ANTOLOGIA DI BRANI SPIRITUALI

mistici e filosofi occidentali dei secoli XV-XVII

 

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L’amore che trabocca (Michelangelo, Madrigale 1511 ca.)

Solo un breve momento si regge in perfezione (William Shakespeare, Sonetti)

Immortalis ero (dal testo alchemico Chymica Vannus )

Il trionfo del caos (Alexander Pope, The dunciad)

La tenebra e la luce (Book of Common Prayer, CXXXIX,8)

La passione di Faust (Marlowe, Faust )

Il grido di Faust prossimo alla dannazione (Marlowe, Faust V,2,1939)

Il grido di desiderio di Tamerlano il Grande (Marlowe, Tamburlain the Great I,II,7,21-29)

La lode dell’armonia universale fatta all’amante ebrea dal giovane cristiano (Shakespeare, Merchant of Venice V,I,58-65)

I demoni della melancolia (Cornelio Agrippa von Nettesheim, De Occulta Philosophia )

Oh, let my lamp at midnight hour (Milton, Pensieroso )

Him that you soars on golden wings (Milton, Pensieroso )

Il furore per la verità (John Dee, A Letter, Containing a… Discourse Apologetical )

La casa di Alma (John Spenser, Faerie Queene  II,IX,22)

George Chapman, The shadow of night (strofe dall’Hymnus in Noctem e dall’Hymnus in Cynthium)

La vita dell’uomo (Thomas Hobbes, Leviatano )

La putrefazione alchemica (Le Secret Livre )

Teresa d’Avila, Canto a Gesù crocifisso

Teresa d’Avila, La guerra contro le forze infernali (Cammino di perfezione, III,1)

La visione dell’inferno (Teresa d’Avila, Vita, 32)

Il cammino al luogo nascosto di Dio (Giovanni della Croce)

Anonimo Fiammingo (XV secolo)

L’esortazione alla battaglia (Deuteronomio, 20,3-4 citazione di apertura del Combattimento Spirituale  di L. Scupoli)

L’invocazione a Giove (Picatrix, manuale astrologico-magico del XIII secolo)

Invocazione del teurgo all’arcangelo solare (Pietro d’Abano, Elementi magici )

Leonardo da Vinci, macrocosmo e microcosmo (Codice A, folio 55v)

Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate

La Grammatica Universale (Henry Percy, nono Conte di Northumberland, a suo figlio)

Francesco Bacone, Novum Organum, XLIX

Keplero, La ricerca delle armonie geometriche (Mysterium Cosmographicum )

Keplero, la comunicazione della scoperta delle leggi dei pianeti (Astronomia nova… de motibus stellae Martis )

Gli astri reggitori del mondo sublunare (Bonincontri, De rebus coelestibus )

Le parole di Dio agli astri (Giovanni Pontano, poeta latino del XVI secolo)

L’esilio di Matteo Ricci (da Spence, The Memory Palace of Matteo Ricci , pag. 55)

La veglia notturna di Matteo Ricci in Shaozhou (da Spence, The Memory Palace of Matteo Ricci , pag. 261)

La morte di Matteo Ricci (da Spence, The Memory Palace of Matteo Ricci , pag. 266)

Blaise Pascal, Sugli spazi infiniti (Pensées)

John Donne, Sonetti sacri, X

John Donne, elegia Il primo anniversario

John Donne, Nessun uomo è un’isola

Thomas Vaughan (1622-1695), L’altra notte vidi l’eternità  (poesia The world )

Upon Time and Eternity , John Bunyan (1628-1688), A Book for Boys and Girls: or, Country Rhimes for Children

Khunrath, L’oro dei filosofi (Amphitheatrum Sapientiae Aeternae)

Isaac Newton, L’ordine dell’universo (dai Philosophiae Naturalis Principia Mathematica )

Isaac Newton, Le vette del pensiero

 

 

L’amore che trabocca (Michelangelo, Madrigale 1511 ca.)

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Come mi passa el core

chi non par che mi tocchi?

Che cosa è questo, Amore,

c’al core entra per gli occhi,

per poco spazio dentro par che cresca?

E s’avvien che trabocchi?

 

 

Solo un breve momento si regge in perfezione (William Shakespeare, Sonetti)

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Quando considero che tutto ciò che cresce

solo un breve momento si regge in perfezione,

che questo immenso palcoscenico presenta solo apparenze

su cui le stelle con segreto influsso fanno commenti;

quando percepisco che gli uomini come piante si ingrandiscono,

incoraggiati e contrastati dal medesimo cielo,

si vantano della loro giovane linfa, in vetta decrescono,

e consumano il loro superbo stato al di là della memoria;

allora il pensiero di questo incostante stare

ti pone ricchissimo di giovinezza davanti alla mia vista,

dove il Tempo devastatore dibatte con Rovina

per mutare il tuo giorno di giovinezza in lurida notte;

e in piena guerra col tempo, per amor tuo,

di quanto egli ti toglie io ti innesto nuovo.

 

 

Immortalis ero (dal testo alchemico Chymica Vannus )

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Immortalis ero, si modo pergat ita

 

Immortale sarò, solché si continui così”

 

 

Il trionfo del caos (Alexander Pope, The dunciad)

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Lo! thy dread empire, Chaos! is restor’d

Light dies before thy uncreating word;

Thy hand, great Anarch! lets the curtain fall,

And universal darkness buries all

 

Ecco! Il temuto impero tuo, Caos!, è restaurato;

muore la luce innanzi al tuo verbo infecondo.

Il velo la tua mano fa cader, grande Anarca,

e l’universo buio ricopre infine il mondo.

 

 

La tenebra e la luce (Book of Common Prayer, CXXXIX,8)

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If I say, Peradventure the darkness shall cover me: then shall my night be turned to day.

Yea, the darkness is no darkness with Thee, but the night is as clear as the day: the darkness and light to Thee are both alike.

 

Se dico che la tenebra forse mi ricoprirà, allora la mia notte si trasformerà in giorno.

Sì, la tenebra non è tenebra con te, ma la notte è chiara come il giorno: l’oscurità e la luce per te sono identiche

 

 

La passione di Faust (Marlowe, Faust )

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Philosophy is odious and obscure,

Both Law and Physicke are for petty wits:

Divinitie is basest on the three,

Unpleasant, harsh, contemptible and vilde:

‘Tis magick, magick, that has ravisht me

 

Will be as cunning as Agrippa was

Whose shadows made all Europe honour him

 

Odiosa, oscura è la filosofia

legge, arte medica, roba da ingegni magri;

e peggio ancora la teologia,

aspra, spiacevole, disprezzabile e vile;

ma la magia, quella, mi rapisce

 

Sarò provetto almeno quanto Agrippa

di cui l’intera Europa ammira le ombre [immagini magiche]

 

 

Il grido di Faust prossimo alla dannazione (Marlowe, Faust V,2,1939)

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See see where Christs bloud streames in the firmament

 

Guarda, il sangue di Cristo che inonda il cielo!

 

[illicit things] whose deepnesse doth intice such forward wits,

To practise more then heavently power permits.

 

[Le cose illecite] I cui segreti inducano gli ingegni audaci

a fare più di quanto il cielo approva

 

 

Il grido di desiderio di Tamerlano il Grande (Marlowe, Tamburlain the Great I,II,7,21-29)

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Our soules, whose faculties can comprehend

The wondrous Architecture of the world:

And measure every wandring plannets course:

Still climing after knowledge infinite,

And alwaies mooving as the restles Spheares,

Will us to weare our selves and never rest,

Until we reach the ripest fruit of all,

That perfect blisse and sole felicities,

The sweet fruition of an earthly crowne.

 

L’anima nostra, le cui facoltà intendono

l’architettura stupenda del mondo,

e misurano il corso dei pianeti,

sempre salendo a una scienza infinita,

sempre muovendosi come le sfere inquiete,

vuole che ci esauriamo, senza riposo,

fino a raggiungere il frutto più maturo,

perfetta gioia, sola felicità,

dolce fruizione di una corona in terra.

