Inflazione, stagflazione, fluttuazione cicliche
dell’economia |
❍ I vari tipi di inflazione
❍ La misura dell’inflazione
❍ Le conseguenze negative dell’inflazione
❍ La “spirale prezzi-salari”
❍ La curva di Phillips
❍ La “politica dei redditi” contro l’inflazione e la spirale
prezzi-salari
❍ La stagflazione e le sue cause
❍ Qual è la politica delle autorità di fronte alla stagflazione?
❍ Le fluttuazioni cicliche
❍ Le cause delle fluttuazioni cicliche
❍ La politica monetaria e la politica di bilancio utilizzate contro le
fluttuazioni cicliche
❍ I vari tipi di inflazione
Si ha inflazione da
domanda quando la domanda di beni e
servizi è superiore all’offerta di piena occupazione delle risorse
Una inflazione da domanda può
essere provocata da un aumento della quantità di moneta in circolazione.
Infatti, secondo le scuole
neoclassica e monetarista, un aumento della quantità di moneta si scarica
sempre in una domanda aggiuntiva sul mercato dei beni e servizi. A questo
proposito Keynes ammette solo che a certe condizioni il tentativo delle
famiglie di liberarsi dell’eccesso di moneta può far aumentare la domanda per
investimenti.
In particolare, se il reddito è
già al livello del reddito potenziale, un aumento della domanda provocherà
inflazione.
Ma anche una politica
keynesiana che mira ad aumentare la domanda globale ad esempio aumentando la
spesa pubblica G, se condotta nel momento sbagliato (piena occupazione delle
risorse, momento ascendente del ciclo economico) può creare inflazione.
Si parla di “vuoto
inflazionistico” per indicare la differenza tra la domanda aggregata di un
periodo e la produzione disponibile di beni e servizi.
Secondo i monetaristi, i
continui tentativi delle autorità di far scendere la disoccupazione al disotto
del tasso naturale di disoccupazione delle risorse provocano un condizionamento
delle aspettative, per cui all’atto della stipulazione dei nuovi contratti di
lavoro si prevede che si verificherà la stessa inflazione che si è verificata
sotto il vigore del contratto precedente.
In queste condizioni si crea
una sorta di “profezia auto-avverantesi” e le politiche delle autorità per far
diminuire l’inflazione divengono inefficaci. In particolare, i soggetti
economici sono poco portati a prestar fede agli annunci da parte delle autorità
di imminenti politiche rigorose di contenimento dell’inflazione.
Si ha inflazione da costi quando i costi di produzione aumentano
determinando una pressione sui prezzi.
Un caso tipico di inflazione da costi si ha quando i prezzi
internazionali delle materie prime aumentano a causa di nazionalizzazioni,
guerre, politiche di cartello degli stati produttori ecc.
Il nascere di forti
organizzazioni sindacali provoca un aumento del costo del lavoro e può innescare
una inflazione da costi.
Un caso tipico di inflazione da costi è la inflazione scatenata da
rivendicazioni salariali, in particolare la spirale prezzi-salari.
L’aumento dei prezzi causa un aumento della domanda di scorte
monetarie da parte dei soggetti economici. Secondo i monetaristi questo offre
una possibilità di controllo dell’inflazione: se le autorità rifiutano di assecondare
la maggiore domanda di moneta le famiglie cercheranno di ottenerla vendendo
titoli. Questo fa diminuire il prezzo dei titoli, aumentare il saggio di
interesse e quindi fa diminuire gli
investimenti, in tal modo riducendo la domanda aggregata.
Esiste anche una inflazione da squilibri settoriali dal lato dei
costi e dal lato della domanda.
Gli squilibri settoriali dal
lato dei costi si verificano quando gli aumenti salariali concessi nei settori
più dinamici dell’economia, che in tali settori non provocano aumenti dei
prezzi perché si verificano in presenza di alti profitti ed aumenti di
produttività, vengono estesi ai settori più arretrati, che non potendo contare
su un aumento dei profitti o della produttività sono costretti a fronteggiare
l’aumento dei salari con un aumento dei prezzi.
