una più attuale,sottoponendo la norma sul monopolio statale ad una
nuova interpretazione.
Naturalmente, da questa
operazione sono derivate conseguenze importanti: secondo l'impostazione
iniziale, i servizi radio (televisivi) dovevano essere sotto il controllo del
Governo; oggi devono essere sotto il controllo più ampio possibile (del
Parlamento), per consentire il massimo di pluralismo,completezza, imparzialità
ecc.
Una interpretazione come quella
dell’esempio indicato, che adegua il significato della norma alla situazione
attuale, prende il nome di interpretazione evolutiva, perché cerca di adeguare
il diritto ai bisogno sociali staccandolo dalle sue ragioni di origine.
Talvolta l’interpretazione
letterale porta ad attribuire a certi termini un significato più ristretto o
più ampio in seguito alla lettura di altre norme. Per esempio la norma che
vieta l'omicidio è così formulata: "chiunque cagiona la morte di un uomo è
punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno" (articolo 575 del
codice penale). A una prima lettura il significato di questa disposizione
appare chiaro, ma essa non può essere effettivamente compresa se non facendo
riferimento agli articoli 85 e seguenti del codice penale: da essi si ricava
infatti che i minori di 14 anni e gli incapaci di intendere e di volere non
possono comunque essere punibili. Ecco quindi che il significato della parola
"chiunque" va opportunamente ristretto.
Altre volte è l’interpretazione
teleologica che porta ad estendere o restringere il significato di un termine.
E’ questo il caso della norma di uno degli esempi precedenti, secondo cui
"debbono essere messi in quarantena e vaccinati tutti i cittadini che
hanno pericolose malattie contagiose", in cui il significato della parola
"cittadini" viene esteso fino a significare “persone che si trovano
in Italia”
In entrambi questi casi
l’interpretazione letterale o quella teleologica hanno prodotto una
interpretazione restrittiva (primo caso) o una interpretazione estensiva
(secondo caso)
Abbiamo già visto che sovente,
per poter stabilire il significato letterale di una norma occorre rifarsi ad
altre norme. Questo è un caso particolare di un fenomeno più generale: ogni
volta che una norma, da sola, non basta ad indicare la disciplina di un caso
concreto o addirittura quando manchi una norma per un caso concreto, si deve
ricorrere alla interpretazione coordinata di una o più altre norme. In questo
caso si parla di interpretazione sistematica.
Vi sono diversi tipi di
interpretazione sistematica:
● Il
caso più semplice è quello che abbiamo visto, in cui si utilizzano altre norme
che definiscono il significato dei termini contenuti in quella da interpretare
("figlio legittimo", "matrimonio", "possesso"
ecc.).
● Un
altro caso si ha quando si mette a confronto la norma da interpretare con una
norma che pare stabilire una regola contraria. Queste situazioni di apparente
contrasto si dicono ANTINOMIE.
Da una antinomia può nascere
una interpretazione anche molto differente da quella letterale.
Consideriamo qualche esempio.
L'art. 27 della Costituzione dice che "la responsabilità penale è
personale", cioè non è colpevole di
reato colui che non ha commesso il fatto personalmente. Tuttavia, l'articolo 57
del codice penale dice che "il direttore del giornale è responsabile dei
reati commessi col mezzo della stampa dai suoi collaboratori" (per esempio
un giornalista, ad insaputa del direttore,scrive e fa pubblicare un articolo in
cui insulta un privato cittadino). Si tratta di due articoli rivolti ai giudici,
il primo dei quali può essere formulato in questo modo: "i giudici non
devono condannare chi non abbia commesso personalmente il fatto"; il
secondo dei quali può essere formulato in questo modo: "i giudici devono
condannare qualcuno (il direttore) anche se non ha personalmente commesso il
fatto".
Una prima soluzione è quella di
ritenere che la norma della Costituzione prevale su quella del codice penale e
considerare quest'ultima abrogata (si avrà allora interpretazione abrogativa).
Ma il giudice può modificare
l'interpretazione letterale della PRIMA norma. Egli allora stabilisce che il
divieto della Costituzione non è assoluto, ma tollera delle eccezioni, e quindi
salva entrambe le norme, leggendo quella della Costituzione così: "I
giudici non debbono condannare chi non abbia commesso il fatto salvo che non si
tratti del direttore di un giornale". Oppure il giudice può modificare
l'interpretazione letterale della seconda
norma. Egli stabilisce che l'articolo 57 del codice penale non aveva voluto dire
che il direttore è responsabile anche se l'articolo viene pubblicato a sua insaputa
e senza sua colpa, ma che egli è responsabile perché deve vigilare sugli
articoli dei giornalisti, e può essere condannato quindi solo per negligenza.
Se il giornalista pertanto gli ha presentato con l'inganno un articolo con un
testo diverso da quello che ha dato poi per la stampa il direttore non sarà
condannabile. L'art. 57 si dovrà quindi leggere non più come se significasse:
"i giudici devono condannare qualcuno (il direttore) anche se non ha
personalmente commesso il fatto", ma come se significasse: "i giudici
devono condannare qualcuno (il direttore) se non ha commesso materialmente il
fatto, ma tuttavia è Stato negligente".
● Un
altro caso di interpretazione sistematica si ha quando manca la norma per il
caso che il giudice ha dinanzi ma esiste una norma per un caso simile. Si
ricorre allora a quel particolare tipo di interpretazione sistematica che è
l'interpretazione analogica .
Si ha interpretazione analogica
quando si utilizza per il caso privo di regola la norma che la legge ha
stabilito per un caso simile. In questo caso non si potrebbe parlare
propriamente di interpretazione di una norma esistente, quanto piuttosto di creazione
di una norma che non c'è. Il giudice può creare addirittura una norma nuova
perché è autorizzato a ciò dall'articolo 12 delle disposizioni preliminari al
codice civile, che dice: "Se una controversia non può essere decisa con
una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi
simili o materie analoghe".
Il legislatore pone precisi
limiti all'impiego dell'analogia: l'analogia non è possibile rispetto alle
leggi speciali o eccezionali né rispetto
alle leggi penali. In altre parole, il giudice non può ricavare una regola
contenuta in una legge penale, speciale o eccezionale ed applicarla ad un caso
simile.
Facciamo un esempio di
"interpretazione" analogica. Nella nostra legislazione non trova
disciplina il "leasing", cioè quel
contratto col quale un soggetto conferisce a un altro l'uso di un bene, dietro
il pagamento di una certa somma a scadenze fisse, con il diritto di questi, se
lo ritiene, di acquistare il bene scalando dal prezzo le somme già pagate. Si
tratta di un contratto nuovo e molto usato ma che, al tempo in cui fu fatto il
codice civile, non era conosciuto. Questo contratto presenta analogie con il
contratto di affitto e con la vendita a rate nella quale il proprietario
iniziale trasmette la proprietà solo al momento del pagamento dell'ultima rata
(vendita con patto di riservato dominio). I giudici, in effetti, per analogia
si ispirano a questi altri due contratti, disciplinati espressamente dalla
legge, per ricavare le norme relative al leasing.
● Un
altro caso si ha quando manca la norma per il caso che il giudice ha davanti e
non esiste una norma che disciplina casi simili. In tale situazione si
utilizzano i principi generali dell'ordinamento giuridico.
I principi generali
dell'ordinamento giuridico sono delle norme molto generali ma NON SCRITTE.
Questo procedimento è autorizzato sempre dall'articolo 12 delle disposizioni
preliminari, nel caso che l'interpretazione analogica fallisca. E' come se il
legislatore ci dicesse che esistono, accanto alle che egli ha scritto anche
norme che egli non si è preoccupato di scrivere, limitandosi ad applicarle ai
casi che gli sembravano più importanti, e lasciando al giudice il compito di
applicarle agli altri casi. Come si possono trovare queste norme non scritte?
Le leggi contengono molte norme simili, che sembrano esprimere una idea comune
di come debbano essere regolati certi aspetti dei rapporti umani. Si può
cercare di risalire da queste norme particolari alla idea che sembra avere
ispirato il legislatore nello scriverle.
Consideriamo il seguente
esempio. Molto poche sono le norme che stabiliscono che gli atti giuridici
debbono avere una determinata forma. Quindi si può concludere che l'idea del
legislatore fosse che la forma degli atti dovesse essere libera, tranne casi
eccezionali.
Consideriamo, come altro
esempio, le seguenti norme: art. 1189 codice civile:
· "Il debitore che esegue il pagamento a
chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche. è liberato
se prova di essere Stato in buona fede (cioè
di essere caduto in errore senza colpa)";
· art. 1445 codice civile:
"L'annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i
diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti
della trascrizione della domanda di annullamento";
· art. 1415: "La simulazione non può essere
opposta né dalle parti contraenti né dagli aventi causa o ai creditori del
simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquiStato diritti dal titolare
apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione";
· art. 1396 codice civile: "Le
modificazioni e la revoca della procura devono essere portate a conoscenza dei
terzi con mezzi idonei. In mancanza, esse non sono opponibili ai terzi, se non
si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione del
contratto".
Da tutti questi articoli emerge
una idea comune: che gli atti (contratti, pagamenti ecc.) chele persone
compiono in buonafede, cioè facendo
affidamento su quella che a chiunque sarebbe apparsa la effettiva situazione,
debbono essere considerati validi a tutti gli effetti. Altrimenti, se ogni
volta si facesse valere la vera situazione, le persone avrebbero paura di
contrattare, per timore di vedersi togliere all'improvviso i diritti
acquistati, e questo costituirebbe un ostacolo ai traffici e all'attività
economica.
Consideriamo come terzo esempio
le seguenti norme:
· Art. 1174 codice civile: "la
prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione
economica e deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del
creditore"
· Art. 833 codice civile: "il
proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di
nuocere o recare molestia ad altri".
Da questi due articoli si può
dedurre che il legislatore non vede di buon occhio coloro che abusano del
proprio diritto senza un reale interesse, e questo principio può essere
applicato per risolvere altri casi che il legislatore non ha regolato
espressamente.
Altri principi generali
ricavabili dall'ordinamento giuridico sono:
· Il principio che fa divieto a tutti
(individui, Stato e suoi organi) di danneggiare il prossimo.
· Il principio secondo il quale i contratti
sono validi solo se le obbligazioni alle quali le due parti si sottomettono (compiere
una certa attività, scambiarsi beni o scambiare denaro in cambio di attività o
di altri beni) abbiano un valore economico proporzionato;
· il principio di buona fede o di lealtà nei
rapporti reciproci, che vale sia nei rapporti tra i privati che in quelli tra
apparati pubblici (per es. tra lo Stato e le Regioni);
· Il principio secondo cui tutto ciò che non è
vietato è permesso, valido nel diritto privato e non nel diritto pubblico, dove
esiste l’opposto principio che è permesso solo ciò che è consentito dalla
legge;
· Il principio della motivazione, secondo cui
tutti gli atti della pubblica amministrazione che limitano i diritti dei
privati (es. la revoca di una licenza, un atto di esproprio, ecc.) devono
essere motivati.
Si faccia attenzione alla
differenza tra la interpretazione che ricorre alla analogia o ai principi
generali e la interpretazione estensiva: nel caso della interpretazione
estensiva la norma esiste e viene soltanto modificato il suo significato; nel
caso dell'analogia e dei principi generali, la norma non esiste e viene
ricavata da altre norme esistenti.
Può darsi che la norma esista
ma il giudice non la conosca (in Italia esistono 150.000 leggi!). Tuttavia, fin
dai tempi degli antichi romani si diceva: "iura novit curia", "il
giudice (deve) conosce(re) le leggi". Pertanto il giudice sarebbe
condannato per cattivo esercizio del suo ufficio e la sua sentenza sarebbe
annullabile.
● Ma
può anche capitare che malgrado tutti gli sforzi del legislatore, sia
difficilissimo trovare una norma, se non a costo di deformare e stravolgere il
senso delle leggi. In qualche caso il giudice può ancora emettere la sentenza
ragionando così: se non c'è una norma vuol dire che il legislatore ha voluto
dichiarare inapplicabili al caso in questione tutte le norme esistenti.
Si consideri il seguente
esempio. In uno Stato monarchico manca una disposizione che regoli la
successione al trono nel caso di estinzione della famiglia reale. A chi spetta
la corona nel caso in cui tutti i membri della famiglia reale, compresi i
parenti più remoti, sono morti? In base al ragionamento che abbiamo indicato,
un giudice risponderà che poiché il caso non trova nell'ordinamento nessuna
norma che lo riguardi, è evidente che non si sono volute porre norme
riguardanti la forma di governo al di fuori del caso di esistenza della
famiglia reale. Pertanto la Corona non spetta a nessuno, vale a dire: lo Stato
e i sudditi sono liberi da qualsiasi limitazione, la quale sia relativa
all'esistenza di un re, e quindi avranno il diritto di respingere la pretesa di
chiunque volesse farsi riconoscere come re.
Ma se non vuole accogliere
questo ragionamento piuttosto complicato, potrà il giudice rifiutarsi di
deformare e stravolgere le leggi per trovare una risposta? Nient'affatto. Vale
per l'ordinamento italiano quel che stabilisce il codice civile francese:
"Il giudice che ricuserà di giudicare, sotto pretesto del silenzio,
dell'oscurità od insufficienza della legge, potrà essere processato come
colpevole di denegata giustizia". Cioè
egli deve comunque trovare una norma: solo in casi molto particolari,
come nell'art. 1226 del codice civile il legislatore riconosce che non esistono
norme e consente al giudice di giudicare "secondo equità", cioè come meglio gli sembra.
Malgrado tutte le norme sulla
interpretazione, è pur sempre possibile che due giudici, chiamati a giudicare
cause simili, emettano sentenze diverse. Poiché però non è ammissibile che
ciascun giudice interpreti il diritto a suo piacimento, esiste un organo (la
Corte di Cassazione) al quale le parti del processo che si sono viste dar torto
possono rivolgersi come ultima possibilità. A tale organo è attribuito il
compito di rendere uniformi le interpretazioni. Ciò è possibile perché esso ha
il potere di annullare (cassare) le sentenze basate su interpretazioni diverse
da quella che considera esatta.
L’interpretazione dottrinale è
quella proposta dagli studiosi del diritto (complessivamente indicati come “la
dottrina”). La dottrina non vincola nessuno, ma può essere un aiuto importante
per i giudici.
L’interpretazione
amministrativa è quella che viene data dalla pubblica amministrazione alle
legge che deve eseguire. La Pubblica Amministrazione ha una struttura
piramidale (o gerarchica) con al vertice un capo. Quando esistono problemi
interpretativi, vengono emanate dall’alto (cioè dai ministeri) della circolari
interpretative. L’interpretazione che esse contengono vincola tutti i
subordinati. I cittadini invece non ne sono vincolati: se la ritengono erronea
possono rivolgersi al giudice il quale non è vincolato dalla circolare.
L’interpretazione giudiziaria è
quella che è adottata dai giudici nelle loro sentenze. Essa vale esclusivamente
nei confronti delle parti del giudizio, i soggetti cioè che vi sono
direttamente coinvolti.
L’insieme delle sentenze
costituisce la giurisprudenza. Se è conforme, cioè tutta orientata nello stesso
modo ha particolare peso. Infatti, pur non essendo obbligatoria, i giudici
tenderanno ad adeguarsi ad essa per non vedere le loro sentenze probabilmente annullate
in caso di ricorso
Esistono due importanti
principi relativi alla interpretazione giudiziaria:
● L’interpretazione
del giudice ha “autorità di cosa giudicata nella controversia particolare”
Quando sono stati esauriti
tutti i mezzi di riesame della sentenza (appello, ricorso per cassazione), o
quando sono scaduti i termini per utilizzare questi mezzi, la sentenza acquista
"efficacia di cosa giudicata": in altre parole, non è più
modificabile né rivedibile, e le parti non possono più chiedere una nuova
sentenza sullo stesso caso
● L’interpretazione
del giudice “ha autorità non oltre il caso concreto”
Vuol dire che la regola
stabilita dal giudice si applica solo al caso che gli è stato presentato.
Eventuali altri casi identici che si verifichino successivamente o tra altri
soggetti debbono essere nuovamente giudicati, eventualmente da un altro
giudice, perché non si può semplicemente estendere ad essi la sentenza emessa
per il primo.
L’interpretazione autentica è
quella che viene fornita dallo stesso legislatore. Quando una legge è poco
chiara e le interpretazioni date dalla giurisprudenza sono contraddittorie, il
Parlamento può approvare una nuova legge, in cui precisa il significato della
legge anteriore. L’interpretazione autentica è vincolante per tutti. Essa è
anche retroattiva, poiché si considera che l’interpretazione imposta dal
legislatore sia quella che avrebbe dovuto essere data alla legge fin dalla sua
entrata in vigore
❍ Nozione di “fonte del diritto”
Le norme giuridiche sono create
dalle fonti del diritto. Le fonti del diritto sono quegli atti di comando o
quei fatti come la consuetudine attraverso i quali vengono create norme
giuridiche.
Si dice anche che l'ordinamento
giuridico è creato dalle fonti del diritto. Possiamo quindi definire le fonti
del diritto come quegli atti o quei fatti che possono creare, modificare o
estinguere le norme di un ordinamento giuridico
Quando si leggono i termini
"Costituzione", "Legge", "Regolamento" ecc. si deve
stare attenti al contesto: essi possono significare sia "insiemi di
norme", sia "atti che creano norme". Così, se io dico: "La
legge del Parlamento è una fonte del diritto" è come se dicessi:
"L'atto di comando del Parlamento è una fonte del diritto"; se io
dico: "La Costituzione è una fonte superiore a tutte le altre" è come
se dicessi: "L'atto di comando dell'Assemblea Costituente prevale su tutti
gli atti di comando delle altre autorità (Parlamento ecc.)"; se io dico:
"I regolamenti governativi possono disciplinare l'organizzazione dei
ministeri" è come se dicessi: "Gli atti di comando del Governo
possono creare norme che regolano il funzionamento dei ministeri".
❍ Atti che creano prescrizioni giuridiche ma non sono fonti
Occorre fare bene attenzione a
chiamare "fonti del diritto" solo gli atti che creano norme
giuridiche. Gli atti che creano prescrizioni giuridiche diverse da norme
giuridiche non sono "fonti del diritto"
Così, ad esempio, un ordine
della Polizia o del Prefetto non è una fonte del diritto, perché è un atto che
crea prescrizioni che non sono norme giuridiche L'atto del giudice non è una
fonte del diritto, perché crea una sentenza, che non è una norma giuridica, ma
una prescrizione diversa da una norma. Un contratto tra privati cittadini non è
una fonte del diritto, perché non crea norme giuridiche.
La Costituzione della
Repubblica Italiana è composta da 139 articoli, che si occupano:
● dei
diritti fondamentali dei cittadini (libertà personale, di pensiero, di
associazione ecc.);
● delle
regole del funzionamento degli organi dello Stato-apparato, specie del parlamento
e del Governo e della Magistratura (ma un po' anche della Pubblica
Amministrazione);
● dei
principi che debbono regolare i rapporti con la chiesa e con gli altri stati;
● dei
principi fondamentali che debbono essere alla base della vita sociale e che le
leggi del Parlamento debbono contribuire a realizzare: eguaglianza,
solidarietà, aiuti ai bisognosi, sviluppo della cultura, tutela della famiglia,
tutela dei lavoratori, sviluppo dell'attività economica ecc.;
● dei
principi che in particolare debbono essere alla base dei rapporti economici tra
le persone: funzione della proprietà, rapporti sindacali ecc.
La Costituzione è stata redatta
dall'Assemblea Costituente, che fu eletta a suffragio universale il 2 gennaio
del 1946, all'indomani della seconda guerra mondiale e della liberazione
dall'occupazione tedesca. Contemporaneamente all'elezione dell'assemblea
costituente i cittadini furono chiamati a scegliere tra Monarchia e Repubblica,
e la forma che prevalse fu la Repubblica.
Dopo un periodo di alcuni mesi
in cui fu lasciata in visione presso ogni Comune, la Costituzione entrò in
vigore il 1° gennaio 1948 e l'Assemblea Costituente si sciolse definitivamente
per non essere mai più riconvocata.
Le leggi costituzionali sono
approvate dal Parlamento per due scopi:
· Modificare la Costituzione (leggi di
revisione)
· Aggiungere altre norme alla Costituzione
La Costituzione italiana
prescrive nell'art. 138 la procedura per approvare validamente le leggi
costituzionali Esse debbono essere approvate mediante una doppia approvazione
da parte di ciascuna camera, la seconda delle quali deve cadere non prima di
tre mesi dalla precedente. Schematicamente, la sequenza è questa: approvazione
di una camera del progetto di legge costituzionale; approvazione quando si
vuole (purché prima che le camere siano sciolte) da parte dell'altra camera;
seconda approvazione della prima camera a distanza non inferiore a tre mesi
dalla sua precedente approvazione; seconda approvazione della seconda camera di
nuovo a distanza non minore di tre mesi dalla sua precedente approvazione. Se
la seconda volta ambedue le Camere approvano il progetto di legge
costituzionale con una maggioranza di due terzi, la legge è perfetta e viene
promulgata, pubblicata ed entra in vigore secondo le regole della legge
ordinaria. Se la seconda volta le Camere approvano con una maggioranza
inferiore a due terzi, la legge non è ancora nata: il Presidente della
Repubblica pubblica sulla Gazzetta Ufficiale questo progetto di legge, e da
questo momento decorrono tre mesi entro i quali 500.000 elettori oppure cinque
consigli regionali oppure un quinto dei parlamentari di ciascuna camera possono
chiedere un referendum per approvare tale progetto. Se il referendum approva la
legge questa viene promulgata, pubblicata ed entra in vigore Se il referendum
boccia la legge, questa non entra più in vigore Se non è richiesto referendum,
dopo tre mesi, la legge viene promulgata, pubblicata ed entra in vigore.
In sintesi: ciascuna Camera
approva il testo della legge una prima volta. Dopo 3 mesi deve esserci una
nuova approvazione da parte di entrambe le Camere. Se in questa seconda
votazione non si raggiunge la maggioranza dei 2/3 è possibile abrogare il
progetto di legge con un referendum da proporre entro 3 mesi.
