INTRODUZIONE
ALLA TEORIA SPECIALE DELLA RELATIVITA’ |
La redazione di questo documento verrà gradualmente
completata entro il 2010
❍ La velocità
della luce e le equazioni di Maxwell
❍ L’esperimento di Michelson
e Morley
❍ La velocità della luce e le equazioni di Maxwell
In realtà la velocità della
luce è regolata dalle equazioni di Maxwell sull’elettromagnetismo, e può essere
dedotta da esse.
I fisici pensavano che queste
equazioni descrivessero un moto ondulatorio nell’etere luminifero, e che quindi
la velocità della luce ricavata da osservazioni in un sistema inerziale in moto
relativamente a tale sistema non sarebbe stata quella prevista da tali
equazioni, ma andasse corretta secondo le leggi di composizione delle velocità.
❍ L’esperimento di Michelson e Morley
Intorno alla fine
dell’Ottocento i fisici credevano che la luce consistesse di onde in un mezzo
estremamente sottile e non rilevabile con gli ordinari strumenti, chiamato etere luminifero. Un raggio di luce
emesso da una sorgente posta in un corpo in movimento (es. Terra) si propagava
nell’etere con una velocità c indipendente da quella della fonte di emissione.
L’esperimento di Michelson e
Morley, partendo da questi presupposti, voleva rilevare la diversità di
velocità della luce osservata, in direzioni diverse, dal sistema riferimento
costituito da un corpo in moto rispetto all’etere.
Secondo l’ipotesi più semplice,
la terra, con il suo moto, non interferiva con l’etere, e quindi la velocità
della terra si combinava con quella della luce secondo le semplici leggi di
composizione del moto; ma non si escludeva che il “vento d’etere” da cui era
investita la terra nel suo moto attraverso questo medium avesse effetti più complessi e inattesi sulle leggi
dell’elettromagnetismo.
Si osservi la figura 0701150747
Un raggio di luce parte da A e
vi ritorna per due cammini (in B e C sono posti due specchi che lo rimandano
indietro) impiegando due tempi:
▸ Cammino 1 = ACA (tempo T1)
▸ Cammino 2 = ABA (tempo T2)
Il raggio di luce, una volta
emesso, “sgancia” la sua velocità dalla velocità v del sistema sperimentale (la
Terra) e viaggia sotto forma di onde nell’etere luminifero, supposto immobile,
mentre la Terra prosegue nel suo moto.
Avremo allora:
e cioè:
[0701150820]
Per calcolare il tempo T2
occorre considerare (figura 0701150807) che il tragitto della luce è in realtà
il raggio r. Andrà pertanto impostata l’equazione:
r2 = (BB′)2
+ (AB)2
Tenendo
conto che, definito t il tempo del tragitto, è:
r = t ⋅ c
AB = L
BB′ = v ⋅ t
otteniamo:
t2
⋅
c2 = L2 + v2 ⋅ t2
da cui si ricava, per un solo
tragitto:
Per due tragitti di durata
identica T2 = 2t si avrà dunque:
[0701150825]
Combinando
insieme la [0701150820] e la [0701150825] otteniamo:
da cui:
da cui la espressione:
che fornisce il valore della
velocità v della terra rispetto all’etere.
Poiché l’esperimento di
Michelson-Morley (e altri, più accurati, successivamente) non fornisce alcuna
differenza tra T1 e T2, si ha che il rapporto T22/T12
è pari ad 1; questo annulla l’espressione sotto radice e dà v = 0. In altre
parole, non esiste moto relativo rilevabile della Terra rispetto all’etere.
Poiché la velocità della terra
a distanza di sei mesi differisce, per le leggi di Keplero, di due volte la
velocità orbitale, cioè di 60 km/sec., se due misurazioni a distanza di sei
mesi producono (come in effetti avviene) la stessa misurazione della velocità
della luce, questo prova che le equazioni di Maxwell sono invarianti in ogni
sistema di misura.