Gli squilibri settoriali dal lato della domanda sono determinati da
fattori (nuove mode, importazione di modelli di consumo da altri paesi ecc) che
possono determinare una concentrazione della domanda in alcuni settori più che
in altri. La pressione dell’eccesso di domanda fa aumentare i prezzi in questi
settori; d’altronde è noto che i prezzi
al consumo sono caratterizzati da una certa vischiosità, cioè dalla
lentezza a scendere, in casi di eccesso di offerta. Perciò i prezzi dei settori
la cui domanda è diminuita non caleranno altrettanto rapidamente di quelli che
sono cresciuti. Da tutto questo possono risultare, nel complesso, tendenze
inflazionistiche.
❍ La misura dell’inflazione
Fare riferimento alla pagina
sulla moneta, in questo stesso sito
❍ Le conseguenze negative dell’inflazione
● Si creano discriminazioni tra i titolari dei
vari redditi: i titolari dei redditi monetari che variano solo a intervalli
relativamente lunghi per effetto della contrattazione con la controparte sono
più penalizzati di coloro che possono ritoccare al rialzo i loro redditi
monetari.
In genere vengono danneggiati
maggiormente i percettori di redditi fissi rispetto ai percettori di redditi
variabili.
Tra gli stessi lavoratori le
categorie di lavoratori più forti, in condizione di inflazione, riescono ad
ottenere aumenti salariali, le altre no
● Diminuzione del risparmio a favore del consumo
Quando il reddito nominale si
riduce le famiglie tentano di mantenere i consumi precedenti diminuendo il
risparmio piuttosto che diminuire i consumi.
Questo effetto è però
controbilanciato dal fatto che la redistribuzione di ricchezza dalle famiglie
meno abbienti a quelle più abbienti aumenta la propensione al consumo della
collettività.
● Si verifica una redistribuzione di ricchezza
dai titolari dei redditi fissi ai titolari dei redditi variabili
All’aumentare del valore
monetario del reddito nazionale, alcune categorie aumentano i propri redditi
individuali, altre no: questo porta le prime ad avere una percentuale più alta
di reddito nazionale. In particolare il primo effetto dell’inflazione è far
aumentare i profitti degli imprenditori prima dei salari.
● Vengono favoriti i debitori a scapito dei
creditori, che si vedono pagare con moneta svalutata
● I prodotti nazionali diventano meno
competitivi e compare uno squilibrio nella bilancia dei pagamenti
● Si crea incertezza sui prezzi e in genere sul
costo dei fattori, e questo può frenare gli investimenti
● Si modifica la struttura degli investimenti:
vengono privilegiati gli investimenti a breve termine, perché, in una
condizione di incertezza, sono più sicuri di quelli a lungo termine.
● Il potere di acquisto del reddito delle
famiglie diminuisce
● In un sistema fiscale con imposte progressive
si verifica il fenomeno del “fiscal drag”: l’aumento del reddito nominale fa
scattare aliquote più elevate, anche se il reddito reale rimane lo stesso.
● Una perdurante inflazione può generare nei
soggetti economici (imprenditori e lavoratori) aspettative inflazionistiche. In
una situazione di aspettative inflazionistiche i contratti stipulati dalle
organizzazioni sindacali presuppongono la presenza di inflazione futura e sono
essi stessi inflazionistici, creando i presupposti per la spirale
prezzi-salari. Inoltre, in queste condizioni, è difficile per le autorità
utilizzare con successo politiche antinflazionistiche.
● Sebbene da un lato si deve considerare che lo
Stato, debitore delle somme mutuate con i titoli del debito pubblico è
avvantaggiato dall’inflazione, dall’altro è inevitabile che l’inflazione faccia
aumentare le spese della Pubblica Amministrazione, col rischio di aggravare il
deficit pubblico.
❍ La “spirale prezzi-salari”
Gli aumenti salariali dei
lavoratori comprimono i margini di profitto degli imprenditori: il prezzo di
ogni unità di prodotto venduta copre infatti sia i vari tipi di costi (del
lavoro, delle materie prime, dei servizi, degli ammortamenti...) sia la quota
di profitto dell'imprenditore. Se aumenta la parte di costo e il prezzo rimane
invariato, deve diminuire la quota di profitto su ogni unità venduta.