❍ Come si indica una legge costituzionale
Come le leggi ordinarie, anche
le leggi costituzionali vengono indicate attraverso la data della promulgazione
e un numero d'ordine, preceduti dalle parole: "legge costituzionale"
che permette di individuare la legge e di trovarne il testo sulla
"Gazzetta Ufficiale". Per esempio la legge costituzionale che ha
modificato l'art. 68 sulle immunità parlamentari viene INDICAta nel seguente
modo: "Legge costituzionale 29 ottobre 1993 n. 3"
❍ Le leggi ordinarie del
Parlamento
Il procedimento di creazione di
una legge comprende quattro fasi distinte:
● Fase
dell'iniziativa La iniziativa delle leggi, cioè
la presentazione di una proposta di legge, spetta a:
· 50.000 elettori
· ciascun parlamentare
· Governo
· Regioni
· Consiglio Nazionale dell'Economia e del
Lavoro (CNEL)
● Fase
preparatoria o istruttoria Il progetto di legge viene materialmente presentato
alla presidenza di una delle due Camere (poiché il progetto deve esser
esaminato dalle due Camere in successione, l'una dopo l'altra, e mai
contemporaneamente). Il Presidente, se la Camera non si oppone, può scegliere
la procedura normale o quella speciale:
· Con la procedura normale il progetto viene
assegnato ad una commissione di parlamentari, che in questo caso si chiama
"commissione referente", il cui compito è quello di esaminare il
progetto, eventualmente riscriverlo o fonderlo con altri progetti simili, e
riferire alla Camera. Terminato il lavoro della commissione referente il
progetto da essa preparato, accompagnato dalla sua relazione, passa
all'assemblea: L'assemblea delibera seguendo questo ordine:
‧ Discussione
generale sul progetto di legge (durante essa vengono presentati alla presidenza
per iscritto gli "emendamenti", cioè
le "correzioni" che questo o quel parlamentare intendono fare
alla legge)
‧ Discussione
e approvazione dei singoli articoli separatamente, compresi gli emendamenti a
ciascun articolo
‧ Votazione
finale dell'intero progetto
· Con la procedura speciale, il progetto non
viene portato in Assemblea, ma viene direttamente approvato dalla Commissione,
sempre che non venga richiesto dai parlamentari che si passi al procedimento
ordinario
● Fase
della decisione:
· la Commissione o l'assemblea approvano la
legge articolo per articolo e nel suo testo complessivo
· Il progetto di legge viene presentato quindi
all'altra Camera e iniziano nuovamente la fase preparatoria e quella di decisione:
· Se la seconda camera approva lo stesso testo
approvato dalla prima, allora la legge risulta definitivamente approvata dal
Parlamento
· Se la seconda camera approva un testo
diverso da quello approvato dalla prima, il processo ricomincia da capo, e il
progetto è presentato alla prima camera per una nuova approvazione
● Fase
della integrazione di efficacia:
Il Presidente della Repubblica
promulga la legge. La promulgazione consiste in una dichiarazione solenne della
legge secondo una formula sacramentale e dà vita all'originale della legge. La
formula suona sempre così: "La Camera dei deputati e il Senato della
Repubblica hanno approvato - il Presidente della Repubblica promulga la
seguente legge", a cui segue il testo della legge. Alla fine della legge
c'è un'altra formula di promulgazione: "La presente legge, munita del
sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti
normativi della Repubblica Italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarla e farla osservare come legge dello stato" La promulgazione
costituisce l'originale della legge: è il testo promulgato che viene conservato
come originale ella legge negli archivi di Stato Mentre l'approvazione è il
momento in cui il parlamento VUOLE, la promulgazione è il momento in cui il
parlamento incarica il Presidente della Repubblica di MANIFESTARE ( = FAR
CONOSCERE) AI CITTADINI TALE VOLONTA'. La data della legge è quella della
promulgazione
● Dopo
la promulgazione segue la pubblicazione, che consiste nella stampa e messa in
vendita del testo promulgato L'art. 73 della costituzione stabilisce che le
leggi entrino in vigore (cioè diventino
obbligatorie per i cittadini) il 15° giorno dopo la pubblicazione sulla
"Gazzetta Ufficiale" (a meno che la legge stessa non stabilisca
termini diversi). L’intervallo tra la pubblicazione e l’entrata in vigore si denomina “vacatio legis”. Essa serve a
consentire ai cittadini (e ai giudici e agli amministratori pubblici) di
prendere conoscenza del suo contenuto. In caso di urgenza il Parlamento può
eliminare la vacatio legis, e la legge entra in vigore immediatamente. Quando
il testo è particolarmente complesso invece, la vacatio legis può essere
allungata.
● Dopo
la promulgazione di ha l’entrata in vigore. Ciò significa che da quel momento
essa diventa obbligatoria per tutti.
❍ Come si indica una legge ordinaria del Parlamento
Ogni legge viene identificata
attraverso tre elementi: 1) il termine "legge"; 2) la data della
promulgazione; 3) un numero, secondo l'ordine della pubblicazione (la
numerazione inizia da capo ogni anno a partire dal primo gennaio). Per esempio,
la legge che ha introdotto le monete metalliche da mille lire viene indicata
nel seguente modo: "legge 7 aprile 1997 n. 96". Questa dizione
permette di individuare una legge e di trovarne il testo sulla "Gazzetta
Ufficiale". Essa ci dice che si tratta di una legge (e quindi è stata
approvata dal parlamento), che è stata promulgata dal presidente dalla
repubblica il 7 aprile 1997 e che è il 96° atto normativo pubblicato quell'anno
sulla "Gazzetta Ufficiale". La stessa legge potrebbe essere citata
anche in forma più breve: per esempio, "legge n. 96 del 1997" oppure
"l. 96/1997" Il testo di ogni legge è inoltre preceduto da un titolo
(detto "rubrica"). Nel nostro esempio la rubrica è: "Norme in
materia di circolazione monetaria". Talvolta nel linguaggio politico e
giornalistico si usa citare determinate leggi con il nome del ministro o del
parlamentare che le hanno proposte. Per esempio la legge 13 maggio 1982, n.
646, contro la mafia, viene normalmente citata come "legge La Torre"
dal nome del deputato che l'ha promossa
❍ Le leggi regionali e gli statuti regionali
Le leggi regionali sono
deliberate dal Consiglio regionale, promulgate dal Presidente della Regione e
pubblicate sul Bollettino Ufficiale .
Le leggi regionali incontrano
alcuni limiti:
● La
Costituzione
● Vincoli
derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea
● Vincoli
derivanti dagli obblighi internazionali assunti dall’Italia
● La
unità e indivisibilità della Repubblica
● Il
proprio territorio
● Lo
Statuto regionale
● Particolari
principi costituzionali (obbligo di copertura finanziaria per le leggi che
comportano spese; etc.)
In alcune materie le leggi
regionali debbono essere precedute da una legge statale (detta “legge-quadro”)
che fissa i principi fondamentali cui esse dovranno ispirarsi. Si parla di
potestà legislativa regionale concorrente.
In tutte le materie non
indicate come necessitanti di una legge-quadro e non comprese tra quelle
riservate allo Stato dall’art. 117, le regioni hanno una potestà legislativa
regionale esclusiva.
Le regioni hanno uno statuto
regionale cioè una legge fondamentale della loro autonomia.
Gli statuti speciali delle
cinque regioni a statuto speciale contengono l’intera disciplina della loro
autonomia (rapporti con lo Stato e con gli enti locali; materie attribuite alla
cura delle regioni stessa; potestà legislativa e amministrativa, controlli e
finanza) e l’organizzazione dei poteri regionali (la forma di governo della
regione). Essi sono contenuti in leggi costituzionali e sono dunque atti dello
Stato.
Gli statuti ordinari delle
regioni a statuto ordinario hanno invece una portata più limitata, poiché la
disciplina dell’autonomia delle altre quindici regioni è contenuta una volta
per tutte nella Costituzione. Essi si limitano alla organizzazione dei poteri
regionali: determinano in armonia con la Costituzione la forma di governo e i
principi fondamentali di organizzazione e funzionamento.; regolano il diritto
di iniziativa (dei cittadini e degli enti locali) e del referendum su leggi e
provvedimenti amministrativi della regione e la pubblicazione delle leggi e dei
regolamenti regionali. Gli statuti ordinari sono approvati dal Consiglio
regionale con una procedura speciale, che comprende tra l’altro maggioranze più
elevate e la possibilità per il Governo di rivolgersi alla Corte Costituzionale
entro 30 giorni dalla pubblicazione dello Statuto.
❍ Come si indica una legge
regionale
Le leggi regionali sono
facilmente riconoscibili. Esse recano le parole: "legge regionale"
seguita dal nome della regione, dalla data della promulgazione e da un numero
d'ordine. Per esempio la legge della regione Lombardia sulla caccia intitolata
"Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria" viene
così indicata: "Legge regionale Lombardia 16 agosto 1993 n. 26" Il
testo di ogni legge regionale è preceduto dalle seguenti tre frasi rituali:
"Il Consiglio regionale ha approvato"; "Il Commissario del
Governo ha apposto il visto"; "Il presidente della giunta regionale
promulga" Esse testimoniano che la procedura prescritta è stata osservata.
In fondo compare la firma del presidente della giunta che l'ha promulgata e il
visto del commissario del governo.
❍ I regolamenti della Unione Europea. Le direttive della
Unione Europea.
Gli organi fondamentali della Comunità
Europea sono:
● Il
Consiglio dei Ministri, che riunisce periodicamente i ministri competenti per
le questioni di cui si deve trattare (ad es. per questioni riguardanti la
ricerca industriale si riuniranno i ministri dell'industria) Almeno una volta
all'anno, alla riunione non partecipano i ministri ma i capi di stato, e allora
esso prende il nome di "Consiglio Europeo"
● Il
Parlamento Europeo, eletto direttamente dai cittadini degli stati membri, che
non ha poteri legislativi, ma solo consultivi e di controllo (ad es. del
bilancio)
● La
Commissione Europea, che costituisce l'apparato esecutivo della Comunità, con a
capo commissari nominati dai vari governi
I regolamenti della Unione Europea,
anche detti "regolamenti comunitari", sono emanati dal Consiglio dei
Ministri delle Comunità europee, normalmente su proposta della Commissione. Il
parlamento non ha potere legislativo, ma deve essere consultato ogni volta che
il Consiglio intenda emanare un regolamento
Secondo l’art. 189 del Trattato
istitutivo della CEE (Comunità Economica
Europea , e poi semplicemente Comunità
Europea e dal 1993 Unione Europea ), i regolamenti
comunitari:
● Hanno
portata generale, cioè valgono in tutti gli stati membri
● Sono
obbligatori
● Sono
direttamente applicabili in ciascuno degli stati membri. Questo significa che
non c’è bisogno di trasformarli in norma interna. La loro capacità di imporsi
all’interno dello Stato deriva infatti direttamente dalla citata norma del
trattato CEE.
● Il
diritto comunitario, nelle materie di competenza, prevale su quello nazionale
(“primato del diritto comunitario”).Se un giudice del nostro paese si trova
dinanzi a un regolamento comunitario e a una norma di diritto italiano (anche una legge ordinari) deve applicare il
primo al posto della seconda, perché così è obbligato a fare dal cit. art. 189
del trattato CEE. Ciò, naturalmente, solo nelle materie che competono all’Unione
Natura diversa dai regolamenti
hanno le direttive comunitarie (ad es. in tema di compilazione dei bilanci
delle società per azioni o di protezione dell’ambiente). Le direttive non
consistono in norme direttamente applicabili all’interno degli stati membri, ma
indicano a questi ultimi degli obiettivi obbligatori, che dovranno essere
raggiunti attraverso l’emanazione di norme interne adeguate allo scopo, Sono
perciò norme che vincolano gli stati ma non i cittadini.
Per provvedere all’esecuzione
delle direttive ogni anno viene approvata una legge, detta “legge comunitaria”,
che contiene deleghe al Governo a provvedere all’emanazione didecreti
legislativi delegati di esecuzione e, quando la materia sia di competenza
regionale, detta le norme alle quali le leggi regionali dovranno attenersi.
Sono adottati dal governo sulla
base di una apposita delega conferita dal parlamento con legge, e sono emanati
con un decreto del Presidente della Repubblica.
La legge di delegazione deve definire l'oggetto della delega, stabilire
i principi e i criteri direttivi a i quali il legislatore delegato deve attenersi,
determinare il tempo entro il quale la delega deve essere utilizzata
Sono adottati direttamente dal
governo, sotto la sua responsabilità, quando si manifestino casi straordinari
di necessità e urgenza, nei quali sarebbe difficile l'intervento tempestivo del
Parlamento nelle forme ordinarie. Il decreto-legge viene emanato dal Presidente
della Repubblica ed entra in vigore immediatamente. Esso però ha una vita
precaria perché è destinato a decadere fin dall'inizio, cioè a essere considerato come mai emanato, se non
è convertito in legge entro 60 giorni dal Parlamento.
Decreti legislativi,
Decreti-legge, leggi ordinarie del parlamento, referendum abrogativo, costituiscono
la categoria degli “atti aventi forza di legge”
E' una vera e propria fonte,
anzi, è un "atto avente forza di legge", cioè una fonte primaria. Solo che è una fonte
"negativa": può abrogare una norma ma non crearne una nuova.
Le leggi e gli atti aventi
forza di legge possono essere abrogati, integralmente o parzialmente, per mezzo
del referendum. Il referendum può essere richiesto da 500.000 elettori o da 5
consigli regionali e la legge viene abrogata se a favore dell'abrogazione si
esprime la maggioranza dei voti validi e se al voto ha partecipato la
maggioranza degli aventi diritto.
❍ L’uso del termine “decreto” per indicare una fonte
In generale gli atti del
governo che contengono decisioni giuridicamente efficaci assumono la
denominazione di decreti. Occorre però notare che il termine
"decreto" ha un valore puramente formale: sotto tale denominazione
possono essere emanati sia atti aventi forza di legge, sia regolamenti, sia
provvedimenti amministrativi (per esempio un decreto di nomina, un decreto di
espropriazione). Inoltre il termine "decreto" non viene usato solo
per gli atti del governo o dei ministri, ma anche per atti compiuti da altri
organi della pubblica amministrazione (per esempio i decreti del prefetto) o
dagli enti locali (per esempio i decreti dei sindaci) o dai giudici (nel corso
di un processo un giudice può, nei casi stabiliti dalla legge, dare ordini
attraverso un proprio decreto)
❍ Come si indica un decreto-legge
I decreti-legge vengono
pubblicati sulla "Gazzetta Ufficiale" con la denominazione di
"decreto-legge", seguita dalla data di emanazione da parte del capo
dello stato e da un numero d'ordine. Nel preambolo devono essere indicate le
circostanze straordinarie di necessità e urgenza che ne giustificano
l'adozione. Per esempio il decreto-legge che ha disposto interventi
straordinari per l'afflusso di stranieri provenienti dall'Albania viene indicato:
"decreto-legge 20 marzo 1997 n. 60". Quando il decreto-legge viene
convertito si usa citare anche la legge di conversione (in questo esempio:
legge 19 maggio 1997 n. 128). E' importante fare riferimento anche alla legge
di conversione perché questa può aver introdotto alcune modifiche al testo
originario del decreto.
❍ Come si indica un decreto
legislativo
Dal 1989 i decreti legislativi
vengono emanati sotto la denominazione di "decreto legislativo". Per
esempio il decreto con cui è stato emanato il nuovo codice della strada viene
INDICAto: "decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285" Nel preambolo è
indicata la legge delega a cui il decreto dà attuazione (in questo caso si
tratta della legge 13 giugno 1991 n. 190). Prima del 1989 i decreti legislativi
venivano emanati sotto la denominazione di "decreto del presidente della
repubblica (spesso abbreviata con la sigla "d.p.r."). Per esempio, il
nuovo codice di procedura penale è stato emanato con un decreto legislativo indicato:
"d.p.r. 22 settembre 1988 n. 447". Tale denominazione poteva creare
confusione perché veniva usata anche per i regolamenti governativi che non
hanno forza di legge e per numerosi provvedimenti amministrativi, ed è stata
perciò modificata, per permettere di distinguere più facilmente quei decreti
del governo che sono emanati su delega del Parlamento e hanno quindi forza di
legge
❍ I regolamenti: I soggetti che possono emanarli
Con la parola
"regolamento" si intende ogni fonte diversa dalla legge e avente una
forza inferiore alla legge. Per "regolamento" si intende quindi
"fonte secondaria"
Talvolta, invece che di
regolamenti, le fonti secondarie prendono il nome di "statuti",
quando riguardano la disciplina della organizzazione dell'ente pubblico e del
suo funzionamento. Si tenga però presente che nel caso delle Regioni, gli
“Statuti” sono norme di livello primario, pari a quello delle leggi regionali.
Il potere di emanare
regolamenti, statuti, leggi regionali, quando appartiene non allo Stato, ma ad
un ente pubblico diverso dallo Stato, costituisce quella che viene chiamata
"autonomia", cioè la capacità
di creare proprie norme giuridiche. E "autonomo" è chiamato l'ente
dotato di questa potestà
I regolamenti, in quanto sono
fonti secondarie possono essere sottoposti al controllo di un giudice, che può
annullarli o dichiarare che non vanno osservati nel caso che sta giudicando
I regolamenti possono essere
emanati da molti organi ed enti:
· Organi centrali del potere esecutivo dello
Stato (Governo, Ministri, Presidente del Consiglio)
· Organi periferici del potere esecutivo dello
Stato (ad esempio, il Veterinario provinciale o il Prefetto)
· Enti pubblici territoriali (Regioni,
Province e Comuni)
· Enti pubblici non territoriali (ad esempio
le Camere di Commercio)
Un ente pubblico emana molte
prescrizioni che prendono spesso il nome di "regolamenti", che
riguardano i servizi da esso forniti (ad esempio regolamento di una biblioteca,
di un ospedale), o la propria organizzazione interna (ad esempio le procedure
che gli uffici postali debbono seguire per l'invio di denaro). Ma non tutte
queste prescrizioni costituiscono regolamenti, anche se hanno questo nome: solo
quando una norma primaria attribuisce all'ente il potere di emanare tali
prescrizioni esse costituiscono vere e proprie norme giuridiche (secondarie).
Negli altri casi si tratta di semplici "norme interne", rivolte agli
utenti dei servizi dell'ente o alle persone che lavorano nell'ente, norme che
non possono essere fatte valere di fronte al giudice, ma solo autorizzare
l'ente ad irrogare una sanzione (multa, ammenda ecc).
❍ La potestà normativa del Governo
Il Governo ha una potestà
normativa sia primaria (decreti legge e decreti legislativi) sia secondaria
(regolamenti). Ambedue le potestà sono state disciplinate in modo organico
dalla legge n. 400 del 1988 la quale ha inoltre definito con precisione le
competenze del presidente del consiglio e quelle del Consiglio dei ministri,
fino ad allora regolate in modo ambiguo dalle scarne e poco limpide indicazioni
fornite dall'art. 95 della Costituzione e da leggi speciali disorganiche, utilizzabili
per realizzare modalità di funzionamento del Governo molto diverse tra loro.
❍ I regolamenti: La procedura di emanazione
I regolamenti Governativi sono
emanati con decreto del presidente della repubblica dopo deliberazione del
consiglio dei ministri, sentito il parere del consiglio di stato, e, dopo
essere stati sottoposti al visto e alla registrazione della Corte dei conti,
sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale
I regolamenti ministeriali,
adottati per regolare materie di competenza del ministro o di autorità a esso
sottordinate sono emanati con decreto ministeriale, previo parere del consiglio
di stato e, sottoposti al visto e alla registrazione della Corte dei conti,
sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
I regolamenti regionali sono
emanati dal consiglio regionale, ad eccezione di Sicilia e Trentino-Alto Adige
(dove vengono approvati dalle giunte). Sono promulgati dal Presidente della
Regione. La pubblicazione avviene sul bollettino della regione oltre che sulla
Gazzetta Ufficiale
I regolamenti di Province e
Comuni sono emanati dal consiglio provinciale o dal Consiglio comunale Sono
sottoposti al controllo di legittimità da parte di un organo regionale chiamato
CORECO (Comitato Regionale di Controllo)
Gli statuti e i regolamenti
degli enti pubblici locali non territoriali sono emanati ad opera del massimo
organo deliberante dell'ente. Gli statuti degli enti sottoposti a vigilanza
dello Stato sono, di regola, approvati con decreto del Capo dello stato, su
proposta del ministro competente per materia, sentito il parere del Consiglio
di Stato. Sono assoggettati a controlli statali o regionali. Gli statuti sono
pubblicati nella "Gazzetta Ufficiale" o nel "Bollettino"
della regione, a seconda che l'autorità competente per il controllo sia quella
statale o regionale; i regolamenti sono pubblicati, di regola, mediante
affissione agli albi dei rispettivi enti. L'entrata in vigore decorre, come
norma, dalla data di pubblicazione, salvo che non sia previsto un periodo di
"vacatio".
● Regolamenti
esecutivi di leggi o decreti legislativi
· Regolamenti emanati dal Governo o dai
ministri per permettere l'esecuzione e l'attuazione di una legge dello Stato, o
dalle regioni per permettere l'esecuzione di una legge regionale.
Nelle materie non coperte da
riserva assoluta di legge, il Governo può disciplinare in dettaglio una materia
regolata dalla legge anche senza che tale potere gli sia conferito dal
legislatore: infatti tali regolamenti sono spesso previsti dalla stessa legge,
ma il potere esecutivo può emanarli anche senza permesso, tranne che non vi sia
una riserva di legge.
· Lo Stato può delegare alla Regione la
emanazione di una legge regionale di esecuzione di una propria legge ordinaria.
● Regolamenti
organizzativi. Sono emanati per l'organizzazione e il funzionamento delle
amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge:
· Dal Governo. Stabiliscono le regole che
riguardano sia gli organi sia gli uffici della Pubblica Amministrazione.
· Da enti pubblici diversi dallo Stato. Per
quanto riguarda gli enti diversi dallo Stato, gli Statuti di tali enti
contengono una parte notevole di norme organizzative del proprio apparato
amministrativo.
● Regolamenti
delegati.
Emanati dal Governo. La legge
abilita il Governo a emanare regolamenti su determinate materie anche in deroga
alle disposizioni contenute nelle leggi ordinarie vigenti. Mentre in passato
potevano derogare e innovare rispetto alla particolare legge indicata
nell'autorizzazione parlamentare, oggi il Parlamento si limita ad indicare
l'area in cui essi possono porre norme; in tal modo il loro campo di azione si
è molto allargato, ed essi non necessitano di essere autorizzati volta per volta.
● Regolamenti
di attuazione di direttive CEE.
Emanati dal Governo. E' stato
previsto che l'attuazione di direttive CEE avvenga, invece che con legge, con
regolamenti governativi caratterizzati da un procedimento particolare.
● Regolamenti
indipendenti.
Emanati dal Governo. Sono
regolamenti che pongono norme in materie lasciate vuote dalle fonti primarie
● Regolamenti
di attuazione e integrazione.
Emanati dal governo. Sono
destinati a sviluppare, fuori delle materie riservate alla competenza
regionale, la normazione "di principio" posta da fonti primarie |Con
i regolamenti di "attuazione e integrazione" si estende al
regolamento lo schema già adottato dall'art. 117 Cost. per la legislazione
regionale concorrente: la legge del Parlamento si limita alla semplice
posizione dei principi della materia da regolare, mentre la fonte regolamentare
si sviluppa in parallelo alla legislazione regionale, pur conservando la sua
natura di fonte secondaria.
● Regolamenti
di disciplina dei rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base ad accordi
sindacali.
Emanati dal Governo, dal
Consiglio Regionale, dal Consiglio provinciale, dal Consiglio comunale
● Statuti
di enti pubblici
Lo statuto di un ente pubblico
riguarda la disciplina della propria organizzazione e del suo funzionamento. La
potestà di creare in tutto o in parte il proprio statuto (in parte perché lo
Stato può riservarsi di porre le norme più importanti) è tipica di quasi tutti
gli enti pubblici
Gli statuti delle Regioni non
sono regolamenti (norme secondarie) ma norme primarie di livello pari a quello
delle leggi regionali
● Regolamenti
con cui Regioni, Province, Comuni e alcuni altri enti pubblici disciplinano lo
svolgimento ordinato di attività dei cittadini o coordinano l'azione di altri
enti pubblici nei settori di propria competenza
Ad esempio:
· Regolamenti edilizi (comuni)
· Regolamenti sul commercio (comuni o regioni)
· Regolamenti sulla lotta alle malattie delle
piante (camere di commercio)
· Norme regionali sugli enti locali che
operano in materie di loro competenza (ad es. sugli Istituti di beneficenza e
assistenza, sugli ospedali ecc.)