 

 

La lode dell’armonia universale fatta all’amante ebrea dal giovane cristiano (Shakespeare, Merchant of Venice V,I,58-65)

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Sit Jessica, – look how the floor of heaven

Is thick inlaid with patens of bright gold,

There’s not the smallest orb which thou behold’st

But in his motion like an angel sings,

Still quiring to the young-eye’d cherubins:

Such harmony is in immortal souls,

But whilst this muddy vesture of decay

Doth grossly close it in, we cannot hear it.

 

Siedi, Gessica, guarda come il pavimento del cielo è tutto costellato di stateri d’oro scintillanti; e neanche uno, neanche il più piccino, di questi globi, che non percorra l’orbita sua cantando come un angelo in coro coi cherubini dagli occhi novelli. E la stessa armonia è anche nelle anime nostre immortali; ma finché sono chiuse in questi nostri rozzi cofani d’argilla, non la possiamo sentire.

 

 

I demoni della melancolia (Cornelio Agrippa von Nettesheim, De Occulta Philosophia )

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L’humor melancholicus, quando s’infiamma e prende ardore, genera il delirio (furor) che ci conduce alla sapienza e alla rivelazione, specialmente se si combina a influssi celesti e soprattutto a quelli di Saturno… Perciò Aristotele nei Problemata dice che attraverso la melanconia alcuni uomini sono diventati esseri divini, capaci di predire il futuro come le Sibille… mentre altri sono divenuti poeti… e afferma inoltre che tutti gli uomini che si sono distinti in qualche branca della consocenza sono generalmente stati melanconici.

Inoltre, questo humor melancholicus ha un potere tale, dicono, da attrarre certi demoni nei nostri corpi, tramite la cui presenza e attività gli uomini cadono in estasi e pronunciano molte cose meravigliose… Ciò accade in tre forme differenti che corrispondono alle tre facoltà della nostra anima, cioè l’immaginazione (Imaginatio), la ragione (ratio) e l’intelletto (mens). Poiché quando è resa libera dall’humor melancholicus, l’anima è completamente concentrata nell’immaginazione, e diviene immediatamente sede dei demoni inferiori, da cui spesso riceve istruzioni meravigliose nelle arti manuali: così vediamo un uomo del tutto inesperto diventare improvvisamente pittore o architetto, o maestro assolutamente eccellente in qualche altro genere di arte; se demoni di questo tipo ci rivelano il futuro, ci mostrano vicende relative a catastrofi o disastri naturali, per esempio bufere, terremoti, tempeste che si approssimano, o minacce di peste, carestia e devastazione… Ma quando l’anima è completamente concentrata nella ragione, diviene sede dei demoni intermedi: per loro tramite raggiunge la conoscenza delle cose naturali e umane; così vediamo un uomo diventare improvvisamente filosofo, fisico, oratore; e degli eventi futuri esi ci mostrano ciò che si riferisce alla rovina dei regni e al ritorno delle epoche, profetizzando nello stesso modo della Sibilla ai romani… Ma quando l’anima si eleva completamente all’intelletto diviene la dimora dei demoni superiori, dai quali apprende i segreti delle cose divine, come ad esempio la legge di Dio, la gerarchia angelica e ciò che si riferisce alla conoscenza delle realtà eterne e della salvezza dell’anima; degli eventi futuri essi ci mostrano per esempio prossimi prodigi, miracoli, l’avvento di un profeta o l’emergere di una nuova religione, proprio come la Sibilla profetizzò Gesù Cristo molto tempo prima che egli apparisse.

 

 

Oh, let my lamp at midnight hour (Milton, Pensieroso )

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Oh, let my lamp at midnight hour

Be seen in some high lonely tower,

Where I may oft outwatch the Bear,

With thrice great Hermes, or unsphere

The spirit of Plato to unfold

What worlds or what vast regions hold

The Immortal mind that hath forsook

Her mansion in the fleshly nook;

And of those demons that are found

In fire, air, flood, or underground,

Whose power hath a true consent

With planet or with element.

 

Oppure lascio, che la mia lucerna a mezzanotte

dalla vetta si scorga di torre alta e solinga

là dove spesso m’è dato oltre l’Orsa vegliare

con Hermes Trismegisto, o perseguire

di Platone lo spirito, sì che riveli

in quali mondi o vasti spazi abiti

l’immortal mente, poi che abbia lasciato

sua dimora in questo rifugio di carne.

O di quei demoni, mi parli, che si trovano

nel fuoco, nell’aria, nei flutti o sotto terra;

il cui potere trova fedel consenso

presso i pianeti o presso gli elementi.

 

 

Him that you soars on golden wings (Milton, Pensieroso )

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Him that you soars on golden wing,

Guiding the fiery wheeled throne

The Cherub Contemplation

 

Colui che volando su l’ali sue d’oro

gli angeli guida in infocato cerchio:

il cherubino della contemplazione.

 

 

Il furore per la verità (John Dee, A Letter, Containing a… Discourse Apologetical )

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[Dalla giovinezza in poi è piaciuto all’Onnipotente] instillare nel mio cuore uno zelo e un desiderio insaziabili di conoscere la verità, e in lui, e da lui, volli cercare incessantemente e parimenti ascoltare, seguendo il vero metodo filosofico e l’armonia: procedendo e ascendendo… gradatim dalle cose visibili a considerare le realtà invisibili; dalle cose corporee per concepire le realtà spirituali; dalle cose transeunti e contingenti, per meditare sulle realtà immutabili; dalle cose immutabili… per avere qualche percezione dell’immortalità. E per concludere, molto in breve, dal quadro meravigliosissimo dell’universo intero, considerato filosoficamente e attentamente percorso, enumerato e misurato… con la fede più profonda per amare, onorare e glorificare sempre il suo Architetto e Creatore.

 

 

La casa di Alma (John Spenser, Faerie Queene  II,IX,22)

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The frame thereof seemed partly circulare,

And part triangulare, O worke divine;

Those two the first and last proportions are,

The one imperfect, mortall, foeminine:

Th’other immortall, perfect, masculine,

And twixt them both a qudrate was the base

Proportioned equally by seven and nine:

All which compacted made a goodly diapase.

 

La sua pianta sembrava in parte circolare

e in parte triangolare, oh opera divina!

Quelle due proporzioni sono la prima e l’ultima,

l’una imperfetta, mortale, femminile,

l’altra immortale, perfetta, maschile,

e la base fra le due era un rettangolo

dalle proporzioni regolari di sette e di nove:

e tutto questo insieme componeva una stanza perfetta

 

 

George Chapman, The shadow of night (strofe dall’Hymnus in Noctem e dall’Hymnus in Cynthium))

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Now let humour give

Seas to mine eyes, That I may quicklie weepe

The shipwracke of the world: or let soft sleepe

(Binding my senses) lose my working soule,

That in her highest pitch, she may controle

The court of skill, compact of misterie,

Wanting byt franchisement and memorie

To reach all secrets

 

All you possest with indepressed spirits,

Indu’d with nimble and aspiring wits,

Come consecrate with me, to sacred Night

Your whole endeuors, and detest the light…

No pen can any thing eternal write,

That is not steept in humour of the night.

 

Mens faces glitter, and their hearts are blacke,

But thou (great Mistresse of heauens gloomie racke)

Art blacke in face, and glitterst in thy heart.

There is thy glorie, riches, force, and Art.

 

And as when hosts of starres attend thy flight,

(Day of deepe students, most contentfull night)

The morning (mounted on the Muses stead)

Ushers the sonne from Vulcan’s golden bed,

And then from forth their sundries roofes of rest,

All sorts of men, to sorted taskes addrest,

Spread this inferiour element: and yeeld

Labour his due: the souldier to the field,

States-men to counsell, Iudges to their pleas,

Merchants to commerce, mariners to seas:

All beasts and birds, the groues and forrests range,

To fill all corners of this round exchange,

Till thou (deare Night, o goddesse of most worth)

Lets thy sweet seas of golden humor forth

And Eagle-like doth with thy starrie wings,

Beate in the foules and beasts to Somnus lodgings,

And haughtie Day to the infernall deepe,

Proclaiming silence, studie, ease and sleepe.

 

Fall Hercules from eauen in tempestes hurld,

And cleanse this beastly stable of the world:

Or bend thy brasen bow against the Sunne…

Now make him leaue the world to Night and dreames.