Per salvare i propri margini di
profitto gli imprenditori normalmente, se le autorità non intervengono,
aumentano i prezzi, scatenando la spirale inflazionistica nota come
"prezzi-salari-prezzi": l'aumento dei prezzi dei prodotti fa sì
infatti che il costo della vita aumenti e presto annulli i benefici degli
aumenti di salario. Inizierà così di nuovo il ciclo: i lavoratori chiederanno
nuovi aumenti salariali, che gli imprenditori neutralizzeranno con nuovi
aumenti dei prezzi
In sintesi: una delle
principali ragioni per cui i lavoratori chiedono aumenti salariali è appunto il
"recupero dell'inflazione", cioè l’aumento delle retribuzioni
necessario per far ritornare il loro potere d’acquisto come era prima che esso
fosse diminuito dall’inflazione. Ma se le richieste sono eccessive, con gli aumenti
viene prodotta nuova inflazione: quando i lavoratori ottengono aumenti di
salario gli imprenditori vedono ridursi i profitti e aumentano i prezzi dei
prodotti; questo provoca un aumento del costo della vita dei lavoratori che
chiedono un nuovo aumento di salario, e così avanti all'infinito ("spirale
prezzi-salari")
La teoria che vede la
principale causa di aumento dei prezzi in una inflazione da costi scatenata
dall’aumento dei salari presuppone la teoria del mark-up circa la
determinazione del prezzo da parte degli imprenditori.
Secondo questa teoria il prezzo
di vendita non si determina dall’incontro della domanda e dell’offerta.
Soprattutto nei moderni mercati oligopolistici, dove le grandi imprese sono in
grado di controllare il prezzo, questo viene fissato aggiungendo ai costi una
quota di ricarico (“mark-up”) a titolo di profitto.
❍ La curva di Phillips
La curva di Phillips, tracciata
nel 1960 da economisti anglosassoni sulla base della osservazione dell’economia
britannica dal 1961 al 1957, mostra una relazione inversa tra tasso di
disoccupazione e tasso di inflazione:
Come si può vedere, ad es. ad
un tasso di disoccupazione del 3% il tasso di inflazione (cioè il tasso di
crescita annua del livello generale dei prezzi) è del 5%, mentre ad un tasso di
disoccupazione dell’1,5% l’inflazione è raddoppiata. La spiegazione più diffusa
è che, col diminuire della disoccupazione la difficoltà di reperire lavoratori
da parte delle imprese mette in grado questi ultimi di chiedere aumenti
salariali, che a loro volta si riflettono sui prezzi, spiegando l’inflazione.
Viceversa, quando la disoccupazione è alta (ad es. al 7% nel grafico) il potere
contrattuale dei lavoratori è molto basso, i salari non crescono e l’inflazione
è pari a zero; o addirittura i salari diminuiscono (disoccupazione 10%) e
quindi i prezzi diminuiscono (–1%).
Le analisi statistiche più
recenti effettuate nei paesi industrializzati non hanno confermato la validità
della curva di Phillips ed hanno anzi dimostrato che le retribuzioni (e quindi
l’inflazione) aumentano anche in presenza di una elevata disoccupazione
(situazione tipica della stagflazione).
I monetaristi criticano la
curva di Phillips sostenendo che essa vale solo nel breve periodo: esiste un
tasso di disoccupazione naturale al quale il sistema economico tende a tornare
nel lungo periodo. Se nel breve periodo si registrano una crescita dei salari e
dei prezzi i lavoratori saranno indotti ad offrire più lavoro e gli
imprenditori ad assumere più lavoratori. Ma nel lungo periodo i lavoratori che
avevano cercato impiego si rendono presto o tardi conto che l’aumento dei
prezzi ha riportato il loro salario reale al livello di partenza e cessano di
cercare impiego, mentre gli imprenditori che avevano assunto lavoratori
aggiuntivi si rendono conto che gli aumenti dei ricavi, in presenza di aumenti
dei prezzi, sono solo fittizi, e licenzieranno nuovamente (cosiddetta
“disillusione monetaria”).
❍ La “politica dei redditi” contro l’inflazione e
la spirale prezzi-salari
La “politica dei redditi” è
l'intervento dello Stato per evitare che i salari e i profitti crescano
eccessivamente provocando inflazione.