● Regolamenti
con cui Regioni, Province, Comuni e altri enti pubblici regolano la
organizzazione del proprio apparato (amministrativo)
Riguardano criteri e regole per
il funzionamento degli uffici, ripartizione delle competenze tra gli uffici,
diritti e doveri dei dipendenti, contabilità ecc.
● Regolamenti
con cui le regioni disciplinano il proprio potere di controllo sugli enti
locali come Province, Comuni, e altri enti locali
● Regolamenti
con cui enti locali disciplinano gli organi che consentono la partecipazione e
l'accesso dei cittadini alla amministrazione (ad esempio consigli di quartiere)
● Regolamenti
con cui Regioni, Province, Comuni e altri enti pubblici disciplinano
l'amministrazione e l'uso del proprio patrimonio, anche da parte di terzi a cui
sia permesso usarne (es. visita di un parco pubblico regionale)
● Regolamenti
con cui un ente pubblico regola i rapporti con coloro che usufruiscono del
servizio che esso fornisce. Ad esempio, il regolamento di una biblioteca, di
una piscina comunale, di uno stadio comunale.
● Regolamenti
con cui l'ente pubblico disciplina l'esercizio di sue pretese nei confronti del
cittadino Ad esempio i regolamenti tributari con cui i comuni disciplinano la
riscossione dei tributi comunali
❍ I regolamenti: Come si indica un regolamento
Tanto i regolamenti governativi
quanto quelli ministeriali recano la denominazione ufficiale di
"regolamento". I regolamenti governativi sono emanati con "decreto
del presidente della repubblica" ("d.p.r."). I regolamenti del
presidente del consiglio sono emanati con "decreto del presidente del
consiglio dei ministri" ("d.c.p.m."). I Regolamenti ministeriali
sono emanati con "decreto ministeriale" ("d.m.")
❍ I regolamenti: Diversi significati della parola
“regolamento”
Da quanto abbiamo detto sinora,
si vede che la parola regolamento è usata in significati del tutto diversi:
● Per
indicare fonti primarie (Regolamenti della Comunità Europea; Regolamenti degli
organi costituzionali)
● Per
indicare fonti secondarie (Regolamenti governativi; Regolamenti ministeriali;
Regolamenti del Presidente del Consiglio)
● Per
indicare atti amministrativi (ad es. il Prefetto, in caso di pubbliche calamità
può emanare dei provvedimenti urgenti chiamati "regolamenti")
La consuetudine non è la
volontà di un organo dello Stato, ma una regola di comportamento che si ricava
dall'osservazione dei comportamenti del gruppo dei cittadini. Quando si osserva
che un comportamento costante è tenuto per un lungo tempo dalla maggior parte
dei membri del gruppo, e che la maggioranza dei membri ritiene tale
comportamento obbligatorio e doveroso, anche se esso non è previsto dalla
legge, allora nasce una nuova norma giuridica corrispondente a quel
comportamento. Le consuetudini sono insomma delle regole di comportamento non
scritte, che nascono dai rapporti quotidiani. Le consuetudini non possono
andare contro una norma di legge primaria o secondaria, stabilita da un organo
dello Stato. Possono regolare anche materie in cui non vi sono norme dello
Stato.
❍ La pubblicazione delle fonti del diritto
Le leggi e i decreti contenenti
atti del Governo che creano norme giuridiche sono di regola inseriti nella
"Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica",
tenuta dal Ministro di Grazia e Giustizia. In tale raccolta sono inserite tutte
le leggi, i decreti contenenti norme necessarie per l'esecuzione delle leggi e
quelli la cui integrale conoscenza interessi la generalità dei cittadini. I decreti
che non presentino tale interesse, vengono inseriti per sunto o per estratto.
Sono esclusi dalla raccolta i decreti che riguardano enti e persone singole,
dei quali basta dare diretta comunicazione agli interessati, e inoltre quelli
la cui pubblicità potrebbe nuocere agli interessi dello stato.
Gli atti inseriti nella raccolta
vengono anche pubblicati nella "Gazzetta Ufficiale della Repubblica";
che costituisce mezzo legale di conoscenza delle fonti dello Stato.
Per le fonti regionali, è
prevista la pubblicazione sul "Bollettino ufficiale della regione".
Dalla pubblicazione su questi
mezzi a stampa decorrono i termini dell'entrata in vigore delle fonti
(normalmente 15 giorni per le leggi, a meno che non si disponga un termine più
corto o più lungo).
Sulla Gazzetta Ufficiale sono
pubblicati anche gli esiti dei referendum abrogativi
Sulla Gazzetta Ufficiale si
trovano inoltre gli atti normativi degli organi delle comunità europee
(pubblicati anche a cura delle comunità stesse sulla "Gazzetta delle Comunità
Europee") e le sentenze della Corte Costituzionale che dichiarano
l'incostituzionalità delle leggi (e la notizia delle sentenze della Corte
Costituzionale che respingono le denunce di incostituzionalità)
Delle sentenze della Corte di
Giustizia delle Comunità Europee, anch'esse importanti, esiste una raccolta
ufficiale della Comunità Europea
❍ I vari tipi di rapporti tra le fonti del diritto
Esistono quattro principali
tipi di rapporti tra fonti:
● Rapporto
di gerarchia
Il conflitto tra norme viene
regolato secondo il criterio della gerarchia (caso di fonti di grado diverso:
la fonte di grado superiore prevale sulla fonte di grado inferiore) e il
criterio della abrogazione (caso di fonti di pari grado: la fonte successiva
nel tempo prevale sulla precedente), dal principio di riserva di legge
● Rapporto
di competenza esclusiva
Il conflitto tra norme viene
regolato secondo il criterio di competenza (prevale la fonte che ha la
competenza esclusiva a regolare quella materia)
Le leggi regionali esclusive
prevalgono sulle leggi statali
● Rapporto
di competenza concorrente
● Rapporto
di delega
❍ Il rapporto di gerarchia tra le fonti del diritto: Il
rapporto tra fonti superiori e inferiori
Alcune fonti (non tutte) sono
tra loro in un rapporto di gerarchia, che distingue fonti superiori e fonti
inferiori.
Le norme create da fonti
superiori possono abrogare (eliminare) o modificare le norme inferiori; le
norme inferiori non possono abrogare o modificare le norme superiori o essere
in contrasto con esse.
Le fonti secondarie possono
completare le norme delle fonti primarie, aggiungendosi ad esse, purché:
· Non siano in contrasto con le norme primarie
· Rispettino i principi posti dalle norme
primarie
· Vi siano già delle norme primarie che
regolano i punti principali della materia
Le fonti sono dunque poste
lungo una scala di importanza:
● Fonti
"super-primarie" o "costituzionali":
· Costituzione
· Leggi costituzionali del Parlamento che
modificano o integrano la Costituzione
· Statuti delle regioni a statuto speciale
(sono leggi costituzionali, ma sono stati prima deliberati dai consigli
regionali)
· Norme dei trattati sulla Comunità Europea
● Fonti
"primarie":
· Leggi ordinarie del Parlamento
· Leggi regionali
· Leggi regionali a competenza esclusiva
· Leggi regionali a competenza ripartita o
concorrente
· Leggi regionali a competenza delegata
· Leggi delle province di Trento e Bolzano
· Regolamenti della Comunità Europea
· Decreti-legge del Governo
· Decreti legislativi del Governo
· Statuti delle regioni ordinarie
· Referendum di abrogazione delle leggi
· Regolamenti interni degli organi
costituzionali
· Regolamento della Camera dei Deputati
· Regolamento del Senato
· Regolamento della Corte Costituzionale
· Regolamento della Presidenza della
Repubblica
· Regolamento del Consiglio superiore della
Magistratura Eccetera
● Fonti
"sub-primarie" o "secondarie":
· Regolamenti del Presidente del Consiglio
· Regolamenti del Governo
· Regolamenti dei Ministri
· Regolamenti di autorità del potere esecutivo
diverse dal Governo (es. prefetti)
· Regolamenti delle Regioni, delle Province e
dei Comuni
· Regolamenti degli enti pubblici non
territoriali (diversi da Regioni, Province, Comuni)
● Consuetudini.
Tra le fonti costituzionali e
quelle legislative vale il principio di costituzionalità. Esso significa che
una legge o un atto con forza di legge
in contrasto con la Costituzione (o con le leggi costituzionali) è incostituzionale
e può perciò essere annullata dalla Corte Costituzionale
Tra le fonti legislative e le
fonti secondarie vale il principio di legalità. Esso significa che un
regolamento in contrasto con la legge (o con un atto avente forza di legge) è
illegittimo e perciò può essere annullato dai giudici amministrativi.
Tra le fonti di ciascun gruppo
non esiste un rapporto di gerarchia: si dice che esse hanno "pari
forza" e nessuna prevale sulle altre. Così, ad esempio, il decreto-legge
ha "pari forza" rispetto alla legge del parlamento o al decreto
legislativo.
Come si vede, anche il potere
esecutivo (Governo) può emanare norme giuridiche attraverso regolamenti del
Governo o dei Ministri.
Quando due fonti di pari grato
(ad es. due leggi ordinarie del Parlamento), una più antica e l’altra più
recente, hanno contenuti incompatibili si determina l’abrogazione della prima
ad opera della seconda. La seconda cioè cancella e sostituisce la prima.
Questa regola si applica
esclusivamente tra fonti che si trovano sullo stesso piano della scala
gerarchica, cioè di pari grado (tra legge e legge; tra legge, decreto-legge e
decreto legislativo; tra regolamenti; ecc.). Se le fonti sono di grado diverso
(es. Costituzione e legge), la regola non vale. L’abrogazione non opera neanche
tra fonti che regolano per competenza materie distinte (es. lo Stato non può
abrogare norme regionali in materie attribuite alla competenza della regione).
Si possono avere tre tipi di
abrogazione:
● Abrogazione
espressa: quando la legge successiva espressamente dichiara che quella
precedente è abrogata o quando c’è il referendum abrogativo
● Abrogazione
implicita: quando la legge successiva regola integralmente la materia regolata
da una legge precedente (es. viene approvato un nuovo codice civile che
sostituisce il precedente)
● Abrogazione
tacita: quando la legge successiva contiene norme incompatibili con quelle
contenute in una legge precedente
Con l’abrogazione la legge
successiva si sostituisce alla precedente dal momento in cui entra in vigore.
La legge abrogata continuerà a
regolare i casi da essa previsti che si sono realizzati prima della
abrogazione. La nuova legge, invece, riguarderà soltanto i casi che si
realizzano successivamente
❍ Fonti primarie e fonti
secondarie
Le fonti secondarie provengono
da autorità del potere esecutivo o da enti locali
Le fonti secondarie possono
essere giudicate dal giudice ordinario e amministrativo. Quelle primarie solo
dalla Corte costituzionale.
Le fonti primarie sono anche
chiamate "atti aventi forza di legge"
Tra norme primarie e norme
secondarie c'è una importantissima differenza: Il giudice dovrà sempre
applicare le norme primarie senza poterne contestare la validità, mentre potrà,
prima di applicare le norme secondarie, verificare la loro validità, e
cioè la loro conformità alle norme
primarie: se è il caso, potrà dichiarare illegittime delle norme secondarie, ma
MAI delle norme primarie o super-primarie.
Ad esempio, una fonte
secondaria in contrasto con la costituzione sarebbe illegittima e quindi
giudicabile dal giudice ordinario, e non dalla Costituzione.
Le norme secondarie sono
soggette al principio di legalità, per cui non possono mai contrastare da norme
di fonti primarie
Una volta che una legge (o
altra fonte primaria) ha regolato una materia, per cambiarne i principi occorre
un'altra legge. Questo è molto scomodo
in molti casi in cui si ha bisogno che le norme siano sempre aggiornate:
l'attesa di una legge del Parlamento può essere troppo lunga. Si è proposto da
parte di molti parlamentari di "delegificare" queste materie,
stabilendo che da quel momento in avanti le norme saranno poste solo da fonti
secondarie.
❍ Il rapporto di competenza esclusiva tra fonti del diritto
Tra due fonti può esistere un
rapporto di competenza, per cui una fonte (ad es. la legge regionale) ha delle
materie riservate a lei e a lei sola, e le altre fonti non possono emanare
norme in tali materie. Ecco di seguito i casi principali:
● Esiste
un rapporto di competenza tra leggi delle regioni riguardanti certe materie, e
altre fonti primarie dello Stato: vedi in proposito quanto detto sulle leggi
regionali
● Esiste
un rapporto di competenza tra i regolamenti di un ministro e quelli di un altro
ministro. In genere, per quanto riguarda le norme emanate da una autorità
amministrativa, si applica il principio per cui queste non possono riguardare
materie per cui l'autorità stessa non ha competenza.
● Il
principio di competenza si applica non soltanto tra fonti del diritto, ma anche
tra atti che creano prescrizioni che non sono norme giuridiche, specie tra atti
amministrativi.
● Un
caso particolare di applicazione del principio di competenza si ha con le
"riserve di legge". Si ha una riserva di legge quando la Costituzione
riserva la disciplina di una determinata materia alla legge del Parlamento e/o
ad altre fonti di pari grado. Le riserve di legge sono previste nelle materie
considerate politicamente più importanti, nelle quali si vuole quindi una
disciplina dettata dal massimo organo rappresentativo del nostro ordinamento e
con le garanzie democratiche che questo consente.
Sono riservate alla legge, per
esempio, le regole che toccano le libertà fondamentali, quelle che stabiliscono
i reati e le pene o i tributi e altre ancora.
Se la riserva di legge è
"assoluta" le norme che regolano la materia debbono provenire esclusivamente
dalla legge del Parlamento. Se la riserva di legge è "relativa" è
possibile, per le fonti inferiori (secondarie) emanare norme in quella materia,
ma solo per completare le norme della legge e rispettando i principi posti da
queste
● Un
altro caso di competenza è quello dei regolamenti creati dal consiglio dei
ministri della Comunità Europea (cosiddetti "regolamenti
comunitari"). Il regolamento prevale sulla legge dello Stato ad esso
anteriore e non può essere modificato da una legge dello stato successiva,
purché le sue norme riguardino le materie che i Trattati di Roma hanno
riservato alla Comunità Europea.
● Un
altro caso di competenza è quello dei regolamenti degli organi costituzionali
(Camera, Senato, Corte Costituzionale) che non possono essere emanati dal
Parlamento, ma dai componenti dello stesso organo. Un altro caso di competenza
è quello delle intese con confessioni religiose diverse dalla cattolica e del
concordato con la Chiesa Cattolica
La competenza della Legge del
Parlamento è generale: a parte le materie riservate a fonti diverse (come le
leggi regionali), la legge del Parlamento può regolare qualsiasi materia. Altre
fonti non hanno competenza generale. Ad esempio i regolamenti del Ministro
dell'Industria non potranno riguardare che il campo di azione del suo
ministero.
In vari casi la Costituzione
stabilisce che una determinata materia sia regolata dalla legge e non dal
regolamento (riserva di legge).
Ad esempio l’art. 13 della
Costituzione stabilisce che la libertà personale può essere limitata “nei soli
casi e modi previsti dalla legge”; l’art. 23 Cost. stabilisce che nessuna
prestazione personale o patrimoniale (ad es. le imposte e le tasse) può essere
imposta “se non in forza di una legge”; l’art. 25 Cost stabilisce che nessuno
può essere punito “se non in forza di una legge; l’art. 42 stabilisce che la
proprietà privata può essere espropriata “nei casi preveduti dalla legge”.
La ragione della riserva di
legge è semplice: il Parlamento è l’organo maggiormente rappresentativo (è
eletto a suffragio universale, cioè con il voto di tutti i cittadini, e in esso
sono rappresentate tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione) e
agisce sotto il costante controllo dell’opinione pubblica; il Governo,
viceversa è un organo ristretto che esprima le sole forze della maggioranza e,
per di più, i suoi lavori sono riservati e non controllabili dall’esterno. Per
queste ragioni di democrazia e di garanzia dei cittadini la costituzione vuole
che le materie più importanti siano riservate alla legge e dunque disciplinate
dal Parlamento, direttamente o indirettamente
Le materie sottoposte a riserva
di legge possono essere disciplinate dalla legge ma anche da un atto avente
forza di legge (decreto-legge e decreto-legislativo): anche in queste ipotesi
infatti il Parlamento può controllare il contenuto delle norme giuridiche
approvate dal Governo
Le riserve di legge assolute
sono quelle che impongono al legislatore di regolare integralmente la materia.
Di conseguenza sono esclusi tutti i regolamenti tranne quelli puramente
esecutivi (che non aggiungono nulla di nuovo alla legge).
Le riserve di legge relative
sono quelle che richiedono soltanto che la legge detti i criteri generali
mentre la loro realizzazione può avvenire con regolamenti autorizzati
Le riserve di legge rinforzate
non ammettono regolamenti ma solo la legge
❍ Il rapporto di competenza ricorrente o ripartita tra
fonti del diritto
Per determinate materie, è
possibile che le norme più importanti (i cosiddetti principi generali o fondamentali)
sono riservate ad una fonte, mentre tutte le altre norme, purché non
contrastino con i principi generali o fondamentali, sono riservate ad un'altra
fonte.
Questo è ad esempio il caso di
alcune materie previste dall'art. 117 della Costituzione: esse sono riservate
alle Regioni, ma i principi generali sono riservati allo Stato.
Una fonte può delegare un'altra
a regolare una certa materia, fissando i principi generali.
Un esempio si ha con i decreti
legislativi, che debbono essere autorizzati dal parlamento con una legge di
delega che contiene i principi e i criteri direttivi.
Un altro esempio si ha con la
delega che una legge del Parlamento fa ad una regione ad emanare norme per
l'attuazione di leggi dello Stato.
❍ L’efficacia della legge nel tempo: retroattività e
irretroattività del diritto
Secondo l’art. 11 delle
Disposizioni sulla legge in generale (che sono all’inizio del Codice Civile) la
legge non dispone che per l’avvenire, cioè non ha effetto retroattivo. Una
legge irretroattiva (irretroattività
della legge) si applica invece solo ai casi che si verificano
successivamente alla sua entrata in vigore. Una legge retroattiva (retroattività della legge) si applica ai
casi già verificatisi, regolati inizialmente da una legge diversa.
L’irretroattività della legge è
molto importante. Se non ci fosse, i cittadini sarebbero nelle mani del
legislatore, che potrebbe sempre rimetter in discussione i rapporti giuridici
passati e non si avrebbe alcuna certezza del diritto: i cittadini non
saprebbero come comportarsi per non violare la legge.
La regola della irretroattività
della legge è derogabile: poiché il codice civile (che contiene l’art. 11) è
stato approvato con decreto legislativo, le sue norme possono essere derogate
da norme successive di legge. Se tuttavia una legge tace sulla sua
retroattività vale l’art. 11 e la si deve considerare irretroattiva.
L’unico campo in cui la
retroattività è vietata dalla Costituzione è la materia penale: “nessuno può
essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del
fatto commesso”. La irretroattività penale riguarda solo le legge successive
meno favorevoli ma non quelle più favorevoli.
Il controllo sul rispetto da
parte dei regolamenti delle norme dei Trattati della Comunità non spetta alla
Corte Costituzionale italiana, ma alla Corte di Giustizia delle Comunità
europee
❍ Il problema del fondamento del
diritto
Sono fonti del diritto quelle
previste da altre fonti. Ma queste ultime, per essere fonti, a loro volta
devono essere previste da altre fonti precedenti. In questo modo, si apre una
rincorsa all’infinito a cui occorre trovare un termine. Questo termine è la
fonte più elevata, la quale non si fonda su nessun altra. Questa fonte è la
Costituzione. Essa vale di per sé: dà vita alle altre fonti ma non trae vita da
nessun’altra fonte. Si potrebbe dire che è la fonte delle fonti .
Questo non significa che la
Costituzione non abbia a sua volta un fondamento. Essa vale perché si basa
sull’accettazione sociale diffusa. Le forze della società che hanno approvato
la Costituzione si riconoscono in essa e questo basta perché essa valga
effettivamente come diritto.
Le forze in questione variano
storicamente, a seconda dei caratteri del regime politico. La prima costituzione
italiana, lo Statuto del Regno d’Italia, fu concessa dal re Carlo Alberto al
Piemonte nel 1848 e poi esteso all’Italia unita nel 1861. Le classi dirigenti
dell’epoca (la nobiltà e soprattutto la borghesia liberale) si riconoscevano in
quel documento. Nei regimi democratici del nostro secolo il potere appartiene a
tutto il popolo e questo può esprimerlo eleggendo assemblee costituenti, come è
avvenuto all’origine della nostra Costituzione.
Le prescrizioni giuridiche ci
appaiono legate in tante catene: vediamo ad esempio che sulla base della
Costituzione può essere fatta una legge, la legge può autorizzare il governo ad
approvare un regolamento per completare la legge; il regolamento di attuazione
può rinviare ad ulteriori regolamenti di esecuzione. Vediamo, ad esempio, che
sulla base della Costituzione può essere fatta una legge cornice, che pone i
principi fondamentali ai quali le regioni devono attenersi; sulla base di tale
legge cornice può poi essere fatta una legge regionale; in base alla legge
regionale possono infine essere emanati dei regolamenti di esecuzione.
Talvolta, è necessario un
ulteriore passo: un provvedimento del potere esecutivo: una ammissione, una
concessione, una licenza.
Le norme giuridiche si possono
distinguere, a seconda degli interessi protetti, in:
● Norme
di diritto pubblico
Esse tutelano interessi di tuta
la collettività, sono inderogabili da chiunque e speciali organi dello stato
vigilano sul loro rispetto esercitando la propria autorità.
Il diritto pubblico regola la
forma e l’organizzazione dello Stato, delle Regioni, delle Province dei Comuni
e degli altri enti pubblici; disciplina anche i rapporti tra cittadini e
rispettivamente stato regioni province e comuni. Poiché Stato, Regioni,
Province e comuni sono portatori di interessi collettivi, i rapporti fra questi
e il singolo cittadino non si svolgono su un piano di parità
Le norme di diritto pubblico si
distinguono a loro volta in:
● Norme
di diritto costituzionale
che comprendono le norme
fondamentali della vita politica, relative allo Stato, alla sua organizzazione (Parlamento,
Governo, Presidente della Repubblica ecc.) e ai rapporti con i cittadini
(diritti e doveri, principio di uguaglianza ecc.)
● Norme
di diritto amministrativo
che disciplinano l’apparato
pubblico, denominato “pubblica amministrazione” (i ministeri, gli enti
pubblici, i dipendenti pubblici), il suo funzionamento (i tipi di atti, i
procedimenti, i poteri ecc.) e i suoi rapporti con i singoli cittadini
● Norme
di diritto penale
che stabiliscono quali sono i
reati e le pene previste per coloro che li hanno commessi
● Norme
di diritto processuale
che riguardano i diversi
procedimenti che si svolgono dinanzi ai giudici, riguardanti le controversie
relative all’applicazione del diritto civile, penale e amministrativo
Le norme di diritto processuale
si distinguono a loro volta in:
● Diritto
processuale civile
● Diritto
processuale penale
● Diritto
processuale amministrativo
● Diritto
processuale tributario
Che regola anch’esso un
processo amministrativo: quello dinanzi alle commissioni tributarie nel caso di
tributi che si ritengono ingiustamente pagati
● Norme
di diritto privato
Che invece tutelano interessi
dei singoli e sono spesso derogabili dalla contraria volontà dei soggetti
privati (ad esempio le norme che prevedono i singoli tipi di contratti possono
essere lasciate da parte dai singoli se vogliono stipulare un contratto
diverso, non previsto dalla legge). Della loro osservanza lo Stato (attraverso
i suoi giudici) si occupa solo se il singolo privato che ne ha interesse lo
richiede.