Neuer were vertues labours so enuy’d

As in this light: shoote, shoote, and stoope his pride

Suffer no more his lustful rayes to get

The Earth with issue: let him still be set

In Somnus thickets: bound about the browes,

With pitchie vapours, and with Ebone bowes.

 

And as heauens Geniall parts were cut away

By Saturnes hands, with a adamantine Harpey…

So since that adamantine powre in giuen

To thy chast hands, to cut of all desire

Of fleshly sports, and quench to Cupids fire

 

Set thy Christal, and Imperial throne…

(Girt in thy chaste, and never-loosing zone)

Gainst Europe’s Sunne directly opposite

And give him darkness that doth threat thy light

 

Forme then, twixt two superior pillars framed

This tender building, Pax imperii named.

 

Then, in thy clear and Isie Pentacle

Now execute a Magicke miracle

 

l’umore conceda ora

mari ai miei occhi, ché io possa presto piangere

il naufragio del mondo; o il dolce sonno

(imprigionando i miei sensi) smarrisca la mia anima laboriosa

che nel suo più alto slancio possa controllare

il campo della perizia, fitto di mistero,

bisognosa solo di affrancarsi e di ricordare

per raggiungere ogni segreto

 

Voi tutti, animati da spiriti nobili,

dotati di ingegni acuti e ambiziosi,

venite a consacrare con me, alla sacra Notte,

tutti i vostri sforzi, e detestare la luce…

Nessuna penna può scrivere qualcosa di eterno,

se non viene immersa nell’umore notturno

 

I volti degli uomini risplendono, e i loro cuori sono neri,

ma tu (grande Signora del cupo tormento celeste)

sei nera in volto, e risplendi nel cuore.

Qui sta la tua gloria, la tua ricchezza, la tua forza e la tua Arte.

 

E come quando miriadi di stelle accompagnano il tuo volo,

(giorno degli studiosi profondi, notte felicissima)

il mattino (salito a prendere il posto delle Muse)

annuncia il sole dal letto dorato di vulcano,

e allora uscendo dai tetti sparsi del riposo,

uomini di tutti i generi, dediti a lavori svariati,

diffondono questo elemento inferiore, e rendono

il tributo al lavoro: il soldato al campo, gli statisti al consiglio, i giudici alle loro cause,

i mercanti al commercio, ai mari i marinai.

Tutti gli animali e gli uccelli popolano i boschi e le foreste,

per riempire tutti gli angoli di questo scambio circolare,

finché tu (cara notte, o dea venerabilissima)

lasci effondere i tuoi dolci mari d’umore aureo

e simile all’aquila, con le tue ali lucenti,

ricacci gli uccelli e gli animali nelle dimore del Sonno,

e l’altezzoso giorno nelle profondità infernali,

proclamando il silenzio, lo studio, il riposo e il sonno.

 

Sbalzato dalla tempesta, precipitati dal cielo, Ercole,

e ripulisci questa lurida stalla del mondo:

oppure piega il tuo arco bronzeo contro il Sole…

Fagli ora lasciare il mondo alla Notte e ai sogni.

Mai le fatiche della virtù furono così invidiate

come in questa luce: colpisci, colpisci e arresta la sua superbia

non tollerare più che i suoi cupidi raggi riescano a raggiungere

la Terra. Rimanga ancora tramontato

nei cespugli del Sonno, imprigionato presso le ciglia,

con neri vapori e archi d’ebano.

 

E poiché i celesti genitali furono recisi

dalle mani di Saturno, con un’Arpia adamantina…

così da allora è dato alle tue caste mani

quel potere adamantino di recidere ogni desiderio

dei piaceri carnali, e di spegnere il fuoco di Cupido

 

Rivolgi il tuo imperiale trono di cristallo…

(fasciata nel tuo casto, sempre annodato, cinto)

direttamente contro il Sole d’Europa

e oscuralo poiché minaccia la tua luce

 

Erigi dunque, nella cornice di due superbe colonne,

questo fragile edificio, che ha nome Pax imperii

 

Poi nel tuo chiaro pentacolo di ghiaccio

opera adesso un miracolo magico

 

 

La vita dell’uomo (Thomas Hobbes, Leviatano )

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La vita dell’uomo è solitaria, povera, sordida, bestiale e corta.

 

 

La putrefazione alchemica (Le Secret Livre )

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E in questa putrefazione e risoluzione del corpo appariranno tre segni e cioè il color nero, la discontinuità e separazione delle parti, e il fetore simile a quello dei sepolcri.

 

 

Teresa d’Avila, Canto a Gesù crocifisso

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Non è affatto per il cielo che hai promesso

e non è neppure l’inferno, con i suoi terrori,

che mi fa allontanare dal tradirti.

 

Non mi accordare nulla:

l’amore non ha bisogno di speranza.

 

 

Teresa d’Avila, La guerra contro le forze infernali (Cammino di perfezione, III,1)

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Quando durante le operazioni belliche i nemici hanno invaso tutto il paese, il signore della regione, vedendosi perduto, si ritira in una città che fa solidamente fortificare; di là piomba ogni tanto sugli avversari, e siccome quelli asserragliati nella rocca sono gente scelta, fanno più loro da soli di quanto potrebbero fare molti soldati se codardi. Così si conquista spesso la vittoria, o quanto meno, sebbene non si guadagni la partita, non si è vinti; siccome infatti non vi sono traditori ma sono tutte truppe selezionate, non possono prenderli che per fame. Qui da noi, nemmeno la fame può essere sufficiente a farci arrendere: a morire sì può condurci, ma non mai a restare vinti.

 

 

La visione dell’inferno (Teresa d’Avila, Vita, 32)

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Un giorno, mentre ero in orazione, mi trovai, ad un tratto, trasportata tutta intera nell’inferno, senza saper come. Dio mi voleva far vedere il luogo che i demoni mi avevano preparato. Fu una visione che durò pochissimo, ma vivessi anche molti anni, mi sembra di non poterla affatto dimenticare.

L’ingresso mi pareva un cunicolo molto lungo e stretto, simile a un forno assai basso, buio e angusto; il suolo tutto una melma puzzolente piena di rettili schifosi. In fondo, nel muro, c’era una cavità scavata a modo di nicchia, e in essa mi sentii rinchiudere strettamente. E quello che allora soffrii supera ogni umana immaginazione.

Sentivo nell’anima un fuoco che non so descrivere, mentre dolori intollerabili mi straziavano il corpo. I più atroci dolori che ho sofferto nella mia vita non sono nemmeno da paragonarsi a quelli, specie al pensiero che quel tormento doveva essere senza fine e senza mitigazione.

Ma anche questo era un nulla innanzi all’agonia dell’anima. Era una oppressione, un’angoscia, una tristezza così profonda, un così vivo e disperato dolore che non so come esprimere. Dire che si soffrono continue agonie di morte è poco, perché almeno in morte pare che la vita ci venga strappata da altri, mentre qui è la stessa anima che si fa in brani da sé. Non so trovare espressioni né per quel fuoco interiore né per la disperazionie che metteva il colmo a così orribili tormenti. Non vedevo chi me li facesse soffrire, ma mi sentivo ardere e dilacerare, benché il supplizio peggiore fosse il fuoco e la disperazione interiore.

Era un luogo pestilenziale, nel quale non vi era speranza di conforto, né spazio per sedersi o distendesi, rinserrata com’ero in quel buco praticato nella muraglia. Orribili a vedersi, le pareti mi gravavano addosso, e mi pareva di soffocare. Non vi era luce, ma tenebre fittissime. Eppure quanto poteva dar pena si vedeva ugualmente, nonostante l’assenza della luce.

 

Sentir parlare dell’inferno è niente. Quanto si medita sui tormenti dell’inferno, su quello che i demoni fan soffrire, o che si legge nei libri, non ha nulla a che fare con la realtà, perché totalmente diverso, come un ritratto e l’oggetto ritrattato. Il nostro fuoco, paragonato a quello di laggiù è cosa assai lieve.

Rimasi spaventatissima e lo sono tuttora mentre scrivo, benché siano passati già quasi sei anni, tanto da sentirmi agghiacciare dal terrore qui stesso dove sono.