Uno dei principali pericoli è
l’inasprirsi della conflittualità sindacale. Le autorità intervengono cercando
di promuovere un accordo sui salari che eviti scioperi e paralisi dell'economia
con scioperi ripetuti.
Un secondo grande pericolo è
che si inneschi la cosiddetta “spirale salari-prezzi” (vedi più avanti di cosa
si tratta).
Per evitare questi pericoli e
in generale che i prezzi dei prodotti crescano, lo stato propone a imprenditori
e lavoratori un "patto sociale" di cui egli si fa garante: gli
imprenditori non aumenteranno i prezzi e i lavoratori non chiederanno aumenti
dei salari. E’ importante che ciascuna delle due parti mantenga il patto: gli
aumenti salariali dei lavoratori comprimono i margini di profitto degli
imprenditori, spingendoli ad aumentare i prezzi dei prodotti. A sua volta, se
gli imprenditori aumentassero i prezzi dei prodotti, i lavoratori vedrebbero
aumentare il costo della vita e chiederebbero aumenti di stipendio.
Lo stato, da parte sua, si
impegna ad effettuare tutta una serie di interventi che rendano più facile agli
imprenditori tenere bassi i prezzi ed aumentare i margini di profitto e ai
lavoratori contenere i salari:
● Lo stato interviene per mantenere bassi i
redditi dei proprietari di appartamenti in modo che il lavoratore non debba
pagare affitti troppo alti
● Lo stato interviene per mantenere bassi i
costi dei trasporti pubblici, del gas, dell’elettricità, dell’acqua, che
costituiscono altrettante spese per le famiglie dei lavoratori. Lo Stato può
ottenere questo principalmente controllando le imprese pubbliche che forniscono
servizi alla collettività
● Per determinati prodotti (medicinali ecc.) lo
Stato instaura un regime di prezzi controllati
● Lo stato può cercare di alleggerire alcuni
costi delle imprese:
● Lo stato può attuare la “fiscalizzazione degli
oneri sociali” (cioè può accollarsi in tutto o in parte i versamenti dei
contributi previdenziali e assistenziali obbligatori che i datori di lavoro
sono tenuti ad effettuare)
● Lo stato può concedere agevolazioni, ad
esempio tributarie alle imprese, specie a quelle in difficoltà
● Lo stato può concedere alle imprese incentivi
monetari
● Lo stato può concedere mutui a tasso agevolato
● Lo Stato può potenziare le infrastrutture
(reti di trasporto, porti, dogane ecc.) e rendere più efficienti gli uffici
della Pubblica Amministrazione che si occupano dei rapporti con le imprese, in
modo che le imprese, riuscendo a produrre in modo più veloce ed efficiente,
possano tenere bassi i costi
● Lo stato può incentivare la ricerca
scientifica e la innovazione, in modo che processi produttivi più efficienti
abbassino i costi degli imprenditori
In occasione della
contrattazione collettiva tra sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro
il ministro del lavoro prende parte alla trattativa allo scopo di favorire
l'accordo delle parti sociali.
Lo stato ha poi un potente
strumento per contenere i salari e gli stipendi: infatti è esso stesso un
datore di lavoro, e può cercare di limitare gli aumenti salariali dei
dipendenti pubblici, in modo da non scatenare “rincorse” da parte dei
lavoratori dell’industria privata
❍ La stagflazione e le sue cause
La stagflazione è una
situazione caratterizzata contemporaneamente da inflazione e da depressione
(cioè da ristagno dell'attività economica). La stagflazione è un fenomeno
relativamente recente, sconosciuto agli economisti della prima metà di questo
secolo, quando una scarsità della domanda e un ristagno produttivo si
accompagnavano non a prezzi crescenti, ma a prezzi in diminuzione. La
stagflazione ha investito le economie capitalistiche avanzate negli anni '70.
Tra le cause della stagflazione
vi sono:
● L'incertezza provocata tra gli imprenditori
dalla inflazione da costi fa diminuire gli investimenti
Come è stato detto, l’aumento
dei salari, non collegato agli aumenti di produttività del lavoro, provoca
inflazione.