Il diritto privato regola i
rapporti tra i diversi soggetti privati: le persone fisiche, le associazioni,
le società ecc. Nella maggior parte dei casi tali rapporti si svolgono su un
piano di parità e in essi la libera volontà dei soggetti che hanno rapporti tra
loro assumer un’importanza fondamentale: quando non c’è contrasto con un
interesse pubblico l’ordinamento giuridico lascia i privati liberi di agire
come vogliono, di gestire come preferiscono la propria vita o i propri affari
(cosiddetta “autonomia dei privati”). Così il possibile compratore e il
possibile venditore di una casa decidono liberamente se accordarsi per un
contratto di compravendita di quella casa oppure no; ognuno può decidere se
fare testamento, se sposarsi o no e, se sì, con chi. In questi casi la legge
stabilisce solo alcune regole che limitano l’autonomia dei privati riguardo
aspetti che non sono indifferenti per l’ordine sociale.
Le norme di diritto privato si
distinguono a loro volta in più settori, i più importanti dei quali sono:
● Norme
di diritto civile
che si occupano delle persone,
della famiglia, delle successioni, della proprietà e degli altri diritti reali,
delle obbligazioni, dei contratti e della tutela dei diritti
● Norme
di diritto commerciale
Che regolano l’impresa e
l’imprenditore (individuale e collettivo), i contratti relativi all’attività di
impresa, i titoli di credito, il fallimento, i brevetti ecc.
Tra le norme di diritto
commerciale ricordiamo:
● Norme di diritto societario
● Norme di diritto fallimentare
● Norme
di diritto del lavoro
Che si occupano del rapporto di
lavoro dipendente (lavoro subordinato)
● Norme
di diritto agrario
● Norme
di diritto internazionale privato
Sono le norme dettate da uno
stato per casi che coinvolgono un cittadino o un bene straniero o avvengono tra
cittadini ma in territorio straniero
(es. un matrimonio, un contratto). In questi casi occorre una norma dello stato
per decidere se applicare il diritto nazionale o lasciare che sia applicato il
diritto dello stato straniero.
Utilizzando un altro criterio
possiamo invece distinguere:
● Norme
di diritto interno
Sono le norme prodotte dallo
Stato
● Norme
di diritto esterno
Le norme di diritto esterno si
distinguono a loro volta in:
● Norme
di diritto internazionale
che vale nelle relazioni tra
gli stati, cioè tra uno stato e un altro (o vari stati)
● Norme
di diritto comunitario
Che si applica nel territorio
degli stati membri dell’Unione Europea. Esso è un diritto che non proviene dai
loro organi, ma da quelli di una speciale comunità di stati di cui fanno parte,
che è appunto l’Unione Europea.
❍ Norme imperative, dispositive, suppletive
Mentre le norme del diritto
pubblico sono tutte imperative, nel diritto privato (ad es. nel Codice Civile)
possiamo distinguere le norme imperative (o cogenti, o assolute, o di ordine
pubblico in senso lato) dalle altre, dette norme relative. Le norme imperative
si impongono in ogni caso: ad es gli articoli 162, 1229, 1613, 1647-1654. Le
altre invece sono quelle derogabili dalle parti. Da alcuni, nell’ambito di
questa seconda categoria, si suole fare ulteriore distinzione tra norme
dispositive che regolano un rapporto, ma poi prevedono che l’espressa volontà
delle parti possa disciplinarlo in modo anche diverso (es. art. 1282), e norme
suppletive, le quali intervengono a disciplinare tutto un rapporto soltanto in
mancanza della volontà delle parti (es. art. 1063 e seguenti). Le prime,
dispositive, sono in sostanza ispirate a fini di utilità generale, ma fanno
salvo un eventuale prevalente interesse contrario del privato; le seconde sono
stabilite nell’interesse del singolo, per supplire a una sua deficiente
manifestazione di volontà.
❍ Il diritto internazionale
privato.
Vi possono essere questioni in
cui si intrecciano legislazioni di stati diversi
Si pensi ad un divorzio tra
marito e moglie che hanno diversa cittadinanza; all’esecuzione di un contratto
concluso in uno stato, tra due soggetti di diversa nazionalità, riguardante un
bene che è in uno stato ancora diverso; all’eredità di un cittadino di uno
Stato, che ha fatto testamento in un secondo stato a favore di un cittadino
avente altra nazionalità, i cui beni sono in un terzo stato ecc.
In questi casi occorre stabilire
quale legge deve essere applicata. Ciò avviene rinviando a una delle
legislazioni degli stati interessati. In questo modo si dà spazio a un
ordinamento e contemporaneamente se ne toglie agli altri determinando
l’efficacia dei diversi ordinamenti giuridici nello spazio.
Il rinvio è fatto dalla legge
italiana (la materia è disciplinata dalla legge 31 maggio 1995 n. 218), la
quale indica quale legislazione potrà essere applicata nei diversi casi. Queste
norme di rinvio a legislazioni straniere si denominano “diritto internazionale
privato”
Questa formula può trarre in
inganno: non si tratta di diritto internazionale vero e proprio, ma di diritto
interno. Esso è “diritto privato” perché riguarda solo i rapporti regolati dal
diritto privato. Il diritto pubblico applicabile in Italia è solo quello
italiano. L’inderogabilità della legge italiana è ad esempio espressamente
stabilita per la materia penale e in genere di polizia e sicurezza pubblica.
Nel caso delle materie regolate dal diritto pubblico sono in gioco interessi
essenziali dello Stato e perciò non si può ammettere una limitazione alla
sovranità italiana
Il diritto internazionale nel
vero senso del termine (diverso dal diritto internazionale privato) è l’insieme
delle norme che regolano i rapporti tra gli stati. Queste norme possono essere
o consuetudini internazionali (come le norme sulle immunità degli ambasciatori)
o trattati (cioè accordi) tra Stati particolari. L’insieme di queste norme costituisce l’ordinamento internazionale,
distinto da quello (interno) dei singoli stati.
Per quanto riguarda le fonti comunitarie,
vedi quanto detto in precedenza
❍ L’ordine
pubblico
Vi sono dei casi in cui il
nostro ordinamento ammette l'applicazione del diritto straniero: a) nel caso di
una norma di diritto internazionale privato che richiami una norma straniere;
b) nel caso di norme della Comunità Europea; c) nel caso di convalida del
matrimonio avvenuto secondo le norme del diritto della Chiesa; d) nel caso di
società commerciali estere; e in altri casi ancora.
In tutti questi casi il giudice
è tenuto a disapplicare le norme straniere se esse violino le norme e i
principi più importanti, irrinunciabili, del nostro ordinamento giuridico: ad
esempio, il principio della parità tra uomo e donna; le norme del diritto
penale; il principio monogamico (un uomo non può sposare più donne); il
principio della inviolabilità del domicilio; ecc. Queste norme e principi sono
precisamente l'"ordine pubblico internazionale".
L'"ordine pubblico
internazionale" e l'"ordine pubblico interno" sono diversi dalle
"norme imperative". Le "norme imperative" comprendono TUTTE
le norme inderogabili dell'ordinamento italiano, mentre l'"ordine pubblico
internazionale" e l'"ordine pubblico interno" comprendono solo
le norme più importanti e irrinunciabili. Ad es. la norma che vieta che in una
società un socio abbia tutti gli utili o tutte le perdite fa parte delle
"norme imperative", ma non dell'"ordine pubblico
internazionale".
Pertanto, un giudice ammetterà
che una società straniera possa regolarsi in modo diverso. Inoltre,
l'"ordine pubblico interno" e l'"ordine pubblico
internazionale" comprendono anche i "principi generali
dell'ordinamento giuridico".
L'"ordine pubblico
interno" è un concetto molto vago: dovrebbe comprendere un maggior numero
di norme rispetto all'"ordine pubblico internazionale" e un minor
numero di norme rispetto alle "norme imperative"
Una tipica norma che fa
riferimento all'"ordine pubblico interno" è l'art. 1343, richiamato
dall'art. 1418 del codice civile, che stabilisce che sono nulli per illiceità i
contratti contrari "Alle norme imperative, all'ordine pubblico e al buon
costume"
❍ La procedura di stipulazione dei trattati internazionali
Per essere eseguite all’interno
degli Stati le norme internazionali debbono trasformarsi in norme di diritto
interno. In linguaggio più tecnico, si dice che il diritto interno deve
adattarsi alle norme internazionali.
Di solito si approva una norma
contenente il cosiddetto “ordine di esecuzione” che dice “piena e intera
esecuzione è data al trattato…” Con questa norma il trattato diventa anche
diritto interno.
Più precisamente, le fasi per
la introduzione della norma di un
trattato internazionale (che si applicano ancora a tutti gli accordi
intergovernativi e ai trattati relativi all’Unione Europea) sono:
· Stipulazione, ad opera dei rappresentanti
diplomatici (organi del ministero degli esteri e, nei casi più importanti,
ministri e primi ministri
· Ratifica da parte del Presidente della
Repubblica (per i trattati più importanti
occorre che il Presidente sia autorizzato con legge del Parlamento)
· Ordine di esecuzione che dà efficacia
nell’ordinamento italiano (con decreto del Presidente o nella legge di
autorizzazione)
Non occorrono invece ordini di
esecuzione particolari per il diritto internazionale consuetudinario (detto
anche “generalmente riconosciuto”). L’art. 10 della Costituzione prevede
infatti l’adattamento automatico, stabilendo che “l’ordinamento giuridico
italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute”.
Il codice civile italiano,
emanato nel 1942 mediante decreto legislativo (le sue norme hanno dunque forza
di legge ordinaria), contiene 2969 articoli che pongono le norme fondamentali
del diritto privato e del diritto commerciale. Ad esso si sono aggiunte nel
corso del tempo numerose Leggi speciali riguardo tutte le materie da esso
disciplinate. Abbiamo così leggi speciali sulla locazione, leggi speciali sul
fallimento, leggi speciali sulle società ecc.
Il codice civile è suddiviso in
sei libri che trattano rispettivamente delle persone e della famiglia (libro
primo), delle successioni (libro secondo), della proprietà e dei diritti reali
(libro terzo), delle obbligazioni (libro quarto), del lavoro e dell’impresa
commerciale e agricola(libro quinto); delle prove nel processo civile, della
responsabilità patrimoniale del debitore, delle cause di prelazione e di
prescrizione (libro sesto)
Ciascun articolo si suddivide
in periodi separati terminanti con un punto e a capo (capoversi) chiamati
“commi”. All’interno di un comma si possono distinguere, a seconda dei casi, i
periodi (frasi separate da punti), i numeri o le lettere (se il comma contiene
degli elenchi numerati o contrassegnati da lettere)
❍ Fatti, atti, negozi giuridici
Tutti quei fatti dal
verificarsi dei quali una qualsiasi norma giuridica fa dipendere la nascita, la
modificazione o la estinzione di una situazione giuridica attiva o passiva o la
qualificazione di una persona, di una cosa o di un altro fatto, si dicono
"fatti giuridici".
Un fatto giuridico può essere
un "evento", che si verifica in un dato istante di tempo (es.
terremoto, nascita, morte) o una "situazione", che permane per un
certo periodo di tempo o indefinitamente (stato di incapacità di intendere e di
volere; stato di pericolo di crollo di un edificio decrepito ecc.).
❍ Fatti naturali e fatti umani
I fatti giuridici si dividono
in "fatti naturali" (es. crollo di un edificio) e "fatti
umani", che consistono in un comportamento consapevole e volontario dell'uomo.
Non sono "fatti umani" la nascita, la morte la malattia, il naufragio
di una persona, perché non costituiscono "comportamenti" di quella
persona: in questi casi ci troviamo di fronte a fatti naturali.
Esistono atti umani consapevoli
e volontari che però non determinano una conseguenza giuridica (es. fare una
passeggiata, fischiettare, allacciarsi una scarpa, ecc.) e perciò non sono
"fatti giuridici" e neanche “fatti umani”, perché non producono una
conseguenza giuridica. Si parla in tal caso (impropriamente) di "atti
meramente leciti".
Uno stesso "fatto
umano" può essere considerato dal diritto come "atto giuridico"
o come “fatto giuridico” a seconda delle norme che lo prendono in
considerazione.
Si parla di "atti
giuridici" quando la norma fa dipendere la conseguenza giuridica da un
comportamento solo se questo è volontario e consapevole, cioè si basa su una
consapevole rappresentazione della realtà (non è ad es. rappresentazione
consapevole una allucinazione) e sia stato effettivamente voluto (non è ad es.
voluto il contagio di epatite da parte di un soggetto che ignorava di esserne
affetto).
Nel caso invece dei
comportamenti da cui la norma lascia nascere una conseguenza giuridica per il
solo fatto che si siano verificati, senza prendere in considerazione la
circostanza che siano stati o non posti in essere volontariamente (e quindi
anche consapevolmente) non si parla di "atti giuridici".
Un omicidio, per il codice
penale è un "atto giuridico", perché le conseguenze stabilite dal
codice (cattura e reclusione) nasceranno solo se l'omicida era in condizione di
intendere e di volere. Un omicidio, per la norma del codice civile che regola
la successione ereditaria è un "fatto giuridico ", perché la
conseguenza (acquisto del patrimonio dell'ucciso da parte degli eredi) si
verifica indipendentemente dal fatto che l'omicida abbia agito coscientemente o
meno.
I "fatti naturali" e
i "fatti umani" che non costituiscono atti giuridici formano la
categoria dei "meri fatti giuridici", in contrapposto agli "atti
giuridici".
❍ La classificazione degli atti giuridici
Gli atti giuridici si
distinguono in "atti dei privati" e "atti di potere pubblico".
Gli atti giuridici si
suddividono anche in "atti giuridici leciti" e "atti giuridici
illeciti" (es. omicidio, danneggiamento). Gli atti giuridici illeciti si
suddividono in "(atti) illeciti civili", "(atti) illeciti
penali" e "(atti)illeciti amministrativi" a seconda che siano
previsti e sanzionati da una norma di diritto civile, di diritto penale o di
diritto amministrativo.
Gli atti giuridici leciti
consistono in dichiarazioni con cui il soggetto manifesta all'esterno una
propria volontà, un proprio giudizio ecc. Essi si suddividono in "meri
atti giuridici" e in "negozi giuridici".
Sono "meri atti
giuridici":
● Dichiarazioni
di giudizio (es. sentenze dei giudici, decisioni degli arbitri privati,
● Dichiarazioni
di scienza o di verità (es. testimonianza di un testimone,confessione di un
imputato, atti di documentazione mediante registrazioni sui libri contabili,
certificato di un ente pubblico, denuncia dei redditi ecc.)
● Dichiarazioni
di desiderio (es. domanda di un certificato o di un sussidio di disoccupazione
da parte di un cittadino, proposta da parte di un organo ad un altro organo
ecc.)
● Atti
di valutazione o apprezzamento (es. valutazione annuale di servizio dei
dirigenti pubblici, pareri ecc.)
● Comunicazioni
o denunzie di un determinato fatto. In questo caso si vuole ottenere qualcosa
di più che con la dichiarazione di scienza: si vuole che altri sappia qualche
cosa, e ci si adopera che questo avvenga (es. notifica al debitore della
cessione del credito da parte del creditore; comunicazione della scelta nelle
obbligazioni alternative ecc.)
● Altri
atti: Intimazioni, promessa di matrimonio, riconoscimento di figlio naturale,
destinazione del padre di famiglia per la costituzione della servitù ecc.
Tutti gli atti giuridici,
compresi quelli illeciti (e forse esclusa l'ultima categoria), hanno in comune
il fatto che sono consentiti dall'ordinamento, che debbono essere voluti
dall'agente, che producono conseguenze stabilite esclusivamente
dall'ordinamento e non dall'agente (ad es. l'incarcerazione è certamente una
conseguenza non voluta dall'autore del fatto illecito).
I "negozi giuridici"
sono pure essi dichiarazioni, e precisamente dichiarazioni di volontà. Mentre
gli effetti degli atti giuridici in senso stretto dipendono da una norma
giuridica e non dalla volontà di chi compie l'atto (una testimonianza può anche
ritorcersi a danno di chi l'ha fatta), gli effetti dei negozi giuridici
dipendono dalla volontà di chi compie l'atto. In altre parole: gli effetti dei
negozi giuridici, a differenza che per gli altri atti non negoziali, sono
precisamente quelli voluti dal soggetto che li compie.
L'ordinamento giuridico
ricollega alla dichiarazione di volontà proprio gli effetti che il soggetto
dichiara di voler ottenere (passaggio di proprietà, assegnazione dell'eredità
ad un discendente piuttosto che ad un altro ecc.): il negozio giuridico è
l'atto di una volontà autorizzata dall'ordinamento a perseguire il suo scopo.
Si può anche dire che nel caso dell'atto che non sia un negozio per la legge
esiste (= la legge riconosce) la volontà dell'atto ma non del contenuto
dell'atto; nel caso dei negozi per la legge esiste la volontà dell'atto e
quella del contenuto.
I negozi giuridici possono
essere di diritto pubblico o di diritto privato.
Possono essere unilaterali,
bilaterali o plurilaterali.
❍ La classificazione dei negozi giuridici
I negozi giuridici possono
distinguersi in:
· unilaterali, i quali producono i loro
effetti in seguito alla manifestazione di volontà di un solo soggetto, anche se
altri soggetti possono essere interessati (es. testamento, rinuncia a un
diritto)
· bilaterali o plurilaterali, i quali
producono i loro effetti solo quando vi sia la conforme manifestazione di
volontà di due (o più) soggetti. Il caso più tipico è il contratto
I negozi giuridici unilaterali possono
distinguersi in:
· unilaterali ricettivi (o recettizi), che per
produrre i loro effetti, debbono essere “ricevuti” da un’altra persona, alla
quale perciò l’atto deve essere comunicato (es. la disdetta della locazione di
un immobile)
· unilaterali non ricettizi (o recettizi) che
per produrre i loro effetti, non hanno bisogno di essere “ricevuti” da un’altra
persona
I negozi giuridici possono
anche distinguersi in:
· patrimoniali, che costituiscono, modificano
o estinguono diritti o altre situazioni soggettive patrimoniali
· non patrimoniali che costituiscono,
modificano o estinguono diritti o altre situazioni giuridiche non patrimoniali
Un diritto o un’altra
situazione giuridica si dice patrimoniale se ha ad oggetto un bene o un
comportamento valutabile economicamente, cioè un comportamento che normalmente
può essere acquistato e venduto, che viene considerato dalla coscienza sociale
una “merce” vendibile. Così, il proprio lavoro è considerato una “merce”
vendibile; persino le proprie prestazioni di strip-tease vengono considerate
vendibili, ma non i propri favori sessuali o la fedeltà coniugale.
Sono diritti patrimoniali:
· I diritti reali
· I diritti di obbligazione
· I diritti di sfruttamento economico delle
opere dell’ingegno
· Altri diritti minori, come ad es. il diritto
di opzione sulle azioni di una Società per azioni
Tra i principali diritti non
patrimoniali abbiamo:
· I diritti della persona
· I diritti di natura non patrimoniale
nascenti dal matrimonio
· I diritti dell’autore dell’opera
dell’ingegno a vedersi riconoscere la paternità di quanto creato
I negozi giuridici possono anche distinguersi in:
· Onerosi, nei quali tutti i soggetti che vi partecipano si accollano
un certo sacrificio (onere) economico per ottenere un (altro) vantaggio (si
pensi alla compravendita, in cui l’acquirente acquista la proprietà di un bene,
ma paga i prezzo e il venditore riceve il pagamento del prezzo, ma perde la
proprietà del bene venduto
· Gratuiti, in cui solo un soggetto subisce
una perdita economica e l’altro (o gli altri) ricevono un beneficio, senza
corrispettivo (si pensi per esempio alla donazione)
I negozi giuridici possono
anche distinguersi in:
· tra vivi, quando gli effetti giuridici sono
destinati a operare tra persone fisiche tutto va viventi
· a causa di morte, quando la volontà è
destinata a operare al momento della morte di colui che l’ha manifestata (es.
testamento)
❍ Gli interessi considerati dal
diritto
Le possibili valutazioni dei
diversi interessi dei singoli espresse dal diritto sono:
● L’indifferenza
che si verifica quando manca una norma giuridica (come nella gran parte delle
azioni della nostra vita quotidiana, che sono regolate da norme morali,
sociali, di buona educazione, ecc, ma non da regole giuridiche
● L’atteggiamento
positivo che comporta la protezione di un interesse attraverso il riconoscimento
di posizioni (o, come si dice, “situazioni”) giuridiche attive
● L’atteggiamento
negativo che comporta invece l’imposizione di posizioni giuridiche passive
Quindi, se le norme giuridiche
stabiliscono la preminenza dell’interesse di un soggetto su interessi di altri
con cui può entrare in conflitto, il primo soggetto è titolare di una posizione
(o situazione) di vantaggio. Se, viceversa, stabiliscono che un certo interesse
ha importanza minore rispetto ad altri, il soggetto che ha quell’interesse si
troverà in una posizione di svantaggio
❍ Il meccanismo tipico della norma giuridica (ripasso)
Molte norme giuridiche sono
nella forma "se... allora..." (esempio: "Se una persona uccide
un'altra persona sarà incarcerata")
Queste norme sono composte di
due parti:
Una parte chiamata
"fattispecie", che contiene la descrizione di un fatto (ad esempio:
"mancato pagamento da parte del debitore")
Una parte chiamata
"sanzione", che stabilisce la conseguenza collegata al verificarsi
della fattispecie (ad esempio: "obbligo del debitore di risarcire i danni
provocati al creditore col proprio mancato pagamento")
L'effetto che una norma
giuridica prevede nella sanzione consiste sempre e solo nella nascita o nella
modificazione o nella estinzione di una situazione giuridica soggettiva attiva
o passiva per uno o più soggetti.
Esempio di fattispecie: assenza
del professore per malattia
Esempio di sanzione collegata a
tale fattispecie:
· Nascita di un obbligo di segnalazione e di
un obbligo di giustificazione (invio del certificato medico) da parte del
professore
· Nascita del diritto del professore a
rimanere ia casa a curarsi;
· Nascita dell'obbligo del Preside di
sostituire il professore;
· Nascita dell'obbligo della segreteria di
annotare il numero di giorni di assenza.
Il meccanismo di funzionamento
delle norme giuridiche è sempre lo stesso: la norma stabilisce che al
verificarsi di un dato fatto (chiamato "fatto giuridico") si
verifichi una delle seguenti conseguenze:
· nascita di una situazione giuridica
soggettiva nuova (es. nascita di un diritto);
· estinzione di una situazione giuridica
soggettiva già esistente (es. estinzione di un diritto);
· trasformazione di una situazione giuridica
esistente (es. un diritto di proprietà si trasforma in un diritto di
usufrutto).
❍ Le situazioni giuridiche soggettive in generale
Esistono tre tipi di condizioni
in cui il diritto può porre un individuo:
● Qualità
giuridiche
● Capacità
(capacità giuridica e capacità di agire)
● Situazioni
giuridiche soggettive
❍ Le situazioni giuridiche possono essere attive o passive
Si parla di situazioni
giuridiche soggettive attive, che recano un vantaggio al soggetto permettendo
di realizzare un suo interesse. Si parla di situazioni giuridiche passive che
recano uno svantaggio al soggetto sacrificando un suo interesse.
