ANTOLOGIA
DI BRANI SPIRITUALI mistici e filosofi occidentali dei
secoli XV-XVII |
❍ L’amore che trabocca (Michelangelo, Madrigale 1511 ca.)
❍ Solo un breve momento si regge in
perfezione (William Shakespeare, Sonetti)
❍ Immortalis ero (dal testo alchemico Chymica Vannus )
❍ Il trionfo del caos (Alexander Pope, The dunciad)
❍ La
tenebra e la luce (Book of Common Prayer,
CXXXIX,8)
❍ La passione di Faust (Marlowe, Faust )
❍ Il
grido di Faust prossimo alla dannazione (Marlowe, Faust V,2,1939)
❍ Il grido di desiderio di
Tamerlano il Grande (Marlowe, Tamburlain
the Great I,II,7,21-29)
❍ I demoni della melancolia
(Cornelio Agrippa von Nettesheim, De Occulta Philosophia )
❍ Oh, let
my lamp at midnight hour (Milton, Pensieroso )
❍ Him
that you soars on golden wings (Milton, Pensieroso )
❍ Il furore
per la verità (John Dee, A Letter,
Containing a… Discourse Apologetical )
❍ La casa di Alma (John Spenser, Faerie Queene II,IX,22)
❍ George Chapman, The shadow of night (strofe dall’Hymnus in Noctem e dall’Hymnus in Cynthium)
❍ La vita dell’uomo (Thomas Hobbes, Leviatano )
❍ La
putrefazione alchemica (Le Secret Livre
)
❍ Teresa
d’Avila, Canto a Gesù crocifisso
❍ Teresa d’Avila, La guerra
contro le forze infernali (Cammino di
perfezione, III,1)
❍ La visione dell’inferno (Teresa
d’Avila, Vita, 32)
❍ Il cammino al luogo nascosto di Dio
(Giovanni della Croce)
❍ Anonimo Fiammingo (XV secolo)
❍ L’invocazione
a Giove (Picatrix, manuale
astrologico-magico del XIII secolo)
❍ Invocazione del teurgo
all’arcangelo solare (Pietro d’Abano, Elementi
magici )
❍ Leonardo
da Vinci, macrocosmo e microcosmo (Codice
A, folio 55v)
❍ Pico
della Mirandola, Oratio de hominis
dignitate
❍ La Grammatica Universale (Henry Percy,
nono Conte di Northumberland, a suo figlio)
❍ Francesco Bacone, Novum Organum, XLIX
❍ Keplero, La ricerca delle
armonie geometriche (Mysterium
Cosmographicum )
❍ Gli astri reggitori del mondo
sublunare (Bonincontri, De rebus
coelestibus )
❍ Le parole di Dio agli astri (Giovanni Pontano,
poeta latino del XVI secolo)
❍ L’esilio di
Matteo Ricci (da Spence, The Memory
Palace of Matteo Ricci , pag. 55)
❍ La morte di Matteo Ricci (da Spence, The Memory Palace of Matteo Ricci , pag.
266)
❍ Blaise Pascal, Sugli spazi infiniti (Pensées)
❍ John Donne, Sonetti
sacri, X
❍ John Donne, elegia Il primo anniversario
❍ John
Donne, Nessun uomo è un’isola
❍ Thomas Vaughan (1622-1695), L’altra notte vidi l’eternità (poesia The
world )
❍ Khunrath, L’oro dei filosofi (Amphitheatrum Sapientiae Aeternae)
❍ Isaac
Newton, L’ordine dell’universo (dai Philosophiae
Naturalis Principia Mathematica )
❍ Isaac Newton, Le vette del pensiero
❍ L’amore che trabocca
(Michelangelo, Madrigale 1511 ca.)
Come mi passa el core
chi non par che mi tocchi?
Che cosa è questo, Amore,
c’al core entra per gli occhi,
per poco spazio dentro par che cresca?
E s’avvien che trabocchi?
❍ Solo un breve momento si regge in perfezione (William Shakespeare, Sonetti)
Quando considero che tutto ciò che cresce
solo un breve momento si regge in
perfezione,
che questo immenso palcoscenico presenta
solo apparenze
su cui le stelle con segreto influsso fanno
commenti;
quando percepisco che gli uomini come
piante si ingrandiscono,
incoraggiati e contrastati dal medesimo
cielo,
si vantano della loro giovane linfa, in
vetta decrescono,
e consumano il loro superbo stato al di là
della memoria;
allora il pensiero di questo incostante
stare
ti pone ricchissimo di giovinezza davanti
alla mia vista,
dove il Tempo devastatore dibatte con
Rovina
per mutare il tuo giorno di giovinezza in
lurida notte;
e in piena guerra col tempo, per amor tuo,
di quanto egli ti toglie io ti innesto
nuovo.
❍ Immortalis ero (dal testo alchemico Chymica Vannus )
Immortalis ero, si modo pergat
ita
Immortale
sarò, solché si continui così”
❍ Il trionfo del caos (Alexander
Pope, The dunciad)
Lo!
thy dread empire, Chaos! is restor’d
Light
dies before thy uncreating word;
Thy
hand, great Anarch! lets the curtain fall,
And
universal darkness buries all
Ecco!
Il temuto impero tuo, Caos!, è restaurato;
muore
la luce innanzi al tuo verbo infecondo.
Il
velo la tua mano fa cader, grande Anarca,
e
l’universo buio ricopre infine il mondo.
❍ La tenebra e la luce (Book of Common Prayer, CXXXIX,8)
If
I say, Peradventure the darkness shall cover me: then shall my night be turned
to day.
Yea,
the darkness is no darkness with Thee, but the night is as clear as the day:
the darkness and light to Thee are both alike.
Se
dico che la tenebra forse mi ricoprirà, allora la mia notte si trasformerà in
giorno.
Sì,
la tenebra non è tenebra con te, ma la notte è chiara come il giorno:
l’oscurità e la luce per te sono identiche
❍ La passione di Faust (Marlowe, Faust )
Philosophy
is odious and obscure,
Both
Law and Physicke are for petty wits:
Divinitie
is basest on the three,
Unpleasant,
harsh, contemptible and vilde:
‘Tis
magick, magick, that has ravisht me
Will
be as cunning as Agrippa was
Whose
shadows made all Europe honour him
Odiosa,
oscura è la filosofia
legge,
arte medica, roba da ingegni magri;
e
peggio ancora la teologia,
aspra,
spiacevole, disprezzabile e vile;
ma
la magia, quella, mi rapisce
Sarò
provetto almeno quanto Agrippa
di
cui l’intera Europa ammira le ombre [immagini magiche]
❍ Il grido di Faust prossimo alla
dannazione (Marlowe, Faust V,2,1939)
See
see where Christs bloud streames in the firmament
Guarda,
il sangue di Cristo che inonda il cielo!
[illicit
things] whose deepnesse doth intice such forward wits,
To
practise more then heavently power permits.
[Le
cose illecite] I cui segreti inducano gli ingegni audaci
a
fare più di quanto il cielo approva
❍ Il grido di desiderio di
Tamerlano il Grande (Marlowe, Tamburlain
the Great I,II,7,21-29)
Our
soules, whose faculties can comprehend
The
wondrous Architecture of the world:
And
measure every wandring plannets course:
Still
climing after knowledge infinite,
And
alwaies mooving as the restles Spheares,
Will
us to weare our selves and never rest,
Until
we reach the ripest fruit of all,
That
perfect blisse and sole felicities,
The
sweet fruition of an earthly crowne.
L’anima
nostra, le cui facoltà intendono
l’architettura
stupenda del mondo,
e
misurano il corso dei pianeti,
sempre
salendo a una scienza infinita,
sempre
muovendosi come le sfere inquiete,
vuole
che ci esauriamo, senza riposo,
fino
a raggiungere il frutto più maturo,
perfetta
gioia, sola felicità,
dolce
fruizione di una corona in terra.
Sit
Jessica, – look how the floor of heaven
Is
thick inlaid with patens of bright gold,
There’s
not the smallest orb which thou behold’st
But
in his motion like an angel sings,
Still
quiring to the young-eye’d cherubins:
Such
harmony is in immortal souls,
But
whilst this muddy vesture of decay
Doth
grossly close it in, we cannot hear it.
Siedi,
Gessica, guarda come il pavimento del cielo è tutto costellato di stateri d’oro
scintillanti; e neanche uno, neanche il più piccino, di questi globi, che non
percorra l’orbita sua cantando come un angelo in coro coi cherubini dagli occhi
novelli. E la stessa armonia è anche nelle anime nostre immortali; ma finché
sono chiuse in questi nostri rozzi cofani d’argilla, non la possiamo sentire.
❍ I demoni della melancolia (Cornelio Agrippa von
Nettesheim, De Occulta Philosophia )
L’humor melancholicus, quando s’infiamma e prende ardore, genera il
delirio (furor) che ci conduce alla
sapienza e alla rivelazione, specialmente se si combina a influssi celesti e
soprattutto a quelli di Saturno… Perciò Aristotele nei Problemata dice che attraverso la melanconia alcuni uomini sono
diventati esseri divini, capaci di predire il futuro come le Sibille… mentre
altri sono divenuti poeti… e afferma inoltre che tutti gli uomini che si sono
distinti in qualche branca della consocenza sono generalmente stati
melanconici.
Inoltre, questo humor melancholicus ha un potere tale,
dicono, da attrarre certi demoni nei nostri corpi, tramite la cui presenza e
attività gli uomini cadono in estasi e pronunciano molte cose meravigliose… Ciò
accade in tre forme differenti che corrispondono alle tre facoltà della nostra
anima, cioè l’immaginazione (Imaginatio),
la ragione (ratio) e l’intelletto (mens). Poiché quando è resa libera dall’humor melancholicus, l’anima è
completamente concentrata nell’immaginazione,
e diviene immediatamente sede dei demoni inferiori, da cui spesso riceve
istruzioni meravigliose nelle arti manuali: così vediamo un uomo del tutto
inesperto diventare improvvisamente pittore o architetto, o maestro
assolutamente eccellente in qualche altro genere di arte; se demoni di questo
tipo ci rivelano il futuro, ci mostrano vicende relative a catastrofi o
disastri naturali, per esempio bufere, terremoti, tempeste che si approssimano,
o minacce di peste, carestia e devastazione… Ma quando l’anima è completamente
concentrata nella ragione, diviene
sede dei demoni intermedi: per loro tramite raggiunge la conoscenza delle cose
naturali e umane; così vediamo un uomo diventare improvvisamente filosofo,
fisico, oratore; e degli eventi futuri esi ci mostrano ciò che si riferisce
alla rovina dei regni e al ritorno delle epoche, profetizzando nello stesso
modo della Sibilla ai romani… Ma quando l’anima si eleva completamente
all’intelletto diviene la dimora dei demoni superiori, dai quali apprende i
segreti delle cose divine, come ad esempio la legge di Dio, la gerarchia
angelica e ciò che si riferisce alla conoscenza delle realtà eterne e della
salvezza dell’anima; degli eventi futuri essi ci mostrano per esempio prossimi
prodigi, miracoli, l’avvento di un profeta o l’emergere di una nuova religione,
proprio come la Sibilla profetizzò Gesù Cristo molto tempo prima che egli
apparisse.
❍ Oh, let my lamp at midnight hour
(Milton, Pensieroso )
Oh,
let my lamp at midnight hour
Be
seen in some high lonely tower,
Where
I may oft outwatch the Bear,
With
thrice great Hermes, or unsphere
The
spirit of Plato to unfold
What
worlds or what vast regions hold
The
Immortal mind that hath forsook
Her
mansion in the fleshly nook;
And
of those demons that are found
In
fire, air, flood, or underground,
Whose
power hath a true consent
With
planet or with element.
Oppure
lascio, che la mia lucerna a mezzanotte
dalla
vetta si scorga di torre alta e solinga
là
dove spesso m’è dato oltre l’Orsa vegliare
con
Hermes Trismegisto, o perseguire
di
Platone lo spirito, sì che riveli
in
quali mondi o vasti spazi abiti
l’immortal
mente, poi che abbia lasciato
sua
dimora in questo rifugio di carne.
O
di quei demoni, mi parli, che si trovano
nel
fuoco, nell’aria, nei flutti o sotto terra;
il
cui potere trova fedel consenso
presso
i pianeti o presso gli elementi.
❍ Him that you soars on golden wings (Milton, Pensieroso
)
Him
that you soars on golden wing,
Guiding
the fiery wheeled throne
The
Cherub Contemplation
Colui
che volando su l’ali sue d’oro
gli
angeli guida in infocato cerchio:
il
cherubino della contemplazione.
❍ Il furore per la verità (John
Dee, A Letter, Containing a… Discourse
Apologetical )
[Dalla giovinezza in poi è
piaciuto all’Onnipotente] instillare nel mio cuore uno zelo e un desiderio
insaziabili di conoscere la verità, e in lui, e da lui, volli cercare
incessantemente e parimenti ascoltare, seguendo il vero metodo filosofico e
l’armonia: procedendo e ascendendo… gradatim dalle cose visibili a considerare
le realtà invisibili; dalle cose corporee per concepire le realtà spirituali;
dalle cose transeunti e contingenti, per meditare sulle realtà immutabili;
dalle cose immutabili… per avere qualche percezione dell’immortalità. E per
concludere, molto in breve, dal quadro meravigliosissimo dell’universo intero,
considerato filosoficamente e attentamente percorso, enumerato e misurato… con
la fede più profonda per amare, onorare e glorificare sempre il suo Architetto
e Creatore.
❍ La casa di Alma (John Spenser, Faerie Queene II,IX,22)
The
frame thereof seemed partly circulare,
And
part triangulare, O worke divine;
Those
two the first and last proportions are,
The
one imperfect, mortall, foeminine:
Th’other
immortall, perfect, masculine,
And
twixt them both a qudrate was the base
Proportioned
equally by seven and nine:
All
which compacted made a goodly diapase.
La
sua pianta sembrava in parte circolare
e
in parte triangolare, oh opera divina!
Quelle
due proporzioni sono la prima e l’ultima,
l’una
imperfetta, mortale, femminile,
l’altra
immortale, perfetta, maschile,
e
la base fra le due era un rettangolo
dalle
proporzioni regolari di sette e di nove:
e
tutto questo insieme componeva una stanza perfetta
❍ George Chapman, The shadow of night (strofe dall’Hymnus in Noctem e dall’Hymnus in Cynthium))
Now
let humour give
Seas
to mine eyes, That I may quicklie weepe
The
shipwracke of the world: or let soft sleepe
(Binding
my senses) lose my working soule,
That
in her highest pitch, she may controle
The
court of skill, compact of misterie,
Wanting
byt franchisement and memorie
To
reach all secrets
All
you possest with indepressed spirits,
Indu’d
with nimble and aspiring wits,
Come
consecrate with me, to sacred Night
Your
whole endeuors, and detest the light…
No
pen can any thing eternal write,
That
is not steept in humour of the night.
Mens
faces glitter, and their hearts are blacke,
But
thou (great Mistresse of heauens gloomie racke)
Art
blacke in face, and glitterst in thy heart.
There
is thy glorie, riches, force, and Art.
And
as when hosts of starres attend thy flight,
(Day
of deepe students, most contentfull night)
The
morning (mounted on the Muses stead)
Ushers
the sonne from Vulcan’s golden bed,
And
then from forth their sundries roofes of rest,
All
sorts of men, to sorted taskes addrest,
Spread
this inferiour element: and yeeld
Labour
his due: the souldier to the field,
States-men
to counsell, Iudges to their pleas,
Merchants
to commerce, mariners to seas:
All
beasts and birds, the groues and forrests range,
To
fill all corners of this round exchange,
Till
thou (deare Night, o goddesse of most worth)
Lets
thy sweet seas of golden humor forth
And
Eagle-like doth with thy starrie wings,
Beate
in the foules and beasts to Somnus lodgings,
And
haughtie Day to the infernall deepe,
Proclaiming
silence, studie, ease and sleepe.
Fall
Hercules from eauen in tempestes hurld,
And
cleanse this beastly stable of the world:
Or
bend thy brasen bow against the Sunne…
Now
make him leaue the world to Night and dreames.
Neuer
were vertues labours so enuy’d
As
in this light: shoote, shoote, and stoope his pride
Suffer
no more his lustful rayes to get
The
Earth with issue: let him still be set
In
Somnus thickets: bound about the browes,
With
pitchie vapours, and with Ebone bowes.