Di fronte alle continue
rivendicazioni salariali che fanno aumentare i loro costi, gli imprenditori si
fanno più cauti: alcuni sanno di essere ben piazzati sul mercato e quindi di
poter assorbire l'aumento dei costi del lavoro con un aumento dei prezzi; ma
molti altri non sono sicuri che il mercato consentirà loro di aumentare i
prezzi per assorbire la continua spinta salariale.
Fino agli anni '70 gli
imprenditori sapevano che una situazione di scarsa domanda, che rende loro
difficile aumentare i prezzi, provocava però anche disoccupazione, e quindi
contrastava l'aumento dei salari. Ma dagli anni '70 in poi, grazie alla forza
delle organizzazioni sindacali, gli aumenti salariali non sono più collegati
alla situazione di occupazione o disoccupazione.
Il risultato di tutto questo è
che gli imprenditori si fanno più cauti, ridimensionano i progetti di
investimento.
● Le politiche monetarie restrittive poste in
essere dalle autorità aumentano l’incertezza e il timore tra gli imprenditori e
frenano gli investimenti
Di fronte ad una situazione di
inflazione, facilmente le autorità adottano una politica monetaria restrittiva,
che provoca una scarsità di capitali e un aumento del costo del denaro (saggio
di interesse). Questo fa ulteriormente diminuire gli investimenti degli
imprenditori ed aumenta la situazione di incertezza e di timore da parte loro
● La carenza di investimenti rende il sistema
fragile e non in grado di assorbire con aumenti di produttività l’aumento del
costo del lavoro
Abbiamo visto che in una
situazione di inflazione può facilmente verificarsi una diminuzione degli
investimenti.
Ma un sistema che non investe a
sufficienza è un sistema fragile, in cui la produttività non aumenta nella
misura necessaria per compensare la richiesta di aumenti salariali
In una situazione del genere
gli imprenditori, non potendo assorbire gli aumenti del costo del lavoro mediante
aumenti di produttività del lavoro, sono costretti sistematicamente ad
aumentare i prezzi, innescando la spirale prezzi-salari-prezzi
● Aumento del prezzo delle materie prime
A partire dagli anni ’70 i
paesi produttori di materie prime, in particolare petrolifere, attraverso una
aggressiva politica di nazionalizzazioni e di accordi di cartello tra
produttori, sono riusciti ad aumentare sensibilmente il prezzo delle loro
esportazioni. Questo ha scatenato nei paesi occidentali una ondata di
inflazione da costi.
● La spesa pubblica indiscriminata può provocare
“colli di bottiglia” in grado di far esplodere l’inflazione anche in condizioni
di disoccupazione non grave delle risorse.
In condizioni di disoccupazione
non grave la spesa pubblica può provocare inflazione senza far aumentare la
produzione In caso di disoccupazione grave, che colpisca tutti i settori
produttivi, lo stato può aumentare la sua spesa pubblica senza timore che
questo provochi inflazione, e sperando anzi che faccia aumentare la produzione
e l'occupazione. Ma nelle economie del secondo dopoguerra le politiche
economiche messe in atto dagli stati hanno avuto come effetto di mantenere il
sistema in uno stato di disoccupazione lieve, con alcune imprese che producono
sfruttando quasi completamente le proprie capacità produttive e altre che
producono sfruttando solo parzialmente le proprie capacità produttive. In
questa situazione, se la spesa pubblica non è ben indirizzata alle imprese in
condizione di disoccupazione, ma a quelle che già stanno sfruttando tutta la
propria capacità produttiva, si producono con estrema facilità dei "colli
di bottiglia" ("bottlenecks"), delle strozzature, che fanno
crescere i prezzi senza che vi sia un apprezzabile effetto sulla occupazione e
le quantità prodotte. In queste condizioni la spesa pubblica andrebbe ridotta e
soprattutto meglio indirizzata a sfruttare le capacità produttive inutilizzate.
❍ Qual è la politica delle autorità di fronte
alla stagflazione?
Una politica keynesiana che
contrasti l'inflazione può aggravare la depressione e una politica keynesiana
che contrasti la depressione può aggravare l'inflazione.
La stagflazione rappresenta un
problema molto difficile per le autorità. Se esse intervengono per far
diminuire i prezzi e quindi l'inflazione mediante una diminuzione della domanda
aggregata ottenuta con una riduzione delle spese pubbliche o un aumento delle
entrate pubbliche, esse rischiano di aggravare la depressione.