❍ I vari tipi di situazioni
giuridiche attive
● DIRITTO
SOGGETTIVO
Il diritto è la situazione di
chi vede protetto in modo completo il proprio interesse contro chiunque possa
danneggiarlo. Il proprietario ha un diritto di proprietà che gli assicura che
può utilizzare in esclusiva l'oggetto su cui ha interesse. Il creditore ha un
diritto nei confronti del debitore che gli assicurerà la realizzazione
dell'interesse ad essere pagato. Si
distinguono diritti soggettivi assoluti (esempio proprietà) e relativi (es.
diritto del creditore), patrimoniali (esempio diritto del locatore ad avere
pagato l'affitto) e diritti non patrimoniali (esempio diritto alla fedeltà
coniugale da parte del marito, diritto alla vita ecc.).
"Quando a tutela di un
interesse in ordine a un certo bene esista una norma di relazione - vale a dire
una norma, la quale, nel consentire al suo titolare, in quanto tale, il
vantaggio di certe possibilità (di comportamenti e di pretese) per lui utili (e
cioè nel prevedere un suo agere licere), garantistica e protegga
tale interesse, attraverso idonei strumenti, in modo pieno nei confronti di
(uno o più o tutti gli) altri soggetti, delimitando le rispettive sfere
giuridiche -, allora (e soltanto allora) ci si trova in presenza di un diritto
soggettivo. A questa figura è sempre correlativa (nei soggetti nei confronti
dei quali il diritto viene riconosciuto dall'ordinamento) una particolare
figura di dovere: l'obbligo. Questo è appunto il dovere imposto in
corrispondenza di una posizione di vantaggio di un altro soggetto (posizione
che assurge alla dignità di diritto, proprio perché ed in quanto ad esso
corrispondono uno o più obblighi altrui). Il titolare di un diritto non
potrebbe effettivamente considerarsi protetto in tale situazione di vantaggio
offertagli dall’ordinamento, ove altri soggetti non fossero tenuti (in base
all'ordinamento) ad assicurare (sia pure col solo contegno passivo di chi si
astiene o subisce) le condizioni per il godimento di tale posizione di
vantaggio. Nella immediata correlazione con uno o più obblighi e nella
immediatezza e pienezza della tutela accordata (e cioè nella possibilità di conseguire una valida
soddisfazione ripristinatoria, o quanto meno surrogatoria, dell'interesse
eventualmente leso) consiste dunque l'elemento di discriminazione del diritto
soggettivo dall'interesse legittimo. Non si è in presenza di n diritto
soggettivo infatti in quei casi in cui la tutela che il soggetto riceve
discende da norme ordinate (unicamente) a regolare l'esercizio di potestà
altrui con le quali la posizione del soggetto sia in qualche modo
connessa".
● DIRITTI
SOGGETTIVI QUIESCENTI
Si ha quando la posizione
soggettiva, a causa di un atto estraneo alla fattispecie che le diede origine,
e successivo alla sua venuta in vita (in queste due caratteristiche risiede la
diversità dello stato di quiescenza da quello di pendenza), si trovi nella
temporanea impossibilità di spiegare (in
tutto o in parte) i suoi effetti. La posizione soggettiva durante lo stato di
quiescenza continua dunque a vivere, ma non è (in tutto o in parte) operativa:
essa tornerò però ad esserlo automaticamente se la ragione della quiescenza
venga a cessare senza o prima che sia intervenuta una causa estintiva della
posizione stessa. Gli esempi tipici del fenomeno sono quello della sospensione
cautelare dell’impiegato dal rapporto di servizio in corso di procedimento
penale o disciplinare, nonché quelli delle posizioni che hanno il loro
fondamento in un atto amministrativo la cui esecuzione sia stata sospesa.
● FACOLTA'
Non è una vera e propria
situazione giuridica soggettiva; la parola indica i poteri particolari che si
attribuisce un diritto. Ad es. si dice che il diritto di proprietà (su un
terreno) ci dà la facoltà di coltivare, la facoltà di vendere, la facoltà di
recintare ecc. Si dice che un diritto di credito ci dà la facoltà di esigere il
pagamento da parte del debitore, la facoltà di rivolgerci al giudice per farlo
condannare; la facoltà di far espropriare e vendere i suoi beni ecc. Le facoltà
costituiscono insomma i "mattoni" di cui è composto un diritto.
● POTESTA'
Si tratta di un potere
attribuito ad un soggetto per proteggere e realizzare un interesse altrui, o
comunque un interesse generale. Possiamo avere potestà attribuite dal diritto
privato (es. Potestà dei genitori sui figli) e potestà attribuite dal diritto
pubblico (es. potestà delle autorità: del prefetto, del sindaco, del
pretore...). Le potestà pubbliche consistono nella possibilità di emanare atti
che si impongono ai privati cittadini anche contro la loro volontà. Le potestà
pubbliche si dividono in legislativa, esecutiva (o amministrativa) e
giudiziaria, a seconda che siano esercitate da organi del potere legislativo,
esecutivo o giudiziario per gli scopi tipici di tali poteri.
● POTERI
UNILATERALI
In certi casi un soggetto, con
la propria dichiarazione di volontà, può ottenere un risultato senza che
nessuno possa ostacolarlo, creando, modificando o estinguendo situazioni
giuridiche, proprie o altrui. Ad esempio, colui che ha stipulato un contratto
sotto l'effetto di una droga somministratagli da altri, ha il potere di
chiedere l'annullamento del contratto; il coniuge ha il potere di chiedere la
separazione; il socio, se non è stato stabilito il termine di scioglimento
della società, ha il potere di uscire dalla società (= di sciogliersi dal
contratto di società) in qualsiasi momento; ciascuno di noi ha il potere di
stabilire la sorte dei suoi beni dopo la propria morte, attraverso il
testamento; e così via. Ad alcuni di questi poteri unilaterali è Stato dato il
nome di:
● DIRITTI POTESTATIVI
Sono diritti potestativi il
diritto di chiedere la separazione coniugale, il diritto di recedere dalla
società, quello di chiedere il 50% della proprietà del muro di confine del
vicino, anche se questi non voglia cederla ecc. Alcuni diritti potestativi
richiedono, oltre alla manifestazione di volontà del soggetto, anche
l'intervento del giudice: è questo il caso ad es. della separazione tra i
coniugi.
● ASPETTATIVA
Una persona a cui sia Stato
promesso un bene o un diritto se si verificherà una data condizione, ha un
limitato potere di esercizio e di protezione di questo diritto anche prima di
acquistarlo per il verificarsi della condizione. Ad es., se Tizio promette a
Caio il proprio cavallo se e quando tornerà la sua nave dall'Asia con le
mercanzie raccolte, Caio non acquista immediatamente il diritto di proprietà
sul cavallo, e quindi non può impadronirsene e utilizzarlo; tuttavia, in attesa
del ritorno della nave, la sua posizione di aspettativa gli consente, sin dal
momento della promessa, di vendere il cavallo (ma la vendita avrà effetto solo
se la nave tornerà e non se farà naufragio) ed eventualmente di chiedere
persino il sequestro del cavallo al giudice, se vi è pericolo che Tizio possa
uccidere o dare ad altri la bestia (questi ultimi atti si chiamano "atti
conservativi del diritto").
● STATUS
Con questa parola si indica
un'insieme di situazioni giuridiche soggettive che stabiliscono la posizione di
una persona in un gruppo, fissando i suoi diritti, doveri, responsabilità. Si
parla ad esempio di "status di cittadino" per indicare il complesso
dei diritti e dei doveri del cittadino; si parla di "status di socio"
per indicare i diritti e i doveri del socio di una società (semplice, per
azioni ecc.); si parla di "status di figlio" per indicare l'insieme
dei diritti, dei doveri e delle incapacità del minorenne.
● INTERESSE
LEGITTIMO
Ciascun cittadino ha il potere
di denunciare al giudice amministrativo irregolarità negli atti della Pubblica
Amministrazione, eventualmente approfittando dell'annullamento di tali atti. Ad
es. se ho partecipato a un concorso pubblico truccato vinto da altri posso
chiedere al giudice amministrativo di annullare il concorso e la nomina dei
vincitori, ottenendo il vantaggio personale di poter rifare il concorso; se il
provvedimento di espropriazione del mio terreno è Stato emanato in violazione
della legge, posso chiederne l'annullamento, col vantaggio di
riacquistarne.
● INTERESSI
DIFFUSI
Con questa formula si intende
quell'interesse al rispetto della legge che riguarda non solo il singolo, ma
una generalità di soggetti. Si pensi, ad es. all'interesse che ciascuno di noi
ha, come utente, a che i servizi pubblici (trasporti pubblici, ospedali,
scuole...) funzionino bene. Oggi, a differenza del passato, la legge riconosce
in molti casi a particolari associazioni (es. associazioni ecologiche, unioni
dei consumatori...) il diritto di chiedere al giudice la condanna di colui che
ha violato un'interesse diffuso, nel campo in cui tali associazioni operano.
Non necessariamente ad un
dovere è collegato ad un vantaggio di altri soggetti. La violazione di certi
doveri vulnera l'interesse generale nel suo insieme indifferenziato. Si parla
di interessi diffusi o adespoti, che sono interessi di fatto tanto quanto
l'interesse di un singolo a godere di buona salute.
Non molto dissimile è
l'interesse degli amministrati a che la P.A. agisca secondo regole di buona
amministrazione. Si tratta comunque di interessi già differenziati, ma non
protetti.
❍ I vari tipi di situazioni
giuridiche passive
Elenchiamo ora le situazioni
giuridiche soggettive passive:
● DOVERE
Di fronte a un diritto
soggettivo assoluto (es. proprietà, diritto alla vita) si ha un dovere di
rispettarlo, evitando tutti gli atti che potrebbero danneggiare la vita o i
beni altrui.
● OBBLIGAZIONE
Di fronte a un diritto di
credito (diritto soggettivo relativo) sta l'obbligo di compiere la prestazione
dovuta (ad es. il pagamento di una somma di denaro). In questo caso, di fronte
ad un creditore c'è un debitore ben definito, che è tenuto a dare, fare, non
fare o lasciar fare qualcosa.
Si sogliono distinguere gli
obblighi di dare, fare, non fare, sopportare.
● SOGGEZIONE
Si parla di soggezione
anzitutto quando si subisce l'esercizio di un diritto potestativo da parte di
altri o un provvedimento dell'autorità senza che si possa fare nulla per
impedirne gli effetti. Ad es. si subisce lo scioglimento di un contratto quando
non si adempie ai propri obblighi; il proprietario del terreno deve lasciare la
proprietà a colui che coltiva la terra (enfiteuta) se costui dichiara di
volerla acquistare pagando un valore pari a 10 canoni annuali; Tizio chiede di
acquistare la comproprietà del mio muro di confine pagandone il corrispondente
valore e io non posso fare niente per oppormi. Ma si parla di soggezione anche
in un altro caso: quando la legge intende raggiungere i suoi scopi con o senza
la nostra collaborazione, addirittura con l'eventuale impiego della forza
fisica. Così, il responsabile di un delitto è in una situazione di soggezione:
la legge intende catturarlo e sottoporlo a detenzione sia nel caso che egli
collabori, sia nel caso che tenti di fuggire. Così, il debitore che dopo
ripetute intimazioni non paga, si vedrà espropriare i beni e venderli all'asta,
che egli collabori o no. La persona che ha costruito abusivamente sul suolo
pubblico vedrà radere al suolo la costruzione senza poter o dover far nulla. La
differenza tra soggezione e obbligazione si può capire meglio confrontando la
situazione dell'uomo libero con quella degli schiavi dell'antichità. Gli
schiavi erano in una condizione simile alla soggezione: essendo (per la legge
romana) degli oggetti piuttosto che delle persone, non veniva richiesta la loro
collaborazione, ma venivano direttamente obbligati fisicamente a compiere il
loro lavoro. L'uomo libero, invece, non può essere costretto fisicamente,
tranne rari casi, a tenere un comportamento che non vuole tenere. Tuttavia, se
insiste nella violazione della legge, verrà trattato come un oggetto.
● RESPONSABILITA'
E' la situazione di chi ha
degli speciali obblighi, violando i quali subirà delle sanzioni (civili,
penali, amministrative). Ad esempio, gli amministratori di una società per
azioni saranno responsabili verso i loro soci se provocano illegittimamente una
diminuzione del patrimonio della società.
● ONERE
Il codice civile conosce due
significati della parola "onere":
Incombenza affidata alla
persona a cui si lascia per testamento o si dona qualcosa. Esempio: "Ti
dono un miliardo, ma hai l'onere (= il compito) di erigermi una statua nel
giardino della villa che ti ho donato". Oppure: "Ti lascio in eredità
un miliardo con l'onere (= il compito) di provvedere al mio gatto per tutta la
sua vita".
Si parla anche di onere per
indicare qualcosa che il diritto indica si debba fare se si vuole raggiungere
un certo scopo. Ad esempio, chi ha acquistato una merce difettosa ha l'onere
(non il dovere) di denunciare prontamente i difetti al venditore. In mancanza,
non avrà alcuna sanzione ma perderà il diritto di chiedere lo scioglimento del
contratto o la diminuzione del prezzo.
❍ Il rapporto giuridico di diritto privato
Il diritto regola dunque
interessi che si intrecciano, cioè posizioni reciproche dei diversi soggetti.
A ogni posizione di vantaggio
corrisponde una posizione di svantaggio e viceversa.
In questo modo, in ogni singolo
caso, si stabilisce un rapporto tra due (o più) soggetti regolato dal diritto:
il rapporto giuridico. Il rapporto giuridico è quel rapporto tra due o più
soggetti in cui uno, detto soggetto attivo, ha per legge un potere sull’altro,
detto soggetto passivo; a tale potere corrisponde un dovere del soggetto
passivo verso il soggetto attivo.
❍ Gli elementi costitutivi del
rapporto giuridico
Il rapporto giuridico è
costituito da tre elementi:
● I
soggetti: attivo e passivo
● Il
contenuto, cioè il potere che il soggetto attivo può, in base alla legge,
esercitare sul soggetto passivo, costringendolo a tenere un certo
comportamento. A tale potere corrisponde sempre un dovere in capo al soggetto
passivo di tenere quel certo comportamento
● L’oggetto
cioè il bene o l’utilità derivante dal comportamento che il soggetto passivo
deve tenere a vantaggio del soggetto attivo
I soggetti del rapporto
giuridico sono detti anche “parti”. Tutti coloro che non sono parti del
rapporto sono detti terzi.
❍ I vari significati del termine “oggetto”
nel linguaggio giuridico
Qui di seguito sono raggruppate
le espressioni in cui la parola “oggetto” compare:
● “L’oggetto
del contratto di compravendita è lo scambio di cosa contro prezzo”
In questa espressione “oggetto
del contratto” equivale a causa del contratto ( = operazione economico-sociale
tipica che è svolta dal contratto)
● “Oggetto
di questo contratto di compravendita è l’appartamento appartenente al sig.
Rossi e ubicato in via Verdi n° 8 a Torino”
In questa espressione “oggetto
del contratto” significa “bene cui si riferisce il contratto”
● “Un
contratto con oggetto impossibile è nullo”; “Un contratto con oggetto illecito
è nullo”
In questa espressione “oggetto
del contratto” significa “prestazione o prestazioni previste dal contratto” (ad
es. una delle due prestazioni è illecita perché è una prestazione sessuale o
una prestazione di uccidere)
● “Questo
contratto è nullo per mancanza di oggetto”
In questa espressione “oggetto
del contratto” significa che in particolari contratti, come quello di
compravendita, la mancanza della cosa (che per esempio è andata distrutta prima
della stipulazione del contratto) rende il contratto nullo.
● “Il
presente contratto ha ad oggetto i diritti di uso della sorgente denominata ‘sorgente
Rocciaviva’ sita nel comune di Garessio, provincia di Cuneo”; “La prova per
testimoni nei contratti non è ammessa quando il valore dell’oggetto eccede gli
€ 2,582”
In queste espressioni “oggetto
del contratto” significa “diritti o facoltà o vantaggi cui si riferisce il
contratto”
● “Questa
prestazione di dare ha ad oggetto una somma di denaro”
In questa espressione “oggetto
della prestazione” è il bene cui si riferisce la prestazione di dare, fare etc.
● “L’oggetto
di un diritto reale (o del rapporto giuridico che nasce da un diritto reale) è
un bene; l’oggetto di un diritto di credito (o di un rapporto di obbligazione)
è il comportamento del debitore (prestazione) o il suo risultato utile”
In questa espressione “oggetto
del diritto” o “oggetto del rapporto” è il bene (caso del diritto reale),
vantaggio, comportamento altrui o risultato utile (caso del diritto di credito)
che il diritto ci consente di ottenere, ci assicura.
● “L’oggetto
sociale è il commercio di prodotti alimentari”
In questa espressone “oggetto
sociale” è l’attività svolta dalla società
❍ Le principali distinzioni nell’ambito dei diritti
soggettivi
Nella categoria dei diritti
soggettivi si distinguono:
● Diritti
assoluti e diritti relativi
● I
diritti assoluti sono quelli che valgono “in assoluto”, cioè nei confronti di
tutti, di qualsiasi altro soggetto. Si pensi al diritto all’integrità fisica,
al diritto di proprietà, al diritto all’onore. Tutti sono tenuti a non violare
la persona, la proprietà, l’onore altrui
Il diritto assoluto (pensiamo
al diritto di proprietà) può essere usato in molti modi dal suo titolare: il
proprietario di un terreno può coltivarlo, può giocarci a calcio, può
passeggiarvi col cane ecc. Un diritto assoluto non è che un insieme di facoltà,
cioè di possibilità di utilizzazione.
Di fronte al diritto assoluto,
di fronte cioè alle innumerevoli facoltà del titolare, stanno i doveri di astensione
(di non violare, di non impedire nessuna possibilità di utilizzazione) che
riguardano tutti gli altri soggetti
● I
diritti relativi sono quelli protetti solo nei confronti di specifici altri
soggetti di diritto
Ad esempio, l’affittuario ha
diritto ad avere dal proprietario la disponibilità dell’appartamento affittato
(e solo di quello); il creditore ha diritto al pagamento da parte del debitore
(e solo da lui), ecc.
Al diritto relativo corrisponde
l’obbligo specifico di chi è tenuto a un particolare comportamento per
soddisfare l’interesse del titolare del diritto. Per esempio, di fronte al
coniuge separato che pretende il mantenimento nella misura stabilita dal
giudice o dalle parti, c’è l’altro coniuge che è tenuto a darglielo; di fronte
all’inquilino che paga c’è il proprietario che deve dargli l’appartamento
Sono diritti assoluti:
· I diritti della personalità (vita, integrità
fisica, onore, nome ecc.)
· I diritti reali (proprietà, servitù,
usufrutto ecc.)
· I diritti sui beni immateriali (il diritto
di autore, il diritto sulle invenzioni ecc)
Sono diritti relativi fra gli
altri:
· I diritti di credito (es il diritto al
pagamento della merce venduta, il diritto alla restituzione della somma data in
prestito ecc.)
● Diritti
patrimoniali e non patrimoniali
● I
diritti patrimoniali sono quelli che attribuiscono al titolare un vantaggio di
tipo economico. In altri termini: il bene che costituisce l’oggetto di tali
rapporti giuridici è dato da somme di denaro o da altri beni, utilità, vantaggi
valutabili in denaro
I diritti patrimoniali
comprendono tra gli altri i diritti di credito e i diritti reali
● I
diritti non patrimoniali sono quelli che attribuiscono al titolare un vantaggio
che non può essere espresso in denaro. Ad es. col matrimonio i coniugi
acquistano il diritto alla fedeltà dell’altro coniuge, alla coabitazione, alla
collaborazione nell’interesse della famiglia, all’assistenza morale. Si tratta
di diritti in cui il vantaggio non è patrimoniale, in quanto non può essere valutato
in denaro
● Diritti
reali e diritti di credito
Sia i diritti di credito che i
diritti reali sono diritti patrimoniali
● I
diritti reali sono patrimoniali e assoluti: essi riguardano un bene e
consistono nel potere di escludere le ingerenze su quel bene di qualsiasi altro
soggetto. Al titolare del diritto reale è quindi riservato l’esercizio di
quella serie di facoltà che costituisce il contenuto di quel diritto.
Uno dei caratteri dei diritti
reali è l’immediatezza: al titolare di un diritto reale spetta di utilizzare
direttamente la cosa, il bene oggetto del diritto, senza la collaborazione di
altri soggetti
● I
diritti di credito (o diritti di obbligazione o obbligazioni) sono patrimoniali
e relativi: essi concedono al loro titolare un potere su un solo altro soggetto
ben determinato (o su più soggetti, comunque determinati). Tale soggetto, e lui
solo, dovrà tenere un determinato comportamento. Così, se una banca ha prestato
la somma di 5.000 euro al sig. Rossi, potrà pretenderne la restituzione
soltanto da quest’ultimo e non da altri. Essi sono inoltre privi
dell’immediatezza: mentre il titolare di un diritto reale (es. il proprietario)
ha la facoltà di utilizzare direttamente i beni che formano l’oggetto del
proprio diritto, il creditore ha sempre bisogno, per soddisfare il proprio
interesse, della collaborazione del debitore.
❍ I diritti su beni immateriali
Abbiamo la seguente
classificazione:
● Diritti
su beni immateriali
● Diritti
sulle opere dell’ingegno
· Diritto d’autore
· Diritto di brevetto
· Diritto di brevetto sulle invenzioni
industriali
· Diritto di brevetto sui modelli di utilità
· Diritto di brevetto sui disegni ornamentali
● Diritti
sui segni distintivi
· Diritto sulla ditta
· Diritto sull’insegna
· Diritto sul marchio
Per
ciascun diritto su un’opera dell’ingegno distinguiamo in generale:
· Un diritto patrimoniale sull’opera
dell’ingegno, che comprende le facoltà di sfruttamento economico
· Un diritto morale sull’opera dell’ingegno,
che comprende la facoltà di farsi riconoscere autore dell’opera, di impedire le
altrui modificazione dell’opera, di ritirarla dalla circolazione a proprie
spese
❍ I beni
Con il termine “bene” si indica
l’oggetto del rapporto giuridico. L’art. 810 c.c. stabilisce: “sono beni quelle
cose che possono formare oggetto di diritti”. Per “cose” si devono intendere
tutti gli oggetti materiali, che sono percepibili con i sensi (libro, casa,
campo, acqua) o anche solo con particolare strumenti (energia elettrica, raggi
X, ecc.)
Perché una cosa possa formare
oggetto di diritti sono necessari due requisiti:
● La
cosa deve avere un valore d’uso (anche se minimo), cioè deve essere adatta
all’utilizzazione da parte dell’uomo
● Essa
deve inoltre essere presente in natura in quantità relativamente limitate, in
maniera tale che ogni soggetto abbia interesse a impossessarsene per un uso
esclusivo
Si pensi all’acqua del mare o
all’aria atmosferica: entrambe queste entità sono certamente “cose” in senso
materiale, ma non sono ritenute “beni” in senso giuridico, in quanto esse sono
così abbondanti che nessuno ha interesse ad appropriarsene (si parla in tali
casi anche di “cose comuni a tutti”)
In realtà non possono però
escludersi casi in cui anche queste cose diventano “beni”, nel senso inteso
dall’art. 810 c.c.: in un sottomarino o nello spazio, l’aria diviene un “bene”
perché è scarsa e il suo ricambio non avviene naturalmente, ma è frutto di
tecnologie che hanno un loro costo in termini economici. Così pure, mentre
l’acqua di mare oggi non è un bene, l’acqua potabile e l’acqua per irrigazione
sono certamente dei beni e procurarseli ha un costo.
La definizione di “bene”
dell’art. 810 va corretta se si vuole includervi alcune entità immateriali che
il diritto considera veri e propri “beni immateriali”, che possono essere
oggetto di diritti: diritto di autore, diritto di brevetto ecc. Se Tizio è
autore di un certo romanzo, egli non è proprietario delle copie del medesimo
che vengono prodotte dall’editore, ma può vantare sul romanzo un diritto morale
d’autore, cioè il diritto di essere riconosciuto pubblicamente come l’autore di quell’opera, e
quindi fra l’altro di non essere copiato, e il diritto a trarne un utile
economico, cosa che avviene stipulando un contratto di edizione con un editore
Quanto alle energie (elettrica,
termica etc. ) esse sono considerate “beni mobili”
❍ Le principali distinzioni
nell’ambito dei beni: Beni immobili, beni mobili e beni mobili registrati
Beni immobili sono:
· Il suolo
· Le sorgenti e i corsi d’acqua
· Tutto ciò che è naturalmente (es. gli
alberi) o artificialmente (es. gli edifici) incorporato al suolo, anche se in
modo transitorio (art. 812 c.c.)
· I mulini, gli stabilimenti balneari e gli
altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alle rive o all’alveo
e sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione
La legge detta una disciplina
specifica per i beni immobili, tra cui vi sono le seguenti norme:
· I contratti di trasferimento di beni
immobili vanno fatti per iscritto
· Gli atti di trasferimento di beni immobili
vanno iscritti in pubblici registri
Beni mobili sono tutti i beni
non immobili
I “Beni mobili registrati” sono
beni mobili di particolare valore, iscritti in pubblici registri:
· Le navi
· Gli aerei
· Le auto
Le “universalità
di mobili” sono quegli insiemi di cose mobili che appartengono a un unico
proprietario e hanno una destinazione unitaria (una collezione di monete, una
raccolta di quadri, una biblioteca, un gregge, una mandria)
❍ Le principali distinzioni
nell’ambito dei beni: Beni fungibili e infungibili
Sono beni fungibili quelli che
possono essere sostituiti gli uni agli altri. Essi sono solitamente indicati
con riferimento al loro peso, al loro numero o ad una certa misura: le derrate
alimentari e i prodotti agricoli; i prodotti industriali di serie; il denaro
Infungibili sono invece tutti
gli altri beni: un quadro, una statua, un immobile sono solitamente
infungibili, in quanto opere uniche
❍ Le principali distinzioni
nell’ambito dei beni: Beni consumabili e inconsumabili
Sono beni consumabili quelli
che si distruggono con un solo atto di utilizzazione (es. cibo, bevande,
denaro)
Sono inconsumabili invece
quelli che possono essere usati ripetutamente:si pensi ad un mobile, a un
alloggio, a un’auto
❍ Le principali distinzioni
nell’ambito dei beni: Le pertinenze e i frutti
Le pertinenze
sono le cose destinate in modo durevole al servizio o all’ornamento di un’altra
cosa da parte del proprietario di quest’ultima (art. 817 c.c.). Le pertinenze
sono dunque delle cose accessorie rispetto ad una cosa principale. Per es. le
porte e le finestre, il garage, il giardino sono pertinenze rispetto alla casa;
le scialuppe di salvataggio sono pertinenze rispetto alla nave
Per legge,
quando la cosa principale viene trasferita a terzi, anche le sue pertinenze subiscono
la stessa sorte, a meno che non risulti la volontà delle parti in senso
opposto.
I frutti sono
i beni prodotti da altri beni. Essi si distinguono in:
· Frutti naturali: i prodotti
dell’agricoltura, dell’allevamento, delle miniere, cave e torbiere
· Frutti civili: il corrispettivo che il
proprietario trae dalla cosa quando ne ha concesso il godimento ad altri (es.
gli interessi sulle somme concesse a mutuo o il canone di locazione corrisposto
dall’inquilino)
❍ Vicende del rapporto giuridico. Acquisto e perdita dei
diritti.
Il rapporto giuridico nasce
quando il soggetto attivo lo acquista a titolo originario, cioè senza derivarlo
da alcun altro soggetto.
Ad es., con la nascita la
persona fisica acquista i diritti della personalità; con l’usucapione (cioè per
effetto del possesso protratto per un certo numero di anni) un soggetto
acquista il diritto di proprietà.
L’estinzione del rapporto è
invece la perdita del potere da parte del soggetto attivo, cui non corrisponde
l’acquisto da parte di un terzo.
Sono ad esempio cause di
estinzione comuni a tutti i rapporti:
· La rinunzia da parte del titolare del potere
· L’impossibilità di esercitare il diritto
(es. perché il bene è andato distrutto)
· La prescrizione estintiva, che determina la
perdita di un diritto perché il suo titolare non lo ha esercitato per un certo
periodo stabilito dalla legge
L’acquisto
dei diritti può avvenire:
· a titolo originario (es l’acquisto della
proprietà per occupazione o per usucapione)
· a titolo derivativo (Tizio acquista da Caio
un quadro con un contratto di compravendita)
L’acquisto a titolo originario
si verifica senza rapporto con un diritto altrui sulla cosa (es. ritrovamento
di una cosa da altri smarrita o abbandonata) o senza che esista un precedente
diritto sulla cosa (es. cattura di un animale selvatico).
L’acquisto a titolo derivativo
presuppone sempre due soggetti:
· Il dante causa cioè colui che era in
precedenza titolare del diritto
· L’avente causa, cioè il nuovo titolare del
diritto
Visto dal lato del dante causa
il fenomeno esaminato è detto anche alienazione e il dante causa è chiamato
anche alienante.
Il principio fondamentale
dell’acquisto a titolo derivativo è che nessun soggetto può trasmettere a un
altro un diritto che non ha o maggiore di quello che ha. Così, se io vendo a
Tizio un bene che non mi appartiene, Tizio non acquista la proprietà
Nell’ambito degli acquisti a
titolo derivativo possiamo ancora distinguere:
· Acquisti tra vivi (es. Tizio vende o dona a
Caio) oppure per causa di morte (Tizio diventa erede di Caio)
· Acquisti a titolo particolare (cioè in un
preciso rapporto giuridico e solo in quello: ad es. la proprietà di un
appartamento) oppure a titolo universale (cioè in tutto il patrimonio di un
certo soggetto: ad esempio l’erede universale che acquisisce tutto il
patrimonio del defunto)
● Prestazione
Nel senso più ristretto è il
comportamento a cui è tenuto il debitore nel rapporto obbligatorio: di fare,
non fare, dare, permettere.
In senso ampio indica qualsiasi
cosa o diritto scambiati in un contratto (ad es. nell’espressione “contratti a
prestazioni corrispettive”)
● Oggetto
(di un diritto, di un contratto, di una prestazione)
Vedi paragrafo dedicato a
questo termine
● Titolo
di un diritto
E’ l’atto o il fatto in forza
del quale abbiamo acquistato il nostro diritto (es. un contratto, una eredità
etc.), il fondamento della nostra pretesa
● Titolare,
titolarità
E’ titolare (ha la titolarità)
di un diritto colui cui il diritto spetta
● Legittimato,
legittimazione
E’ legittimato all’esercizio di
un diritto qualsiasi persona possa esercitarlo, indipendentemente dal fatto che
ne sia titolare o meno: così il padre è legittimato ad esercitare i diritti dei
figli per loro conto, ma non ne è titolare.
● Contenuto
(di un diritto, di un rapporto giuridico)
E’ l’insieme dei poteri (detti
tecnicamente “facoltà”) che un diritto ci attribuisce, che possiamo esercitare
nel quadro del rapporto
Qualche volta, impropriamente,
si trova utilizzato nel senso di “oggetto”, ad es. nella frase: “il contenuto
del diritto di obbligazione è la prestazione, mentre il contenuto del diritto
reale è il bene”.
● Facoltà
Vedi la definizione di
“contenuto”
❍ La capacità giuridica e la nozione di soggetto
“Soggetto” o “soggetto di
diritto” o “persona” è qualsiasi entità cui l'ordinamento riconosca volontà,
diritti e doveri, patrimonio: si dice che in tal caso il diritto attribuisce la
"capacità giuridica" (vedi più oltre per il significato di questa
espressione) Una organizzazione collettiva (cioè un gruppo stabilmente organizzato di persone)
che il diritto riconosce come persona è appunto "persona giuridica".
Gli uomini singoli sono invece chiamati "persone fisiche".
La capacità giuridica è la
capacità di essere parte di un rapporto giuridico, sia attivo che passivo.
Detto in altre parole: è la possibilità di essere titolare di diritti e di
doveri.
Capacità di
essere titolare non significa però necessariamente titolarità effettiva: così,
per esempio, un bambino ha la capacità giuridica anche se non è proprietario di
alcun bene, proprio perché, in quanto essere umano vivente, potrebbe diventarlo
(qualora per esempio i genitori effettuassero acquisti in nome e per conto
suo).
Per possedere
la capacità giuridica non occorre dunque essere effettivamente titolari di
qualche diritto ma è sufficiente trovarsi nella situazione di poterlo essere.
La capacità
giuridica spetta in generale a tutti gli individui dal momento della nascita a
quello della morte (art. 1 c.c.). Essa compete però anche ad altre entità che
non sono persone fisicamente determinate ma società, associazioni, ecc. Per
distinguerle esse sono dette “persone giuridiche”.
Soggetti del
diritto sono quindi:
● Le persone fisiche
● Le persone giuridiche
La legge
attribuisce in determinate situazioni particolari, una limitata capacità
giuridica alla persona fisica non ancora nata, a condizione però che nasca
viva. Così il nascituro già concepito è
ammesso alla successione ereditaria, come se fosse già nato al momento in cui
la successione si apre. Il nascituro non ancora concepito può essere istituito
erede per testamento, purché sia figlio di persona vivete alla morte del
testatore. Lo stesso vale per la capacità di ricevere per donazione.
Essere
titolare di diritti è cosa diversa dal poterne liberamente disporre. Per poter
disporre validamente dei diritti di cui si è titolari occorre possedere la
capacità di agire
Capacità di
agire è la possibilità di esercitare in prima persona il diritto, anche di
fronte al giudice, e di compiere in prima persona atti di disposizione del
diritto (vendita, donazione, testamento, distruzione della cosa oggetto del
diritto, rinunzia) o comunque atti che comportino la modifica dei propri
diritti e doveri o la nascita di nuovi diritti e doveri (es. i contratti)
La capacità di
agire si acquista nel momento in cui si acquista la (piena) capacità di
intendere e di volere.
La “capacità
di intendere e di volere” è costituita da:
· Capacità di intendere le conseguenze
materiali e psicologiche dei propri atti
· Capacità di intendere i valori morali e di
valutare alla luce di essi le conseguenze dei propri atti
· Capacità di volere: cioè possesso di una
volontà stabile (che rispetta i patti e i contratti), non influenzabile da
altri e sottoposta alla ragione e agli imperativi morali fondamentali
La regola
pratica stabilita da molti ordinamenti (tra cui quello italiano) è che la
capacità di agire si acquista con il raggiungimento della maggiore età, che
oggi è fissata dalla legge al compimento del diciottesimo anno (art. 2 c.c.)
❍ L’incapacità legale: Premessa
Viene indicato
come incapace quel soggetto che non ha la capacità di agire. L’incapacità è
posta dalla legge a tutela di coloro che – si pensa – non sono in grado di
rendersi perfettamente conto delle conseguenze delle proprie azioni o
manifestazioni di volontà.
Si distinguono
in proposito l’incapacità legale da quella naturale.
L’incapacità
legale si ha in tutte quelle situazioni in cui la legge presume che un certo
soggetto non abbia quel grado di maturità tale da consentirgli di disporre dei
propri diritti. Questa presunzione non ammette prova contraria. Ciò significa
che, per esempio, la vendita di una casa conclusa da un minorenne sarà
annullabile, anche se si dimostra che questo ragazzo era particolarmente maturo
e in grado di rendersi ben conto di ciò che faceva.
Si trovano in
stato di incapacità legale i minorenni, gli interdetti, gli inabilitati e i
minori emancipati
❍ L’incapacità legale: La minore
età
Ogni essere
umano dal momento della nascita al compimento dei diciottesimo anno di età si
trova per legge privo della capacità di agire. Gli atti giuridici eventualmente
compiuti dai minori potranno dunque essere annullati.
Questi atti
possono essere validamente compiuti soltanto dai legali rappresentanti del
minore che sono di regola i genitori esercenti la potestà (o, eventualmente, il
solo genitore che esercita la potestà). Nel caso di morte o di decadenza di
entrambi i genitori esiste un apposito giudice detto giudice tutelare, che
nomina un tutore (artt. 343 ss. c.c.); il tutore potrà compiere in nome e per
conto del minore tutti gli atti necessari o utili sul patrimonio del minore
stesso
E’ importante
la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione. Gli atti
di straordinaria amministrazione sul patrimonio del minore sono quelli che
hanno una maggiore importanza economica e che modificano in modo apprezzabile
la composizione del suo patrimonio (es. la vendita di un alloggio) Essi possono
essere compiuti dai genitori o dal tutore soltanto se sono autorizzati
dall’autorità giudiziaria (giudice tutelare o tribunale a seconda dei casi).
Gli atti di ordinaria amministrazione sono quelli economicamente meno
importanti (es. l’impiego di denaro del minore per l’acquisto dei suoi vestiti,
del cibo, dei libri scolastici ecc.) e possono essere compiuti da ciascun
genitore senza alcuna autorizzazione
Ricordiamo tra
le incapacità dei minori:
● Il
consumo di particolari beni dannosi alla salute fisica o psichica (tabacchi,
alcolici, materiali pornografici etc.)
● I
diritti di elettorato attivo e passivo
● La
amministrazione dei propri beni
● La
facoltà di scegliere la propria residenza (il minore deve risiedere per legge
nella residenza dei genitori)
● L’acquisto
di beni (il minore non può acquistare nulla in quanto non ha la capacità di
stipulare contratti: si finge che tutto quello che acquista sia acquistato in
rappresentanza dei genitori)
● I
processi civili
● Il
lavoro (il lavoro non è consentito ai minori di 15 anni)
● Le
pene (oltre i 14 e fino ai 18 anni sarà il giudice a stabilire se il minore è
capace di intendere e di volere in relazione al reato commesso, e in caso
negativo egli sarà inviato ad un istituto di correzione e non al carcere
minorile)
● La
gestione di una impresa commerciale (è concessa solo ai minori emancipati al
compimento del sedicesimo anno)
L’incapacità
del minore non riguarda tutti gli atti giuridici. Egli può infatti, se è un
lavoratore subordinato (l’età minima di legge per prestare lavoro è di regola quindici anni), esercitare
tutti i diritti e le azioni che dipendono dal contratto di lavoro. Inoltre al
minore che abbia compiuto il sedicesimo anno di età è consentito compire una
serie di atti giuridici familiari: può sposarsi, se autorizzato dal tribunale,
può riconoscere un figlio naturale, può prestare il proprio consenso a essere
riconosciuto da un genitore naturale
Quando un
minore acquista beni di consumo, generi alimentari, capi di abbigliamento tali
atti si ritengono validi in quanto compiuti come rappresentante dei genitori.
❍ L’incapacità legale: L’interdizione
Nel caso di un
maggiorenne che si trova abitualmente in uno stato di infermità mentale così
grave da renderlo incapace di provvedere ai propri interessi, la legge prevede
che si debba procedere all’interdizione con la pronuncia di una sentenza da
parte del Tribunale.
Il
procedimento può essere messo in moto, oltre che dal pubblico ministero, anche
dai familiari più stretti
All’interdetto
viene nominato un tutore che provvede all’amministrazione del patrimonio in
base alle stesse norme (es. necessità di autorizzazione da parte della autorità
giudiziaria nei casi di straordinaria amministrazione) richieste al tutore del
minore.
Chi è stato
condannato alla pena della reclusione
per un periodo non inferiore a cinque anni si trova, durante la pena, in
stato di interdizione. Tale interdizione è detta interdizione legale poiché è
disposta automaticamente dalla legge,
per distinguerla da quella dell’infermo di mente, che è detta interdizione
giudiziale in quanto è disposta con sentenza di un giudice (il Tribunale).
❍ L’incapacità legale: L’inabilitazione e l’emancipazione
L’interdetto e il minore di età
sono in stato di incapacità assoluta, mentre l’inabilitato e il minore
emancipato sono in stato di incapacità relativa. Interdetto, minore di età,
inabilitato e minore emancipato sono tutti in stato di incapacità legale.
Quando lo stato di infermità
mentale non è talmente grave da dar luogo all’interdizione, può essere
pronunciata una sentenza di inabilitazione.
La legge dice che si può pronunciare
l’inabilitazione in quattro casi:
· Per coloro che si trovano in una condizione
di abituale malattia di mente non così grave da procedere all’interdizione
· Per coloro che per prodigalità (cioè per non
conoscere il valore del denaro) espongono sé o la propria famiglia a gravi
pregiudizi economici
· Per coloro che per abuso di bevande
alcoliche o di stupefacenti, espongono sé o la propria famiglia a gravi
pregiudizi economici
· Per il sordomuto e il cieco dalla nascita
che non abbiano ricevuto una educazione sufficiente
La differenza tra interdizione
e inabilitazione, oltre che nella diversa gravità dell’infermità mentale che vi
ha dato luogo sta nella condizione in cui interdetto e inabilitato si vengono a
trovare. Mentre l’interdetto non può validamente compiere alcun atto,
l’inabilitato può compiere da solo tutti gli atti di ordinaria amministrazione
e di carattere strettamente personale come il matrimonio, il riconoscimento di
figli naturali, il testamento.
Gli atti di straordinaria
amministrazione sono compiuti dall’inabilitato con l’assistenza di un curatore,
nominato dall’autorità giudiziaria, il quale aggiunge il suo consenso alla
manifestazione di volontà dell’assistito. In altre parole, per ogni atto di
straordinaria amministrazione saranno necessarie due manifestazioni di volontà:
una dell’inabilitato e l’altra del suo curatore, altrimenti l’atto sarà
annullabile.
Sostanzialmente nella stessa
condizione degli inabilitati si trovano gli emancipati. Essi sono i minori con
più di sedici anni che abbiano, autorizzati dal tribunale, contratto
matrimonio. In tal caso essi cessano di essere sottoposti alla potestà dei
genitori e divengono capaci di compiere da soli tutti gli atti di ordinaria
amministrazione. Per quelli di straordinaria amministrazione sarà invece
necessario l’intervento del curatore.
Può darsi che
un soggetto che non è stato dichiarato incapace legale (maggiorenne e non
interdetto né inabilitato) si venga a trovare in una situazione di incapacità
di intendere e di volere. Si parla in questi casi di incapacità naturale per
distinguerla da quella legale. SI pensi al caso di un malato di mente che non
sia stato interdetto perché nessuno ha richiesto al Tribunale la pronuncia di
interdizione, oppure a una persona perfettamente sana di mente ma che al
momento della conclusione di un contratto era in stato di ubriachezza.
L’atto
compiuto dall’incapace naturale è annullabile
❍ I diritti della personalità: Premessa
I diritti della personalità sono quei
diritti che la legge attribuisce a ogni soggetto che sia persona fisica, sin
dalla nascita e fino al momento della morte. Essi sono: a) non patrimoniali; b)
assoluti.
Il loro elenco è ricavabile, oltre che dal
Codice Civile, anche dalla Costituzione, dal Codice penale e da altre leggi.
Ricordiamo i diritti principali:
· Diritto alla vita e all’integrità fisica
· Diritto di libertà personale
· Inviolabilità del domicilio
· Inviolabilità della corrispondenza
· Diritto alla riservatezza
· Diritto all’onore e alla reputazione
· Diritto al nome e all’immagine
· Diritto all’identità sessuale
· Diritto all’identità personale
· Diritto di libera manifestazione del pensiero (che include la
libertà di stampa)
· Diritto di riunione
· Diritto di associazione
· Diritto di professare liberamente la propria religione
· Diritto di circolazione e soggiorno
❍ I diritti della personalità: Il diritto alla vita e
all’integrità fisica
Il diritto alla vita e
all’integrità fisica e più in generale alla salute dell’individuo è tutelato da
una serie di norme del codice penale e della Costituzione, alcune delle quali
puniscono anche penalmente chiunque causa la morte di una persona o gli
provochi lesioni personali. Tali fatti costituiscono anche illeciti civili e
obbligano chi li commette a risarcire il danno.
Una persona non può dare il
permesso ad una lesione: chi arreca la lesione viene punito come se avesse
aggredito una persona non consenziente. L’unica eccezione si ha nel caso in cui
dalla lesione derivi una diminuzione soltanto temporanea dell’integrità fisica.
Per quanto riguarda i
trattamenti sanitari, essi possono essere attuati senza il consenso
dell’interessato? I giudici solitamente non richiedono il consenso nel caso sia
in pericolo la vita del soggetto (ad. es. trasfusione di sangue a testimoni di
Geova); nel caso di incoscienza del soggetto; nel caso il trattamento sia
necessario per evitare danni ad altri soggetti (es. quarantena e vaccinazioni
per evitare contagi)
❍ I diritti della personalità: Il diritto all’onore e alla
reputazione
Per onore si intende la
consapevolezza che una persona ha della propria dignità, mentre la reputazione
è la considerazione sociale di cui la persona gode nell’ambito della cerchia
dei propri conoscenti.
Questi diritti possono essere
lesi mediante i reati di ingiuria o di diffamazione. Si parla di ingiuria
quando una persona rivolge direttamente a un’altra (soggetto leso) espressioni
offensive. Si ha invece diffamazione quando tali espressioni sono comunicate a
più persone e il soggetto leso non è presente
L’art. 21 Cost. garantisce però
a tutti il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni con la parola o
con lo scritto. I giudici ritengono lecita la diffusione di notizie lesive
della reputazione altrui a tre condizioni:
· Quando queste notizie siano vere
· Purché vengano espresse in maniera “civile”
· Purché sussista un interesse della
collettività a conoscerle
In altre parole, la diffusione
di notizie diffamatorie, anche se vere, può costituire illecito solo quando sia
stata fatta all’unico scopo di esporre una persona al disprezzo, al ridicolo o
all’umiliazione
❍ I limiti alla libertà di manifestazione del pensiero
Pur trattandosi di una libertà fondamentale,
la manifestazione del pensiero incontra dei limiti necessari a salvaguardare esigenze altrettanto
importanti. La loro violazione può dar
luogo, a seconda dei casi, al risarcimento del danno a favore della persona
offesa o anche alla sanzione penale (nel caso dei c.d. “reati di opinione).
· Non si può offendere la dignità di altre persone e pertanto il codice
penale punisce l'ingiuria e la diffamazione.