And
as heauens Geniall parts were cut away
By
Saturnes hands, with a adamantine Harpey…
So
since that adamantine powre in giuen
To
thy chast hands, to cut of all desire
Of
fleshly sports, and quench to Cupids fire
Set
thy Christal, and Imperial throne…
(Girt
in thy chaste, and never-loosing zone)
Gainst
Europe’s Sunne directly opposite
And
give him darkness that doth threat thy light
Forme
then, twixt two superior pillars framed
This
tender building, Pax imperii named.
Then,
in thy clear and Isie Pentacle
Now execute a Magicke miracle
l’umore
conceda ora
mari
ai miei occhi, ché io possa presto piangere
il
naufragio del mondo; o il dolce sonno
(imprigionando
i miei sensi) smarrisca la mia anima laboriosa
che
nel suo più alto slancio possa controllare
il
campo della perizia, fitto di mistero,
bisognosa
solo di affrancarsi e di ricordare
per
raggiungere ogni segreto
Voi
tutti, animati da spiriti nobili,
dotati
di ingegni acuti e ambiziosi,
venite
a consacrare con me, alla sacra Notte,
tutti
i vostri sforzi, e detestare la luce…
Nessuna
penna può scrivere qualcosa di eterno,
se
non viene immersa nell’umore notturno
I
volti degli uomini risplendono, e i loro cuori sono neri,
ma
tu (grande Signora del cupo tormento celeste)
sei
nera in volto, e risplendi nel cuore.
Qui
sta la tua gloria, la tua ricchezza, la tua forza e la tua Arte.
E
come quando miriadi di stelle accompagnano il tuo volo,
(giorno
degli studiosi profondi, notte felicissima)
il
mattino (salito a prendere il posto delle Muse)
annuncia
il sole dal letto dorato di vulcano,
e
allora uscendo dai tetti sparsi del riposo,
uomini
di tutti i generi, dediti a lavori svariati,
diffondono
questo elemento inferiore, e rendono
il
tributo al lavoro: il soldato al campo, gli statisti al consiglio, i giudici
alle loro cause,
i
mercanti al commercio, ai mari i marinai.
Tutti
gli animali e gli uccelli popolano i boschi e le foreste,
per
riempire tutti gli angoli di questo scambio circolare,
finché
tu (cara notte, o dea venerabilissima)
lasci
effondere i tuoi dolci mari d’umore aureo
e
simile all’aquila, con le tue ali lucenti,
ricacci
gli uccelli e gli animali nelle dimore del Sonno,
e
l’altezzoso giorno nelle profondità infernali,
proclamando
il silenzio, lo studio, il riposo e il sonno.
Sbalzato
dalla tempesta, precipitati dal cielo, Ercole,
e
ripulisci questa lurida stalla del mondo:
oppure
piega il tuo arco bronzeo contro il Sole…
Fagli
ora lasciare il mondo alla Notte e ai sogni.
Mai
le fatiche della virtù furono così invidiate
come
in questa luce: colpisci, colpisci e arresta la sua superbia
non
tollerare più che i suoi cupidi raggi riescano a raggiungere
la
Terra. Rimanga ancora tramontato
nei
cespugli del Sonno, imprigionato presso le ciglia,
con
neri vapori e archi d’ebano.
E
poiché i celesti genitali furono recisi
dalle
mani di Saturno, con un’Arpia adamantina…
così
da allora è dato alle tue caste mani
quel
potere adamantino di recidere ogni desiderio
dei
piaceri carnali, e di spegnere il fuoco di Cupido
Rivolgi
il tuo imperiale trono di cristallo…
(fasciata
nel tuo casto, sempre annodato, cinto)
direttamente
contro il Sole d’Europa
e
oscuralo poiché minaccia la tua luce
Erigi
dunque, nella cornice di due superbe colonne,
questo
fragile edificio, che ha nome Pax imperii
Poi
nel tuo chiaro pentacolo di ghiaccio
opera
adesso un miracolo magico
❍ La
vita dell’uomo (Thomas Hobbes, Leviatano )
La vita dell’uomo è solitaria,
povera, sordida, bestiale e corta.
❍ La putrefazione alchemica (Le Secret Livre )
E in questa putrefazione e
risoluzione del corpo appariranno tre segni e cioè il color nero, la
discontinuità e separazione delle parti, e il fetore simile a quello dei
sepolcri.
❍ Teresa d’Avila, Canto a Gesù crocifisso
Non è affatto per il cielo che
hai promesso
e non è neppure l’inferno, con
i suoi terrori,
che mi fa allontanare dal
tradirti.
Non mi accordare nulla:
l’amore non ha bisogno di
speranza.
❍ Teresa d’Avila, La guerra contro le forze infernali (Cammino di perfezione, III,1)
Quando durante le operazioni
belliche i nemici hanno invaso tutto il paese, il signore della regione,
vedendosi perduto, si ritira in una città che fa solidamente fortificare; di là
piomba ogni tanto sugli avversari, e siccome quelli asserragliati nella rocca
sono gente scelta, fanno più loro da soli di quanto potrebbero fare molti
soldati se codardi. Così si conquista spesso la vittoria, o quanto meno,
sebbene non si guadagni la partita, non si è vinti; siccome infatti non vi sono
traditori ma sono tutte truppe selezionate, non possono prenderli che per fame.
Qui da noi, nemmeno la fame può essere sufficiente a farci arrendere: a morire
sì può condurci, ma non mai a restare vinti.
❍ La visione dell’inferno (Teresa
d’Avila, Vita, 32)
Un giorno, mentre ero in
orazione, mi trovai, ad un tratto, trasportata tutta intera nell’inferno, senza
saper come. Dio mi voleva far vedere il luogo che i demoni mi avevano
preparato. Fu una visione che durò pochissimo, ma vivessi anche molti anni, mi
sembra di non poterla affatto dimenticare.
L’ingresso mi pareva un
cunicolo molto lungo e stretto, simile a un forno assai basso, buio e angusto;
il suolo tutto una melma puzzolente piena di rettili schifosi. In fondo, nel
muro, c’era una cavità scavata a modo di nicchia, e in essa mi sentii
rinchiudere strettamente. E quello che allora soffrii supera ogni umana
immaginazione.
Sentivo nell’anima un fuoco che
non so descrivere, mentre dolori intollerabili mi straziavano il corpo. I più
atroci dolori che ho sofferto nella mia vita non sono nemmeno da paragonarsi a
quelli, specie al pensiero che quel tormento doveva essere senza fine e senza
mitigazione.
Ma anche questo era un nulla
innanzi all’agonia dell’anima. Era una oppressione, un’angoscia, una tristezza
così profonda, un così vivo e disperato dolore che non so come esprimere. Dire
che si soffrono continue agonie di morte è poco, perché almeno in morte pare
che la vita ci venga strappata da altri, mentre qui è la stessa anima che si fa
in brani da sé. Non so trovare espressioni né per quel fuoco interiore né per
la disperazionie che metteva il colmo a così orribili tormenti. Non vedevo chi
me li facesse soffrire, ma mi sentivo ardere e dilacerare, benché il supplizio
peggiore fosse il fuoco e la disperazione interiore.
Era un luogo pestilenziale, nel
quale non vi era speranza di conforto, né spazio per sedersi o distendesi,
rinserrata com’ero in quel buco praticato nella muraglia. Orribili a vedersi,
le pareti mi gravavano addosso, e mi pareva di soffocare. Non vi era luce, ma
tenebre fittissime. Eppure quanto poteva dar pena si vedeva ugualmente,
nonostante l’assenza della luce.
Sentir parlare dell’inferno è
niente. Quanto si medita sui tormenti dell’inferno, su quello che i demoni fan
soffrire, o che si legge nei libri, non ha nulla a che fare con la realtà,
perché totalmente diverso, come un ritratto e l’oggetto ritrattato. Il nostro
fuoco, paragonato a quello di laggiù è cosa assai lieve.
Rimasi spaventatissima e lo
sono tuttora mentre scrivo, benché siano passati già quasi sei anni, tanto da
sentirmi agghiacciare dal terrore qui stesso dove sono.
D’allora in poi, non vi fu
travaglio che non mi sia apparso leggero in paragone di un solo istante di
quanto là avevo sofferto.
❍ Il cammino al luogo nascosto di
Dio (Giovanni della Croce)
Questa
luce eccessiva della fede che è data all’anima è oscurità profonda, poiché
sopraffà ciò che è grande e si sbarazza di ciò che è piccolo, così come la luce
del sole sopraffà tutte le altre luci, in modo tale che quando risplende rende
impotente la nostra vista ed esse non sembrano affatto luci.
(Salita del monte Carmelo 2,3,1)
Cercalo
nella fede e nell’amore, senza desiderare di trovare soddisfazione in alcunché,
o di gustare o capire più di quello che è bene per te capire, poiché queste due
realtà sono guide per i ciechi e ti guideranno lungo una strada che tu non
conosci al luogo nascosto di Dio. Poiché la fede, che è il segreto di cui
abbiamo fatto menzione, è come i piedi con i quali l’anima viaggia verso Dio, e
l’amore è la guida che la dirige… Perciò tu non soffermarti né parzialmente né
totalmente su quello che capiscono le tue facoltà, voglio dire non essere mai
di buon grado soddisfatto di quello che tu comprendi di Dio, ma piuttosto di
quello che non comprendi di lui; e non fermarti mai ad amare e godere ciò che
senti o capisci riguardo Dio, ma ama e godi ciò che non puoi capire o sentire
riguardo a lui; poiché questo, come abbiamo detto, vuol dire cercare lui nella
fede. Essendo Dio inavvicinabile e nascosto, quanto più ti sembra di averlo
trovato e sentito e capito, tanto più devi ritenerlo nascosto e servirlo in
maniera nascosta, come uno che è nascosto
(Cantico spirituale B 1,12)
Quando
un palazzo (il centro dell’anima) viene spalancato, si può vedere tutt’a un
tratto e con un unico sguardo l’eminenza di colui che è dentro al palazzo, e
anche quello che sta facendo. Per quanto riguarda il risveglio e
l’illuminazione dell’anima, penso che trovandosi essa sostanzialmente in Dio,
come lo è ogni creatura, egli tolga da lei alcuni dei veli e delle tende che le
stanno davanti, in modo tale che possa vedere di quale natura egli è: e allora le
viene rivelato, ed essa è in grado di vedere (per quanto in modo un po’ oscuro,
poiché non tutti i veli sono stati tolti) il volto di lui che è pieno di
grazia, il volto di colui che, muovendo tutte le cose con la sua potenza,
mostra insieme sé e la sua opera, e quindi pare che si muova con le cose e
queste in lui, con un movimento continuo. Per questo l’anima crede che Dio si
sia mosso e risvegliato, mentre in realtà è lei che si è mossa e risvegliata.
(Fiamma viva d’amore 4,7)
❍ Anonimo Fiammingo (XV secolo)
Cristo non ha più mani,
ha soltanto le nostre mani
per fare oggi le nostre opere.
Cristo non ha più piedi,
ha soltanto i nostri piedi
per andare oggi agli uomini.
Cristo non ha più voce,
ha soltanto la nostra voce
per parlare oggi di sé.
Cristo non ha più forze
ha soltanto le nostre forze
per guidare gli uomini a sé.
Cristo non ha più vangeli
che essi leggano ancora,
ma ciò che facciamo
in parole e opere
è l’evangelo
che lo Spirito sta scrivendo.
Voi oggi siete prossimi
a dar battaglia ai vostri
nemici;
il vostro cuore non venga meno;
non temete, non vi smarrite
e non vi spaventate dinanzi a
loro,
perché il Signore vostro Dio
cammina con voi
per combattere per voi
contro i vostri nemici e per
salvarvi.
❍ L’invocazione a Giove (Picatrix, manuale astrologico-magico del
XIII secolo)
Il
tuo costume deve essere bianco e giallo. Sii umile e modesto, vestito come i
monaci e i cristiani, perché egli è il loro patrono. Fa’ tutto ciò che fanno i
cristiani e adotta il loro abbigliamento: un mantello giallo, una cintura e una
croce; aggiungi una bacchetta di cristallo, un burnus bianco e un turibolo.
Ricetta per l’incenso: sandracca, resina di storace, alcanna, legno di peonia,
la cui proprietà è che dovunque lo spezzi vi trovi una croce, giunco odoroso,
resina di pino, grani di ginepro; tutte queste sostanze nella stessa quantità.
Impastale di vino dopo averle triturate, fanne delle bacchette e servitene
quando ne avrai bisogno. Fa’ quanto ti ho detto a proposito di Saturno. Rivolgi
lo sguardo verso Giove e di’: Salve, o signore, sii benedetto tu, il felice, il
caldo, l’umido, il moderato, il bello, il sapiente, il veridico, che possiedi
la verità, la giustizia, l’equità, la pietà, il saggio e l’astinente.
❍ Invocazione del teurgo
all’arcangelo solare (Pietro d’Abano, Elementi
magici )
Conjuro
et confirmo super vos Angeli fortes Dei, et sancti, in nomine Adonay, Eye, Eye,
Eya, qui est ille qui fuit, est est erit, Eye, Abraye: et in nomine Sadday,
Cados, Cados, Cados, alte sedentis super Cherubin, et in nomine ipsius Dei
fortis, atque potentis, exaltatusque super omnes Coelos Eye, Seraye,
Plasmatoris saeculorum qui creavit mundum, coelum, terram, marem, et omnia quae
in iis sunt in primo die, et sigillavit eo sancro nomine suo Phaa : et per
nomina sanctorum Angelorum, qui dominantur in quarto exercitu et serviunt coram
potentissimo Salamia, Angelo Magno et honorato. Et per nominem stellae, quaes
est Sol, et per signum, et per immensum nominem Dei vivi et per nomina omnia,
conjuro te, Michael, Angele Magne, qui es praepositus diei Dominicae; et per
nominem Adonay, Dei Israel, qui creavit Mundum et quod in eo est, quod pro me
labores et adimpleas omnem meam petitionem; juxta meum velle et votum meum; in
negotio et causa mea.
❍ Leonardo da Vinci, macrocosmo e
microcosmo (Codice A, folio 55v)
L’omo
è detto da li antiqui mondo minore, e certo la dizione d’esso nome è bene
collocata, imperò che, sì come l’omo è composto di terra acqua aria e foco,
questo corpo della terra è il simigliante. Se l’omo ha in sé osso, sostenitori
e armadura della carne, il mondo ha i sassi, sostenitori della terra; se l’omo
ha in sé il laco del sangue, dove cresce e discresce il polmone nello alitare,
il corpo della terra ha il suo oceano mare, il quale ancora lui cresce e
discresce ogni sei ore per lo alitare del mondo; se dal detto lago di sangue
diriva vene, che si vanno ramificando per lo corpo umano, similmente il mare
oceano empie il corpo della terra d’infinite vene d’acqua.
❍ Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate
Ti
ho posto – dice il Creatore ad Adamo – al centro del mondo, perché tu meglio
scorgessi tutto ciò che è nel mondo. E ti ho plasmato né celeste né terreno, né
mortale né immortale, perché potessi essere libero e sovrano artefice di te
stesso. Potrai degenerare a bruto o rigenerarti ad angelo (…) I bruti hanno già
nel grembo della madre tutto ciò che devono avere, gli angeli sono fin dall’inizio,
o quasi, ciò che saranno per l’eternità. Tu solo possiedi uno sviluppo, una
crescita che segue il tuo libero arbitrio, e tu solo racchiudi in te semi
d’ogni specie e germi d’ogni vita.
Negli scritti degli arabi ho
letto, Padri venerandi, che Abdalla Saraceno, richiesto di che gli apparisse
sommamente mirabile in questa specie di teatro che è il mondo, rispondesse che
nulla scorgeva più splendido dell’uomo.
E con questo detto concorda
quel famoso di Ermete: "Grande miracolo è l’uomo, o Asclepio".
Ora mentre ricercavo il senso
di queste sentenze, non mi soddisfacevano gli argomenti che in gran numero
molti recano sulla grandezza della natura umana: essere l’uomo vincolo delle
creature, familiare a quelle superiori, sovrano di quelle inferiori, interprete
della natura per l’acume dei sensi, per l’indagine della ragione, per la luce
dell’intelletto, intermedio fra il tempo e l’eternità e, come dicono i
Persiani, copula anzi Imeneo del mondo, di poco inferiore agli angeli secondo
la testimonianza di David. Grandi cose, queste, certo, ma non le più
importanti, non tali, cioè, per cui possa giustamente arrogarsi il privilegio
di una ammirazione senza limiti. Perché, infatti, non ammirare di più gli
angeli e i beatissimi cori del cielo?
Ma alla fine mi parve di aver
compreso perché l’uomo sia il più felice degli esseri animati e degno perciò di
ogni ammirazione e quale sia infine quella sorte che, toccatagli nell’ordine
universale, è invidiabile non solo ai bruti, ma agli astri e agli spiriti
oltremondani. Cosa incredibile e meravigliosa! E come altrimenti, se è per essa
che giustamente l’uomo vien proclamato e ritenuto un grande miracolo e
meraviglia tra i viventi! Ma quale essa sia, ascoltate, o Padri, e benigno
orecchio porgete, nella vostra cortesia, a questo mio parlare. Già il sommo
Padre, Dio creatore, aveva foggiato, secondo le leggi di un’arcana sapienza,
questa dimora del mondo, quale ci appare, tempio augustissimo delle divinità.
Aveva abbellito l’iperuranio, aveva avvivato di anime eterne gli eterni globi,
aveva popolato di una turba di animali d’ogni specie le parti vili e turpi del
mondo inferiore. Sennonché, recata l’opera a compimento, l’artefica desiderava
che vi fosse qualcuno capace di afferrare la ragione di un’opera sì grande, di
amarne la bellezza, di ammirarne l’immensità. Perciò, compiuto ormai il tutto,
come attestano Mosè e Timeo, pensò ad ultimo a produrre l’uomo. Ma degli
archetipi non ne restava alcuno su cui foggiare la nuova creatura, né dei
tesori uno ve n’era da elargire in retaggio al nuovo figlio, né dei posti di
tutto il mondo uno ne rimaneva su cui sedesse codesto contemplatore
dell’universo. Tutti ormai erano pieni; tutti erano stati distribuiti,nei
sommi,neimedi, negli infimi gradi. Ma non sarebbe stato degno della paterna potestà
venir meno quasi impotente nell’ultima opera; non della sua sapienza rimanere
incerta nella necessità per mancanza di consiglio; non del suo benefico amore,
che colui che era destinato a lodare negli altri la divina liberalità fosse
costretto a biasimarla in se stesso.
Stabilì finalmente l’ottimo
artefice che a colui, cui nulla poteva dare di proprio, fosse comune tutto ciò
che singolarmente aveva assegnato agli altri. Accolse perciò l’uomo come opera
di natura indefinita e postolo nel cuore del mondo così gli parlò: "Non ti
ho dato, Adamo, né un posto determinato, né un aspetto tuo proprio, né alcuna
prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu
desidererai, tutto appunto, secondo il tuo voto e il tuo consiglio, ottenga e conservi.
La natura determinata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu
te la determinerai, da nessuna barriera costretto, secondo il tuo arbitrio,
alla cui potestà ti consegnerai. Ti posi nel mezzo del mondo, perché di là tu
meglio scorgessi tutto ciò che è nel mondo. Non ti ho fatto né celeste né
terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi ibero e sovrano
artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che tu avessi prescelto. Tu
potrai degenerare nelle cose inferiori, che sono i bruti; tu potrai
rigenerarti, secondo il tuo volere, nelle cose superiori che sono divine".
O suprema liberalità di Dio
Padre! O suprema e mirabile felicità dell’uomo! A cui è concesso di ottenere
ciò che desidera, di essere ciò che vuole. I bruti nelnascere recano seco dal
seno materno, come dice Lucilio, tutto quello che avranno. Gli spiriti superni
o dall’inizio o poco dopo furono ciò che saranno nei secoli dei secoli.
Nell’uomo nascente il Padre ripose semi di ogni specie e germi d’ogni vita. E secondo
che ciascuno li avrà coltivate, quelli cresceranno e daranno i loro frutti. E
se saranno vegetali, sarà pianta; se sensibili, sarà bestia; se razionali,
diventerà animale celeste; se intellettuali, sarà angelo e figlio di Dio. Ma
se, non contento della sortee di nessuna creatura si raccoglierà nel centro
della sua unità, fatto un solo spirito con Dio, nella solitaria caligine del
Padre, colui che fu posto sopra tutte le cose starà sopra tutte le cose.
❍ La Grammatica Universale (Henry
Percy, nono Conte di Northumberland, a suo figlio)
The
Vniuersall Grammer is a necessary means to expresse our knowledges to others,
or to the deliuery of them to posterite by record. This doctrine doesn’t treat
those rules vulgarly taught, for the attaining any receaued language, but is
rather such a doctrine generall, as discouereth amongest the whole variete of
means sensible, the best wayes to signefy the conceipts of our minds, to others
in present or futur, at hand, or any remote distance possible, and in any tyme
giuen that is possible, either indifferently to all, or with purpose to somme
certain, and in all cases, either of necessite, or discretion. In this doctrine
the rules and conditions of langhische and caracterisme in his hieght ar
generally deliuered, cutting of[f] all equiuocations and sinonymies whiche
vulgar tongs ar to mutche pestered with all, and the very route of most of our
errors, and controuersyes in opinion, together with the grounds of all
occultations, cyphring, discyphring &c.
❍ Francesco
Bacone, Novum Organum, XLIX
L’intelletto umano non è un
"lume secco", ma riceve alimento dalla volontà e dagli affetti…
l’uomo crede più facilmente vero ciò he preferisce sia vero. Respinge dunque le
cose difficili perché è impaziente nella ricerca; respinge le cose semplici
perché limitano la speranza; le più profonde della natura per superstizione; la
luce dell’esperienza per arroganza e orgoglio e perché non sembri che la mente
si occupi di cose vili e transitorie, respinge i paradossi per rispetto
all’opinione volgare. Insomma gli affetti, in innumerevoli e talora
impercettibili guise, penetrano nell’intelletto e lo corrompono.
❍ Keplero, La ricerca delle armonie geometriche (Mysterium Cosmographicum )
Mi
accingo a provare che Dio, creando l’universo e regolando l’ordine del cosmo,
aveva in mente i cinque corpi regolari della geometria noti fin dai tempi di
Pitagora e di Platone e che Egli ha fissato in accordo con quelle dimensioni il
numero dei cieli, le loro proporzioni e le relazioni dei loro movimenti.
Finalmente,
secondo gli ordini di Vostra Maestà, presento al pubblico un prigioniero
veramente nobile che ho catturato qualche tempo fa, dopo una difficile e
logorante guerra sostenuta sotto gli auspici di Vostra Maestà. Non ho da temere
che egli confuti l’appellativo di "prigioniero", dato che fin dai
tempi antichi egli è avvezzo a consegnare talvolta il proprio scudo e le
proprie armi e ad accettare, volontariamente e per suo piacere, di essere
conquistato e costretto, ogniqualvolta la vigilanza, la prigione o le catene lo
soddisfacevano (…) Lascerò agli storici il compito di descrivere la fama che il
nostro ospite ha acquisito con le sue imprese guerresche. Potranno dire: è
attraverso di lui che tutti gli eserciti conquistano, che tutti i generali
vincono, che tutti i re governano, senza il suo aiuto nessuno ha mai portato a
casa in trionfo un prigioniero (…) Gli
ammiratori della grandezza romana potranno dire: è il progenitore dei re Romolo
e Remo, il protettore dell’Urbe e dei Quiriti, il sostegno dell’impero; col suo
favore i romani istituirono, incrementarono e perfezionarono la disciplina
militare e assoggettarono il mondo intero. Quindi, ora che è stato
imprigionato, essi possono gioire della sua disfatta come di un felice auspicio
per la casa d’Austria.
Da
parte mia, lascerò questi argomenti per occuparmi di altri più adatti alle mie
capacità, ma non mi soffermerò su quel campo della mia professione dove potrei
suscitare l’antagonismo dei miei colleghi; essi potranno rallegrarsi, a loro
modo, del fatto che è stato legato dalle catene del Calcolo, che così spesso si
è sottratto alle loro mani e ai loro occhi, e che usava fare inutili profezie
di grande importanza sulla guerra, la vittoria, l’impero, le onorificenze
militari, gli alti uffici, i giouochi, e persino sulla durata della vita.
Possono congratularsi con Vostra Maestà del fatto che il governatore delle
geniture è stato sopraffatto, o per meglio dire portato dalla nostra parte.
Secondo loro, infatti, Marte governa nello Scorpione quando occupa il cuore del
cielo; è esaltato quando si alza il Capricorno; nel Cancro, la casa della Luna,
ama gettare il dado nel gioco trigonico; è quasi di casa nel Leone dove si dice
risieda il Sole; infine, è anche signore dell’Ariete che, secondo loro, governa
la Germania, e quindi qui è anche sovrano, fianco a fianco con Vostra Maestà
(…) E’ il potente conquistatore dell’intelligenza umana, che si fa beffe delle
imprese degli astronomi, sfasciando i loro strumenti e abbattendo le truppe
ostili. Tenne al sicuro il segreto della sua sovranità per secoli, seguendo il
proprio corso molto liberamente e senza restrizioni, tanto che il sommo
sacerdote della natura, il più famoso dei latini, Gaio Plinio, espresse questa
particolare lagnanza: Marte è una stella
inosservabile (…)
Quando
però il nemico vide che io persistevo nei miei tentativi e che non era pià al
sicuro in nessuna parte del suo regno, volse l’animo suo a scopi pacifici. Mi
inviò Madre Natura con l’ammissione della mia vittoria, e dopo aver negoziato
un accordo di libertà condizionata, in breve tempo, con grande alacrità, passò
nel mio campo insieme ad Aritmetica e Geometria (…) Una sola cosa chiede a Vostra Maestà: egli ha molti
parenti nelle regioni eteree; Giove è suo padre, Saturno suo nonno, Venere sua
sorella e al tempo stesso sua amante, e conforto unico durante la prigionia;
Mercurio è suo fratello e fedele agente. Di tutti egli prova la più viva mancanza,
ed essi di lui, poiché hanno comuni abitudini, e inoltre egli desidera che
anch’essi, al pari di lui, abbiano a che fare con l’uomo e partecipino
dell’onore a lui conferito. Voglia Vostra Maestà riunirli al più presto
portando a termine, energicamente, una campagna che, dopo la sua resa, non
presenta altri pericoli. Per questo scopo io offro a Vostra Maestà i miei
sempre fedeli servigi, non del tutto inutili, credo, data la familiarità che ho
con il più combattivo dei nemici e la conoscenza del territorio. Prego, dunque,
e supplico Vostra Maestà (…) di ordinare ai responsabili del Tesoro di tener
conto della durezza della guerra e di mettere a mia disposizione nuovo denaro
per l’arruolamento delle reclute.
❍ Gli astri reggitori del mondo
sublunare (Bonincontri, De rebus
coelestibus )
In
principio, per imporre alla volta celeste le sue leggi e dare un limite alla
mole operosa del mondo, il Padre onnipotente stabilì alte nel cielo le stelle e
i pianeti erranti, assegnandol loro un nome e un movimento ordinato. Ad essi
affidò il potere sulla natura, affinché ogni cosa al mondo rispettasse un ritmo
preciso: sottopose al variare degli astri le forme stabili della Terra,
legandole inoltre agli eterni moti del cielo, affinché le cose non potessero
cambiare spotnaneamente figura e destino. E sottopose al polo celeste le terre,
il mare, i fiumi e il fuoco, e la sfera dell’aria, i venti e le erbe
rigogliose, e tutto ciò che producono i semi della terra. Per messo di questi [i
moti del cielo] plasmò i caratteri e i corpi degli uomini, fissò le loro
fortune e vicende, la vita e il giorno estremo, l’avvicendarsi del Fato e la
fine del loro patire. Poiché gli piacque che tutto si muovesse secondo leggi
rigorose, è bene conoscere i segreti della sfera celeste, e rivolgere lassù le
forze migliori della mente.
❍ Le parole di Dio agli astri
(Giovanni Pontano, poeta latino del XVI secolo)
Vi
è, nell’immensità del mondo, una regione lontana, vasta e inaccessibile,
inesplorata dall’uomo e chiusa ai nostri sensi. Qui è l’augusta dimora di Dio,
dove egli convoca a volte i superni per dare leggi e trattare i pubblici
affari. Siede, in mezzo, l’Onnipotente, alla sua destra è la Sapienza, alla sinistra
l’Amore, tre divinità su un solo trono. Ai loro piedi la Natura potente, il
Tempo e il Luogo, e la Fortuna mutevole, e l’immutabile Ordine. Quindi gli
altri numi superni, disposti in ordine acconcio
Quando
dunque gli dèi, secondo il comando, si furono riuniti in lunga schiera, pronti
nel cuore e nei mezzi, a impazienti di raccogliere il segnale, ascoltavano
tutti intenti gli ordini, il Padre celeste tranquillamente parlò dall’alto
trono: "Tutto ciò che ho creato, o dei superni, mi rallegra; né mai ci pentiremo
della decisione presa e dell’opera nostra
Bisogna
dunque condurre a termine l’immagine del mondo inferiore, poiché restano ancora
tre generi di cose da portare alla luce, né è lecito a Dio trattare con le sue
mani cose mortali. Orsù dunque, salite al più presto sui rapidi carri e date
principio alla creazione terrena e a tutte le specie viventi
Preoccupatevi
anzitutto di plasmare ad arte le membra ben tornite degli uomini, e di renderle
adatte ad assorbire l’alito etereo dell’anima, seme divino, tratto dal fuoco
celeste. Questi imparino a fondare città per le genti, quelli a istituire
leggi; questi ad accrescere la gloria dell’Impero e quelli a dare nomi alle
cose, a perseguire la giustizia e ad affrontare i pericoli
Elargite
intanto, benevoli, le cose necessarie alla vita, e infiammate alla lode gli
animi più nobili, affinché riconoscano il signore celeste, e ricerchino la loro
vera patria e la stirpe che li ha generati, e mirino agli alti templi del
cielo. Memori del loro autore pratichino la giustizia e la pietà e imparino a
onorare gli dèi, amanti della pace. Così ho deciso, e così il mio volere segua
ordinato il suo corso." Disse, e il suo comando scosse il vasto Olimpo.
❍ L’esilio di Matteo Ricci (da
Spence, The Memory Palace of Matteo Ricci
, pag. 55)
In
this life sentence, Ricci could only observe and wait, drawing what consolation
he could from his order's founder, Ignatius of Loyola, whose metaphors in the
supplement to the Spiritual Exercises as to how the devil might strike were
couched in suitably military terms. The enemy of Christ, Ignatius wrote, acts
"like a leader intent upon seizing and plundering a position he desires. A
commander and leader of an army will encamp, explore the fortifications and
defenses of the stronghold , and attack at the weakest point". Ricci might
feel that the new theological formulations of the Council of Trent provided the
"fortifications" that could brace and prepare one for such an
assault. But the enemy was also "like a woman", wrote Ignatius,
yielding if sure of being overwhelmed but full of "anger, vindictiveness,
and rage" if the man began to waver : "If one begins to be afraid and
to lose courage in temptations, no wild animal on earth can be more fierce than
the enemy of our human nature. He will carry out his perverse intentions with
consummate malice". This battle could not but be more lonely and
protracted than the major sieges launched during full-dress campaigns; one can
only guess at the levels of endurance Ricci needed in this protracted war of
spiritual attrition , when so often the Chinese en masse must have seemed the enemy. He tells us how he watched as
Chinese passengers and crew on a river boat joined together in throwing his
baggage onto the shore because his travel papers were not in order, of the
sound of an endless rain of stones on the roof of his house in Zhaoqing, thrown
by schoolboys from the commanding elevation of a nearby tower, of the dejection
felt after a chinese crowd playing musical instruments and shouting their
victory cries smashed his doors windows, and furniture and tore down his newly
erected garden fence. Was in through such small harassments that the devil showed that "consummate
malice" of which Ignatius spoke? If so, the challenge became to place
one's own priorities within the context of the whole community, as Thomas
Aquinas had argued with his usual good sense and sharply chosen metaphor in The Perfection of Spiritual Life :
"The common good is, according to right reason, to be preferred to one's
proper good. As a result, each member of the body is directed to the good of
the whole by a natural instinct. An indication of this is that a person uses his
hand to block a blow, in order to protect his heart or his head, on which his
whole life may depend". That, too, was fine as long as natural instincts
truly converged on a common goal that could be agreed to by all. It was the
divisiveness and uncertainty that grew wearying, and though Ricci did not allow
the language of quiet despair to mar the polished language of his Historia, it does break through in
certain letters to his family, teachers, and friends. "This sterile
land" (“questa sterilità”) he called China to Giulio Fuligatti; to other
friends he described China as “questa rocca” or “un deserto sì lontano”, and
the Chinese as “questa remotissima gente” among whom he felt
"abandoned" or "cast off" (“bottato”). The Chinese marveled,
he tolds his brother Orazio, that he was white-haired and while "not yet
advanced in age should already look so old". "They do not know",
he added, "that it is they who are the cause of these white hairs".
In a letter of August 1595 to his superior in Macao, the Portuguese Edoardo de
Sande, Ricci observed that God had chosen to give him twelve years of hardship
and humiliation.
Nella
sua condanna a vita, Ricci poteva solo osservare ed attendere, traendo quanta
consolazione poteva dal fondatore del suo ordine, Ignazio di Loyola, le cui
metafore nel supplemento agli Esercizi Spirituali circa I modo in cui il
diavolo colpisce erano redatte in opportuni termini militari. Il Nemico di
Cristo, aveva scritto Ignazio, agisce “come un condottiero volto a impadronirsi
e saccheggiare una posizione che desidera. Un comandante e condottiero di un
esercito si accamperà, esplorerà le fortificazioni e le difese della
roccaforte, e attaccherà nel punto più debole”. Ricci sentiva che le nuove
formulazioni teologiche del Concilio di Trento fornivano le “fortificazioni”
che potevano sostenere e preparare per un tale assalto. Ma il nemico era anche
“come una donna”, scriveva Ignazio, che cede se è sicura di essere sopraffatta,
ma piena di “rabbia, spirito di vendetta e furia” se l’uomo inizia a vacillare:
“se si comincia ad essere intimoriti e a perdere coraggio nelle tentazioni,
nessun animale selvaggio sulla terra può essere più spietato che il nemico
della natura umana. Egli porterà a termine le sue perverse intenzioni con
consumata malizia”. Questa battaglia non poteva che essere più solitaria e
protratta che i più grandi assedi lanciati durante campagne in piena regola; si
può solo intuire il livello di pazienza di cui Ricci necessitava in questa
guerra protratta di logoramento spirituale, quando così spesso i cinesi en
masse devono essere sembrati il nemico. Egli ci parla di come fosse stato a
guardare mentre passeggeri e ciurma di un battello fluviale si erano uniti nel
gettare il suo bagaglio sulla spiaggia perché i suoi fogli di viaggio non erano
in ordine, del suono incessante della pioggia di sassi sul tetto della sua casa
a Zhaoquing, lanciati dagli scolari da una sovrastante torre vicina, della
demoralizzazione provata dopo che una folla di cinesi, suonando strumenti
musicali e lanciando urla di vittoria fracassò imposte e mobili e abbatté la
sua nuova staccionata. Era attraverso queste piccole molestie che il diavolo
mostrava quella “consumata malizia” di cui Ignazio parlava? Se così, la sfida
poneva le priorità individuali nel contesto della intera comunità, come Tommaso
d’Aquino aveva argomentato col suo usuale buon senso e acute metafore ne La
Perfezione della vita spirituale: “Il bene comune è, secondo la giusta ragione,
da preferirsi al proprio bene: quindi ogni membro del corpo è diretto al bene
dell’intero organismo come spinto da istinto naturale. Una indicazione di
questo è che una persona usa la mano per bloccare un colpo, per proteggere il
cuore o la testa, da cui può dipendere la sua intera vita”. Anche questo andava
bene, fintanto che gli istinti naturali convergevano realmente ad uno scopo
comune che poteva essere condiviso da tutti. Era la divisione e l’incertezza
che alla lunga sfinivano, e sebbene Ricci non permettesse al linguaggio della
sommessa disperazione di rovinare quello rifinito della sua Historia, esso fa
breccia in certe lettere alla sua famiglia, ai suoi insegnanti e amici. “Questa
sterilità” egli chiamava la Cina con Giulio Fuligatti; ad altri amici
descriveva la Cina come “questa rocca” o “un deserto sì lontano”, e i cinesi
come “questa remotissima gente” tra cui egli si sentiva “abbandonato” o
“bottato”. I cinesi si meravigliavano, disse al suo confratello Orazio, che
avesse capelli bianchi e, pur non essendo di età non molto avanzata, sembrasse
così vecchio. “Essi non sanno – aggiungeva – di essere la causa di questi
capelli bianchi”. In una lettera dell’agosto 1595 al suo superiore a Macao, il
portoghese Eduardo de Sande, Ricci osservava che Dio aveva scelto di dargli
dodici anni di durezza e umiliazione.
Moved
by a sudden impulse that night in 1591, Ricci took the oil painting of the
Virgin Mary which he had received from the Philippines not long before and
placed it upon the altar in the little Shaozhou church. Then he brought out all
the candles he could find and lanterns of all shapes and sizes, and anything of
glass that would reflect the light, and he hung them all around the walls and
placed them on the altar flanking the picture. As these lights began to shine
forth, a large crowd of Chinese gathered, first in curiosity, and then to jeer,
and finally to throw stones. The lights shone forth as the crowd ripped the
clothes off of Ricci's servants, who tried to chase them away. They shone as
Ricci ran out to try to rescue the servants. And as he retreated back to the
church in the face of the crowd's unwavering hostility the lights must have
continued to shine, all around the Virgin Mary's picture, in their small corner
of the nighttime city of Shaozhou, until the lamp oil and the candles were all
burned out, or until Ricci had extinghished them, one by one.
Mosso
da un improvviso impulso, quella notte del 1591, Ricci prese il dipinto ad olio
della Vergine Maria che aveva ricevuto dalle filippine non molto tempo prima e
lo pose sull’altare della piccola chiesa di Shaozhou. Tirò fuori tutte le
candele che poté trovare e lanterne di ogni forma e dimensione, e qualsiasi
oggetto di vetro che potesse riflettere la luce e le appese sui muri e
sull’altare che fiancheggiava il dipinto. Come le luci iniziarono a splendere
all’esterno, si radunò una grande folla di cinesi, prima spinti dalla
curiosità, poi dallo scherno e infine per lanciare pietre. Le luci brillavano
quando la folla stracciò le vesti dei servitori di Ricci che cercavano di
disperderla. Brillavano quando Ricci uscì per soccorrerli. Quando si ritirò di
fronte alla immutabile ostilità della folla le luci dovettero aver continuato a
brillare, tutto intorno all’immagine della Vergine, nel loro piccolo angolo
della notturna Shaozhou, fino a che l’olio delle lampade e le candele non
furono esauriti o Ricci le spense ad una ad una.
❍ La morte di Matteo Ricci (da
Spence, The Memory Palace of Matteo Ricci
, pag. 266)
He
stands on the threshold of the Memory Palace, in his embroidered shoes. The
foot that he injured when jumping from the window, so long ago, pulses with
pain.
In
front of him, as far as the mind can travel, stretch the gleaming walls and
colonnades, the porticoes and great carved doors, behind which are stored the
images born of his reading, his experience, and his faith.
He
sees the eunuch Ma Tang, suffused with anger, grasp the cross of carved wood to
which the bleeding Christ is nailed. He hears the shouts of warning and the
howling of the wind as the boat keels over, flinging both him and Joao Barrados
into the water of the river Gan.
He
smell the incense that curls up in the luxorious garden temple of Juyung. He
tastes the homely food prepared for him by the poor farmers in their country
dwelling near Zhaoquing.
He
feels the touch of cheek on cheek as the dying Francesco de Petris throws his
arms around his neck.
He
has gone farther than he expected into unknown terrain and is not sure how easy
it will be to return, should he choose to.
Facilis descensus averni he
writes to Giulio Fuligatti, his school friend with whom once he learned the
lines sed revocare gradum superasque
evadere ad auras.
The
words are Virgil's, from book 6 of the Aeneid,
and he condenses slightly since he is in a hurry, and quoting from memory the
verses he chanted as a child:
The way downward is easy from
Avernus.
Black Dis's door stands open night
and day.
But to retrace your steps to
heaven's air.
There's the trouble, there is the
toil.