Se viceversa intervengono
contro la depressione aumentando la domanda aggregata tramite un aumento delle
spese pubbliche o una riduzione delle entrate pubbliche, esse rischiano di far
aumentare i prezzi e quindi di scatenare l'inflazione.
In genere le autorità cercano
di risanare il bilancio pubblico e di incoraggiare gli investimenti da parte
degli imprenditori.
Risanare il bilancio pubblico,
come già detto, vuol dire diminuire il deficit annuale e il debito pubblico
complessivo, e, insieme, migliorare la qualità della spesa pubblica, evitando
le spese improduttive e che non creano investimenti e crescita di produttività.
In una situazione di incertezza quale è quella stagflazionistica, si crea una
situazione di timore che frena gli investimenti degli imprenditori. Le autorità
debbono cercare di incoraggiare gli investimenti con provvedimenti a favore
delle imprese (sgravi fiscali, incentivi e contributi, manovre della banca
centrale per far diminuire il costo del denaro, ecc.) che ristabiliscano la
fiducia degli operatori economici e rilancino l'economia.
❍ Le fluttuazioni cicliche
L’attività economica, il
reddito e l’occupazione sono variabili caratterizzate da continue alternanze di
fasi di espansione e di depressione chiamate cicli economici o fluttuazioni
cicliche. Durante le fasi di espansione si assiste ad un aumento del reddito e
dell’occupazione; durante quelle di depressione queste grandezze variano in
senso opposto.
Bisogna distinguere i cicli
economici dallo sviluppo. Si hanno i cicli quando le grandezze economiche
alternano fasi di espansione e depressione nel corso di periodi in cui le
potenzialità produttive del paese rimangono sostanzialmente fisse (e così pure
il reddito potenziale). Si ha invece lo sviluppo quando le strutture produttive
di un paese ed il suo reddito potenziale si accrescono.
Il ciclo economico è costituito
da quattro fasi: l’espansione (caratterizzata da un aumento degli investimenti,
dei consumi e dell’occupazione); il punto di svolta superiore, o “crisi”
(interruzione dell’espansione); la depressione (che si manifesta attraverso la
caduta degli investimenti e dell’occupazione); il punto di svolta inferiore o
“ripresa”, in cui il sistema economico esce dalla fase recessiva per cominciare
ad espandersi di nuovo.
La “recessione” è una fase di
rallentamento dell’attività economica, con conseguente disoccupazione. In un
periodo di recessione il declino disegna una curva continua e prolungata, senza
picchi eccessivi, che segnerebbero invece una depressione. Per gli economisti
un paese incappa in recessione tecnica
quando la crescita del Prodotto Interno Lordo è negativa per almeno due
trimestri consecutivi. Durante le fasi di recessione economica, mancando sia il
consumo sia l’opportunità di investimento interno, entra in crisi anche il
risparmio, spesso attratto da opportunità di investimento estero. In sostanza,
con il rallentamento della crescita del PIL, scende il fatturato delle imprese
e, di conseguenza, c’è rischio di perdere posti di lavoro.
La “stagnazione” è una
situazione in cui la produzione e il reddito nazionale non crescono né calano.
Il termine si può riferire a una situazione temporanea, ed è quindi affine a
recessione o deflazione. Di solito però si riferisce a periodi più prolungati:
in tal caso l’espressione viene utilizzata per indicare una prospettiva di graduale
estinzione della crescita economica del paese. In questo senso viene usato
anche il termine “ristagno”, una prospettiva analizzata più volte dagli
economisti con conclusioni diverse. In sostanza si tratta di un blocco dello
sviluppo economico che prosegue piatto, su livelli di crescita nulla o
estremamente ridotta. I corollari sono l’alta disoccupazione e il reddito
costante o in diminuzione.
❍ Le cause delle fluttuazioni cicliche
I monetaristi affermano che le
improvvise restrizioni creditizie, causate dalla necessità di contenere
l’eccessiva crescita monetaria (e l’inflazione) siano le principali cause delle
recessioni. Da qui, l’opportunità di mantenere una crescita monetaria moderata
e costante.