· Non si può violare il diritto alla
riservatezza, diffondendo
notizie che riguardano gli aspetti privati della vita di altre persone
(sempreché non si tratti di “persone pubbliche”, come uomini politici, gente di
spettacolo, ecc., le quali, per l'attività che hanno scelto, si trovano esposte
alla curiosità dell'opinione pubblica). Poiché la memorizzazione e il
trattamento dei dati personali attraverso calcolatori e la loro diffusione
attraverso i mass media determinano
pericoli per la privacy un tempo inimmaginabili, il legislatore è intervenuto
con la legge n 675 del 1996. Essa mira a garantire che il trattamento dei dati
personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali,
nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla
riservatezza e all'identità personale. I dati non possono essere raccolti
senza il preventivo consenso dell'interessato, che ha il diritto di
rettificarli e di opporsi alla loro utilizzazione. Particolari precauzioni sono
previste per il trattamento dei cosiddetti «dati sensibili», cioè quelli idonei
a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche,
le opinioni politiche, I'adesione a partiti, sindacati, associazioni politiche,
nonché quelli idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale delle
persone.
L’organo chiamato ad applicare la legge
sulla privacy, al quale tutti i cittadini che si ritengano lesi possono
rivolgersi, è il Garante per la
protezione dei dati personali, dotato di vastissimi poteri di accertamento,
di denuncia, proibizione e controllo.
Rientra nel rispetto della
riservatezza il segreto professionale,
cioè l'obbligo dei medici e degli avvocati
di mantenere il segreto sulle notizie che apprendono sui loro clienti.
· Non si possono inoltre rivelare le notizie segrete, la cui divulgazione nuocerebbe alla
sicurezza dello Stato e al buon funzionamento dei suoi organi Si tratta del segreto di Stato e del segreto d'ufficio
Il segreto di Stato è particolarmente rischioso per la democrazia. Esso può
essere usato per impedire che vengano diffuse notizie negative suI governo e le
forze politiche di maggioranza. In tal caso la vita democratica sarebbe
colpita.
La Corte costituzionale, prima, e poi la legge n 801
del 1977 hanno stabilito che il segreto può riguardare solo gli atti, i documenti,
le notizie la cui diffusione può nuocere
alla integrità dello Stato democratico (per es. mettendone in
pericolo la sicurezza internazionale), non gli interessi di partiti o uomini
politici, e che comunque mai si devono nascondere dietro il segreto fatti
eversivi della Costituzione
I segreti d'ufficio riguardano i pubblici dipendenti, che non devono
rivelare il contenuto dei loro atti, quando ciò possa danneggiare l'attività
dell'ufficio di cui fanno parte.
Il più importante è il segreto istruttorio che riguarda le indagini compiute dal giudice penale È chiaro
che le fughe di notizie possono pregiudicare l'accertamento della verità e
l'individuazione dell'imputato. Peraltro, si deve considerare anche l'esigenza
che l'opinione pubblica possa controllare l'opera dei giudici, e ciò può farsi
solo a condizione di conoscere quello che stanno facendo. Il nuovo codice di
procedura penale stabilisce che il segreto istruttorio duri solo per il tempo
strettamente necessario per il compimento degli atti del processo, dopo di che
questi devono essere conosciuti.
· In generale, non si può incitare a commettere reati: questa è istigazione a delinquere, non
manifestazione del pensiero. Quindi non è protetta dall'art 21 della
Costituzione e il codice penale può punirla.
· Non si può neanche dichiarare pubblicamente,
su giornali ecc. che commettere un fatto
che la legge considera reato è desiderabile, opportuno, lecito. Si tratterebbe
di apologia di reato.
· L'ultimo comma dell'art. 21 della
Costituzione vieta tutte le manifestazioni (compresa la stampa e gli
spettacoli) contrarie al buon costume.
Con questa formula, si intende il pudore sessuale, non in genere la
morale, concetto troppo generico che potrebbe comportare pericoli alla libertà
di pensiero.
Per proteggere il buon
costume, la legge n 161 del 1962, ancora in vigore nonostante le molte opinioni contrarie, prevedeva la censura preventiva dei film,
esercitata da una apposita commissione costituita presso il Ministero, composta
da magistrati, giuristi, pedagoghi e rappresentanti dei registi e
dell'industria cinematografica Essa può vietare la visione del film ai minori
di 14 o 18 anni, negare il nulla-osta. alla sua proiezione o subordinarla
all'eliminazione di determinate scene.
❍ I diritti della personalità: Il diritto alla riservatezza
Ogni persona ha diritto al
rispetto della riservatezza della propria vita privata e familiare (la cosiddetta
“privacy”) contro le ingerenze da parte di terzi. Tale diritto è riconosciuto
in linea generale dall’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalla Costituzione e dal codice
penale, che prevedono l’inviolabilità del domicilio, della corrispondenza e di
ogni altra forma di comunicazione.
La legge 31 dicembre 1996 n.
675 (tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati
personali) ha stabilito in linea generale il diritto a che il trattamento e la
diffusione dei dati personali si svolga “nel rispetto dei diritti, delle
libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche, con
particolare riferimento alla riservatezza”. Questa legge prevede regole
particolarmente severe per quanto riguarda la diffusione di determinate notizie
dette “sensibili”, quali ad es. quelle concernenti la vita sessuale o la salute
dei soggetti, anche nei confronti dei giornalisti.
Dal diritto di cronaca invocato
dai giornalisti può derivare un notevole danno alla riservatezza di una
persona. I giudici applicano gli stessi principi già esaminati in relazione al
diritto all’onore e alla reputazione e al diritto all’immagine.
❍ I diritti della personalità: Il diritto al nome e
all’immagine
Ogni persona ha diritto all’uso
esclusivo del proprio nome (inteso come combinazione di prenome e cognome) e,
se divenuto particolarmente noto, dello pseudonimo.
Una lesione del diritto al nome
si ha ad es. se Tizio pubblica un articolo firmandolo col nome di Caio.
L’illecito è solo civile e chi
viola l’altrui diritto al nome deve risarcire i danni. Il danneggiato può anche
chiedere al giudice una sentenza con cui venga ordinato al danneggiante di
cessare il suo comportamento illecito (“azione inibitoria”)
Si parla anche di azione di
reclamo e azione di usurpazione. Con l'azione di reclamo un soggetto rivendica
il diritto all'uso di un nome; con l'azione di usurpazione un soggetto chiede
che cessi l'altrui uso del proprio nome.
Analoga doppia tutela
(inibitoria e risarcitoria) spetta al soggetto che si sia visto ledere il
diritto all’immagine, mediante la pubblicazione o la diffusione con ogni mezzo
(televisione, cinema, giornali, ecc.) dell’immagine del proprio volto o della
propria persona (anche in assenza di riferimenti ingiuriosi) senza il proprio
consenso.
La legge consente però che
l’immagine sia divulgata senza consenso quando la pubblicazione sia
giustificata dalla notorietà o dall’incarico pubblico ricoperto, da necessità
di giustizia o di polizia, da scopi scientifici o didattici o culturali, o
quando la riproduzione sia collegata ad avvenimenti o cerimonie di interesse
pubblico o svoltisi in pubblico (sempre che non vi sia danno alla reputazione o
al decoro della persona ritratta)
❍ I diritti della personalità: Il diritto all’identità
personale
Il diritto all’identità
personale consiste nel diritto di ogni soggetto di non vedere presentata in
pubblico la propria personalità in maniera distorta, mediante la diffusione di
notizie circa il proprio passato e la propria vita non vere, anche se non
ingiuriose.
❍ I diritti della personalità: Il diritto all’identità
sessuale
La legge n. 164 del 1982 ha
previsto per le persone interessate il diritto di vedersi riconosciuta
l’identità sessuale desiderata, richiedendo al tribunale l’autorizzazione al
compimento di un intervento chirurgico per il cambiamento di sesso. Ottenuta
tale autorizzazione e compiuto l’intervento, il tribunale ordinerà
all’ufficiale dello stato civile di rettificare il nome attribuendone uno
conforme al nuovo sesso.
❍ Domicilio, residenza, dimora
Per domicilio si intende il
luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e
interessi. Ad es. Tizio, dentista, ha il suo domicilio all’indirizzo dove si
trova il suo studio medico
In qualche caso la legge impone
un domicilio necessario: il minore è domiciliato per legge nel luogo di
residenza della famiglia, o del genitore con cui convive, nel caso di
separazione o divorzio
La residenza è il luogo di
abituale abitazione di una persona. Essa è una situazione di fatto, corrispondente
al posto in cui un soggetto abita stabilmente, coltiva i suoi affetti
familiari, ha la sua “vita privata”.
La dimora è il luogo in cui il
soggetto si trova soltanto temporaneamente
❍ Scomparsa, assenza, morte
presunta
● Scomparsa
Se una persona si allontana
dalla propria famiglia senza dare più notizie di sé, il tribunale dell’ultimo
domicilio o dell’ultima residenza può nominare un curatore dello scomparso, che
si occupi della conservazione del patrimonio
● Assenza
Trascorsi due anni dal giorno
in cui risale l’ultima notizia può essere dichiarata l’assenza da parte del
Tribunale, su richiesta dei presenti eredi. Per effetto della dichiarazione di
assenza vengono immessi nel possesso temporaneo dei beni dell’assente coloro
che ne sarebbero stati eredi se egli fosse morto. Essi ne hanno
l’amministrazione e percepiscono le rendite che i beni producono, ma non
possono alienarli (es. venderli né donarli) né ipotecarli o darli in pegno. Nel
caso in cui il soggetto dichiarato assente dovesse ricomparire, dovranno
essergli restituiti i beni, ma non le rendite percepite.
● Morte
presunta
Trascorsi dieci anni
dall’ultima notizia dell’assente il tribunale può dichiararne la morte
presunta. La sentenza (che può essere dichiarata anche se non era stata
dichiarata l’assenza) produce gli stessi effetti della morte naturale: si apre
la successione ereditaria a coloro che furono immessi nel possesso temporaneo
dei beni ne acquisteranno la piena disponibilità; il coniuge può risposarsi.
Nel caso in cui il presunto morto ricompaia, gli dovranno essere restituiti i
beni, nello stato in cui al momento si trovano. Il nuovo matrimonio del coniuge
diviene nullo, mentre riacquista effetto il precedente.
❍ Le organizzazioni collettive e la nozione di persona
giuridica
Persona giuridica è qualsiasi
entità diversa dalla persona fisica alla quale l’ordinamento attribuisce
capacità giuridica
La persona giuridica ha propri
diritti (ad es. la proprietà di un terreno, un diritto di credito verso un
debitore) e propri doveri (ad esempio un debito in denaro): si dice che ha la
"capacità giuridica". La persona giuridica ha un proprio patrimonio,
distinto da quello delle persone fisiche (uomini) che ne fanno parte, e i suoi
debiti non sono confusi con quelli di costoro: si dice che ha "autonomia
patrimoniale perfetta". La persona giuridica ha una propria volontà e
compie atti giuridici per mezzo delle persone fisiche che agiscono come suoi
organi: si dice che ha la "capacità di agire", cioè la capacità di esercitare i suoi diritti
compiendo degli atti. Gli enti che operano nel diritto pubblico sono pressoché
esclusivamente persone giuridiche.
Le persone giuridiche agiscono
attraverso i loro organi, cioè attraverso persone fisiche preposte
all’amministrazione, che svolgono in loro nome e per loro conto gli atti
necessari
Le organizzazioni collettive
possono essere di due tipi:
· A struttura associativa: si tratta delle
società e delle associazioni. In esse lo
scopo comune viene perseguito essenzialmente attraverso la partecipazione
all’ente delle persone che lo compongono
· A struttura istituzionale: si tratta delle
fondazioni e dei comitati. In esse lo scopo di interesse generale viene
perseguito essenzialmente destinando a certi fini un determinato patrimonio
La
legge non riconosce la capacità giuridica a tutte le organizzazioni collettive.
Perché ciò avvenga si richiede che l’organizzazione sia dotata di autonomia
patrimoniale perfetta
Una organizzazione collettiva è
dotata di un suo patrimonio
Si ha autonomia patrimoniale
perfetta quando la legge stabilisce che il patrimonio dell’ente collettivo
(società o associazione) è autonomo rispetto ai patrimoni dei singoli soci o
associati, nel senso che questi non rispondono in proprio dei debiti dell’ente.
In modo parallelo l’ente non risponde col suo patrimonio delle obbligazioni
personali dei singoli.
Sono dotate di autonomia
patrimoniale perfetta (e sono pertanto persone giuridiche):
· Le associazioni riconosciute
· Le fondazioni
· Le società di capitali (Società a
responsabilità limitata, Società per azioni, Società in accomandita per azioni)
Accanto alle organizzazioni
collettive dotate di autonomia patrimoniale perfetta vi sono enti
caratterizzati da forme di autonomia patrimoniale limitata. Si tratta di
organizzazioni collettive in cui per le obbligazioni dell’ente rispondono non
soltanto il patrimonio dell’organizzazione, ma anche i singoli associati o
soci, sia pure con determinate modalità
Tra i due estremi della autonomia
patrimoniale perfetta (nessun membro dell'organizzazione è responsabile per i
debiti dell'organizzazione) e della completa mancanza di autonomia patrimoniale
(i membri rispondono illimitatamente e solidalmente dei debiti
dell'organizzazione) vi sono forme più deboli di separazione tra il patrimonio
dei membri e il patrimonio dell'organizzazione, che sono dette forme di
"autonomia patrimoniale imperfetta". Non esiste un solo tipo di
"autonomia patrimoniale imperfetta". Società di persone, associazioni
non riconosciute e comitati non riconosciuti hanno forme diverse di autonomia
patrimoniale imperfetta.
In una società di persone tutti i soci
rispondono solidalmente e illimitatamente dei debiti sociali; solo nella
società semplice un socio può stipulare un patto per limitare la propria
responsabilità ad una determinata cifra. In una società di persone, tuttavia,
il creditore può aggredire il patrimonio del socio solo dopo che ha liquidato
completamente il patrimonio della società.
In una associazione non riconosciuta sono
solidalmente e illimitatamente responsabili coloro che hanno contratto il
debito in nome dell'associazione.
In un comitato non riconosciuto i
componenti sono responsabili solidalmente e illimitatamente delle obbligazioni
assunte dal comitato.
Appartengono a questa
categoria:
· Le associazioni non riconosciute
· I comitati non riconosciuti
· Le società di persone (società semplice,
società in nome collettivo, società in accomandita semplice)
❍ Le persone giuridiche e i loro
organi
Le persone giuridiche private
più diffuse (es le società) presentano di solito una struttura interna
articolata come segue.
Vi è una assemblea dei soci o degli
associati, che è un organo che consente a tutti coloro che fanno parte
dell’ente di prendere, a maggioranza, le decisioni di carattere generale, e di
nominare e revocare gli amministratori e di decidere i loro poteri
Vi sono poi gli amministratori
(o l’amministratore, se è unico), che assumono la gestione concreta dell’ente
prendendo di volta in volta le decisioni che possono sembrare necessarie o
utili e portandole ad esecuzione.
In alcune persone giuridiche
sono presenti organi di controllo, che vigilano sull’operato degli
amministratori
❍ La classificazione delle organizzazioni collettive
private
● Persone
giuridiche private
· Associazioni riconosciute
· Fondazioni riconosciute
· Comitati riconosciuti
· Società di capitali
· Società per azioni
· Società a responsabilità limitata
· Società in accomandita per azioni
· Società cooperative
· Persone giuridiche straniere (cioè regolate
dal diritto straniero)
● Organizzazioni
collettive private senza personalità giuridica
· Associazioni non riconosciute
· Fondazioni non riconosciute
· Comitati non riconosciuti
· Società di persone
· Società semplice
· Società in accomandita semplice
· Società in nome collettivo
Le persone giuridiche,
pubbliche e private, sono distinte in fondazioni (o istituzioni in senso
stretto) e corporazioni. Le corporazioni sono società formate da più soggetti
titolari dei bisogni (interessi) che stanno alla base della corporazione
medesima e quindi destinatari essi stessi dei benefici derivanti dall'attività
sociale (ad es. lo Stato, il Comune, una società commerciale). Le fondazioni o
istituzioni in senso stretto, invece, sono forme di organizzazione di attività
dirette al perseguimento di fini connessi con interessi di soggetti, i quali
non fanno parte della istituzione, a differenza degli individui che vi agiscono
(per es. un ente di beneficenza e gli uffici pubblici in genere). Nelle
corporazioni perciò l'elemento personale è costitutivo oltre che attivo. Nelle
altre è esclusivamente attivo: in quanto gli individui che vi agiscono non sono
titolari degli interessi per i quali l'istituzione è stata costituita, ma
agiscono per fini connessi con interessi di altri individui o di collettività,
variamente precisate.
Le associazioni sono
organizzazioni collettive tramite le quali più soggetti cercano di perseguire
uno scopo comune non di lucro. Proprio la pluralità dei soggetti e lo scopo
comune caratterizzano le associazioni.
La libertà di associazione è
garantita dalla Costituzione, che consente a tutti i cittadini di associarsi
liberamente per fini che non siano vietati dalla legge penale. Questi scopi
devono esser di natura ideale, cioè non economica, e questo è proprio
l’elemento che distingue le associazioni dalle società. Le società, infatti,
hanno per scopo la realizzazione di un lucro, cioè di un guadagno.
L’associazione nasce per
effetto di un contratto tra più persone, che si chiama atto costitutivo. Si
tratta di un contratto plurilaterale, cioè
di una manifestazione di volontà provenienti da più soggetti che hanno uno
scopo comune. In esso debbono essere indicati alcuni elementi, come:
· La denominazione
· Lo scopo
· Il patrimonio
· La sede
· Le norme sull’amministrazione
L’organo fondamentale
dell’associazione è l’assemblea degli associati, che delibera a maggioranza
sulla nomina degli amministratori e sul bilancio annuale.
Vi è poi l’amministratore (o
gli amministratori), il cui compito è quello di compiere gli atti di gestione
dell’associazione nel rispetto dello statuto e delle direttive impartite
dall’assemblea, rappresentando l’ente verso i terzi (così, per es.) sarà
l’amministratore a concludere in nome e per conto dell’associazione i contratti
di quest’ultima
Lo scioglimento
dell’associazione avviene quando lo scopo è stato raggiunto (oppure è divenuto
impossibile), quando sono venuti a mancare tutti gli associati e per le altre
ragioni eventualmente indicate dall’atto costitutivo e dallo statuto. Quando si
sia verificata una causa di scioglimento, gli amministratori devono procedere
alla liquidazione cioè alla vendita dei beni e alla riscossione dei crediti,
allo scopo di rendere liquido (cioè sotto forma di denaro) il patrimonio
dell’associazione, per saldare i debiti esistenti. Nessun altro atto può essere
compiuto in tale fase.
❍ Le associazioni non riconosciute
Le regole ora esaminate sono
comuni a tutti i tipi di associazioni, ma soltanto le associazioni riconosciute
godono dell’autonomia patrimoniale perfetta e sono pertanto persone giuridiche
Perché un’associazione possa
dirsi riconosciuta è necessario:
· che l’atto costitutivo sia redatto per atto
pubblico (cioè in pratica da un notaio)
· che l’associazione ottenga l’atto
amministrativo di riconoscimento compiuto con decreto del Presidente della
Repubblica, oppure, per certe associazioni destinate a operare in un ambito
regionale, con decreto del Presidente della giunta regionale
Il riconoscimento serve a
controllare innanzitutto che l’associazione persegua fini leciti e poi che disponga
di un patrimonio sufficiente per raggiungere quei fini. In questo modo si
tutela l’interesse dei futuri creditori dell’associazione, visto che una volta
ottenuta l’autonomia patrimoniale perfetta essi potranno contare sul solo
patrimonio dell’associazione per il soddisfacimento delle loro pretese.
Ottenuto il riconoscimento,
l’associazione deve essere registrata su un apposito registro istituito presso
la cancelleria del tribunale di ogni capoluogo di provincia (art. 33 e ss
c.c.). Con la registrazione l’associazione ottiene la personalità giuridica.
L’associazione che non abbia
richiesto e ottenuto il riconoscimento non ha autonomia patrimoniale perfetta.
Anche le persone che hanno agito in nomee per conto dell’associazione
rispondono dei debiti di questa
Per quanto riguarda gli organi
e il funzionamento, L’associazione non riconosciuta è governata dalle stesse
regole dettate dal codice in materia di associazioni riconosciute.
I partiti e i sindacati sono
associazioni non riconosciute
Le fondazioni sono
organizzazioni collettive a carattere istituzionale. Le fondazioni riconosciute
sono dotate di autonomia patrimoniale perfetta e perciò di capacità giuridica.
Le fondazioni si costituiscono
per atto pubblico oppure con testamento e sono caratterizzate dalla
presenza di un patrimonio vincolato al
perseguimento di un determinato scopo non di lucro.
I comitati sono costituiti da
gruppi di persone che raccolgono fondi destinati a uno scopo di interesse
generale. L’art. 39 c.c. menziona i comitati di beneficenza e quelli promotori
di opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre, festeggiamenti ecc.
I comitati non riconosciuti non
sono persone giuridiche, in quanto non sono dotati di autonomia patrimoniale
perfetta: infatti i loro componenti sono personalmente responsabili insieme con
il patrimonio del comitato per le obbligazioni assunte in suo nome e conto.
Una volta realizzato lo scopo –
o se questo è divenuto irrealizzabile – o quando i fondi sono divenuti
insufficienti, il comitato di estingue.
❍ “Ente” vuol dire “Persona
giuridica”
Nell'espressione "ente
pubblico" occorre precisare con cura il significato della parola
"ente" e il significato della parola "pubblico".
"Ente" significa
"persona giuridica". Persone fisiche e persone giuridiche formano la
categoria dei "soggetti" o "soggetti di diritto".
❍ Cosa si intende per "ente
pubblico"?
Un "ente pubblico" è
anzitutto un “ente” o “persona giuridica”. Un ente si dice pubblico:
● Se
il suo fine si identifica con uno dei fini dello Stato (o della Regione,
Provincia o Comune) o se comunque, nel perseguire il suo fine, soddisfa anche
interessi che stanno a cuore allo Stato (o della Regione, Provincia o Comune).
Ad es. il fine di una comunità israelitica è il fine di un gruppo particolare
all'interno dello Stato, che non si identifica completamente con quelli dello
Stato; ma l'attività di un tale ente realizza anche il fine statale della
tutela delle minoranze etniche e linguistiche.
● Se,
in conseguenza di questa prossimità o identità di interessi lo Stato lo fa
oggetto di un trattamento particolare, differenziandolo dagli altri enti
privati e inserendolo in qualche modo nel complesso dei pubblici poteri,
nell'organizzazione amministrativa pubblica, col conferirgli una personalità di
diritto pubblico. Una "personalità di diritto pubblico" può
comportare:
· L'assoggettamento a controlli (normalmente
regionali o statali) Le forme e l'intensità del controllo può variare da ente a
ente, ma un certo grado di controllo esiste sempre.
· L'assoggettamento alla potestà di
coordinamento statale. Anche questa potestà non può mai mancare.
· L'attribuzione, a loro volta, di poteri di
controllo e di coordinamento su tutti gli enti di un settore (ad es. ad un
istituto bancario o creditizio pubblico vengono affidati compiti di
coordinamento e controllo nel settore bancario o creditizio: la Banca d'Italia
possiede estesi poteri di tal genere per quanto riguarda l'esercizio del
credito) Questa prerogativa può mancare.
· Il potere di emanare norme di auto-organizzazione
· L'attribuzione di una capacità di diritto
pubblico, comprendente potestà e poteri di diritto pubblico. Questa prerogativa
può mancare.