 

D’allora in poi, non vi fu travaglio che non mi sia apparso leggero in paragone di un solo istante di quanto là avevo sofferto.

 

 

Il cammino al luogo nascosto di Dio (Giovanni della Croce)

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Questa luce eccessiva della fede che è data all’anima è oscurità profonda, poiché sopraffà ciò che è grande e si sbarazza di ciò che è piccolo, così come la luce del sole sopraffà tutte le altre luci, in modo tale che quando risplende rende impotente la nostra vista ed esse non sembrano affatto luci.

(Salita del monte Carmelo  2,3,1)

 

Cercalo nella fede e nell’amore, senza desiderare di trovare soddisfazione in alcunché, o di gustare o capire più di quello che è bene per te capire, poiché queste due realtà sono guide per i ciechi e ti guideranno lungo una strada che tu non conosci al luogo nascosto di Dio. Poiché la fede, che è il segreto di cui abbiamo fatto menzione, è come i piedi con i quali l’anima viaggia verso Dio, e l’amore è la guida che la dirige… Perciò tu non soffermarti né parzialmente né totalmente su quello che capiscono le tue facoltà, voglio dire non essere mai di buon grado soddisfatto di quello che tu comprendi di Dio, ma piuttosto di quello che non comprendi di lui; e non fermarti mai ad amare e godere ciò che senti o capisci riguardo Dio, ma ama e godi ciò che non puoi capire o sentire riguardo a lui; poiché questo, come abbiamo detto, vuol dire cercare lui nella fede. Essendo Dio inavvicinabile e nascosto, quanto più ti sembra di averlo trovato e sentito e capito, tanto più devi ritenerlo nascosto e servirlo in maniera nascosta, come uno che è nascosto

(Cantico spirituale B  1,12)

 

Quando un palazzo (il centro dell’anima) viene spalancato, si può vedere tutt’a un tratto e con un unico sguardo l’eminenza di colui che è dentro al palazzo, e anche quello che sta facendo. Per quanto riguarda il risveglio e l’illuminazione dell’anima, penso che trovandosi essa sostanzialmente in Dio, come lo è ogni creatura, egli tolga da lei alcuni dei veli e delle tende che le stanno davanti, in modo tale che possa vedere di quale natura egli è: e allora le viene rivelato, ed essa è in grado di vedere (per quanto in modo un po’ oscuro, poiché non tutti i veli sono stati tolti) il volto di lui che è pieno di grazia, il volto di colui che, muovendo tutte le cose con la sua potenza, mostra insieme sé e la sua opera, e quindi pare che si muova con le cose e queste in lui, con un movimento continuo. Per questo l’anima crede che Dio si sia mosso e risvegliato, mentre in realtà è lei che si è mossa e risvegliata.

(Fiamma viva d’amore 4,7)

 

 

Anonimo Fiammingo (XV secolo)

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Cristo non ha più mani,

ha soltanto le nostre mani

per fare oggi le nostre opere.

 

Cristo non ha più piedi,

ha soltanto i nostri piedi

per andare oggi agli uomini.

 

Cristo non ha più voce,

ha soltanto la nostra voce

per parlare oggi di sé.

 

Cristo non ha più forze

ha soltanto le nostre forze

per guidare gli uomini a sé.

 

Cristo non ha più vangeli

che essi leggano ancora,

ma ciò che facciamo

in parole e opere

è l’evangelo

che lo Spirito sta scrivendo.

 

 

L’esortazione alla battaglia (Deuteronomio, 20,3-4 citazione di apertura del Combattimento Spirituale  di Lorenzo Scupoli)

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Voi oggi siete prossimi

a dar battaglia ai vostri nemici;

il vostro cuore non venga meno;

non temete, non vi smarrite

e non vi spaventate dinanzi a loro,

perché il Signore vostro Dio cammina con voi

per combattere per voi

contro i vostri nemici e per salvarvi.

 

 

L’invocazione a Giove (Picatrix, manuale astrologico-magico del XIII secolo)

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Il tuo costume deve essere bianco e giallo. Sii umile e modesto, vestito come i monaci e i cristiani, perché egli è il loro patrono. Fa’ tutto ciò che fanno i cristiani e adotta il loro abbigliamento: un mantello giallo, una cintura e una croce; aggiungi una bacchetta di cristallo, un burnus bianco e un turibolo. Ricetta per l’incenso: sandracca, resina di storace, alcanna, legno di peonia, la cui proprietà è che dovunque lo spezzi vi trovi una croce, giunco odoroso, resina di pino, grani di ginepro; tutte queste sostanze nella stessa quantità. Impastale di vino dopo averle triturate, fanne delle bacchette e servitene quando ne avrai bisogno. Fa’ quanto ti ho detto a proposito di Saturno. Rivolgi lo sguardo verso Giove e di’: Salve, o signore, sii benedetto tu, il felice, il caldo, l’umido, il moderato, il bello, il sapiente, il veridico, che possiedi la verità, la giustizia, l’equità, la pietà, il saggio e l’astinente.

 

 

Invocazione del teurgo all’arcangelo solare (Pietro d’Abano, Elementi magici )

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Conjuro et confirmo super vos Angeli fortes Dei, et sancti, in nomine Adonay, Eye, Eye, Eya, qui est ille qui fuit, est est erit, Eye, Abraye: et in nomine Sadday, Cados, Cados, Cados, alte sedentis super Cherubin, et in nomine ipsius Dei fortis, atque potentis, exaltatusque super omnes Coelos Eye, Seraye, Plasmatoris saeculorum qui creavit mundum, coelum, terram, marem, et omnia quae in iis sunt in primo die, et sigillavit eo sancro nomine suo Phaa : et per nomina sanctorum Angelorum, qui dominantur in quarto exercitu et serviunt coram potentissimo Salamia, Angelo Magno et honorato. Et per nominem stellae, quaes est Sol, et per signum, et per immensum nominem Dei vivi et per nomina omnia, conjuro te, Michael, Angele Magne, qui es praepositus diei Dominicae; et per nominem Adonay, Dei Israel, qui creavit Mundum et quod in eo est, quod pro me labores et adimpleas omnem meam petitionem; juxta meum velle et votum meum; in negotio et causa mea.

 

 

Leonardo da Vinci, macrocosmo e microcosmo (Codice A, folio 55v)

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L’omo è detto da li antiqui mondo minore, e certo la dizione d’esso nome è bene collocata, imperò che, sì come l’omo è composto di terra acqua aria e foco, questo corpo della terra è il simigliante. Se l’omo ha in sé osso, sostenitori e armadura della carne, il mondo ha i sassi, sostenitori della terra; se l’omo ha in sé il laco del sangue, dove cresce e discresce il polmone nello alitare, il corpo della terra ha il suo oceano mare, il quale ancora lui cresce e discresce ogni sei ore per lo alitare del mondo; se dal detto lago di sangue diriva vene, che si vanno ramificando per lo corpo umano, similmente il mare oceano empie il corpo della terra d’infinite vene d’acqua.

 

 

Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate

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Ti ho posto – dice il Creatore ad Adamo – al centro del mondo, perché tu meglio scorgessi tutto ciò che è nel mondo. E ti ho plasmato né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché potessi essere libero e sovrano artefice di te stesso. Potrai degenerare a bruto o rigenerarti ad angelo (…) I bruti hanno già nel grembo della madre tutto ciò che devono avere, gli angeli sono fin dall’inizio, o quasi, ciò che saranno per l’eternità. Tu solo possiedi uno sviluppo, una crescita che segue il tuo libero arbitrio, e tu solo racchiudi in te semi d’ogni specie e germi d’ogni vita.

 

Negli scritti degli arabi ho letto, Padri venerandi, che Abdalla Saraceno, richiesto di che gli apparisse sommamente mirabile in questa specie di teatro che è il mondo, rispondesse che nulla scorgeva più splendido dell’uomo.

E con questo detto concorda quel famoso di Ermete: "Grande miracolo è l’uomo, o Asclepio".