Secondo le teorie del
sottoconsumo il processo di accumulazione causa una ineguale distribuzione del
reddito tra capitalisti e lavoratori. L’insufficienza della domanda
(determinata dalla inadeguatezza dei salari) non consente di assorbire l’intero
reddito prodotto.
La teoria della
sovra-capitalizzazione afferma che i cicli sono generati dalle oscillazioni
degli investimenti. Nei momenti di fiducia e di ottimismo gli imprenditori
espandono gli investimenti, che subiscono invece una improvvisa caduta nel
momento in cui il loro rendimento risulta inferiore alle aspettative maturate.
Alcuni economisti pensano che
le cause principali dei cicli sono da individuarsi in meccanismi che
amplificano i movimenti positivi o negativi dell’economia: uno di questi è dato
dalla azione congiunta del moltiplicatore e dell’acceleratore keynesiani; un
altro è dato dal ciclo delle scorte: quando, alla fine della depressione, i
magazzini sono vuoti la domanda di scorte è molto superiore alle necessità dei
consumatori; quando i magazzini si riempiono di scorte la domanda di beni alle
fabbriche si riduce pressoché a zero, sebbene la domanda dei consumatori
rimanga costante.
❍ La politica monetaria e la politica di bilancio
utilizzate contro le fluttuazioni cicliche
La “politica anticiclica” è il
complesso degli interventi pubblici miranti a stabilizzare il livello del
reddito nazionale nel breve periodo, al fine di garantire un equilibrio di
piena occupazione dei fattori.
La politica economica di lungo
periodo consente invece di aumentare le capacità produttive del paese per
promuovere il suo sviluppo economico. Essa permette di accrescere il reddito
potenziale.
L’insieme degli interventi
delle autorità centrali volti ad aumentare o diminuire l’offerta di moneta
(cioè lo stock di moneta esistente nel sistema) prendono il nome
rispettivamente di "politica monetaria espansiva" e "politica
monetaria restrittiva".
Una politica monetaria
espansiva, secondo gli economisti neoclassici e monetaristi, provoca un aumento
della spesa aggregata per beni di consumo e di investimento
Una politica monetaria
restrittiva provoca invece una diminuzione della spesa aggregata per beni di
consumo e di investimento
L'aumento della spesa pubblica
G e/o la diminuzione delle imposte provocano un aumento della domanda
aggregata, sia direttamente (lo stato acquista beni di investimento come
computers, edifici ecc.), sia indirettamente, facendo aumentare i redditi delle
famiglie (es. mediante il pagamento di stipendi ai dipendenti e di beni
strumentali non durevoli, come combustibili, materiali di pulizie, oppure di
servizi intermedi, come servizi di vigilanza e di pulizie; oppure diminuendo le
imposte sui redditi) e quindi la loro spesa per beni di consumo, che a sua
volta promuove un aumento della spesa delle imprese per beni di investimento.
Si parla in questo caso di
"politica di bilancio espansiva"
La diminuzione della spesa
pubblica G e/o l’aumento delle imposte provocano invece una diminuzione della domanda
aggregata.
Si parla in questo caso di
"politica di bilancio restrittiva"
Sia nel caso della politica
monetaria, anche per la politica di bilancio vale l’importante regola che, se
il sistema economico è al livello del reddito potenziale un aumento della
domanda aggregata non può essere soddisfatto mediante aumento della produzione,
e quindi si determina inflazione (aumento dei prezzi), mentre se il sistema
economico è al disotto del reddito potenziale un aumento della domanda
aggregata produce un aumento del PIL.
Le politiche (monetaria o di
bilancio) espansive vengono utilizzate per contrastare la recessione e la
stagnazione, che rappresentano il punto più basso del ciclo economico; le
politiche (monetaria o di bilancio) restrittive vengono utilizzate per
contrastare l’inflazione e l’eccesso di domanda, che rappresentano il punto più
alto del ciclo economico.
Il "ciclo economico"
o "congiuntura" dura in media, nella sua forma più breve ed
accentuata, tre-cinque anni, e si compone di una fase di espansione, durante la
quale il reddito nazionale si contrae o cresce in modo più lento, e di una fase
di depressione, espansione, durante la quale il reddito nazionale aumenta o
cresce in modo più accentuato.
Possiamo così visualizzare la
crescita del reddito nazionale di un paese come una linea con delle
ondulazioni: