E. M. Cioran (1911-1995)

Squartamento

 

 

 

 

Gli animali sono normali per definizione. L’uomo è un animale del tutto anomalo, squilibrato. Ad esempio, ogni atto di coraggio è uno squilibrio, perché gli animali sono vili e attaccano solo quando sanno di essere più forti

Cioran parla della disillusione buddhista fondata sul fatto che tutto è impermanente

La coscienza lucida è contraria all’azione, paralizza. L’impero romano, estenuato e preda di un “mortale torpore” ne è un esempio

Non penso che l’uomo potrà mai arrivare alla post-umanità. Nel momento in cui si abbandonasse all’ignoranza, ritornerebbe vivo e vitale e letale.

La religione cristiana chiede di rinunciare a tutto

Cioran crede nell’accelerazione della danza di Shiva e quindi forse nel Kali-Yuga

Gnosticismo: Cioran cita Origene: “Secondo Origene, soltanto le anime inclini al male, ‘avendo le ali spezzate’, si rivestono di corpi. In altri termini, senza un appetito funesto non c’è né incarnazione né storia”.

“Il tempo è un infinito disgregamento del presente”

Tratti antivitali, che vanno contro l’attitudine a vivere e trionfare: “essere sempre obiettivi, riconoscere i meriti altrui è un sintomo allarmante, un atto contro natura”.

“Perpetuo terrore dinanzi ai dogmi, davanti ai dogmi nascenti. In cambio, mi seducono i dogmi barcollanti”

“Quando vedo qualcuno battagliare per una causa qualsiasi, cerco di sapere cosa succede nella sua mente e da dove può derivare la sua mancanza così evidente di maturità. Il rifiuto della rassegnazione è forse un segno di “vita”, mai in ogni caso di lucidità o semplicemente di riflessione. L’uomo sensato non si abbassa a protestare. A malapena cede all’indignazione. Prendere sul serio le cose umane è segno di qualche segreta carenza”.

Il dubbio paralizza

“Incurabile timidezza del bene, di fronte al male comodamente insediato nella nostra sostanza, dove gode privilegi conferitigli dalla sua qualità di primo occupante” (secondo il Talmud l’impulso cattivo è innato; quello buono arriva a 13 anni).

“Dedicarsi a guarire qualcuno da un ‘vizio’, da ciò che possiede di più profondo, significa attentare al suo essere, ed è proprio così che egli stesso intende la cosa, poiché non ti perdonerà mai di aver voluto che egli si distrugga a tuo modo e non al suo”.

“Se sapessimo tutto quello che ci aspetta, più nessuno accetterebbe di continuare”

“L’apparizione della vita? Una follia passeggera, un tiro mancino degli elementi, un ghiribizzo della materia. I soli che abbiano qualche ragione di mugugnare sono gli esseri individuali, vittime pietose di un capriccio”.

“Quando si viene al mondo con una coscienza pesante, come se si fossero perpetrati crimini straordinari in un’altra vita, si ha un bel commetterne di comuni durante questa esistenza, ci si tirano dietro pur sempre dei rimorsi di cui non si giunge a scoprire né l’origine né la necessità”.

“Nella mia giovinezza ero anch’io preda di ambizioni sfrenate, e ora mi ripugna ritrovare in altri le stigmate dei miei esordi”.

“Nei mali della vita, la facoltà di uccidersi è, secondo Plinio, ‘il più grande beneficio che abbia ricevuto l’uomo’. Ed egli compiange la Divinità perché ignora una tale tentazione o una tale possibilità. Impietosirsi dell’essere supremo perché non ha la risorsa di darsi la morte! Idea incomparabile, idea prodigiosa, che da sola consacrerebbe la superiorità dei pagani sui forsennati che dovevano presto soppiantarli. Chi dice saggezza non dice mai saggezza cristiana, perché ciò non è mai esistito né esisterà mai. Duemila anni inutili. Tutta una religione condannata prima di nascere”.

“L’indolenza ci salva dalla prolissità e per ci stesso dall’impudenza inerente al rendimento”.

“Non c’è un altro mondo. Non c’è neppure questo mondo. Che cosa c’è allora? Il sorriso interiore che suscita in noi l’inesistenza evidente dell’uno e dell’altro”.

“L’amicizia è un patto, una convenzione. Due esseri si impegnano tacitamente a non strombazzare quello che in realtà ciascuno pensa dell’altro. Una specie di alleanza a base di riguardi. Quando uno dei due manifesta pubblicamente i difetti dell’altro, il patto è denunciato, l’alleanza è rotta. Nessuna amicizia dura se uno dei partner cessa di stare al gioco. In altri termini, nessuna amicizia tollera una dose esagerata di franchezza”.

“Bisognerebbe vivere, dicevi, come se non si dovesse mai morire. Non sapevi dunque che tutti vivono così, compresi gli ossessionati dalla Morte?”

“Le ossessioni macabre non intralciano la sessualità. Anzi. Si possono benissimo vedere le cose come un monaco buddhista e dar prova di qualche virilità. Questa strana compatibilità rende illusoria la pretesa di realizzarsi attraverso l’ascesi”.

“Ci si fa un’altissima idea di sé durante gli intervalli in cui si disprezza la Morte; in compenso, quando la si guarda con la viltà del terrore, si è più veri, più profondi, come accade ogni volta che ci si rifiuta alla filosofia, alla posa, alla menzogna”.

“Morire a sessanta o a ottant’anni è più duro che a dieci o a trenta. L’assuefazione alla vita, ecco la difficoltà. Perché la vita è un vizio. Il più grande che ci sia. Il che spiega perché si faccia tanta fatica a sbarazzarcene”.

“Che cos’è la verità?” è una domanda fondamentale. Ma che cos’è in confronto all’altra: “Come sopportare la vita?”. E questa stessa impallidisce vicino a quest’altra ancora: “Come sopportarsi?”. – Ecco la domanda capitale alla quale nessuno è in grado di darci una risposta.

“Coloro che hanno rimproverato a quel filosofo di sottoscrivere proteste contraddittorie, di firmare contemporaneamente o successivamente a favore di partiti, schieramenti o tesi in lotta, senza tenere conto delle proprie scelte, hanno dimenticato che la filosofia dovrebbe essere per l’appunto questo. Infatti, a che pro dedicarvisi se non si capiscono le ragioni degli altri? Fra due nemici che si combattono è dubbio che uno solo sia nel vero. Quando li si ascolta a turno, si cede, se si è in buona fede, alle evidenze di ciascuno, col rischio di sembrare una banderuola, di essere insomma troppo filosofi”.

“E’ senza importanza sapere chi sono dal momento che un giorno non sarò più” – ecco quello che ciascuno di noi dovrebbe rispondere a coloro che si preoccupano della nonstra identità e vogliono a ogni costo imprigionarci in una categoria o in una definizione.

“L’ideale sarebbero degli dèi stanchi  ed eterni. Sfortunatamente, giunti allo stadio in cui la prostrazione succede alla ferocia, non sopravvivono a lungo. Altri, vigorosi, inclementi, li sostituiranno”.

“Se le onde si mettessero a riflettere, crederebbero di avanzare, di avere uno scopo, di progredire, di lavorare per il bene del Mare, e finirebbero coll’elaborare una filosofia sciocca quanto il loro zelo”.

“Beati quelli che ignorano che maturare è assistere all’aggravarsi delle proprie incoerenze e che questo è il solo progresso di cui dovrebbe essere permesso vantarsi”.

“Se, invece di morire a 32 anni, l’Apostata avesse raggiunto la tarda età, sarebbe riuscito a soffocare la superstizione nascente? Si può dubitarne, e doveva dubitarne egli stesso perché, se ci avesse creduto, non sarebbe andato a battersi contro i Parti e a rischiare stupidamente la vita, quando l’attendeva una lotta ben altrimenti importante. Senza dubbio sentiva che la sua impresa era votata alla sconfitta. Tanto valeva perire in qualche parte alla periferia dell’impero”.

Pensare, significa correre dietro all’insicurezza, agitarsi per dei nonnulla grandiosi, rinchiudersi in astrazioni con avidità di martire, cercare la complicazione come altri la rovina o il guadagno. Il pensatore è per definizione avido di tormento”.

“Si è se stessi soltanto mobilitando tutti i propri difetti, solidarizzando con le proprie debolezze, seguendo la propria ‘inclinazione’. Non appena si cerca la propria ‘via’, e ci si impone qualche nobile modello, ci si sabota, ci si perde…”

“Bisogna avere tempo in grande quantità e una curiosità da folli per impietosirsi di tutto ciò che si muove”.

“Dovresti venire a casa, giacché potremmo morire senza rivederci”. – “Poiché dobbiamo morire in ogni caso, rivederci…, a che scopo?”

“Ci si addormenta sempre con una contentezza che non si può descrivere, si scivola nel sonno e si è felici di sprofondarvisi. Se ci si risveglia malvolentieri, è perché non si abbandona senza pena l’incoscienza, vero e unico paradiso. Quanto dire che l’uomo non è appagato se non quando cessa di essere uomo”.

“La maldicenza” proclama il Talmud “è un peccato altrettanto grave dell’idolatria, dell’incesto e dell’assassinio”. – Molto bene. Ma se è possibile vivere senza uccidere, senza aver rapporti con la propria madre e senza sacrificare al vitello d’oro, con quale sotterfugio trascorrere un giorno dopo l’altro senza odiare il proprio prossimo e odiarsi in lui?

“Grande esposizione di insetti. Al momento di entrarvi, feci dietro front. Non ero in vena di ammirare”.

“E’ una mortificazione terribile, ma comunque sopportabile, esser nati in mezzo a un popolo che non farà mai parlare di sé”.

“Ciascuno attende di essere messo fuori gioco dalle lesioni o dagli anni, mentre sarebbe così semplice porre termine a tutto ciò. Gli individui, come gli imperi, amano una lunga fine disonorevole”.

“Come spiegare che tutto quello che vogliamo fare e, più ancora, tutto quello che facciamo, ci sembra capitale? L’accecamento che fece uscire Dio dalla sua inerzia primitiva si ritrova nel più piccolo dei nostri gesti – ed è questa la nostra grande scusa”.

“La vecchiaia, in definitiva, non è che la punizione di essere vissuti”

“La speranza è la forma normale del delirio”.

“La mia carenza di essere. Non si può durare senza fondamenti, benché io mi ci sforzi”.

“Si è preteso che ‘accettare se stessi’ fosse indispensabile se si voleva produrre, “creare”. E’ vero il contrario. Proprio perché non ci si accetta, ci si mette al lavoro, ci si interessa agli altri e, innanzitutto, a se stessi, per sapere chi è questo sconosciuto incontrato a ogni passo, che rifiuta di dichiarare la sua identità e di cui ci si sbarazza soltanto mettendo sotto accusa i suoi segreti, violandoli e profanandoli”.

“Se diventassi cieco, quello che mi dispiacerebbe di più sarebbe di non poter più guardare fino all’idiozia la sfilata delle nuvole”.

“Non è normale essere in vita, poiché il vivente in quanto tale esiste, è veramente reale soltanto se è minacciato. La morte non sarebbe insomma che la cessazione di un’anomalia”.

“Davanti a quest’ammassarsi di tombe, si direbbe che la gente non abbia altra occupazione che quella di morire”.

“Si può avere tempra senza cadere nel fanatismo? La sfortuna vuole che la forza d’animo vi cada sempre. L’’eroe’ stesso non è che un fanatico mascherato”.

“Tutta la mattina – sensazioni bizzarre: voglia di rivelarmi,di fare progetti, di decidere, di lavorare. Delirio, slanci, ebbrezza, benessere indomabile. Per fortuna, la stanchezza è venuta a farmi rinsavire, a richiamarmi all’ordine, al nulla di ogni minuto”.

“In questo porto normanno, è appena stato preso un grosso pesce che si chiamerebbe ‘pesce luna’, e che sarebbe stato trasportato da una corrente calda, perché non vive in queste regioni. Steso sul molo, si scuote e si torce, poi si calma e non si muove più. Un’agonia senza spasimi, un’agonia modello”.

“Non è esatto che l’idea della morte ci liberi da ogni pensiero vile. Essa non ci fa nemmeno arrossire di avere simili pensieri. Niente ci corregge di niente. L’ambizioso resta tale fino all’ultimo respiro e inseguirebbe fortuna e fama anche se il globo fosse sul punto di andare in frantumi”.

“Grande follia legarsi agli esseri e alle cose, più grande ancora credere che si possa slegarsene. Aver voluto rinunciare a ogni costo ed essere sempre soltanto un candidato alla rinuncia!”

“La morte è ciò che fino a ora la vita ha inventato di più solido”.

“Le loro antiche leggi proibivano agli ebrei di predire l’avvenire. Giusto divieto. Infatti, se avessero previsto quello che li aspettava, avrebbero avuto la forza di conservarsi, di essere se stessi, di affrontare le sorprese di un simile destino?”

Proverbio cinese: “quando un solo cane si mette ad abbaiare ad un’ombra, diecimila cani ne fanno una realtà”. Da mettere in epigrafe a ogni commento sulle ideologie.

“E’ un vantaggio considerevole poter contemplare la fine di una religione. Che cos’è al confronto la caduta di una nazione o persino di una civiltà? Assistere all’eclissi di un dio e delle mostruosità millenarie che vi si ricollegano provoca in più un giubilo che poche generazioni, nel corso dei tempi, hanno avuto il beneficio di conoscere o soltanto di indovinare”.

“Accordare alla vita più importanza di quanta non ne abbia è l’errore che si commette nei regimi declinanti; ne consegue che più nessuno è disposto a sacrificarsi per difenderli, e che essi crollano sotto i primi colpi che vengono loro inferti. Ciò è ancora più vero per i popoli in generale. Non appena incominciano a considerare la vita come sacra, essa li abbandona, essa cessa di essere dalla loro parte”.

“La libertà è un dispendio, la libertà estenua, mentre l’oppressione fa accumulare forze, impedisce lo sperpero d’energia che risulta dalla facoltà che l’uomo libero ha di esternare, di proiettare al di fuori ciò che egli ha di buono. Si capisce perché gli schiavi prevalgano sempre, alla fine. I signori, per loro disgrazia, si manifestano, si svuotano della loro sostanza, si esprimono: l’esercizio senza costrizioni delle loro doti, dei loro vantaggi d’ogni sorta, li riduce alla condizione di ombre. La libertà li avrà divorati”.

“Per plasmare l’uomo, non è con l’acqua, è con lacrime che Prometeo mescolò l’argilla”.

“E si parla ancora, a proposito degli antichi, di serenità, parola che, in nessuna epoca, ha avuto il minimo contenuto”.

“ ‘La vita del folle è senza gioia, è agitata, è proiettata tutta quanta verso l’avvenire’. – Questa frase di Seneca, citata da Montaigne, può servire per mostrare che l’ossessione del senso della storia è una fonte di disordini ed essa lo è in effetti: seguire la corrente o contrastarla è la stessa cosa, poiché in entrambi i casi noi non cessiamo di guardare dal lato del futuro, vittime consenzienti o tristi”.

“Fin dai tempi più remoti, l’uomo si appiglia alla speranza di una conflagrazione definitiva nel progetto di sbarazzarsi una volta per tutte della storia. La cosa notevole è che egli abbia concepito questo sogno così presto, in realtà ai suoi inizi, quando gli avvenimenti non potevano opprimerlo oltre misura. Si deve credere che il terrore di ciò che lo attendeva, di ciò che gli riservavano i secoli, era così vivo, così netto, che si mutò presto in certezza, in visione, in speranza…”

Novalis: “Dipende da noi che il mondo sia conforme alla nostra volontà”. E’ esattamente il contrario di tutto ciò che si può pensare e sentire alla fine di una vita e, a maggior ragione, alla fine della storia.