Ora mentre ricercavo il senso di queste sentenze, non mi soddisfacevano gli argomenti che in gran numero molti recano sulla grandezza della natura umana: essere l’uomo vincolo delle creature, familiare a quelle superiori, sovrano di quelle inferiori, interprete della natura per l’acume dei sensi, per l’indagine della ragione, per la luce dell’intelletto, intermedio fra il tempo e l’eternità e, come dicono i Persiani, copula anzi Imeneo del mondo, di poco inferiore agli angeli secondo la testimonianza di David. Grandi cose, queste, certo, ma non le più importanti, non tali, cioè, per cui possa giustamente arrogarsi il privilegio di una ammirazione senza limiti. Perché, infatti, non ammirare di più gli angeli e i beatissimi cori del cielo?

Ma alla fine mi parve di aver compreso perché l’uomo sia il più felice degli esseri animati e degno perciò di ogni ammirazione e quale sia infine quella sorte che, toccatagli nell’ordine universale, è invidiabile non solo ai bruti, ma agli astri e agli spiriti oltremondani. Cosa incredibile e meravigliosa! E come altrimenti, se è per essa che giustamente l’uomo vien proclamato e ritenuto un grande miracolo e meraviglia tra i viventi! Ma quale essa sia, ascoltate, o Padri, e benigno orecchio porgete, nella vostra cortesia, a questo mio parlare. Già il sommo Padre, Dio creatore, aveva foggiato, secondo le leggi di un’arcana sapienza, questa dimora del mondo, quale ci appare, tempio augustissimo delle divinità. Aveva abbellito l’iperuranio, aveva avvivato di anime eterne gli eterni globi, aveva popolato di una turba di animali d’ogni specie le parti vili e turpi del mondo inferiore. Sennonché, recata l’opera a compimento, l’artefica desiderava che vi fosse qualcuno capace di afferrare la ragione di un’opera sì grande, di amarne la bellezza, di ammirarne l’immensità. Perciò, compiuto ormai il tutto, come attestano Mosè e Timeo, pensò ad ultimo a produrre l’uomo. Ma degli archetipi non ne restava alcuno su cui foggiare la nuova creatura, né dei tesori uno ve n’era da elargire in retaggio al nuovo figlio, né dei posti di tutto il mondo uno ne rimaneva su cui sedesse codesto contemplatore dell’universo. Tutti ormai erano pieni; tutti erano stati distribuiti,nei sommi,neimedi, negli infimi gradi. Ma non sarebbe stato degno della paterna potestà venir meno quasi impotente nell’ultima opera; non della sua sapienza rimanere incerta nella necessità per mancanza di consiglio; non del suo benefico amore, che colui che era destinato a lodare negli altri la divina liberalità fosse costretto a biasimarla in se stesso.

Stabilì finalmente l’ottimo artefice che a colui, cui nulla poteva dare di proprio, fosse comune tutto ciò che singolarmente aveva assegnato agli altri. Accolse perciò l’uomo come opera di natura indefinita e postolo nel cuore del mondo così gli parlò: "Non ti ho dato, Adamo, né un posto determinato, né un aspetto tuo proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto appunto, secondo il tuo voto e il tuo consiglio, ottenga e conservi. La natura determinata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai, da nessuna barriera costretto, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnerai. Ti posi nel mezzo del mondo, perché di là tu meglio scorgessi tutto ciò che è nel mondo. Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi ibero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che tu avessi prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori, che sono i bruti; tu potrai rigenerarti, secondo il tuo volere, nelle cose superiori che sono divine".

O suprema liberalità di Dio Padre! O suprema e mirabile felicità dell’uomo! A cui è concesso di ottenere ciò che desidera, di essere ciò che vuole. I bruti nelnascere recano seco dal seno materno, come dice Lucilio, tutto quello che avranno. Gli spiriti superni o dall’inizio o poco dopo furono ciò che saranno nei secoli dei secoli. Nell’uomo nascente il Padre ripose semi di ogni specie e germi d’ogni vita. E secondo che ciascuno li avrà coltivate, quelli cresceranno e daranno i loro frutti. E se saranno vegetali, sarà pianta; se sensibili, sarà bestia; se razionali, diventerà animale celeste; se intellettuali, sarà angelo e figlio di Dio. Ma se, non contento della sortee di nessuna creatura si raccoglierà nel centro della sua unità, fatto un solo spirito con Dio, nella solitaria caligine del Padre, colui che fu posto sopra tutte le cose starà sopra tutte le cose.

 

 

La Grammatica Universale (Henry Percy, nono Conte di Northumberland, a suo figlio)

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The Vniuersall Grammer is a necessary means to expresse our knowledges to others, or to the deliuery of them to posterite by record. This doctrine doesn’t treat those rules vulgarly taught, for the attaining any receaued language, but is rather such a doctrine generall, as discouereth amongest the whole variete of means sensible, the best wayes to signefy the conceipts of our minds, to others in present or futur, at hand, or any remote distance possible, and in any tyme giuen that is possible, either indifferently to all, or with purpose to somme certain, and in all cases, either of necessite, or discretion. In this doctrine the rules and conditions of langhische and caracterisme in his hieght ar generally deliuered, cutting of[f] all equiuocations and sinonymies whiche vulgar tongs ar to mutche pestered with all, and the very route of most of our errors, and controuersyes in opinion, together with the grounds of all occultations, cyphring, discyphring &c.

 

 

Francesco Bacone, Novum Organum, XLIX

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L’intelletto umano non è un "lume secco", ma riceve alimento dalla volontà e dagli affetti… l’uomo crede più facilmente vero ciò he preferisce sia vero. Respinge dunque le cose difficili perché è impaziente nella ricerca; respinge le cose semplici perché limitano la speranza; le più profonde della natura per superstizione; la luce dell’esperienza per arroganza e orgoglio e perché non sembri che la mente si occupi di cose vili e transitorie, respinge i paradossi per rispetto all’opinione volgare. Insomma gli affetti, in innumerevoli e talora impercettibili guise, penetrano nell’intelletto e lo corrompono.

 

 

Keplero, La ricerca delle armonie geometriche (Mysterium Cosmographicum )

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Mi accingo a provare che Dio, creando l’universo e regolando l’ordine del cosmo, aveva in mente i cinque corpi regolari della geometria noti fin dai tempi di Pitagora e di Platone e che Egli ha fissato in accordo con quelle dimensioni il numero dei cieli, le loro proporzioni e le relazioni dei loro movimenti.

 

 

Keplero, la comunicazione della scoperta delle leggi dei pianeti (Astronomia nova seu physica coelestis (…) de motibus stellae Martis )

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Finalmente, secondo gli ordini di Vostra Maestà, presento al pubblico un prigioniero veramente nobile che ho catturato qualche tempo fa, dopo una difficile e logorante guerra sostenuta sotto gli auspici di Vostra Maestà. Non ho da temere che egli confuti l’appellativo di "prigioniero", dato che fin dai tempi antichi egli è avvezzo a consegnare talvolta il proprio scudo e le proprie armi e ad accettare, volontariamente e per suo piacere, di essere conquistato e costretto, ogniqualvolta la vigilanza, la prigione o le catene lo soddisfacevano (…) Lascerò agli storici il compito di descrivere la fama che il nostro ospite ha acquisito con le sue imprese guerresche. Potranno dire: è attraverso di lui che tutti gli eserciti conquistano, che tutti i generali vincono, che tutti i re governano, senza il suo aiuto nessuno ha mai portato a casa in trionfo un  prigioniero (…) Gli ammiratori della grandezza romana potranno dire: è il progenitore dei re Romolo e Remo, il protettore dell’Urbe e dei Quiriti, il sostegno dell’impero; col suo favore i romani istituirono, incrementarono e perfezionarono la disciplina militare e assoggettarono il mondo intero. Quindi, ora che è stato imprigionato, essi possono gioire della sua disfatta come di un felice auspicio per la casa d’Austria.

