GED E IL PORTINAIO |
Ged l’aspirante mago era arrivato nella
città di Thwil per diventare apprendista nel Palazzo della magia. Quella notte
dormì a bordo della nave che l’aveva portato sin lì e la mattina dopo, di
buon’ora, si congedò dai compagni di viaggio, che lo scortarono con festose
grida di saluto e di augurio mentre si allontanava dal molo. Non sapendo dove
dirigersi, il ragazzo chiese al primo abitante che incontrò lungo un vicolo
come trovare il Custode del Palazzo della magia.
L’uomo lo guardò di sottecchi e alla
fine disse: “il saggio non ha bisogno di chiedere, lo stolto chiede invano”, e
proseguì per la sua strada.
Ged continuò a salire e raggiunse una
piazzetta circondata su tre lati da case, mentre il quarto lato era chiuso dal
muro di un grande edificio le cui rare finestrelle si affacciavano sopra i
tetti e i comignoli. Sembrava una fortezza o un castello, ed era costruito con
massicci blocchi di pietra. La piazza era affollata di bancarelle, e c’era
tutto un andirivieni di persone. Ged si rivolse a una vecchia accoccolata
davanti a un cesto di frutti di mare e ripeté la sua domanda, ottenendo un
grugnito e un commento acido: “chi si perde deve saper ritrovare la strada da
solo”.
Stizzito, convinto di non avere il
rispetto a cui aveva diritto, Ged notò finalmente una misera porticina di legno
che si apriva vicino ad un angolo del grande edificio.
Andò a bussare e al vecchio che gli aprì
disse altezzosamente di essere Ged il primo e migliore discepolo di Galahad, colui
cui il maestro aveva donato la sua cintura intessuta d’oro, di avere una
lettera di presentazione, e che non avrebbe sopportato altri indovinelli o
affermazioni offensive del suo rango.
“La scuola è questa – rispose
pacatamente il vecchio – io sono il portinaio. Entra, se puoi”.
Ged avanzò di un passo. Gli parve di
aver varcato la soglia, eppure si trovava ancora fuori, sul marciapiede, nel
punto esatto dov’era prima.
Ritentò di nuovo, ma ancora una volta si
accorse di essere fuori dalla porta. Dall’interno, il portinaio lo osservava
con occhi gentili.
Ged decise
allora di ricorrere alla formula d’Apertura, che il maestro del villaggio gli
aveva insegnato molto tempo prima. Quello era l’incantesimo più importante del
suo repertorio, e Ged lo ripeté a dovere, con gli appropriati gesti della mano
e la corretta formula magica. Ma la magia che rendeva impenetrabile quell’uscio
non ne fu minimamente scalfita.
Rendendosi conto che il suo incantesimo
non funzionava, Ged si trattenne ancora a lungo sul marciapiede, meditando il
da farsi. Alla fine guardò il vecchio che continuava ad aspettare,
dall’interno.
“Non riesco ad entrare – ammise a
malincuore - se non mi aiuti”
“Dimmi il tuo nome – rispose il
portinaio”
Di nuovo Ged restò in silenzio a
riflettere: che valore potevano avere i titoli di cui si era vantato, di fronte
a chi padroneggiava una magia incommensurabilmente più grande della sua?
“Sono Ged”, disse semplicemente, a voce
alta e chiara.
E varcò finalmente la soglia.