· La possibilità di svolgere determinate
attività in regime di monopolio
Nelle persone giuridiche,
capacità giuridica e capacità di agire non possono essere distinte: se una
persona giuridica non ha la capacità di agire ciò vuol dire necessariamente che
non possiede neanche la capacità giuridica riguardante quei rapporti (a
differenza ad es. di una persona fisica come un minorenne, che ha diritti, e
quindi capacità giuridica, ma non li può esercitare, e quindi manca di capacità
di agire). Per questo, riferendocisi a loro si parla genericamente di “capacità
(di diritto pubblico)” senza specificare se si tratti di capacità giuridica o
di agire.
Gli enti pubblici possiedono
sia una capacità di diritto privato, sia una capacità di diritto pubblico,
formata di "poteri pubblici" o "potestà pubbliche" o
“poteri di imperio”, in grado di modificare unilateralmente le posizioni
giuridiche dei soggetti privati e di fronte ai quali i privati sono in
posizione di soggezione. Queste potestà o poteri sono "funzioni", in
quanto vanno esercitate a vantaggio di soggetti diversi da quello che ne
dispone (cioè dei cittadini).
Tra le più importanti
manifestazioni della capacità di diritto pubblico ci sono:
● Autonomia
E' la capacità di creare norme
giuridiche. E' particolarmente estesa nel caso delle Regioni, che hanno il
potere di emanare norme di grado primario (leggi regionali e statuti regionali)
e secondario (regolamenti regionali).
● Autarchia
E' la capacità di perseguire i
propri interessi in posizione di supremazia con gli strumenti del diritto
amministrativo (provvedimenti)
● Autogoverno
E' la capacità dei soggetti
amministrati dall'ente, di scegliere le persone fisiche preposte agli organi
più importanti dell'ente. E' il caso ad es. dei cittadini del comune che
scelgono direttamente i membri del consiglio comunale.
● Autotutela
Si tratta della possibilità,
per l'ente, di farsi ragione da sé (naturalmente secondo precise norme
giuridiche) attraverso atti amministrativi, tra i quali ricordiamo:
· Annullamento d'ufficio di un suo atto
amministrativo invalido, anche se tale annullamento coinvolgerà posizione
giuridiche di terze persone
· Rimozione d'ufficio di un suo atto
amministrativo anche se tale annullamento coinvolgerà posizioni giuridiche di
terze persone
· Convalida di un atto amministrativo invalido
· Decisione dei ricorsi amministrativi
· Revoca o sospensione degli effetti di un suo
atto amministrativo valido per ragioni di opportunità
· Possibilità di ricorrere all'esecuzione
forzata quando gli obbligati non osservino i propri doveri verso
l'amministrazione
La esecutività del
provvedimento amministrativo è una manifestazione di questa facoltà di
autotutela In alternativa, la Pubblica Amministrazione può chiedere la
esecuzione forzata al giudice ordinario, nelle forme del codice civile, poiché
l'atto amministrativo deve essere considerato dal giudice civile come un titolo
esecutivo.
· Possibilità applicare, con un provvedimento,
sanzioni per illeciti amministrativi
Per "illecito
amministrativo" si intende una trasgressione che non viene considerata
tanto grave da interessare l'intera collettività e da richiedere una tutela
penale, ma solo di danno all'attività della Pubblica Amministrazione in un
particolare settore (es. quello della circolazione stradale, dell'esercizio del
commercio al dettaglio) e che viene punita con sanzioni amministrative (revoca
di licenze, confische ecc.), non sottoposte alle norme che regolano le sanzioni
penali. Ad es. le infrazioni al codice della strada (che è un decreto
legislativo) sono quasi tutti illeciti amministrativi (tranne casi come
omissione di soccorso, guida in stato di ebbrezza, guida senza patente, che
sono reati); le infrazioni alle norme sul commercio al dettaglio sono
normalmente illeciti amministrativi; le infrazioni meno gravi ai propri doveri
di contribuente fiscale sono illeciti amministrativi.
· Possibilità di accertare, con un
provvedimento, contravvenzioni in materie che interessino la pubblica
amministrazione, e anche di determinare la pena (spesso una somma di denaro)
entro limiti minimi e massimi.
Le contravvenzioni sono forme
minori di reati, previsti dal codice penale o da altre leggi penali. La
competenza ad accertarli sarebbe dunque del giudice penale, ma la Pubblica
Amministrazione ha una competenza analoga. Attraverso l'istituto dell'oblazione
(pagamento della pena accertata dalla Pubblica Amministrazione) il reato
risulta addirittura estinto e come non mai verificatosi. Tra le contravvenzioni
poste a tutela di norme amministrative vi sono quelle che puniscono determinate
violazioni di leggi finanziarie
· Esercizio di poteri di polizia a tutela dei
propri diritti reali (ad es. attraverso il corpo delle guardie forestali, dei
vigili urbani ecc.) Altre potestà di diritto pubblico che frequentemente gli
enti posseggono sono:
● Potere
di certificazione
Ad es. gli ordini professionali
certificano con valore di piena prova di fronte al giudice, che determinati
soggetti hanno i titoli necessari per l'esercizio della professione
● Potere
di dare ordini
● Potere
di pretendere o riscuotere prestazioni coattive, specie pecuniarie.
Ad es. l'INPS ha il potere di
esigere i contributi sociali; la RAI ha il potere di esigere il canone di
abbonamento; il Comune ha il potere di esigere il pagamento dei tributi
comunali; la SIAE (Società Italiana Autori ed Editori) ha il potere di esigere
i diritti di rappresentazione di un'opera cinematografica, musicale ecc.); e
così via.
● Potere
di effettuare ispezioni o controlli
Accanto alla capacità di
diritto pubblico, gli enti pubblici possiedono una capacità di diritto privato,
formata essenzialmente da "facoltà" inerenti a diritti soggettivi che
possono essere posseduti anche da privati, e che non sono in grado di
modificare unilateralmente la sfera giuridica altrui tranne che in casi
particolari. In questi casi l'ente interviene in posizione di parità con i
soggetti privati, anziché di supremazia. Come si è già detto, vi sono enti
pubblici, come quelli economici, che possiedono solo la capacità di diritto
privato. Utilizzando la capacità di diritto privato, la Pubblica
Amministrazione si comporta su un piano di assoluta parità rispetto ai soggetti
con i quali viene in contatto (ad es. stipulazione di contratti di
compravendita, di fornitura di elettricità ecc.). Se viceversa fa valere una
sua autorità cioè si pone in una situazione
di supremazia esercitando dei poteri particolari ovvero imponendo determinati comportamenti
unilateralmente (es. ordine del Questore di disperdere una manifestazione),
allora si deve parlare di attività di diritto pubblico.
Questa doppia capacità è
tuttavia presente solo negli enti pubblici territoriali: è, di regola, assente
negli enti pubblici strumentali, i quali hanno solo la capacità di diritto
privato: i loro beni sono oggetto del comune diritto di proprietà, i loro
dipendenti sono ad essi legati dal comune contratto di lavoro, gli atti che
pongono in essere con i terzi sono atti di autonomia contrattuale, in tutto
sottoposti al codice civile.
❍ Quali sono le principali categorie di enti pubblici?
Quattro sono le principali
categorie di enti pubblici:
● Enti
territoriali
Sono la Regione, la Provincia e
il Comune. Si dicono "territoriali" o "a fini generali"
perché si occupano della generalità dei bisogni di una collettività insediata
su un territorio.
● Enti
strumentali
sono creati per perseguire fini
propri dello Stato (o dell'ente territoriale) che questo potrebbe anche perseguire
direttamente.
● Enti
ausiliari
Tramite gli enti ausiliari
vengono perseguiti fini che, pur non essendo propri dello Stato, vengono
tuttavia considerati da questo con intenso interesse, in quanto la loro
realizzazione viene a dar completamento all'azione statale, affiancandosi ad
essa, o integrandola, o prestandole aiuto (si pensi alle università non
statali, all'ENEL, agli enti pubblici economici).
● Enti
esponenziali
Con gli enti esponenziali lo
Stato riconosce il carattere di enti pubblici ad enti esponenziali di comunità
territoriali o di altri gruppi spontanei abbraccianti intere categorie di
individui, o a consociazioni volontarie o a centri in cui si esprimono,
attraverso appropriate rappresentanze, specifici interessi settoriali. Sono enti
esponenziali, oltre agli enti territoriali (Regioni, Province, comuni), gli
ordini e collegi professionali, alcuni enti associativi preposti alla cura di
interessi di categoria o di settore di natura economica, culturale,
assistenziale, sportiva (es. Coni, Accademie di scienze ed arti, ecc.)
Stato, Regione, Provincia e
Comune, oltre ad essere enti territoriali sono anche enti esponenziali.
❍ I tipi di persone giuridiche pubbliche: Gli enti pubblici
economici
Gli enti pubblici economici
rientrano tra gli enti pubblici ausiliari
Da cosa si ricava che un ente
che svolge attività imprenditoriale assoggettata alle norme del codice civile,
che intrattiene con i propri dipendenti un rapporto di impiego privato, che
vende i propri prodotti sul mercato, che non ha poteri di imperio, è un ente
pubblico?
Vi sono alcuni indici residui
che possono consentirci di stabilire che anche l’ente pubblico economico ha una
(limitata) personalità di diritto pubblico:
· L'ente normalmente non agisce a scopo di
lucro, ma utilizza gli utili versandoli allo Stato o destinandoli a fini
sociali
· L'ente ha un patrimonio una parte del quale
è indisponibile
· L'ente non è sottoposto a fallimento, ma a
liquidazione coatta amministrativa
· L'ente è vincolato a persegue strategie
imprenditoriali volte più che ad aumentare il profitto a raggiungere obiettivi
sociali:
· Rompere un monopolio
· Industrializzare aree depresse
· Calmierare i prezzi dei prodotti
· Assicurare l'approvvigionamento nazionale in
settori delicati come quello energetico o siderurgico
· L'ente riceve direttive vincolanti da un
ente pubblico territoriale (di solito lo Stato)
· L'attività interna dell'ente non è regolata
dal diritto privato, ma dal diritto amministrativo
· Le perdite di gestione dell'ente sono
ripianate periodicamente da un ente pubblico
· L'ente è destinatario privilegiato di
sovvenzioni e agevolazioni pubbliche
· L'ente svolge la sua produzione in posizione
di monopolio (ad es. l'ENEL prima della privatizzazione)
· Le tariffe dell'ente sono determinate da un
comitato ministeriale (come ad es. quelle delle Ferrovie o delle poste)
· Si applicano all'ente i principi di
imparzialità e di buon andamento tipici delle pubblica amministrazione (es.
obbligo di contrattare con tutti quelli che lo chiedano, senza patti di
esclusiva ecc.)
Le persone giuridiche
possiedono organi.
Gli "organi"
rientrano nella più vasta categoria degli “uffici”. Un ufficio è una unità
operativa che svolge dei compiti prefissati, mediante il compimento di atti
giuridici.
In altre parole: quando
esistono dei compiti precisi da svolgere stabilmente mediante atti giuridici
che direttamente o indirettamente servono all'ente per manifestare la sua
capacità di agire, e quando esistono delle regole per stabilire quali persone
fisiche debbono essere scelte per svolgere quei compiti, la unità operativa
prende il nome di "ufficio".
L'ufficio (o l’organo) è
impersonale: non persegue gli interessi particolari delle persone fisiche che
lo fanno agire e non si estingue o muta con il cessare o il succedersi delle
persone fisiche nel tempo.
Così, l'Ufficiale giudiziario è
l'organo che nel comune ha il compito di vigilare sulla salute dei residenti;
l'Ufficiale dell'anagrafe è l'organo che ha il compito di mantenere aggiornate
le liste dei residenti, di annotare nascite, morti, matrimoni e rilasciare i
relativi certificati; il Parlamento è l'organo che fa le leggi; il Tribunale è
l'organo che giudica certi tipi di cause civili o penali ecc.
Quando l'ufficio diviene
strumento per entrare direttamente in rapporto con altri soggetti (persone
fisiche o persone giuridiche) prende il nome di “organo”. All’organo viene
attribuita una "competenza" che comprende determinati compiti e determinati
poteri, “ritagliati” tra i compiti e i poteri attribuiti all’ente cui
appartiene (i compiti e i poteri dell’ente prendono invece il nome di
“attribuzioni”).
Gli organi dello stato sono
quindi quegli uffici ai quali è attribuito il potere di dichiarare la volontà
dello stato nei confronti di altri soggetti (ad es. il Parlamento, il Governo,
i Ministri, i Giudici).
Lo Stato ha anche uffici che
non sono organi, attraverso cui non manifesta la sua volontà, ma che eseguono
compiti interni all'organizzazione statale.
Solo gli organi, quindi, non
gli uffici, possono determinare il sorgere di situazioni giuridiche (attive e
passive) riguardanti lo Stato.
❍ La differenza tra “organo” e rappresentante”
Non bisogna confondere la
figura dell'organo con quella del rappresentante. Un organo non
"rappresenta" l'ente nel senso che noi intendiamo comunemente quando
diciamo che una persona ne rappresenta un'altra: l'organo non ha personalità
giuridica, non è, in altre parole, un soggetto a sé, ma è una parte dell'ente.
Questa situazione si indica con il nome di "rapporto organico" o di "rappresentanza
organica", e non di "rapporto di rappresentanza".
❍ Sono considerati “organi” anche alcuni uffici che
svolgono esclusivamente attività interna
In realtà gli studiosi
considerano "organi" non solamente gli uffici in grado di mutare
direttamente, con la loro azione, le situazioni giuridiche di soggetti diversi
da quello cui appartengono, ma anche gli uffici che svolgono una attività
indiretta particolarmente rilevante per l'azione dei primi mediante atti
giuridici: si parla così di “organi” consultivi e di controllo, sebbene la loro
attività sia puramente interna e preparatoria
Vi sono molti tipi di organi:
individuali (composti da una sola persona) o collegiali (composti da più
persone); semplici (cioè non costituiti
a loro volta da altri organi) o complessi (costituiti da altri organi);
centrali (la cui competenza si estende su tutto il territorio dello Stato) e
periferici (a competenza territorialmente delimitata); consultivi (che prestano
assistenza tecnica dando pareri ad altri organi) e attivi (che manifestano o
danno esecuzione alla volontà dell'ente); organi di controllo, organi politici
(es. il Parlamento).
❍ I gruppi di organi dello Stato. I “poteri”
Quando numerosi organi svolgono
attività simili e sono collegati fra loro da precisi rapporti (organi superiori
che comandano ad organi inferiori, organi che consigliano altri organi, organi
che prendono le decisioni e organi che le eseguono ecc.) si parla di
"poteri".
Lo Stato-apparato è composto di
tre "poteri": il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere
giudiziario.
Il potere legislativo è formato
dagli organi che hanno il compito di creare norme giuridiche. In passato gli
organi erano due: il Re e il Parlamento. Nel nostro Stato vi è solo un organo
che può creare le leggi o delegarne ad altri la creazione: il Parlamento, composto
a sua volta da due organi, la Camera e il Senato, che a loro volta sono
composti da deputati, senatori, Presidenti della Camera e del Senato,
capigruppo ecc.
Il potere giudiziario è
composto da numerosi organi: Tribunali ordinari, Tribunali militari, Tribunali
amministrativi, Tribunale delle acque pubbliche, Corti d'appello, Corti
d'assise, Corti d'assise d'appello, Corte di Cassazione, Consiglio di Stato,
Corte dei Conti ecc.
Tutti questi organi sono
incaricati di emettere sentenze che applichino le norme generali ai casi
concreti.
Gli organi del potere esecutivo
sono numerosissimi. Al vertice del potere esecutivo c'è il Governo. Ciascuno
dei ministri del Governo è a capo di un ministero che a sua volta è costituito
da numerosi organi centrali (direzioni generali, provveditorati generali ecc.)
e periferici (intendenze, uffici locali ecc.)
❍ Unità operative e organizzazioni che svolgono
esclusivamente attività materiali
Non sono "uffici",
malgrado il nome, unità operative come i cosiddetti "uffici-copia",
gli "uffici meccanografici", gli "uffici di contabilità",
gli "uffici studi", gli "uffici o centri smistamento
corrispondenza" ecc. che non compiono atti giuridici (dichiarazioni di
volontà,di scienza, di giudizio ecc.) ma atti puramente materiali, di
riproduzione meccanica, di calcolo, di studio ecc. che non hanno alcuna
attinenza con i rapporti tra ente e terzi. Per la stessa ragione non è un
ufficio una cattedra universitaria di matematica e simili.
I complessi organizzati
composti solo di unità operative di questo tipo (es. Scuole, Aziende Sanitarie
locali; Istituti di assistenza ecc prendono il nome di stabilimenti o aziende o
istituti.
❍ Il rapporto tra gli agenti e
l'organo
Le persone fisiche che
compongono gli organi esterni o impersonano gli organi interni nei rapporti
interorganici si dicono "funzionari". Si dice che il funzionario è il
"titolare"dell'organo. Esiste poi il "preposto" all'organo,
che comprende il funzionario titolare, ma anche colui che temporaneamente ne fa
le veci ("supplente", “vicario” ecc).
Le persone che sono titolari o
preposti ad un ufficio che non costituisce un organo si dicono
"addetti". I "funzionari", gli "addetti" e i “meri
agenti” (persone che all’interno di un ufficio compiono attività puramente
materiali (es. dattilografiche, di trasporto documenti ecc.) costituiscono la
categoria degli “agenti”.
Il rapporto che lega il
titolare o il preposto all'organo si chiama "rapporto si servizio".
Un rapporto di servizio può
essere di fatto o di diritto. Il rapporto di servizio di diritto può essere
volontario o coattivo. Il rapporto di servizio volontario può essere onorario o
professionale (svolto in base ad un contratto di lavoro dipendente). Il
rapporto di servizio professionale può essere di diritto pubblico (rapporto di
impiego pubblico) o di diritto privato (rapporto di impiego privato). Esistono
funzionari coattivi, onorari (che svolgono la loro opera gratuitamente) e
professionali (che svolgono la loro opera dietro retribuzione).
❍ Il rapporto tra gli atti del funzionario e la persona
giuridica
Gli atti dei
funzionari vengono considerati non come atti personali ma come atti dello
Stato: vengono cioè imputati allo Stato,
come se li avesse compiuti lui. Che cosa significa che allo Stato vengono
attribuite le attività compiute dai suoi funzionari, negli uffici e negli
organi di cui fanno parte? Significa che lo Stato assume le posizioni
soggettive (attive e passive) che derivano da quelle attività. Naturalmente, questa imputazione si verifica
solo a condizione che il funzionario abbia agito nella sua veste pubblica, come
agente dello Stato, non nella sua veste privata, come semplice cittadino. In
questo modo, si vede che i funzionari dello Stato hanno una doppia capacità di
agire: come singoli privati essi non si distinguono dai semplici cittadini,
potendo compiere solo negozi di diritto privato; ma come funzionari pubblici
hanno una speciale capacità di diritto pubblico, delle cui conseguenze però si
giova lo Stato, per il quale essi operano. In quanto funzionario la persona
fisica dovrà spersonalizzarsi ed agire nel solo interesse pubblico.
Tra gli uffici e gli organi
esistono vari rapporti detti "rapporti interorganici". Tali rapporti
possono essere:
· di immedesimazione (un ufficio è anche un
organo: si "immedesima" in un organo);
· di strutturazione (più uffici entrano a
comporre un organo),
· di composizione (più organi entrano a comporre
un organo complesso);
· di separazione (tra organi di enti diversi o
anche della persona giuridica che nessuna norma ponga in relazione);
· di coordinamento. I rapporti di
coordinamento possono essere:
· rapporti di formazione (un organo crea un
altro organo);
· rapporti di gerarchia;
· rapporti di sostituzione (un organo si
sostituisce ad un altro o sostituisce un altro);
· rapporti di condizionamento (l'azione di un
organo condiziona in qualche modo l'azione dell'altro, mediante iniziative,
direttive, assensi,pareri ecc.);
· rapporti di controllo (di
"vigilanza" per la legittimità, di "tutela" per il merito,
di "sorveglianza" genericamente ecc.).
Il rapporto gerarchico è
particolarmente importante per la Pubblica Amministrazione. L'organo
gerarchicamente superiore ha una serie di poteri nei confronti dell'organo
inferiore:
· il potere di dirigere l'attività dell'organo
inferiore mediante la emanazione di ordini nella forma dell'"istruzione"
o della "circolare";
· il potere di vigilanza, che comporta un
controllo sull'attività dell'organo inferiore, diretto ad accertare l'adempimento
in genere di tutti gli obblighi ad esso imposti dalle norme generali, e in
particolare l'osservanza delle disposizioni di servizio impartite dall'organo
superiore;
· il potere di sostituzione, cioè di agire in luogo dell'organo inferiore
quando questi ometta di farlo;
· il potere di avocazione, cioè di assumere per sè un compito spettante all'organo
inferiore,indipendentemente da una sua inadempienza;
· il potere di delegare una propria competenza
all'organo inferiore;
· il potere di "annullamento di
ufficio" nei confronti di atti dell'organo inferiore che abbiano violato
la legge;
· il potere di riforma, esercitabile su atti
che, pur essendo conformi alla legge,sono inopportuni;
· il potere di risoluzione dei conflitti di
competenza che sorgono fra organi inferiori;
· il potere di decisione sui ricorsi dei cittadini
contro atti dell'organo inferiore.
Un organo può essere dotato di
varie forme di autonomia: contabile (provvede da sé alla propria contabilità),
finanziaria (ha proprie entrate che riscuote direttamente o riceve fondi
dall'ente per i propri compiti), di gestione (gestisce direttamente i propri
beni e contratta in proprio), di bilancio (redige bilanci e rendiconti separati
per la propria gestione), decisionale (è in grado di provvedere in modo assolutamente
indipendente dalla volontà degli organi di governo dell'ente).
Normalmente i rapporti
interorganici non hanno rilevanza nell'ordinamento esterno, nel senso che un
soggetto diverso dalla persona giuridica non ne vedrà modificate o aumentate le
proprie situazioni giuridiche soggettive e in particolare non potrà far valere
a suo favore le norme dell'ordinamento interno (ad es. un privato non potrà
chiedere l'annullamento di un atto di accertamento fiscale che va contro una
circolare interna del Ministero delle Finanze). Vi sono tuttavia casi di
conflitto tra organi (es. tra organi costituzionali: Parlamento, Governo,
Magistratura; tra organi del potere giudiziario: Tribunali, Pretori ecc.), casi
di violazione delle procedure (di controllo, consultive ecc.) che coinvolgono
più organi nella emanazione di un atto esterno (provvedimento), casi di
annullabilità dell'atto di un organo dietro ricorso all'organo superiore, casi
di incompetenza di un organo, casi di sanzioni disciplinari contro il titolare
di un organo e tali casi hanno effetto rispetto a soggetti dell'ordinamento
esterno, creando a loro carico diritti, doveri, interessi legittimi o
modificando atti o attività che li riguardano (annullamento di un atto di
espropriazione, dichiarazione di incompetenza di un tribunale a favore di un
altro ecc.).
❍ Un organo non ha personalità
giuridica
Un organo, nell'ordinamento
esterno che regola i rapporti della persona cui appartiene con soggetti diversi
da sé, non ha personalità giuridica, perché non forma un ente distinto dalla
persona di cui è parte (esistono tuttavia casi eccezionali di personalità
giuridica dell'organo: C.N.R., ISTAT ed altri organi personificati).