Da parte mia, lascerò questi argomenti per occuparmi di altri più adatti alle mie capacità, ma non mi soffermerò su quel campo della mia professione dove potrei suscitare l’antagonismo dei miei colleghi; essi potranno rallegrarsi, a loro modo, del fatto che è stato legato dalle catene del Calcolo, che così spesso si è sottratto alle loro mani e ai loro occhi, e che usava fare inutili profezie di grande importanza sulla guerra, la vittoria, l’impero, le onorificenze militari, gli alti uffici, i giouochi, e persino sulla durata della vita. Possono congratularsi con Vostra Maestà del fatto che il governatore delle geniture è stato sopraffatto, o per meglio dire portato dalla nostra parte. Secondo loro, infatti, Marte governa nello Scorpione quando occupa il cuore del cielo; è esaltato quando si alza il Capricorno; nel Cancro, la casa della Luna, ama gettare il dado nel gioco trigonico; è quasi di casa nel Leone dove si dice risieda il Sole; infine, è anche signore dell’Ariete che, secondo loro, governa la Germania, e quindi qui è anche sovrano, fianco a fianco con Vostra Maestà (…) E’ il potente conquistatore dell’intelligenza umana, che si fa beffe delle imprese degli astronomi, sfasciando i loro strumenti e abbattendo le truppe ostili. Tenne al sicuro il segreto della sua sovranità per secoli, seguendo il proprio corso molto liberamente e senza restrizioni, tanto che il sommo sacerdote della natura, il più famoso dei latini, Gaio Plinio, espresse questa particolare lagnanza: Marte è una stella inosservabile (…)

Quando però il nemico vide che io persistevo nei miei tentativi e che non era pià al sicuro in nessuna parte del suo regno, volse l’animo suo a scopi pacifici. Mi inviò Madre Natura con l’ammissione della mia vittoria, e dopo aver negoziato un accordo di libertà condizionata, in breve tempo, con grande alacrità, passò nel mio campo insieme ad Aritmetica e Geometria (…) Una sola  cosa chiede a Vostra Maestà: egli ha molti parenti nelle regioni eteree; Giove è suo padre, Saturno suo nonno, Venere sua sorella e al tempo stesso sua amante, e conforto unico durante la prigionia; Mercurio è suo fratello e fedele agente. Di tutti egli prova la più viva mancanza, ed essi di lui, poiché hanno comuni abitudini, e inoltre egli desidera che anch’essi, al pari di lui, abbiano a che fare con l’uomo e partecipino dell’onore a lui conferito. Voglia Vostra Maestà riunirli al più presto portando a termine, energicamente, una campagna che, dopo la sua resa, non presenta altri pericoli. Per questo scopo io offro a Vostra Maestà i miei sempre fedeli servigi, non del tutto inutili, credo, data la familiarità che ho con il più combattivo dei nemici e la conoscenza del territorio. Prego, dunque, e supplico Vostra Maestà (…) di ordinare ai responsabili del Tesoro di tener conto della durezza della guerra e di mettere a mia disposizione nuovo denaro per l’arruolamento delle reclute.

 

 

Gli astri reggitori del mondo sublunare (Bonincontri, De rebus coelestibus )

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In principio, per imporre alla volta celeste le sue leggi e dare un limite alla mole operosa del mondo, il Padre onnipotente stabilì alte nel cielo le stelle e i pianeti erranti, assegnandol loro un nome e un movimento ordinato. Ad essi affidò il potere sulla natura, affinché ogni cosa al mondo rispettasse un ritmo preciso: sottopose al variare degli astri le forme stabili della Terra, legandole inoltre agli eterni moti del cielo, affinché le cose non potessero cambiare spotnaneamente figura e destino. E sottopose al polo celeste le terre, il mare, i fiumi e il fuoco, e la sfera dell’aria, i venti e le erbe rigogliose, e tutto ciò che producono i semi della terra. Per messo di questi [i moti del cielo] plasmò i caratteri e i corpi degli uomini, fissò le loro fortune e vicende, la vita e il giorno estremo, l’avvicendarsi del Fato e la fine del loro patire. Poiché gli piacque che tutto si muovesse secondo leggi rigorose, è bene conoscere i segreti della sfera celeste, e rivolgere lassù le forze migliori della mente.

 

 

Le parole di Dio agli astri (Giovanni Pontano, poeta latino del XVI secolo)

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Vi è, nell’immensità del mondo, una regione lontana, vasta e inaccessibile, inesplorata dall’uomo e chiusa ai nostri sensi. Qui è l’augusta dimora di Dio, dove egli convoca a volte i superni per dare leggi e trattare i pubblici affari. Siede, in mezzo, l’Onnipotente, alla sua destra è la Sapienza, alla sinistra l’Amore, tre divinità su un solo trono. Ai loro piedi la Natura potente, il Tempo e il Luogo, e la Fortuna mutevole, e l’immutabile Ordine. Quindi gli altri numi superni, disposti in ordine acconcio

 

Quando dunque gli dèi, secondo il comando, si furono riuniti in lunga schiera, pronti nel cuore e nei mezzi, a impazienti di raccogliere il segnale, ascoltavano tutti intenti gli ordini, il Padre celeste tranquillamente parlò dall’alto trono: "Tutto ciò che ho creato, o dei superni, mi rallegra; né mai ci pentiremo della decisione presa e dell’opera nostra

 

Bisogna dunque condurre a termine l’immagine del mondo inferiore, poiché restano ancora tre generi di cose da portare alla luce, né è lecito a Dio trattare con le sue mani cose mortali. Orsù dunque, salite al più presto sui rapidi carri e date principio alla creazione terrena e a tutte le specie viventi

 

Preoccupatevi anzitutto di plasmare ad arte le membra ben tornite degli uomini, e di renderle adatte ad assorbire l’alito etereo dell’anima, seme divino, tratto dal fuoco celeste. Questi imparino a fondare città per le genti, quelli a istituire leggi; questi ad accrescere la gloria dell’Impero e quelli a dare nomi alle cose, a perseguire la giustizia e ad affrontare i pericoli

 

Elargite intanto, benevoli, le cose necessarie alla vita, e infiammate alla lode gli animi più nobili, affinché riconoscano il signore celeste, e ricerchino la loro vera patria e la stirpe che li ha generati, e mirino agli alti templi del cielo. Memori del loro autore pratichino la giustizia e la pietà e imparino a onorare gli dèi, amanti della pace. Così ho deciso, e così il mio volere segua ordinato il suo corso." Disse, e il suo comando scosse il vasto Olimpo.

 

 

L’esilio di Matteo Ricci (da Spence, The Memory Palace of Matteo Ricci , pag. 55)

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In this life sentence, Ricci could only observe and wait, drawing what consolation he could from his order's founder, Ignatius of Loyola, whose metaphors in the supplement to the Spiritual Exercises as to how the devil might strike were couched in suitably military terms. The enemy of Christ, Ignatius wrote, acts "like a leader intent upon seizing and plundering a position he desires. A commander and leader of an army will encamp, explore the fortifications and defenses of the stronghold , and attack at the weakest point". Ricci might feel that the new theological formulations of the Council of Trent provided the "fortifications" that could brace and prepare one for such an assault. But the enemy was also "like a woman", wrote Ignatius, yielding if sure of being overwhelmed but full of "anger, vindictiveness, and rage" if the man began to waver : "If one begins to be afraid and to lose courage in temptations, no wild animal on earth can be more fierce than the enemy of our human nature. He will carry out his perverse intentions with consummate malice". This battle could not but be more lonely and protracted than the major sieges launched during full-dress campaigns; one can only guess at the levels of endurance Ricci needed in this protracted war of spiritual attrition , when so often the Chinese en masse must have seemed the enemy. He tells us how he watched as Chinese passengers and crew on a river boat joined together in throwing his baggage onto the shore because his travel papers were not in order, of the sound of an endless rain of stones on the roof of his house in Zhaoqing, thrown by schoolboys from the commanding elevation of a nearby tower, of the dejection felt after a chinese crowd playing musical instruments and shouting their victory cries smashed his doors windows, and furniture and tore down his newly erected garden fence. Was in through such small harassments  that the devil showed that "consummate malice" of which Ignatius spoke? If so, the challenge became to place one's own priorities within the context of the whole community, as Thomas Aquinas had argued with his usual good sense and sharply chosen metaphor in The Perfection of Spiritual Life : "The common good is, according to right reason, to be preferred to one's proper good. As a result, each member of the body is directed to the good of the whole by a natural instinct. An indication of this is that a person uses his hand to block a blow, in order to protect his heart or his head, on which his whole life may depend". That, too, was fine as long as natural instincts truly converged on a common goal that could be agreed to by all. It was the divisiveness and uncertainty that grew wearying, and though Ricci did not allow the language of quiet despair to mar the polished language of his Historia, it does break through in certain letters to his family, teachers, and friends. "This sterile land" (“questa sterilità”) he called China to Giulio Fuligatti; to other friends he described China as “questa rocca” or “un deserto sì lontano”, and the Chinese as “questa remotissima gente” among whom he felt "abandoned" or "cast off" (“bottato”). The Chinese marveled, he tolds his brother Orazio, that he was white-haired and while "not yet advanced in age should already look so old". "They do not know", he added, "that it is they who are the cause of these white hairs". In a letter of August 1595 to his superior in Macao, the Portuguese Edoardo de Sande, Ricci observed that God had chosen to give him twelve years of hardship and humiliation.

