Il
baraccone delle figure di cera |
«Hai avuto una buona
idea a telegrafare a Melchior Kreuzer! Tu Sinclair credi che acconsentirà alla
nostra preghiera? Se ha preso il primo treno... - Sebaldus guardò l'ora -
dovrebbe esser qui da un momento all'altro».
Sinclair si era
alzato e senza rispondere indicò da dietro i vetri della finestra un uomo alto
e smilzo che risaliva in fretta la strada.
«Talvolta lo scorrere dei secondi sfugge alla nostra
coscienza in modo tale da farci sembrare le cose di ogni giorno incredibilmente
nuove... non sembra anche a te, Sinclair? È come se d'un tratto ci si
svegliasse per poi subito riaddormentarsi e nel breve istante di un battito di
cuore si avesse dato uno sguardo a eventi importanti, enigmatici».
Sinclair scrutò attentamente il suo amico: «Che cosa
intendi dire?».
«Sarà quella sensazione che ho provato nel baraccone delle
figure di cera che mi ha messo di cattivo umore», proseguì Sebaldus. «Oggi ho
addosso uno mano senso di ipersensibilità, quando poco fa Melchior è comparso
in lontananza e vedevo la sua figura diventare sempre più grande tanto più
s'avvicinava, ho provato un senso di tormento, qualcosa... come potrei dire...
non c'è niente di strano nel fatto che la lontananza riesca a inghiottire tutte
le cose, siano esse corpi o suoni, pensieri, fantasie o eventi. O al contrario,
dapprima le vediamo minuscole da lontano e pian piano eccole diventare sempre
più grandi, tutte, comprese quelle che sono immateriali e non occupano un
tratto di spazio... Ma non riesco a trovare le parole adatte, non capisci cosa
voglio dire? Sembra che tutto quanto sia sottoposto alla stessa legge!».
L'altro, pensoso, annuiva con la testa.
«Sì, e molti eventi e pensieri ci si avvicinano a
tradimento, come se "da qualche parte dello spazio" il terreno
formasse dei rialzi o cose simili, dietro ai quali abbiano potuto nascondersi;
improvvisamente balzano fuori dal loro nascondiglio, ed eccoli inattesi e
giganteschi ergersi davanti a noi».
Si sentì aprire la pona e subito dopo il dottor Kreuzer
entrò nella locanda e si avvicinò ai due uomini.
Sinclair fece le presentazioni: «Melchior Kreuzer,
Christian Sebaldus Obereit, chimico».
«Posso immaginarmi il motivo per cui mi avete telegrafato»,
disse il nuovo venuto, «l'antico dolore della signora Lucrezia?! Anche a me
sono venuti i brividi leggendo sul giornale il nome di Mohammed Daraschekoh.
Siete già riusciti a scoprire qualcosa? È la stessa persona?».
Sulla piazza non lastricata del mercato era eretto il
tendone con il baraccone delle figure di cera e l'ultimo riverbero rosa del
cielo della sera scintillava su centinaia di specchietti smerigliati che
spiovevano sul fronte del tendone formando con una scrittura a rosette le
parole:
PANOPTIKUM ORIENTALE DI MOHAMMED DARASCHEKOH PRESENTATO DA
MR. CONGO BROWN
Le pareti di tela del tendone, su cui erano dipinte a
colori vivacissimi eccitanti scene di caccia, ondeggiavano lievemente
dilatandosi come gote la cui pelle si gonfia e si tende, ogniqualvolta qualcuno
all'interno si muoveva qua e là e vi si appoggiava.
Due scalini di legno conducevano all'ingresso e lì, sotto
una campana di vetro, c'era una figura di cera a grandezza naturale, una donna
che indossava un tricot di lustrini.
Il viso scialbo dagli occhi vitrei si girava pian piano e
guardava giù rivolto verso la gente che faceva ressa intorno al tendone, guardava
uno dopo l'altro,. poi guardava di fianco quasi attendesse un comando segreto
dcII'egiziano dalla pelle scura che era seduto alla cassa, dava tre scossoni tremolanti,
si girava così di scatto sulla nuca che i lunghi capelli neri volavano, poi
ritornava esitante a fissare sconsolata davanti a sé per ricominciare da capo
gli stessi movimenti.
Di tanto in tanto la figura contorceva improvvisamente
braccia e gambe come se fosse stata assalita da un violento crampo, di scatto
gettava la testa all'indietro e si curvava toccando le calcagna con la fronte.
«È quel motore là a far funzionare il meccanismo che causa
queste orrende convulsioni», disse Sinclair sottovoce indicando un macchinario
bianco sull' altro lato dell'ingresso che lavorava a quattro tempi, producendo
un rumore cadenzato.
«Electricity,
vive, tutto vivo», ripeteva meccanicamente l'egiziano distribuendo alla folla
in basso un foglietto: «Fra mezz'ora inizio sì».
«Ritenete possibile che quell'uomo di colore sappia dove si
trovi Mohammed Daraschekoh?», chiese Obereit.
Melchior Kreuzer però non prestava ascolto: era
completamente assorto a studiare il programma soffermandosi su quei numeri che
lo avevano colpito in maniera particolare.
«I gemelli magnetici Vayu e Dhanandschaya (con canto), che
cosa è? L'avete visto anche ieri?», chiese d'un tratto.
Sinclair rispose di no: «Gli artisti fanno la loro comparsa
soltanto oggi per la prima volta e...».
«Lei conosceva personalmente Thomas Charnoque, il marito di
Lucrezia, non è vero doaor Kreuzer?, lo interruppe Sebaldus Obereit.
«Certo, siamo stati amici per anni».
«E non le è mai passato per la mente che potesse avere
intenzione di fare del male al bambino?».
Il dottor Kreuzer scosse la testa: «Mi accorsi, sì, che una
malattia mentale pian piano si stava impossessando di lui, ma nessuno poteva
immaginare che sarebbe esplosa così all'improvviso. Tormentava la povera
Lucrezia con terribili scenate di gelosia e quando noi, suoi amici, gli
rinfacciavamo l'infondarezza del suo sospetto, ci ascoltava appena. Era
diventata un' ossessione! Poi quando nacque il bambino pensammo che le cose
sarebbero migliorate... e sembrò che fosse così… Eppure la sua sfiducia
diventava sempre più profonda e un giorno ricevemmo la terribile notizia che
improvvisamente la pazzia aveva avuto il sopravvento su di lui e che, dopo urla
e smanie, aveva strappato il neonato dalla culla ed era sparito.
«Ogni ricerca risultò inutile... Ci fu un tale che sostenne
di averlo visto insieme a Mohammed Daraschekoh a una stazione ferroviaria.
Alcuni anni dopo giunse dall'Italia la notizia secondo cui uno straniero di
nome Thomas Charnoque, che era stato spesso visto in compagnia di un bambino
piccolo e di un orientale era stato trovato impiccato... Di Daraschekoh e del
bambino nessuna traccia.
«E da allora abbiamo cercato invano! Per questo neanch'io
riesco a credere che la scritta su questo tendone da fiera abbia qualcosa a che
vedere con l'asiatico. D'altra parte, di nuovo l'insolito nome di Congo Brown!?
Non riesco a liberarmi dall'idea che Thomas Charnoque lo nominasse allora di
tanto in tanto. Mohammed Daraschekoh, però, proveniva da una distinta famiglia
persiana, un uomo di cultura senza pari, che cosa può avere a che fare con un
baraccone di figure di cera?!».
«Forse Congo Brown gli faceva da domestico e ora si serve
del nome del suo padrone?», suggerì Sindair.
«Può essere! Dobbiamo seguire la pista. Neanch'io posso
fare a meno di pensare che l'asiatico possa aver istigato, forse persino
indotto Thomas Charnoque a rapire il bambino...
«Odiava infinitamente Lucrezia: dalle parole che lei si
lasciò sfuggire penso che egli l'abbia incessantemente molestata con delle
proposte di matrimonio, sebbene lei lo detestasse...
«Ma dietro tutta questa storia deve celarsi un altro
segreto ancora più profondo, in grado di spiegare la mania di vendetta di
Daraschekoh! Tuttavia da Lucrezia non si riesce a ricavar nient'altro, ogni
volta che si sfiora anche di sfuggita l'argomento, quasi sviene per
l'agitazione.