It
is the warning spoken by the Cumaean Sybil as Aeneas seeked permission to go
down to the underworld in search of his dead father.
In
his pictures, sharply carved, the apostle Peter flounders in the waves, the two
disciples pause at Emmaus, the men of Sodom tumble to the ground. In the
reception hall the images hold their places: the grappling warriors, the huihui
woman, the farmer who is his name.
"It
often happens", he writes, "that those who live at a later time are
unable to grasp the point at which the great undertakings or actions of this
world had their origin. And I, constantly seeking the reason for this
phenomenon, could find no other answer than this, namely that all things
(including those that come at last to triumph mightily) are at their beginnings
so small and faint in outline that one cannot easily convince oneself that from
them will grow matters of great moment”.
He
stand on the threshold, a heavy, bearded man, in his robe of purple silk
trimmed with blue. The Memory Palace is silent. Behind him wait two women, each
cradling a child in her arm. One woman wears a long embroidered dress of extraordinary
beauty. Her hair and shoulders are covered by a flowing shawl . She holds a
rose. The other wears the simple garb of a servant girl, and her hair is
gathered in two tufts to mark her youth and lowly station.
“Though
still a young man,” he writes to Gian Pietro Maffei, his friend and chronicler
of Christendom expansion, “I have already taken on the trait of the elderly,
who are always praising time past”.
The
two children watch him. One raises his small right hand in blessing; the other
reaches out his arms to play. Through the quiet air, confusedly, comes a murmur
of sound from the streets of Peking.
He closes the door.
Egli
sosta sulla soglia del Palazzo della Memoria, con le sue pantofole ricamate. Il
piede ferito dal salto da una finestra, così tanto tempo addietro, pulsa di
dolore.
Di
fronte a lui, per quanto la mente possa viaggiare, si stendono le mura lucenti
e i colonnati, i portici e le grandi porte scolpite, dietro cui sono conservate
le immagini nate dalle sue letture, dalle sue esperienze, dalla sua fede.
Rivede
l’eunuco Ma Tang, invaso dalla rabbia, afferrare la croce di legno scolpito a
cui è inchiodato il Cristo sanguinante. Ode le urla di avvertimento e l’ululato
del vento nel momento in cui la chiglia del battello si rovescia, scagliando
lui e Joao Barrados nelle acque del fiume Gan.
Annusa
l’incenso che sale in spirali nel magnifico tempio giardino di Juyung.
Assapora
il cibo casalingo preparato per lui da poveri contadini nella loro dimora
rurale nei dintorni di Zhaoquing.
Sente
il tocco della guancia contro la guancia nel momento in cui Francesco de Petris
morente gli getta le braccia al collo.
E’
andato più in là di quanto si aspettasse, in una terra incognita, e non è
sicuro della facilità del ritorno, se lo decidesse.
“Facilis
descensus Averni” scrive a Giulio Fuligatti, il suo amico di scuola col quale
ha imparato i versi, “sed revocare gradum superasque evadere ad auras”.
Le
parole sono prese da Virgilio, dal sesto libro dell’Eneide, ed egli le condensa
leggermente, perché ha fretta, citando a memoria i versi che cantava da
bambino:
La
via in discesa verso l’Averno è facile
Le
nere porte di Dite stanno aperte notte e giorno
Ma
ritrovare i tuoi passi verso il cielo e l’aria aperta
Ecco
la cosa difficile, ecco il travaglio
E’
l’ammonimento della Sibilla cumana ad Enea che chiede il permesso di recarsi
nel mondo sotterraneo in cerca di suo padre.
Nelle
incisioni a tinte forti che egli utilizzò
per i cinesi l’apostolo Pietro si dibatte tra le onde, i due discepoli
si fermano ad Emmaus, l’uomo di Sodoma stramazza al suolo. Nel salone del
Palazzo della Memoria vi sono ancora le immagini che egli vi ha posto: i guerrieri
avvinghiati, la donna di razza huihui, l’agricoltore che, per un gioco di
simboli, rappresenta il suo nome.
“Spesso
capita”, egli scrive, “che quelli che vengono dopo non sono in grado di
afferrare il punto nel quale le grandi imprese o azioni di questo mondo hanno
la loro origine. E io, cercando costantemente la ragione di questo fenomeno,
non trovo altra risposta che questa, che tutte le cose, comprese quelle
destinate a un grande trionfo, sono all’inizio di aspetto così piccolo e
dimesso che non è facile convincersi che da esse nasceranno grandi cose.
Egli
sosta sulla soglia, u uomo corpulento con la barba, nel suo abito di seta rossa
bordato di blu. Il Palazzo della Memoria è silenzioso. Dietro di lui attendono
due immagini di donna, entrambe con un bimbo cullato tra le braccia. Una donna
indossa un lungo abito ricamato di straordinaria bellezza. I suoi capelli e
spalle sono coperti da un lungo scialle. Ha una rosa in mano. L’altra ha la
semplice veste di una domestica e i suoi capelli sono raccolti in due trecce,
ad indicare la sua giovinezza e la sua condizione subordinata.
“Sebbene
ancora giovane”, egli scrive a Gian Pietro Maffei, suo amico e cronista della
espansione della Cristianità, “ho già assunto l’atteggiamento degli anziani,
che lodano continuamente il passato”.
I
due bimbi lo guardano. Uno leva la sua piccola mano per benedire; l’altro gli
protende le braccia per giocare. Attraverso l’aria immobile, confusamente,
arriva il mormorio dei suoni delle strade di Pechino.
Egli
chiude la porta.
❍ Blaise Pascal, Sugli spazi
infiniti (Pensées)
Le silence éternel de ces
espaces infinis m’effraie
❍ John Donne, Sonetti sacri, X
Non andar fiera, morte, se
anche c’è
chi ti ha detto terribile e
potente – tu non lo sei.
Dopo breve sonno all’eternità
ci desteremo,
senza più morte, Morte morrai.
❍ John Donne, elegia Il primo anniversario
L’umanità decade così
rapidamente che siamo a malapena le ombre dei nostri padri a mezzogiorno. Solo
la morte aggiunge qualcosa alla nostra altezza, né in statura cresciamo tanto
da essere uomini, finché non siamo niente.
❍ John Donne, Nessun uomo è un’isola
Nessun
uomo è un’isola, fine a se stessa. Ogni uomo è una parte del Continente, una
parte del Tutto"
❍ Thomas Vaughan (1622-1695), L’altra notte vidi l’eternità (poesia The
world )
I
saw eternity the other night,
Like
a great ring of pure and endless light,
All
calm, as it was bright;
And
round beneath it, Time in hours, days, years
Driv'n
by the spheres
Like
a vast shadow mov'd; in which the world
And
all her train were hurl'd.
The
doting lover in his quaintest strain
did
there complain;
Near
him, his lute, his fancy, and his flights,
Wit's
sour delights;
With
gloves, and knots, the silly snares of pleasure,
Yet
his dear treasure,
All
scatter'd lay, while he his eyes did pour
Upon
a flow'r.
L’altra
notte vidi l’eternità
Come
un grande circolo di luce pura ed infinita
Tutta
calma quanto era lucente;
Ed
intorno e sotto a lei il tempo in ore, giorni ed anni
Spinto
dalle sfere
Si
muoveva come una grande ombra; nella quale il mondo
E
tutto il suo corteggio erano trascinati.
Eternity
is like a Ring.
Time,
like to Measure, doth it self extend;
Measure
commences, is a finite thing.
The
Ring has no beginning, middle, end.
❍ Khunrath, L’oro dei filosofi (Amphitheatrum Sapientiae Aeternae)
L’ho
visto con i miei occhi, l’ho toccato con le mie mani, l’ho gustato con la mia
lingua, l’ho annusato colle mie narici; oh quanto è ammirevole Dio nelle sue
opere!
❍ Isaac Newton, L’ordine
dell’universo (dai Philosophiae Naturalis
Principia Mathematica )
Questa
elegantissima compagine del Sole, dei pianeti e delle comete non può nascere
senza il disegno e la potenza di un ente intelligente e potente (…) Egli regge
tutte le cose non come anima del mondo ma come signore dell’universo. E a causa
del suo dominio suole essere chiamato Signore-Dio, παντοχρατορ.
❍ Isaac Newton, Le vette del
pensiero
Se
sono potuto salire così in alto è perché ero sulle spalle di giganti.