 

Nella sua condanna a vita, Ricci poteva solo osservare ed attendere, traendo quanta consolazione poteva dal fondatore del suo ordine, Ignazio di Loyola, le cui metafore nel supplemento agli Esercizi Spirituali circa I modo in cui il diavolo colpisce erano redatte in opportuni termini militari. Il Nemico di Cristo, aveva scritto Ignazio, agisce “come un condottiero volto a impadronirsi e saccheggiare una posizione che desidera. Un comandante e condottiero di un esercito si accamperà, esplorerà le fortificazioni e le difese della roccaforte, e attaccherà nel punto più debole”. Ricci sentiva che le nuove formulazioni teologiche del Concilio di Trento fornivano le “fortificazioni” che potevano sostenere e preparare per un tale assalto. Ma il nemico era anche “come una donna”, scriveva Ignazio, che cede se è sicura di essere sopraffatta, ma piena di “rabbia, spirito di vendetta e furia” se l’uomo inizia a vacillare: “se si comincia ad essere intimoriti e a perdere coraggio nelle tentazioni, nessun animale selvaggio sulla terra può essere più spietato che il nemico della natura umana. Egli porterà a termine le sue perverse intenzioni con consumata malizia”. Questa battaglia non poteva che essere più solitaria e protratta che i più grandi assedi lanciati durante campagne in piena regola; si può solo intuire il livello di pazienza di cui Ricci necessitava in questa guerra protratta di logoramento spirituale, quando così spesso i cinesi en masse devono essere sembrati il nemico. Egli ci parla di come fosse stato a guardare mentre passeggeri e ciurma di un battello fluviale si erano uniti nel gettare il suo bagaglio sulla spiaggia perché i suoi fogli di viaggio non erano in ordine, del suono incessante della pioggia di sassi sul tetto della sua casa a Zhaoquing, lanciati dagli scolari da una sovrastante torre vicina, della demoralizzazione provata dopo che una folla di cinesi, suonando strumenti musicali e lanciando urla di vittoria fracassò imposte e mobili e abbatté la sua nuova staccionata. Era attraverso queste piccole molestie che il diavolo mostrava quella “consumata malizia” di cui Ignazio parlava? Se così, la sfida poneva le priorità individuali nel contesto della intera comunità, come Tommaso d’Aquino aveva argomentato col suo usuale buon senso e acute metafore ne La Perfezione della vita spirituale: “Il bene comune è, secondo la giusta ragione, da preferirsi al proprio bene: quindi ogni membro del corpo è diretto al bene dell’intero organismo come spinto da istinto naturale. Una indicazione di questo è che una persona usa la mano per bloccare un colpo, per proteggere il cuore o la testa, da cui può dipendere la sua intera vita”. Anche questo andava bene, fintanto che gli istinti naturali convergevano realmente ad uno scopo comune che poteva essere condiviso da tutti. Era la divisione e l’incertezza che alla lunga sfinivano, e sebbene Ricci non permettesse al linguaggio della sommessa disperazione di rovinare quello rifinito della sua Historia, esso fa breccia in certe lettere alla sua famiglia, ai suoi insegnanti e amici. “Questa sterilità” egli chiamava la Cina con Giulio Fuligatti; ad altri amici descriveva la Cina come “questa rocca” o “un deserto sì lontano”, e i cinesi come “questa remotissima gente” tra cui egli si sentiva “abbandonato” o “bottato”. I cinesi si meravigliavano, disse al suo confratello Orazio, che avesse capelli bianchi e, pur non essendo di età non molto avanzata, sembrasse così vecchio. “Essi non sanno – aggiungeva – di essere la causa di questi capelli bianchi”. In una lettera dell’agosto 1595 al suo superiore a Macao, il portoghese Eduardo de Sande, Ricci osservava che Dio aveva scelto di dargli dodici anni di durezza e umiliazione.

 

La veglia notturna di Matteo Ricci in Shaozhou (da Spence, The Memory Palace of Matteo Ricci , pag. 261)

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Moved by a sudden impulse that night in 1591, Ricci took the oil painting of the Virgin Mary which he had received from the Philippines not long before and placed it upon the altar in the little Shaozhou church. Then he brought out all the candles he could find and lanterns of all shapes and sizes, and anything of glass that would reflect the light, and he hung them all around the walls and placed them on the altar flanking the picture. As these lights began to shine forth, a large crowd of Chinese gathered, first in curiosity, and then to jeer, and finally to throw stones. The lights shone forth as the crowd ripped the clothes off of Ricci's servants, who tried to chase them away. They shone as Ricci ran out to try to rescue the servants. And as he retreated back to the church in the face of the crowd's unwavering hostility the lights must have continued to shine, all around the Virgin Mary's picture, in their small corner of the nighttime city of Shaozhou, until the lamp oil and the candles were all burned out, or until Ricci had extinghished them, one by one.

 

Mosso da un improvviso impulso, quella notte del 1591, Ricci prese il dipinto ad olio della Vergine Maria che aveva ricevuto dalle filippine non molto tempo prima e lo pose sull’altare della piccola chiesa di Shaozhou. Tirò fuori tutte le candele che poté trovare e lanterne di ogni forma e dimensione, e qualsiasi oggetto di vetro che potesse riflettere la luce e le appese sui muri e sull’altare che fiancheggiava il dipinto. Come le luci iniziarono a splendere all’esterno, si radunò una grande folla di cinesi, prima spinti dalla curiosità, poi dallo scherno e infine per lanciare pietre. Le luci brillavano quando la folla stracciò le vesti dei servitori di Ricci che cercavano di disperderla. Brillavano quando Ricci uscì per soccorrerli. Quando si ritirò di fronte alla immutabile ostilità della folla le luci dovettero aver continuato a brillare, tutto intorno all’immagine della Vergine, nel loro piccolo angolo della notturna Shaozhou, fino a che l’olio delle lampade e le candele non furono esauriti o Ricci le spense ad una ad una.

 

La morte di Matteo Ricci (da Spence, The Memory Palace of Matteo Ricci , pag. 266)

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He stands on the threshold of the Memory Palace, in his embroidered shoes. The foot that he injured when jumping from the window, so long ago, pulses with pain.

In front of him, as far as the mind can travel, stretch the gleaming walls and colonnades, the porticoes and great carved doors, behind which are stored the images born of his reading, his experience, and his faith.

He sees the eunuch Ma Tang, suffused with anger, grasp the cross of carved wood to which the bleeding Christ is nailed. He hears the shouts of warning and the howling of the wind as the boat keels over, flinging both him and Joao Barrados into the water of the river Gan.

He smell the incense that curls up in the luxorious garden temple of Juyung. He tastes the homely food prepared for him by the poor farmers in their country dwelling near Zhaoquing.

He feels the touch of cheek on cheek as the dying Francesco de Petris throws his arms around his neck.

He has gone farther than he expected into unknown terrain and is not sure how easy it will be to return, should he choose to.

Facilis descensus averni he writes to Giulio Fuligatti, his school friend with whom once he learned the lines sed revocare gradum superasque evadere ad auras.

The words are Virgil's, from book 6 of the Aeneid, and he condenses slightly since he is in a hurry, and quoting from memory the verses he chanted as a child:

 

The way downward is easy from Avernus.

Black Dis's door stands open night and day.

But to retrace your steps to heaven's air.

There's the trouble, there is the toil.

 

It is the warning spoken by the Cumaean Sybil as Aeneas seeked permission to go down to the underworld in search of his dead father.