«Daraschekoh era proprio il genio maligno di questa
famiglia.
Thomas Charnoque era completamente in sua balia e spesso ci
aveva confidato di ritenere che il persiano fosse l'unico essere vivente
iniziato agli orribili misteri di una specie d'arte segreta preadamitica, in
base alla quale (gli scopi sono incomprensibili) si può decomporre l'uomo in
diverse parti viventi. Naturalmente ritenemmo la storia di Charnoque una
fantasticheria e Daraschekoh un maligno bugiardo, ma non fu possibile scoprire
il suo gioco...
«Penso che lo spettacolo cominci... L'egiziano non sta
forse già accendendo le fiaccole intorno al tendone?».
Il numero del programma "Fatme, la Perla
dell'Oriente" era finito e gli spettatori affluivano qua e là guardando,
attraverso gli spioncini sulle pareti rivestite di una stoffa rossa, un
panorama grossolanamente dipinto che raffigurava l'espugnazione di Delhi.
Altri se ne stavano muti di fronte a un sarcofago di vetro
in cui giaceva un turco morente che respirava pesantemente. il petto denudato
perforato da una palla di cannone, le labbra della ferita cancrenose e
bluastre.
Ogni volta che la figura di cera apriva le palpebre
plumbee, il crepitio della molla dell' orologeria attraversava il cassone e
qualcuno appoggiava l'orecchio sulle pareti di vetro per poterlo sentire
meglio.
Il motore all'ingresso strascicava il ritmo azionando uno
strumento simile a un organo.
La musica che suonava usciva incespicante e trafelata con
suoni che, allo stesso tempo forti e cupi. avevano qualcosa di strano, di
smorzato, come se risuonassero sorr'acqua,
Nel tendone c'era odore di cera e dell'olio delle lampade che
ardevano senza fiamma.
«Numero 311: Obeah
Wanga, i teschi magici del Vudù», Sinclair lesse la spiegazione dal suo
programma e osservava con Sebaldus in un angolo tre teste umane tagliate poste
su una cassa al muro: lo sguardo fisso in modo infinitamente fedele alla
realtà, occhi e bocca spalancati, l'espressione orrenda.
«Sai, non sono affatto di cera. ma vere!», disse Obereit
meravigliato e tirò fuori una lente d'ingrandimento. «Soltanto che non riesco a
capire come possano essere state preparate... Strano, tutta la sezione del
collo è coperta, o è stata ricoperta, di pelle... E io non riesco a vedere
alcuna sutura! Formalmente sembra che siano cresciute liberamente come delle
zucche e che non siano mai state su spalle umane... Se soltanto si potesse
sollevare un po' il coperchio di vetro!».
«Tutto cera, sì, cera viva, teste di cadavere troppo care e
odorano... puàh...», disse improvvisamente l'egiziano dietro di loro. Si era
avvicinato di soppiatto senza che se ne accorgessero e il suo viso diede un
fremito come se volesse trattenere una sonora risata. I due si guardarono
spaventati.
«Chissà se il negro ha sentito qualcosa; un'istante fa
stavamo ancora parlando di Daraschekoh», disse Sinclair dopo un po'.
«Chissà se il dottor Kreuzer riuscirà a interrogare
Fatme?!... Nel peggiore dei casi dovremo invitarla la sera a bere una bottiglia
di vino. È ancora fuori a parlare con lei».
Per un attimo la musica smise di suonare, qualcuno batté un
gong e da dietro una tenda una stridula voce di donna gridò: «Vayu e
Dhanandschaya, i gemelli magnetici, età otto anni... la più grande meraviglia
del mondo... Ess... ssi can... tano!».
La folla s'accalcò intorno al podio che era in fondo al
tendone. Il dottor Kreuzer era entrato e aveva afferrato Sinclair per un
braccio. «Ho l'indirizzo», mormorò, «il persiano vive a Parigi sono altro
nome... eccolo». E mostrò furtivamente ai due amici un foglietto. «Dobbiamo
recarci a Parigi con il prossimo treno!».