In his pictures, sharply carved, the apostle Peter flounders in the waves, the two disciples pause at Emmaus, the men of Sodom tumble to the ground. In the reception hall the images hold their places: the grappling warriors, the huihui woman, the farmer who is his name.

"It often happens", he writes, "that those who live at a later time are unable to grasp the point at which the great undertakings or actions of this world had their origin. And I, constantly seeking the reason for this phenomenon, could find no other answer than this, namely that all things (including those that come at last to triumph mightily) are at their beginnings so small and faint in outline that one cannot easily convince oneself that from them will grow matters of great moment”.

He stand on the threshold, a heavy, bearded man, in his robe of purple silk trimmed with blue. The Memory Palace is silent. Behind him wait two women, each cradling a child in her arm. One woman wears a long embroidered dress of extraordinary beauty. Her hair and shoulders are covered by a flowing shawl . She holds a rose. The other wears the simple garb of a servant girl, and her hair is gathered in two tufts to mark her youth and lowly station.

“Though still a young man,” he writes to Gian Pietro Maffei, his friend and chronicler of Christendom expansion, “I have already taken on the trait of the elderly, who are always praising time past”.

The two children watch him. One raises his small right hand in blessing; the other reaches out his arms to play. Through the quiet air, confusedly, comes a murmur of sound from the streets of Peking.

He closes the door.

 

Egli sosta sulla soglia del Palazzo della Memoria, con le sue pantofole ricamate. Il piede ferito dal salto da una finestra, così tanto tempo addietro, pulsa di dolore.

Di fronte a lui, per quanto la mente possa viaggiare, si stendono le mura lucenti e i colonnati, i portici e le grandi porte scolpite, dietro cui sono conservate le immagini nate dalle sue letture, dalle sue esperienze, dalla sua fede.

Rivede l’eunuco Ma Tang, invaso dalla rabbia, afferrare la croce di legno scolpito a cui è inchiodato il Cristo sanguinante. Ode le urla di avvertimento e l’ululato del vento nel momento in cui la chiglia del battello si rovescia, scagliando lui e Joao Barrados nelle acque del fiume Gan.

Annusa l’incenso che sale in spirali nel magnifico tempio giardino di Juyung.

Assapora il cibo casalingo preparato per lui da poveri contadini nella loro dimora rurale nei dintorni di Zhaoquing.

Sente il tocco della guancia contro la guancia nel momento in cui Francesco de Petris morente gli getta le braccia al collo.

E’ andato più in là di quanto si aspettasse, in una terra incognita, e non è sicuro della facilità del ritorno, se lo decidesse.

“Facilis descensus Averni” scrive a Giulio Fuligatti, il suo amico di scuola col quale ha imparato i versi, “sed revocare gradum superasque evadere ad auras”.

Le parole sono prese da Virgilio, dal sesto libro dell’Eneide, ed egli le condensa leggermente, perché ha fretta, citando a memoria i versi che cantava da bambino: 

 

La via in discesa verso l’Averno è facile

Le nere porte di Dite stanno aperte notte e giorno

Ma ritrovare i tuoi passi verso il cielo e l’aria aperta

Ecco la cosa difficile, ecco il travaglio

 

E’ l’ammonimento della Sibilla cumana ad Enea che chiede il permesso di recarsi nel mondo sotterraneo in cerca di suo padre.

Nelle incisioni a tinte forti che egli utilizzò  per i cinesi l’apostolo Pietro si dibatte tra le onde, i due discepoli si fermano ad Emmaus, l’uomo di Sodoma stramazza al suolo. Nel salone del Palazzo della Memoria vi sono ancora le immagini che egli vi ha posto: i guerrieri avvinghiati, la donna di razza huihui, l’agricoltore che, per un gioco di simboli, rappresenta il suo nome.

“Spesso capita”, egli scrive, “che quelli che vengono dopo non sono in grado di afferrare il punto nel quale le grandi imprese o azioni di questo mondo hanno la loro origine. E io, cercando costantemente la ragione di questo fenomeno, non trovo altra risposta che questa, che tutte le cose, comprese quelle destinate a un grande trionfo, sono all’inizio di aspetto così piccolo e dimesso che non è facile convincersi che da esse nasceranno grandi cose.

Egli sosta sulla soglia, u uomo corpulento con la barba, nel suo abito di seta rossa bordato di blu. Il Palazzo della Memoria è silenzioso. Dietro di lui attendono due immagini di donna, entrambe con un bimbo cullato tra le braccia. Una donna indossa un lungo abito ricamato di straordinaria bellezza. I suoi capelli e spalle sono coperti da un lungo scialle. Ha una rosa in mano. L’altra ha la semplice veste di una domestica e i suoi capelli sono raccolti in due trecce, ad indicare la sua giovinezza e la sua condizione subordinata.

“Sebbene ancora giovane”, egli scrive a Gian Pietro Maffei, suo amico e cronista della espansione della Cristianità, “ho già assunto l’atteggiamento degli anziani, che lodano continuamente il passato”.

I due bimbi lo guardano. Uno leva la sua piccola mano per benedire; l’altro gli protende le braccia per giocare. Attraverso l’aria immobile, confusamente, arriva il mormorio dei suoni delle strade di Pechino.

Egli chiude la porta.

 

Blaise Pascal, Sugli spazi infiniti (Pensées)

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Le silence éternel de ces espaces infinis m’effraie

 

 

John Donne, Sonetti sacri, X

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Non andar fiera, morte, se anche c’è

chi ti ha detto terribile e potente – tu non lo sei.

Dopo breve sonno all’eternità ci desteremo,

senza più morte, Morte morrai.

 

 

John Donne, elegia Il primo anniversario

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L’umanità decade così rapidamente che siamo a malapena le ombre dei nostri padri a mezzogiorno. Solo la morte aggiunge qualcosa alla nostra altezza, né in statura cresciamo tanto da essere uomini, finché non siamo niente.

 

 

John Donne, Nessun uomo è un’isola

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Nessun uomo è un’isola, fine a se stessa. Ogni uomo è una parte del Continente, una parte del Tutto"

 

 

Thomas Vaughan (1622-1695), L’altra notte vidi l’eternità  (poesia The world )

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I saw eternity the other night,

Like a great ring of pure and endless light,

All calm, as it was bright;

And round beneath it, Time in hours, days, years

Driv'n by the spheres

Like a vast shadow mov'd; in which the world

And all her train were hurl'd.

The doting lover in his quaintest strain

did there complain;

Near him, his lute, his fancy, and his flights,

Wit's sour delights;

With gloves, and knots, the silly snares of pleasure,

Yet his dear treasure,

All scatter'd lay, while he his eyes did pour

Upon a flow'r.

 

L’altra notte vidi l’eternità

Come un grande circolo di luce pura ed infinita

Tutta calma quanto era lucente;

Ed intorno e sotto a lei il tempo in ore, giorni ed anni

Spinto dalle sfere

Si muoveva come una grande ombra; nella quale il mondo

E tutto il suo corteggio erano trascinati.

 

 

Upon Time and Eternity , John Bunyan (1628-1688), A Book for Boys and Girls: or, Country Rhimes for Children

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Eternity is like a Ring.

Time, like to Measure, doth it self extend;

Measure commences, is a finite thing.

The Ring has no beginning, middle, end.

 

 

Khunrath, L’oro dei filosofi (Amphitheatrum Sapientiae Aeternae)

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L’ho visto con i miei occhi, l’ho toccato con le mie mani, l’ho gustato con la mia lingua, l’ho annusato colle mie narici; oh quanto è ammirevole Dio nelle sue opere!

 

 

Isaac Newton, L’ordine dell’universo (dai Philosophiae Naturalis Principia Mathematica )

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Questa elegantissima compagine del Sole, dei pianeti e delle comete non può nascere senza il disegno e la potenza di un ente intelligente e potente (…) Egli regge tutte le cose non come anima del mondo ma come signore dell’universo. E a causa del suo dominio suole essere chiamato Signore-Dio, παντοχρατορ.

 

 

Isaac Newton, Le vette del pensiero

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Se sono potuto salire così in alto è perché ero sulle spalle di giganti.