«Vayu e Dhanàndschaya... ess... ssi can... tano», stridette
di nuovo la voce.
La tenda fu tirata di lato e sul podio comparve camminando
a passi ondeggianti una creatura di orride sembianze, vestita da paggio, un
fagotto in braccio: sembrava il cadavere di un affogato ritornato in vita con
indosso variopinti stracci di velluto e galloni dorati.
Un'ondata di raccapriccio percorse la folla,
Quell' essere dalla statura di un adulto aveva i lineamenti
del volto di un bambino, viso, braccia, gambe, tutto il corpo, persino le dita
erano congestiooari in modo inspiegabile. L'intera creatura sembrava essere
stata gonfiata come caucciù.
La pelle delle labbra e delle mani incolore, quasi
translucida come se fosse piena d'aria o d'acqua e gli occhi spenti non davano
alcun segno di comprensione.
Si guardava intorno perplesso.
«Vayu, il fratello maggiore», spiegò in accento straniero
la voce femminile e da dietro la tenda, un violino in mano, comparve una figura
di donna con il costume da domatrice e delle polacchine rosse guarnite di
pelliccia.
«Vayu», disse ancora una volta la donna indicando il
bambino con 1'archetto del violino. Poi aprì un quaderno e lesse ad alta voce:
«Questi due bambini, ssono ormai di otto anni, è il più grande fenomeno del
mondo. Es... si ssono collegati soltanto da un cordone ombelicale lungo 132
centimetri completamente trasparente e se si taglia quello dell'uno deve morire
anche 1'altro. È la grande meraviglia di tutti i sapienti. Vayu è molto
sviluppato per la sua età, ma è mentalmente ritardato, mentre Dhanandschaya ha
un ingegno perspicace, ma lui è piccolo, piccolo quanto un neonato. Poiché è
nato senza pelle. niente può crescere; deve essere tenuto in una vescica
animale spugnosa con acqua calda.
«I loro genitori sono sempre rimasti sconosciuti. È il più
grande scherzo di natura».
Diede a Vayu un segnale, e questi esitando aprì l'involucro
che teneva in braccio.
Comparve una testa grande quanto un pugno con occhi
penetranti: un viso attraversato da una rete bluastra di vene, un viso da
neonato, eppure un'aria senile con un'espressione così malignamente malvagia e
deformata dall'odio. così colma di una viziosità indescrivibile che gli
spettatori istintivamente indietreggiarono.
«Mi... mi... mio fratello... D ... D ... Dhanandschaya»,
balbettò quella creatura congestionata e guardò di nuovo sgomenta tra il
pubblico.
«Portaterni fuori, credo... di star per svenire... Dio
mio», bisbigliò Melchior Kreuzer.
Quasi privo di sensi lo condussero pian piano attraverso il
tendone sotto lo sguardo indagatore dell' egiziano.
Il donnone si accinse a suonare e riuscirono ancora a
sentire come grattasse sul violino una canzone che la creatura tumefatta
accompagnava cantando con una voce mezza spenta:
Ecco…il…
mio com… pa… gno
Non… ce…
n'è il… mi… lior.
E il neonato, incapace di articolare le parole, strideva
con dei toni acuti solamente le vocali intermedie.
…O… i…oo…
o... a… o
Oo... e… ee… ii...
ii... oo.
Il dottor Kreuzer si era appoggiato al braccio di Sinclair
e inspirava energicamente 1'aria fresca.
Dal tendone si sentirono gli applausi degli spettatori.
«È il viso di Charnoque!... Che orrenda somiglianza»,
gemette Melchior Kreuzer. «Come è possibile... non riesco a capire. Mi è girata
la testa e ho pensato che stessi per svenire... Sebaldus, per favore, chiamami
una carrozza... voglio andare dalla polizia. Si deve fare qualcosa e voi due
partite subito per Parigi!... Mohammed Daraschekoh... Dovete farlo arrestare
immediatamente».
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Ancora una volta i due amici si ritrovarono seduti insieme
a osservare, da dietro i vetri di quella locanda solitaria, Melchior Kreuzer
che risaliva a grandi passi la strada.
«È proprio come allora», disse Sinclair. «Come talvolta il
destino è parco d'immagini!».
Si sentì scattare la serratura, il dottor Kreuzer entrò
nella stanza e si diedero la mano.
«Ci deve veramente un lungo resoconto», disse infine
Sebaldus Obereit, dopo che Sinclair ebbe dettagliatamente descritto come per
due mesi interi a Parigi avesse inutilmente dato la caccia al persiano. «Ci ha
mandato sempre poche righe!».
«Mi è passata ben presto la voglia di scrivere e quasi
anche di parlare, si SCUSÒ Melchior Kreuzer.
«Mi sento così invecchiato da allora... Essere sempre
circondati da nuovi enigmi, logora più di quanto si pensi... Gran parte della
gente non può affatto comprendere che cosa significhi per certe persone doversi
trascinare nei propri ricordi un mistero eternamente insolubile! E poi, dover
assistere ogni giorno agli sfoghi di dolore della povera Lucrezia!
«È morta poco tempo fa, ve l'ho scritto, di pena e di
dolore. «Congo Brown è scappato di prigione e così sono venute a estinguersi
anche le ultime fonti dalle quali si sarebbe potuto attingere la verità.
«Un altro giorno vi racconterò tutto minutamente, più
tardi, quando il tempo avrà mitigato queste impressioni che ora mi affliggono
troppo» .
«Sì, ma non si è riusciti a trovare un indizio?», chiese
Sinclair. «Ciò che ci si presentava era soltanto un quadro desolato, cose che i
nostri medici legali non potevano o a cui non era lecito credere... Non si è
farro che parlare di superstizione, di un tessuto di menzogne, di
autosuggestione isterica, sebbene alcune cose fossero così spaventosamente
chiare.
«Quando allora feci arrestare tutti quanti, seduta stante,
Congo Brown confessò di aver ricevuto in regalo da Mohammed Daraschekoh non
solo i gemelli, ma anche tutto il baraccone delle attrazioni a titolo di
ricompensa per i suoi precedenti servigi ... Vayu e Dhanandschaya non sarebbero
altro che una doppia creatura prodotta artificialmente da un unico bambino (il
bambino di Thomas Charnoque) che il persiano ha "preparato" otto anni
fa senza distruggerne la vita... Pare che si sia servito solamente di diverse
correnti magnetiche che ogni essere umano possiede e che, grazie a certe
pratiche segrete, si possono separare l'una dall'altra, scomporre, e facendo
ricorso a dei surrogati animali ha infine fatto sì che da un corpo ne risultassero
due con qualità e coscienze diverse.
«Daraschekoh deve essere stato pratico delle arti più
strane. Anche quelle tre teste Obeah
Wanga non sarebbero altro che rimasugli di esperimenti, ed erano vive per
molto tempo. Ciò è stato confermato anche da Fatme, l'amante di Congo Brown, e
da tutti gli altri, come il particolare che fossero innocue .
«In seguito Fatme dichiarò che Congo Brown era epilettico e
all'epoca di certe fasi lunari una strana agitazione s'impossessava di lui,
immaginando persino di essere Mohammed Daraschekoh... Quando si trovava in
questo stato, il cuore e il respiro gli si termavano e i tratti del volto
mutavano, in modo tale che si credeva di avere di fronte Daraschekoh (che lei
aveva precedentememe visto più volte a Parigi)... Inoltre irradiava. in taie
stato, una forza magnetica irresistibile grazie alla quale, senza che
pronunciasse una parola di comando, poteva costringe una persona qualsiasi a
imitare immediatamente tutti i movimenti e tutte le distorsioni che egli eseguiva
davanti a lui.
«Aveva l'effetto contagioso del ballo di San Vito ed era
irresistibile. Pare che possedesse una flessibilità senza pari e che fosse
perfettamente in grado, per esempio, di eseguire le più strane contorsioni dei
Dervisci, mediante cui si possono evocare le apparizioni più misteriose ed
entrare in diversi stati di coscienza, ed esse sono così difficili che nessun
contorsionista al mondo è capace d'imitare.
«Durante i loro viaggi con il baraccone delle figure di
cera di città in città, sembra che di tanto in tanto sia capitato che Congo
Brown abbia tentato di usare la sua forza magnetica per spingere dei bambini a
contorcersi in questo modo. Ma pare che ai più si fosse rotta la spina dorsale,
su altri sembra invece che abbia agito troppo violentemente sul cervello
rendendoli deficienti. I nostri medici, naturalmente, alle dichiarazioni di
Fatme hanno scosso la testa, ma ciò che accadde poi deve aver dato loro molto
da pensare: Congo Brown, infatti, se la svignò dalla stanza degli interrogatori
passando per lo stanzino accanto e il giudice istruttore raccontò che proprio
nel momento in cui stava per redigere il verbale del negro, costui lo aveva
fissato all'improvviso eseguendo con il braccio strani movimenti. Insospettito,
il giudice istruttore avrebbe voluto
suonare per chiedere aiuto, quando era stato colto da catalessi, la lingua gli si era
automaticamente capovolta in un modo che non riusciva più a ricordarsi (il suo
stato deve aver avuto origine dalla cavità orale) e poi aveva perso i sensi».
Allora non è stato possibile venire a sapere qualcosa sul
modo in cui Daraschenkoh ha potuto creare questa doppia creatura senza uccidere
il bambino? » interruppe Sebaldus.
Il dottor Kreuzer scosse la testa: «No. Mi vennero in mente
cose che allora Thomas Charnoque mi aveva raccontato: la vita dell'uomo è tutta
un'altra cosa da quello che pensiamo, diceva sempre, essa si compone di diverse
correnti magnetiche che in parte ruotano all'interno del corpo e in parte
all'esterno e, i nostri scienziati sbagliano quando dicono che un uomo, cui sia
stata tolta la pelle, debba morire per mancanza d'ossigeno. L'elemento che la
pelle necessita dall'atmosfera, diceva, è qualcosa del tutto diverso
dall'ossigeno ... E la pelle non assorbe affatto questo fluido ... essa è
soltanto una sorta di reticolato che fa in modo che quella corrente si stenda
sulla sua superficie. Press'a poco come una rete metallica quando la s'immerge
in acqua e sapone; essa si ricopre di bollicine di sapone da interstizio a
interstizio.
«Anche le caratteristiche psichiche della persona
s'imprimono a seconda che predomini l'una o l'altra di tali correnti, così
diceva... Sicché se una di queste prevale in modo particolare è plausibile che
si formi un carattere di un'abiezione tale che l'individuo non è più in grado
di contenerla».
Melchior tacque un istante e rimase assorto nei suoi
pensieri. «E ogni volta che mi vengono in mente le orrende qualità del nano
Dhanandschaya, nel quale si era rasrremata la sorgente stessa della vita, allora
trovo in tutto questo una terribile conferma a questa teoria».
«Lei parla come se i gemelli fossero morti; sono morti?»,
chiese Sinclair meravigliato.
«Alcuni giorni fa! Ed è meglio così... il liquido in cui
era immerso uno di essi la maggior pane del giorno si era prosciugato e nessuno
ne conosceva la composizione».
Melchior Kreuzer guardò fisso davanri a sé e rabbrividì:
«C'erano altre cose, così orrende, così indìcibìlmenre terribili, una
benedizione del cielo che Lucrezia non ne abbia mai saputo niente, che questa
almeno le sia stato risparmiato! Solamente guardare quell' orrenda doppia
creatura la faceva svenire! Era come se il sentimento materno fosse stato
spezzato in due parti.
«Ma perrnettetemi di tacere oggi su tutto ciò. L'immagine
di Vayu e Dhandndschaya mi fa ancora impazzire». Prese a mormorare qualcosa,
poi balzò su e si mise a gridare: «Versatemi del vino... non voglio più
pensarci. Presto qualcos' altro... Musica... qualsiasi cosa... purché siano
altri pensieri!».
Vacillando s'avvicinò a un lucido giradischi automatico
alla parete e vi infilò una monetina.
Tsin. La si sentì cadere all'interno. Il meccanismo ronzò.
Poi si levarono tre note che svanirono. Un istante dopo
attraversò la stanza il suono strimpellato di una canzone:
Ecco il
mio compagno, non ce n'è il milior.